Dalla rivoluzione del 1789 alle rivolte studentesche del 1968 arrivando ai nostri giorni, con le rivolte nelle banlieu parigine, cominciate nel 2005 quando due ragazzi di 15 e 17 anni figli di immigrati morirono accidentalmente, rifugiati in una cabina elettrica per sfuggire ad un controllo di polizia e mai del tutto chiarite in questo ultimo ventennio che ha visto la Francia palcoscenico di clamorose proteste, ribellioni di varia natura e manifestazioni di violenza e guerriglia urbana continua.
Proprio la terra della libertà, dell’uguaglianza e della fraternità ha visto e vede minacciata la legalità e lo spirito di democrazia da una serie di episodi che la portano ad essere epicentro di tumulti e violenze.
In un paese che non più tardi di pochi mesi fa, nel marzo scorso, è stato teatro di continui scontri e tensioni tra polizia e manifestanti a causa di una riforma delle pensioni che ha visto scendere in piazza migliaia di giovani e meno giovani contro il governo e contro Macron.
La violenza è di nuovo esplosa a causa della uccisione da parte delle forze di sicurezza di un ragazzo di 17 anni, Nahel, a Nanterre, sobborgo alle porte di Parigi, colpevole di non essersi fermato ad un posto di blocco. La costante di questi episodi è l’origine maghrebina ed immigrata delle vittime, molto giovani e considerati francesi di seconda o terza generazione. La cosa crea imbarazzo ed è causa di una enorme frattura in paese diviso su due fronti: da un lato chi si indigna e protesta per l’uccisione del giovane, per il disagio sociale con il quale si vive nelle periferie degradate e per come viene trattato il tema degli immigrati, figli di seconda o terza generazione non del tutto considerati francesi e non del tutto integrati nel tessuto sociale.Sull’altro schieramento una pletora di odiatori delle banlieu e di chi ci vive, ma anche di sinceri democratici che non apprezzano e non accettano manifestazioni e vandalismi che spesso sfociano in violenze gratuite e che si trasformano nello sfogo di una rabbia repressa, che genera a sua volta altro odio e rancore. Un rancore che molto spesso, da parte degli immigrati nei confronti dei francesi di prima generazione, si trasforma in manifestazioni razziste e di frequente antisemite, come riportato in queste ultime ore dal collega Pierluigi Battista dalle colonne dell’Huffighton Post, riferendo dell’assalto al Memoriale dei Martiri della Deportazione da parte dei rivoltosi delle periferie, con la scritta apposta sul monumento “Facciamo una Shoah”, che contrasta tristemente con gli assassini di Mirella Knoll, di Ilan Halimi, di Sara Halimi, tutte vittime del profondo odio antiebraico di stampo fondamentalista nazi-islamista in questi ultimi anni.
Un paese quindi dilaniato da conflitti sociali ed interetnici, con un odio razzista profondo che denota la cagionevole salute della società francese, quella Francia da sempre portatrice di valori democratici e di accoglienza e che invece vede la popolazione di religione ebraica costretta ad emigrare, spesso in Israele, a causa di quel crescente antisemitismo che da sempre è la spia del disagio di una società, ovunque esso si verifichi.
L’ennesima tegola interna quindi per Macron, per il suo governo ma soprattutto per una tenuta sociale del paese che, crollando, rischia di mandare in frantumi una convivenza interetnica ormai divenuta precaria ,che mette a repentaglio l’essenza della democrazia francese e rilancia prepotentemente la questione integrazione per l’Europa intera, dove comunque il fondamentalismo islamista rimane un tema caldo e di difficile soluzione e soprattutto permette alle destre estreme del nostro continente di alzare prepotentemente la voce e soffiare sul fuoco delle proteste, in quella che diventa così una spirale di odio senza fine.
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