Proprio così. È questo il possibile e quasi certo futuro dell’Orvieto-Festival della Piana del Cavaliere, appena conclusosi. Per dieci giorni la città ha ospitato, nella splendida cornice del Teatro Mancinelli, una straordinaria carrellata di artisti, cantanti lirici, musicisti e performance teatrali e culturali di altissimo livello che difficilmente si potranno rivedere. Eppure ad occupare poltrone e palchi sono stati pochi spettatori, quasi tutti stranieri, una esigua presenza a dir poco imbarazzante che però non ha tolto al Festival quel profumo di eccezionalità che lo ha contraddistinto anche quest’anno.
Cosa dire. Nulla di più, a parte che sarà difficile poterlo ancora ammirare il prossimo anno. “La vostra città -ci spiega il presidente del Festival, Stefano Calamani- è un luogo così ideale e bello, situato fra Roma e Firenze, per organizzare questo genere di eventi che vogliono distinguersi per qualità e fascino. Basta pensare all’orchestra venuta appositamente dal Giappone per il suo primo concerto in Italia, e che ritornando in patria porterà con sé la nostra città, un modo per ‘esportare’ Orvieto senza ricorrere a spot pubblicitari”. Qui parliamo di professionisti che non suonano solo degli strumenti, ma vivono e interpretano la grande musica nel mondo! La cosa difficile da comprendere è come possa accadere che per una manifestazione così importante la popolazione sia rimasta praticamente indifferente quando, fino poco tempo fa, non c’era giorno in cui Orvieto veniva definita appunto la “città della cultura”.
Sicuramente è mancata la capacità di creare la giusta attenzione e per fare questo bisogna avere o, meglio, creare una “mentalità” che sappia investire veramente sulla cultura e sull’arte, più che utilizzarle come uno slogan. Mettere la cultura al centro delle scelte delle politiche dunque, perché Orvieto non ha altro che questo, perché Orvieto è questo. Si parla ancora di farla diventare la Salisburgo d’Italia, e cioè un raffinato e, nello stesso tempo, “popolare” centro dove valorizzare e promuovere prodotti di altissima qualità e divulgazione culturale. Certamente, si può fare, ma occorre crederci, lavorarci, unire tutte le forze presenti sul campo progettando, inventando, costruendo ogni giorno con pazienza e passione. L’alternativa è lasciare le cose così come sono e ridurre la città a poco più di un “paese”.
Al momento “il Festival è uno dei principali giovani festival emergenti del centro Italia e per raggiungere i suoi obiettivi è necessario che diventi sempre più parte integrante del tessuto di Orvieto e della regione Umbria. Un altro obiettivo del Festival è, inoltre, quello di formare nuovo e giovane pubblico che possa trovare anche nella musica classica fonte di ispirazione”.
Un grazie infinito agli organizzatori, alla direttrice artistica Anna Leonardi, e al personale del Teatro Mancinelli per il loro contribuito.