Il Centro di ricerche per la storia dell’Alto Lazio, il Comune di Acquapendente ed il Museo Civico Diocesano ricordano con una nota congiunta il poeta aquesiano Giovan Battista Casti morto il 6 Febbraio 1803, “un prete vecchio, brutto e puzzolente, dal mal franzese tutto quanto guasto,
e che per bizzarria dell’accidente dal nome del casato è detto casto …”. (G. Parini – Contro G. B. Cast, Sonetti, I). Nato ad Acquapendente il 29 agosto 1724 e diventato professore di Retorica all’età di soli sedici anni, Giovanni Battista Casti si recava spesso a Roma per appagare la sua curiosità intellettuale finché l’ambiente frivolo e la vita mondana della città non finirono per affascinarlo e costellare la sua vita di successi letterari, di incarichi prestigiosi e numerosi viaggi anche fuori dall’Italia. Nei primi anni dell’800 pubblica a Parigi “Animali parlanti”, poema in sestine narrative frutto del suo nuovo interesse per la zooepica che risale al periodo in cui visse a Vienna. Il poema è un mezzo per una satira, neppure troppo velata, nei confronti della politica conservatrice dell’Austria che gli attirò però la diffidenza della corte. Il periodo parigino, lontano dagli intrighi diplomatici, fu sereno e fecondo: all’attività poetica del Casti alternava conversazioni politiche con fuoriusciti italiani e intellettuali francesi pare persino Napoleone. Sulla fama di Casti pesano le testimonianze di contemporanei che ebbero modo di incontrarlo nei suoi viaggi (tra cui Giacomo Casanova), che lo descrivono per lo più con biasimo, come un personaggio impudico e vanitoso, avido, amante del gioco e delle donne, che non faceva onore al suo abito talare; tale giudizio, corroborato da quello assai più sprezzante espresso in un celebre sonetto da Giuseppe Parini, che lo conobbe nel suo soggiorno milanese del 1782 e da quello negativo di Manzoni sulle Novelle galanti, ha fatto sì che il libertinismo di Casti fosse trasmutato, nell’opinione dei posteri, in dissolutezza morale: ciò ha assai nuociuto anche alla considerazione in cui sono state tenute le sue opere, che furono messe all’indice nel 1832. Ciononostante, il successo degli Ammali parlanti e delle opere drammatiche fu enorme per tutto l’Ottocento, e il poema zoepico ebbe grande influenza su Leopardi.”
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