La sanità umbra è arrivata a un punto di svolta. In Regione avanza il Piano Sanitario Regionale che sarà un vero e proprio tsunami, questo è sicuro. Apparentemente la riforma andrà a migliorare la qualità delle prestazioni per i cittadini ma sarà così? Soprattutto sarà così per l’orvietano?
L’ospedale di Orvieto rimane DEA di I livello per l’emergenza e urgenza, bene, quindi apparentemente non cambia una virgola con il passato. Poco dopo si conferma l’avvio della Casa di Comunità e poi una serie di investimenti. Alla fine la doccia gelata, via il distretto sanitario, spazzato via in nome del risparmio centralizzando gli acquisti e non solo. E poi ancora una seconda e più grave doccia gelata, il controllo sui medici di famiglia per la spesa farmaceutica e le prescrizioni di prestazioni specialistiche. Nello stesso documento è scritto che Orvieto è attrattivo per l’utenza extra-regionale, un passo avanti apparente, un altro. In pratica dopo un primo entusiasmo si riaffaccia il pessimismo per il futuro della sanità orvietana e anche umbra. L’unico centro decisionale e gestionale rimasto a Orvieto, il Distretto, viene cancellato con un colpo di penna perché da 12 si passa a 4 e non a 2 come il numero delle province umbre. Ogni decisione riguardante Orvieto si allontana verso Terni, Foligno e infine Perugia.
A parole la Regione promuove Orvieto come punto attrattivo come DEA di I livello dimenticandosi che il consiglio regionale all’unanimità ha approvato la mozione per l’apertura dell’emodinamica nel nosocomio Santa Maria della Stella. Nei milioni di euro previsti per la sanità orvietana mancano quelli per il vero salto di qualità. Già, l’emodinamica, questa sconosciuta, che però è fondamentale per i cittadini dell’orvietano che si trovano a dover affrontare un’acuzie tempo-dipendente. Si dimenticano, sempre in Regione, che geograficamente Orvieto è (s)collegata con Terni e Perugia e l’incidenza della popolazione anziana sul totale è oltre la media sia nazionale che regionale. Non viene presa in minima considerazione l’eventualità di accordi con l’Università di Perugia per inserire Orvieto, così come Narni, nel circuito ospedaliero con notevoli vantaggi sia per la cittadinanza che per Terni che verrebbe decongestionato almeno in parte.
Poi c’è il capitolo della Casa di Comunità con la scelta discutibile, e con un possibile danno erariale dietro l’angolo, di Piazza del Duomo che verrà finanziata con i fondi del PNRR, ma senza un forte adeguamento dei costi, tra l’altro già richiesto a livello nazionale, c’è il rischio concreto che gli appalti vadano deserti. Non solo, i sindacati nazionali dei medici ritengono le Case di Comunità nate già vecchie perché i modelli sanitari vanno verso una netta divisione tra l’acuto e programmato negli ospedali e la gestione del cronico tramite medicina da remoto e assistenza domiciliare o del medico di famiglia.
Non è finita qui, perché lo stesso medico di famiglia verrà controllato su ogni prescrizione di medicinali e/o esami diagnostici. Quindi un professionista non avrà libertà di lavorare secondo coscienza ma secondo tabelle dei costi con il rischio concreto che non possa prescrivere un medicinale per tutta la durata della cura al “suo” paziente. Contemporaneamente gli stessi professionisti devono aumentare la produttività sia sul territorio che in ospedale basta non sfondare i tetti di spesa, tagliati ogni anno.
Questa riforma, alla fine dei conti, penalizza ancora una volta un territorio già penalizzato, depotenzia il controllo e la gestione sanitaria con la chiusura del distretto, promette, come nel resto dell’Umbria, adeguamenti di personale senza specificarne numeri e professionalità, rende i medici di famiglia dei contabili della (in)salute, moltiplica i costi con una Casa di Comunità prevista nel passato alla ex-caserma Piave con tanto di acquisto dell’immobile, fatiscente come gran parte della struttura, e ora spostata e progettata vicino al Duomo, nella piazza-simbolo della città, con tre musei, da pedonalizzare totalmente, con un costo previsto, chiavi in mano, oggi improbabile visto l’impennata dei costi sia in edilizia che in tutti gli altri settori. Con una spesa minore si poteva ristrutturare l’altro stabile, artisticamente non di pregio, facilmente raggiungibile da tutto il territorio, sempre nel centro storico, ma soprattutto la Casa della Salute, oggi di Comunità, Orvieto l’avrebbe potuta avere prima fra tutte le città in Umbria già dal 2010.
Tutto questo avviene in un quasi-silenzio assordante della politica locale, fatte salve alcune eccezioni. Eppure la sanità vale sul PIL orvietano quasi quanto il turismo e soprattutto è per gli orvietani e i turisti, un servizio universale, pubblico, gratuito, o almeno così dovrebbe continuare a essere!