Negli anni ’70 il famoso trio La Smorfia – Troisi, Arena, De Caro – cantavano con triste ironia sulla loro terra: “a Napoli si muore a tarallucci e vino”. Ma succedeva solo a Napoli 50 anni fa?
Abbiamo sentito e letto nelle ultime settimane di dure critiche e altrettanto duri “botta e risposta” tra candidati sindaco pronti a sfidarsi all’ultimo voto da posizioni contrapposte alle prossime elezioni, ma ecco che improvvisamente, tra un tarallo e un sorso di buon vino, si arriva al tu dai una cosa a me e io do una cosa a te, e come d’incanto si superano divergenze, si appianano malintesi e ci si ritrova uniti per il bene dei cittadini, buoni amici più di prima!
Tutto questo, beninteso, con il supremo fine del bene comune della Città e dei cittadini: come dubitare della sincerità dei nostri candidati quando con tanta passione, fino quasi alla commozione, ci ripetono che si sacrificano con l’unico scopo di prendersi cura del bene comune?
Chi può essere così malizioso da dubitare della sincerità di tanto altruismo? I nostri non sono mica come quell’onorevole svogliato e cinico nel comizio di cui racconta Trilussa:
“Eppoi parlò de li princìpi sui.
E allora pianse, pianse così bene
Che quasi ce rideva puro lui!”