Quando una carica viene vissuta come un servizio reso alla collettività la scadenza del mandato è liberatoria. Finisce un impegno, qualcun altro lo assumerà al tuo posto, hai fatto la tua parte di cittadino. Se hai amministrato bene qualcuno si ricorderà di te e quando ti incontrerà ti saluterà con affetto. Poi ritorni a tempo pieno al tuo lavoro e ai tuoi hobby, che c’è di meglio.
Quando, invece, la carica diventa una morbosa presa di potere, come l’assunzione di una sostanza stupefacente di cui non si può fare più a meno, la scadenza del mandato diventa un incubo, e più si avvicina e più l’incubo si accresce. Poi, nella malaugurata ipotesi che l’evento luttuoso si verifichi, sarà difficile elaborarlo, soprattutto se non ritorni al tuo lavoro perché non ce l’hai un lavoro. Ci si prova anche ad immaginarsi senza l’incarico: ma è un dramma.
Non mi inviteranno più alle cene dei club, delle associazioni, non sarò più nell’indirizzario delle istituzioni. Non arriveranno più gli omaggi natalizi.
Tra gli “uscenti aspiranti rientranti” la categoria più fragile è quella dei sindaci dell’Italia dei campanili ai quali è dedicata un’ampia letteratura, soprattutto quelli delle realtà di provincia, dove accanto al lavoro e all’impegno quotidiano, per chi lo fa sul serio anche gravoso, c’è una ritualità fatta di corone da depositare, di inaugurazioni, poi ci sono le processioni, le celebrazioni liturgiche, tutte ottime occasioni per tenere relazioni; e poi i convegni a cui portare il saluto dell’Amministrazione, le presentazioni dei libri che mai saranno letti, le festività. Insomma, un’agenda ricca di cose inutili che farebbero accapponare la pelle ad un essere normale, ma che al contrario piacciono da morire ai sindaci dell’Italia dei campanili. Non a tutti, per fortuna.
E se perdo le elezioni, d’improvviso più nulla? Qualcuno perde parallelamente la postura, si guarda intorno e interpreta ogni sguardo, ogni gesto, nella maggior parte dei casi assolutamente casuale ma “l’uscente aspirante rientrante” non lo sa. Origlia le conversazioni degli altri e si aggira disorientato come fosse vittima di un terremoto, che poi di terremoto si tratta perché trema la terra sotto i piedi.
“L’uscente aspirante rientrante” è classificato in una sorta di categoria sociale che necessita di sostegno. Abbiate comprensione per “l’uscente aspirante rientrante”, soprattutto se è un sindaco, è un soggetto fragile, trattatelo con affetto.
Germani, faraone, colombacce, piccioni e palombelle… elettorali
Ho scoperto che l’ornitologia e la culinaria ben si prestano a descrivere la politica nostrana. Se in Europa sono detti...