La “Casa di Comunità”, erede della “Casa della Salute” ha riacceso il dibattito in città. Il problema vero riguarda l’ubicazione scelta e la presenza di un secondo edificio, sempre di proprietà di USL, che rischia di divenire un secondo scheletro.
Costruire una Casa di Comunità nella piazza che ospita una delle Chiese più belle al mondo, monumento alla bellezza, simbolo unico per la cristianità, non può essere normale, non può essere una vittoria. Non calzano, poi gli esempi di altri palazzi ripristinati a uffici e ambulatori in altri centri storici, lì non c’è il Duomo di Orvieto. Insomma, non si può definire Orvieto unica solo a corrente alternata; o lo è sempre o non lo è. Si sta progettando, poi, una piazza senza auto, finalmente, e speriamo senza eccezioni, e nel frattempo si vuole aprire un maxi-cantiere della durata almeno di 24 mesi, a essere ottimisti, aprirci una serie di servizi e uffici che prevedono il transito continuo di auto, tramite viabilità alternativa, per carità, ma che alla fine tocca anche la piazza. Poi ci sono i costi di ristrutturazione, funzionalizzazione e di personale che saranno sicuramente molto alti, ma magari viene in soccorso il Pnrr, visti i vincoli architettonici e paesaggistici presenti. Alla ex-Piave, intanto, la USL acquisì nel 2007 per 2,4 milioni di euro la palazzina mensa proprio per costruirvi la Casa della Salute. All’epoca il sindaco era Stefano Mocio e con quell’operazione si riuscì anche a stabilizzare il bilancio dell’Ente. Non solo, si riusciva a “legare” la USL a impegnarsi in un investimento importante per la città e il territorio. Quindi, quanto costerà questa Casa della Salute? Per ora 2,4 milioni di euro senza colpo ferire e senza miglioramenti nei servizi erogati da 15 anni. A questi si devono sommare i soldi previsti dalla vendita all’asta dell’ex-ospedale e poi quelli che verranno impiegati per la sua ristrutturazione, per l’arredo, per l’acquisizione di attrezzature mediche, per le bollette elettriche negli anni e per il nuovo personale da assumere. E’ chiaro che le spese di ristrutturazione, arredo, acquisto attrezzature, bollette, personale, vanno calcolate in ambedue i casi, ma sicuramente con costi ben differenti. E il conto lo pagheremo tutti noi. All’ex-ospedale c’è anche da inventarsi la viabilità alternativa per non intasare il Duomo, progettarla, metterla in opera…Alla Piave si deve ristrutturare ma non un palazzo storico nella piazza più importante della città con vincoli molto stringenti. C’è da arredare, riempire di attrezzature e soprattutto metterci il personale necessario. Ma le dimensioni sono diverse, prima di tutto; tutto il sistema viario e dei parcheggi è praticamente pronto, basterebbero poche e semplici migliorie dai costi piuttosto contenuti per il Comune di Orvieto. E per chi deve controllare va tutto bene?
Ora c’è anche la questione “Case di Comunità” e “Case della Salute” sollevata dal settimanale “Panorama” con i medici che non ne vogliono proprio sapere di diventare dipendenti delle Usl lasciando la convenzione in libera professione come medici di famiglia. Non solo i medici ritengono che si rischi di gettare soldi nell’ennesimo buco nero senza vantaggi per gli ammalati, soprattutto cronici. Insomma, già prima di nascere si rischia l’ennesimo flop in salsa italiana e non solo a Orvieto.
Sono tanti i contenitori, brutta parola ma così vengono definitivi dalla politica, nel centro storico ancora vuoti e ognuno è un’occasione persa, un fallimento, un pugno in un occhio ma è altrettanto un errore, un’occasione persa, un fallimento, un pugno in un occhio occupare per forza e senza un progetto di medio-lungo termine omogeneo che migliori la vita dei cittadini e dei suoi ospiti. Qualche piccola considerazione che poniamo sommessamente e speriamo che con la pandemia in ritirata si riesca a aprire un dibattito serio sul futuro della città e sulla destinazione dell’ex-ospedale soprattutto per cancellare “ex”.
La Piave è baricentrica rispetto al territorio di riferimento, comoda da raggiungere sia in auto che con i mezzi pubblici, anche da altri comuni. Per rivitalizzare il centro storico serve assolutamente la Casa di Comunità al Duomo? Non scherziamo, nel frattempo si portano allo Scalo alcuni uffici comunali e gli abitanti calano. Non solo, chi utilizza ambulatori, uffici e arriva in auto fino al Duomo, sicuramente con parcheggio orario o a pagamento per evitare i soliti furbetti, ripartirà appena terminata la commissione. E poi si occupa uno dei palazzi più belli della città con ambulatori e uffici sanitari? Ora con il Pnrr, vari finanziamenti europei, possibile che non si riesca a immaginare una destinazione più “consona” e al servizio della città nello stesso momento? Ma soprattutto è possibile che i privati non riescano a cogliere occasioni di tale portata? Nel passato gli orvietani hanno dato dimostrazione di guardare avanti, di pensare alla città, alla loro città. Perché non provarci di nuovo, insieme al Comune e alla USL, perché no?