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Home #Politica

Franco Raimondo Barbabella, “la scomparsa di Emanuele Macaluso e l’Italia che se ne va”

Alessandro Maria Lidonni Alessandro Maria Lidonni
19 Gennaio 2021
in #Politica
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Riceviamo e molto volentieri pubblichiamo una nota di Franco Raimondo Barbabella in ricordo di Emanuele Macaluso, dirigente del PCI, ex-direttore de L’Unità e intellettuale fine, analista politico.  Legato a Orvieto è scomparso il 19 gennaio all’età di 96 anni, un pezzo importante della storia politica italiana che ci ha lasciato…

 

Com’è noto, la storia non è un soggetto astratto che si fa da solo, ma gli avvenimenti che accadono e che poi appunto diventano storia spesso ci invitano a leggerla e a capirne il senso. È accaduto anche oggi. Mentre da una parte si stava consumando la tragicommedia della crisi politica con il presidente Conte che stava per pronunciare in Senato il secondo discorso per ottenere la fiducia parlamentare ed evitare le dimissioni, dall’altra finiva l’esistenza terrena di Emanuele Macaluso, sindacalista, parlamentare, giornalista e politico di rango. Un amico e un amico di Orvieto.

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Niente come questi due eventi contemporanei può rappresentare plasticamente il passaggio storico che stiamo vivendo: se ne va l’Italia di Emanuele Macaluso e avanza, nel momento in cui scrivo non so come, l’Italia di Giuseppe Conte. Un vero passaggio d’epoca. L’Italia di Giuseppe Conte, qualunque sia l’esito finale della crisi in atto, è un’Italia disorientata e sfiduciata di fronte a fide da far tremare i polsi con una classe dirigente che definire tale è un atto di avventuroso coraggio. Un’Italia improvvisata e senza progetto, incerta, balbettante, in un mondo che non perdona chi galleggia pensando che i problemi si risolveranno da soli.

Tutto il contrario dell’Italia di Emanuele Macaluso, l’Italia che sapeva da dove veniva e per questo sapeva anche dove voleva andare, anzi, dove di volta in volta si riteneva necessario che andasse. Che interpretava la politica come l’arte umana più nobile perché concepita come servizio della collettività, alla quale si poteva dedicare anche un’intera esistenza, senza che ciò diventasse vizio carrierista e senza che il potere da strumento si trasformasse in fine unico da perseguire ad ogni costo. Un’Italia dai mille difetti, ma con una classe dirigente che, mentre li rispecchiava, sapeva anche porvi rimedio e guardare avanti con mente progettuale e sfidante.

Macaluso è stato un grande politico, di quelli veri, perché frutto di un percorso di crescita individuale e comune, con studio continuo, impegno pratico e lavoro in strutture collettive, come il sindacato, il partito, l’associazione, il giornale, le istituzioni locali, il Parlamento. Un uomo formatosi nelle lotte per il riscatto dei contadini siciliani, nel giornalismo militante, nella lotta politica costruttrice di prospettive, a fianco di dirigenti come Di Vittorio e Berlinguer, confortato dall’amicizia di personalità come Giorgio Napolitano, Renato Guttuso e Leonardo Sciascia. Era un riformista, un militante di partito, il PCI, ma di cultura riformatrice, aperta, dialogante, costruttiva, lungimirante.

Lo ho conosciuto da vicino. Era un amico di Orvieto. Per molti anni ha frequentato la nostra città quando ero sindaco. Talvolta è salito in comune, ma le più volte ci siamo incontrati a casa della sua amata compagna Ninni, vicino alla casa di un altro amico, Alfonso Madeo, scrittore e giornalista anche lui. Erano incontri senza oggetto definito, tanto per parlare, analizzare, commentare. Grande discrezione, disinteresse per cose particolari ma interesse vivissimo per i problemi reali e le vicende appassionanti del momento, generali o locali che fossero. A casa di Alfonso Madeo, insieme ad Emanuele, ci si poteva incontrare ad esempio con Antonio Cederna e discutere di come impostare la questione ambientale di Orvieto. Non ha mai chiesto niente e però ogni volta che c’è stato bisogno di una sua parola in Parlamento a favore della nostra città questa parola è sempre venuta, puntuale, efficace, disinteressata. Altra persona, altra politica, altra storia.

Passata quella fase, non mancavano i saluti ma ho avuto solo poche altre occasioni di contatto diretto, una alla presentazione di un suo libro. Lo ho seguito soprattutto attraverso i suoi libri, che leggevo regolarmente, come leggevo regolarmente i suoi interventi da direttore de “Il Riformista” o de “Le nuove ragioni del socialismo”, non a cso sottotitolato “Mensile di cultura e politica riformista”, o quelli della sua rubrica fb “EM.MA”. Interventi puntuali, lucidi, come quelli dell’altro grande anziano della politica italiana, Rino Formica, gente che la politica l’ha fatta innanzitutto per il gusto di pensare e guidare verso il meglio le azioni di chi ha responsabilità di direzione e di governo.

Menti lucide di una sinistra che ha smarrito la sua strada. Atra gente, altra cultura, altra politica. Altra storia. Viviamo appunto un passaggio d’epoca. Ma il patrimonio ideale cui attingere è vasto, e gli esempi cui ispirarsi ci sono. Anche per una sinistra che ha perso la bussola. Macaluso è uno di questi.

 

Franco Raimondo Barbabella

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