Si può parlare di memoria e diritti civili anche In una serata di mezza estate con 200 persone che hanno assistito alla presentazione del libro “Testa alta, e avanti” di Gaia Tortora, uscito di recente e che racconta la storia della famiglia Tortora, il dramma vissuto dal papà Enzo, celebre presentatore e giornalista televisivo e quella ricerca di giustizia mai sopita in Gaia, nella sorella Silvia, venuta a mancare lo scorso anno a soli 59 anni e nella mamma.
Un piccolo esercito, come lo definisce Gaia, quello composto da queste tre donne coraggiose e giovani all’epoca dei fatti. Un esercito che dal 17 giugno del 1983, giorno dell’arresto avvenuto in maniera roboante e mediaticamente deflagrante di Enzo Tortora fino al giorno della sua assoluzione, che divenne definitiva con la sentenza della Cassazione del 13 giugno 1987, non smise un attimo di lottare su ogni fronte perché all’ingiustizia e alla proditorietà di questo arresto venisse messa fine ed Enzo potesse tornare in libertà, ingiustamente accusato di essere un elemento di spicco della nuova camorra organizzata.
Nel corso della presentazione, assieme all’amico e collega Roberto Conticelli, abbiamo cercato, con garbo e delicatezza, di mettere Gaia nelle condizioni di poter raccontare lucidamente tanto le parti più dure di questa vicenda, che ha macchiato la storia della giurisprudenza italiana in maniera indelebile, quanto la parte di narrazione più intima, quella forse più sofferta ma dove assieme al pubblico, con molta empatia, abbiamo potuto apprezzare il lato drammaticamente umano di questa storia che ha visto la allora giovanissima Gaia soffrire l’ingiustizia del papà arrestato senza alcun motivo ed esposto al pubblico ludibrio e dopo una prima condanna ad oltre 10 anni in primo grado, vedere la giustizia trionfare con la assoluzione da parte della Cassazione, ma il dramma riproporsi con la malattia che portò Enzo Tortora a lasciarci il 18 maggio del 1988.
Cinque anni dall’arresto alla malattia e dalla conseguente dipartita che hanno segnato il corso dell’esistenza del popolare giornalista e quella della sua famiglia ,come raccontato in maniera delicata e sublime da Gaia nel suo libro.
La storia di una ingiustizia, il paradigma di ogni caso di errore giudiziario, la volontà di dare voce a tutte le vittime di soprusi ed angherie da parte di giudici e pubblici ministeri che non si presero neanche la briga di verificare le parole del falso pentito Melluso, che raccontò agli inquirenti di aver consegnato una partita di droga ad Enzo Tortora a Milano per permettergli di rivenderla e che nel frattempo, nello stesso giorno alla stessa ora, si trovava in carcere a Campobasso. Verifica che fece il giornalista Vittorio Feltri ma che non fecero gli avvocati dell’accusa e tanto meno i giudici. Solo quest’esempio potrebbe bastare a descrivere l’enormità dell’errore dei magistrati napoletani, l’inconsistenza di un impianto accusatorio che faceva acqua da tutte le parti ma che serviva a sbattere “il mostro” in prima pagina.
E tale fu, purtroppo, Enzo Tortora anche per tanti colleghi che lo abbandonarono e lo additarono con articoli ed insinuazioni infamanti, aggravando ancora di più lo stato d’animo dei familiari sconfortati da questi atti ignobili.
Bene ha fatto Gaia nel corso della serata a ribadire che non può esserci perdono per chi si è macchiato di questi crimini morali nei confronti del suo papà e della sua famiglia ed in questo ha ricevuto un lungo applauso e la solidarietà del pubblico presente e di noi giornalisti, dal sottoscritto e da Conticelli, che conducevamo l’incontro.
Una donna brillante, una donna con il dono dell’ironia ed anche dell’autoironia, sinonimo di grande intelligenza e di in un grande carico di umanità. Questa si è rivelata Gaia Tortora nel corso della serata a tutti noi che abbiamo avuto la fortuna di essere con lei in questo racconto e percorso nell’ora e mezza passata assieme.
Non possiamo fare altro che ringraziarla per la sua presenza e ringraziare Alessandro Punzi per aver organizzato nell’ambito di Orvieto Notti d’Estate questo incontro così bello, educativo e significativo.
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