Pubblichiamo con molto piacere l’articolo di Ruben Della Rocca, vicepresidente della Comunità Ebraica di Roma, dedicato all’incontro con Sami Modiano di domenica 26 febbraio, pubblicato su Radio Gente Umbra e La Gazzetta di Foligno. Ringraziamo per la disponibilità il direttore Fabio Luccioli.
L’appuntamento di domenica 26 febbraio alle 10.30 all’Auditorium Gioacchino Messina – palazzo Coelli a Orvieto è un appuntamento con la Storia.
Grazie alla sensibilità dimostrata dal “Club Amici della Stampa” e al prodigarsi nell’organizzazione dell’evento da parte dell’amico presidente Alessandro Li Donni, avremo la possibilità di passare una mattinata in compagnia di un personaggio straordinario.
Sami Modiano, sopravvissuto allo sterminio nazista e al campo di Auschwitz-Birkenau, ci racconterà la sua storia e per me sarà un grandissimo onore condividere il palco con lui, che rappresenta un pezzo della nostra memoria collettiva.
“Per dialogare con Sami Modiano e quindi fare in modo che gli spettatori comprendano fino il fondo il messaggio implicito delle sue parole, è doveroso conoscere la sua storia umana e quindi occorre un’accurata preparazione documentale – racconta il giornalista Roberto Conticelli, che con la sua esperienza e la sua grande sensibilità condurrà l’incontro e ci intervisterà – e allo stesso tempo bisogna metterci cuore affinché si crei quel feeling indispensabile tra intervistato ed intervistatore”.
“Con Modiano è facile da un lato perché egli è molto diretto e descrive ciò che ha visto e vissuto nella terribile esperienza di Auschwitz – prosegue Conticelli – mentre più complicato sarà gestire le emozioni che inevitabilmente riguarderanno anche a me che vi intervisterò, per la natura del tema trattato e l’immensità della tragedia vissuta dall’uomo che si ha davanti”.
“Personalmente mi preparerò preventivamente con un bagaglio di domande – spiega Conticelli – ma lascerò poi che l’intervista abbia il proprio corso sulla falsariga delle sensazioni che per forza di cose sarà Modiano stesso a far scaturire nell’animo degli ascoltatori e in questo sarò coaudiviato da te, caro amico Ruben”.
E in effetti quello che vorremmo proporre a chi ci ascolterà è anche un passaggio generazionale del racconto da chi è stato vittima in prima persona delle leggi razziste e della persecuzioni, nonché della deportazione nei campi di sterminio ed è stato testimone oculare dell’orrore a chi invece, come il sottoscritto, ha ricevuto questa memoria come nipote della Shoah e ha il dovere di tramandarla nel prossimo futuro quando i sopravvissuti purtroppo, per motivi anagrafici, verranno a mancare.
“È questa la nostra missione – spiega la professoressa Elvira Di Cave, chirurgo ortopedico di fama internazionale, medico personale di Sami che lo accompagna in ogni iniziativa ed in ogni viaggio e che è una sorella per lui – e lo è soprattutto perché ai giovani venga insegnato quanto accaduto”.
“Sami ha una caratteristica fondamentale nel suo carattere – spiega la Di Cave – ed è quella particolare dote di raccontare con la voce e di far vedere attraverso i suoi occhi tutto ciò che è accaduto a lui ed ai suoi fratelli deportati. La sua voce che non ha mai una nota di rancore riesce entrare dritto nei cuori soprattutto dei ragazzi che si accorgono del suo desiderio di trasmettere soltanto il ricordo di ciò che è stato”.
“Anche le persone più anziane rimangono fortemente colpite dal suo modo di porsi davanti a tutti, con calma e delicatezza anche nel raccontare le situazioni più terribili – prosegue la Di Cave – ma è soprattutto con i giovani che Sami riesce ad ottenere un ascolto incredibile”.
“A volte ci è capitato di incontrare ragazzi che non avrebbero mai creduto alle storie sui campi di sterminio e su quanto accaduto ed il viaggio ad Auschwitz-Birkenau che assieme a Sami è diventato per loro una vera fonte di rivelazione – conferma la professoressa – e per lui andare ad Auschwitz è un dovere. Il dovere di raccontare e di far sapere che cosa significhi togliere la dignità e il pudore a un essere umano e di testimoniare quanto accaduto. E quando i ragazzi escono dalla visita in quei campi sono cambiati, perdono ogni aggressività, paradossalmente cercano conforto nelle parole piene di speranza e di amore di Sami”.
“Sami una persona dolce e paziente con tutti – conclude la Di Cave – e si prodiga perché ci sia una risposta ad ogni domanda che riceve, ma è rimasto ad Auschwitz, non è uscito da li. Quando si entra 13 anni in un campo di sterminio con padre e sorella e dopo poco tempo si rimane da soli, la vita diventa un peso enorme con la voglia di farla finita su un filo spinato elettrificato. Ma la frase di Giacobbe, suo papà, “tu ce la devi fare Sami!” è stato lo sprone a resistere e a vivere ogni ricordo, ogni tormento tornando in quei campi per raccontare ed anche la pena di portare un sasso nel posto dove si incontrava con la sorella e dove la ha vista andare via per l’ultima volta. E ogni volta che andiamo là la rivede ridotta una larva, lei bellissima com’era e come dopo poche settimane li,non lo era più”.
Con queste premesse quindi ci approcciamo all’ incontro così significativo e denso di motivazioni.
“Compito dei media – conclude Conticelli – è descrivere la realtà. L’Olocausto è e resta la più grande tragedia umana del 900, il secolo più tragico della storia. Quindi il dovere dei giornalisti è di continuare a comunicare la Shoah anche nelle sue applicazioni più recenti, ad esempio dando conto della presenza dei negazionisti, ma sottolineando come questi ultimi non abbiano portato nel dibattito storiografico alcun elemento di valutazione e di prova scientifica a supporto delle loro tesi. I comunicatori del nostro tempo hanno la fortuna di poter ancora interloquire con figure come Modiano, quindi a loro spetta di fungere da cassa di risonanza di ciò che è stato e di quanto è ancora raccontabile, con lo sguardo della testimonianza diretta“.