Il 29 novembre è stata una data dirimente per la sanità e la politica orvietana. Doveva essere una presentazione di progetti e programmi e si è trasformata in una manifestazione aperta al pubblico. La Sala dei 400 era gremita come raramente avviene, d’altronde l’argomento era veramente importante. La sanità è considerata la grande malata in Italia, in Umbria e a Orvieto. In particolare in città e nel territorio la sensazione è che sia in atto un lento ma inesorabile depotenziamento del comparto.
Si rende necessario un compendio minuto per minuto.
In apertura il sindaco Roberta Tardani detta i tempi e lo stile. Attacco frontale alle opposizioni, al sindacato, ai cosiddetti “detrattori” della sanità orvietana e poco spazio alla narrazione, alla presentazione. “Vergognoso parlare di ospedale chiuso”, spiega, quando si combatteva la pandemia nella sua fase acuta. La realtà era sotto gli occhi di tutti. Ospedale blindato, come lo abbiamo sempre definito. Reparti in black-out e poi, come ha spiegato in seguito l’assessore Coletto, i DPCM del premier Conte che hanno decretato la “chiusura” degli ospedali da un giorno all’altro. In somma chi avrebbe dovuto avere il ruolo di mediare è scesa in campo a giocare la partita e a gamba tesa. Le proteste, si sono trasformate in mormorio nelle file più avanzate della Sala.
Veniamo ai progetti, ai numeri e ai programmi sulla sanità orvietana.
- Con il PNRR e la compartecipazione della stessa USL Umbria2 verranno aperti una Casa e un Ospedale di Comunità nella location dell’ex-ospedale in Piazza Duomo per un importo finanziato come segue: 3,275 milioni per la Casa di Comunità; 3,343 per l’Ospedale di Comunità; 1,1 milioni di quota USL, per un totale di 7,718 milioni totali;
- Programma di implementazione del personale medico e infermieristico che vedono la USL impiegare a Orvieto oltre 470 persone e che per la parte medica vede completata la pianta organica fatte salve alcune criticità ancora presenti ma che verranno risolte;
- Possibilità di utilizzare l’edificio ex-mensa della Piave come REMS, Residenza Esecuzione Riabilitativa. Richiesta della Regione che ha trovato accoglimento dalla USL e ora serve studio di fattibilità;
- Arrivo in comodato gratuito per 2 anni di un sistema robotico chirurgico denominato “Versus” che renderà l’ospedale di Orvieto unico in Umbria ad avere tale tecnologia. La Scuola di Formazione regionale per la chirurgia robotica sorgerà a Foligno.
Insomma una pletora di investimenti e di successi per la sanità orvietana. E’ così? Analizziamo punto per punto.
La prima perplessità riguarda il finanziamento per Casa e Ospedale di Comunità che risulta essere piuttosto risicato anche alla luce di quanto dichiarato in linea generale dal neo ministro alla transizione digitale, Gilberto Pichetto Fratin, “abbiamo progetti per 35 miliardi di euro ma con gli attuali costi nell’edilizia ne servirebbero oltre 40. Sicuramente si dovranno rivedere alcune opere e l’intero impianto del PNRR”. Secondo quanto riferiscono alcuni tecnici di settore i costi non sono ben bilanciati e si rischia di non completare nei tempi previsti, cioè il 2026, l’opera. Rimangono poi i forti dubbi sul sistema di viabilità per rendere fruibile pienamente e in sicurezza, ma soprattutto senza appesantire l’area più delicata della città visto che il Comune non ha ancora presentato un piano del traffico e soprattutto non sono state pianificate le spese.
Arriva il robot supertecnologico e avanzato, una rarità in Italia e unico in Umbria, perfetto! Ma allora la Scuola di specializzazione perché viene aperta a Foligno? Insomma a Orvieto si chiude il Distretto, non c’è un’eccellenza riconosciuta a livello regionale, non siamo inseriti nel circuito virtuoso di collaborazione tra ospedali e questa sarebbe stata l’occasione giusta per crescere in maniera organica e continua all’interno della USL Umbria2 e avere un punto di eccellenza vero; unica consolazione, non da poco, abbiamo il robot avanzato.
La USL si trova un edifico da utilizzare, la ex-mensa alla Piave, con destinazione Casa della Salute. Ora sono cambiati i piani perché non ci sarebbero stati gli spazi necessari, anche se all’interno della Piave si potrebbero anche apportare degli aumenti di cubatura come previsto dal Comune. Dalla Regione arriva la richiesta di riportare la REMS all’interno dell’Umbria e spunta come il coniglio dal cilindro l’idea di utilizzare proprio lo spazio della ex-Piave. I forti dubbi insistono proprio sulla location, all’interno del centro storico, e sulla destinazione che potrebbe pregiudicare, in un secondo tempo, l’utilizzo della restante parte della ex-Caserma. Perugia decide e Orvieto provvede, un vecchio adagio che, cambiando i colori e le maggioranze, non varia.
E infine ci sono i cittadini orvietani, organizzati o meno, guidati o meno, ci sono alcune bandiere del sindacato e c’è attesa per le risposte. C’è voglia di sanità, voglia di tornare negli ambulatori e nei laboratori analisi dell’ospedale, c’è voglia di essere visitati dai medici a Orvieto non a Cascia o Città di Castello, o ancora a Terni, Foligno o Perugia. Ci si meraviglia per le proteste colorite a tratti? E perché? Ci sono esponenti politici della minoranza fra di loro, è vero, e giustamente dal palco viene ricordato che lo smontaggio e il depotenziamento della sanità pubblica è partita da lontano e non dal 2019. A Orvieto le liste d’attesa insostenibili ci sono dal 2018 ma questo non giustifica le non risposte a una semplicissima domanda: perché? Le analisi hanno un tempo d’attesa di 10 giorni lavorativi, altri esami non sono prenotabili a Orvieto ma basta spostarsi a Terni o ancora più vicino a Narni che miracolosamente ci sono posti. L’assessore Coletto ha spiegato che anche il sistema delle prenotazioni è da riorganizzare. E in questi due anni di covid, con tutto fermo, non ci si poteva lavorare per trovarsi pronti al prevedibile tsunami post-lockdown sanitario? La sanità del futuro lontano interessa ma servono risposte oggi, domani perché il diritto costituzionalmente garantito alla sanità non vada a farsi benedire in brevissimo tempo. Si deve tornare a pensare Orvieto come un nodo centrale della sanità transregionale e come area svantaggiata dal punto di vista dei collegamenti con gli altri punti d’eccellenza dell’Umbria. Serve un investimento forte in tutta l’Umbria, sulla medicina preventiva delle patologie croniche legate all’aumento delle aspettative di vita per evitare gli scompensi e le acuzie che, queste sì, costano e tanto. Serve un sistema di medicina da remoto messo a sistema e non a macchia di leopardo, che permetta di avere una sanità di “serie A” in ogni angolo della Regione.
Questo chiedono i cittadini e non perché organizzati e guidati ma in quanto tali e preoccupati per i mille problemi che affliggono la sanità pubblica umbra.