Lunedì 12 febbraio 2024. Solito sciopero dichiarato da non si capisce bene quale categoria sindacale.
Per noi pendolari queste giornate di sciopero sono deleterie perché, a prescindere da treni cancellati o ritardati, l’insicurezza sul viaggio che ci attende non è facile da gestire sia da un punto di vista emotivo che di stress. Non sappiamo se e a che ora arriveremo al lavoro. Così come non sappiamo a che ora potremo rientrare a casa.
Martedì 13 febbraio 2024. Martedì Grasso. Solitamente il martedì rientro a Orvieto con l’Intercity 598 delle 18e15. Ma oggi ho promesso “solennemente” alla figlia di accompagnarla a una festa in maschera ad Allerona Scalo. Deve essere lì per le 19e30. Per mantenere fede alla “solenne” promessa ho preso un’ora di permesso al lavoro. Così da poter rientrare con il regionale veloce 4106 delle 17e20 con arrivo a Orvieto alle sei e mezza, minuto più minuto meno. Alle cinque in punto sono nella stazione. Il treno è già pronto sul binario 2 est. Trovo anche un posto nel quale sedermi. Serata fortunata, penso tra me. Il bip del telefonino segnala un messaggio in arrivo. E’ la figlia che vuole rassicurazioni. Le dico di stare tranquilla, che già sono sul treno, che per le sette sarò sulla rupe in perfetto orario per accompagnarla. Neanche faccio in tempo a riporre il telefonino nella giacca che il solito gracchiare dell’altoparlante in fondo alla carrozza indica comunicazioni in arrivo. Un brivido mi percorre la schiena. L’annuncio è breve ma per me è come una pugnalata al cuore. Causa affollamento sulla linea Direttissima il treno regionale veloce 4106 oggi 13 febbraio sarà istradato sulla linea convenzionale, ovvero sulla linea lenta. Tutti i passeggeri diretti a Orte quasi si “buttano” dal treno, incamminandosi di corsa come un popolo in esodo, verso il binario del “Viterbetto” delle 17e37, che invece percorrerà la linea Direttissima. Partiamo insieme, il “Viterbetto” istradato sulla linea Direttissima, il nostro sulla linea lenta. I misteri inafferrabili e incomprensibili di Trenitalia.
Mentre nella notte attraversiamo, con continui rallentamenti, stazioni e stazioncine, rifletto su quali parole usare per comunicare alla figlia che non potrò accompagnarla, perché non arriverò a Orvieto alle sei e mezza ma abbondantemente un’ora dopo.
Giovedì 15 febbraio. La figlia ha uno stage di scherma a Ciconia. Alle sei. Mi ha detto che mi ridà una possibilità di riconquistare la sua fiducia. Devo assolutamente accompagnarla entro le sei a Ciconia.
Per non rischiare, pianifico tutto al millesimo. Riprendo un’ora di permesso al lavoro cosi da poter prendere il regionale veloce 4156 per Ancona in partenza da Roma Termini alle 15e58. Cambio a Orte, con arrivo a Orvieto 17e25 con trenino diretto a Chiusi delle 16e55.
Alle quattro meno un quarto risono ai binari est. Stavolta al binario dove il treno è già pronto. Mi metto seduto. Solito messaggino della figlia. Solita mia risposta. Può stare tranquilla. Sono già sul treno in orario. E tiro un forte sospiro di sollievo nel non sentire quel gracchiare dell’altoparlante da incubo.
Alle quattro e dieci arriviamo a Tiburtina.
E l’incubo stavolta si manifesta qui. Il treno si ferma ma non riparte dopo i canonici due minuti di sosta. Dopo dieci minuti di attesa al cardiopalma, arriva quell’inconfondibile gracchiare di altoparlante. Causa affollamento treni Alta Velocità sulla linea Direttissima il treno percorrerà la linea lenta. Ovviamente arriverò a Orte con tre quarti d’ora di ritardo. Ovviamente non potrò prendere il trenino per Chiusi delle 16e55. Ovviamente non arriverò a Orvieto prima delle sette.
Ovviamente ennesima forte delusione data alla figlia. Ovviamente ennesima litigata. E ovviamente ennesima ora di permesso presa al lavoro sprecata.
Questo nostro destino dipendente dai treni sembra governato completamente dal caso, affidato a una monetina lanciata in alto. Croce, il treno percorre la linea Direttissima, Testa, il treno percorre la linea lenta .,
Venerdì 16 febbraio. Un po’ intontito e assonnato mi ritrovo confuso tra i tanti passeggeri in attesa al binario due dell’intercity 581 delle sette e venticinque.
Anche se il tabellone lo indica in orario il treno non si vede. Cinque, dieci, quindici minuti. Tutti con lo sguardo rivolto verso Firenze, a osservare i binari in lontananza, ma dell’intercity nessun avvistamento. Poi l’annuncio. Il treno arriverà con mezz’ora di ritardo per problemi sulla linea nella tratta tra Chiusi e Orvieto.
Quindi a Roma arriveremo pochi minuti prima delle nove.
Ennesima chiamata al lavoro. Stavolta l’ora di permesso sono costretto a prenderla in entrata, non in uscita. Fortuna che è venerdì. E che anche questa settimana da incubo con i treni sta per finire.
Non importa a nessuno di cosa comporti questo stato di cose per le nostre vite, per la nostra salute, per la nostra integrità mentale.
Viviamo così, noi pendolari. Affidati quotidianamente all’esito di quel lancio di quella monetina.
Con politicanti locali e comitati pendolari vari che ancora parlano di organizzare degli incontri per pretendere da Trenitalia dei monitoraggi per valutare le condizioni di viaggio dei pendolari orvietani.
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