Turismo tutto bene? L’Umbria piace, è indubbio, piace tutta ma con qualche distinguo e alcuni segnali che la politica deve prendere assolutamente in considerazione prima che sia troppo tardi e il vento favorevole di questi ultimi anni si calmi in favore, magari, di altre mete altrettanto affascinanti che in Italia non mancano.
Il dato che spicca su tutti è quello dell’Indice Medio di Utilizzo che non riesce a superare il 50% delle strutture disponibili. Questo anche per il continuo e costante aumento delle strutture extra-alberghiere in tutta la Regione nonostante il dato che evidenzia un surplus che non si riesce a riempire. A Orvieto? Il dato dei flussi evidenzia, stando alle statistiche ufficiali della Regione Umbria, che i turisti italiani vengono a Orvieto ma meno che in altri comprensori. Infatti nel grafico la Rupe viene dopo Assisi, saldamente al primo posto, Perugia, Foligno, Terni e Spoleto. Le cose cambiano se si guarda lo stesso dato per gli stranieri con Orvieto che balza al terzo posto dopo Assisi e Perugia e distaccando Castiglion del Lago.
Ma quanto vale a livello di presenze l’orvietano per l’Umbria? I dati della Regione parlano chiaro, il 6,2% dietro al colosso Assisi, poi Perugia, Trasimeno, Folignate e Ternano avanti per alcuni decimali di punto, il 6,7%. Questo dato, in particolare sembra scontrarsi con il numero di attività ricettive sul territorio, anche se quelle alberghiere sono in contrazione costante. Le attività extra-alberghiere registrare sono circa 350 con il tasso di riempimento sotto il 50% in media come nel resto dell’Umbria.
Questi sono i dati ufficiali da dove ripartire e sui quali discutere per immaginare progetti e strategie future che possano far crescere il settore turistico a Orvieto, senza grancasse e post violenti. Servono dialogo, idee, tecnici, esperti, forze nuove che si mettano a disposizione e sulle quali investire, sì investire cioè spendere soldi, per immaginare Orvieto nel 2030, non domani. Servizi, strutture e infrastrutture materiali e immateriali per residenti e “ospiti” conciliando esigenze apparentemente divergenti ma che in verità sono simili.