Cara sindaca,
come vuole lei, mi adeguo. Peccato, sta sprecando occasioni. Peccato che non abbia capito, o magari ha capito benissimo e fa quello che le viene naturale perché coerente con ciò che fatto in questi anni, chiusa in una bolla di propaganda permanente, cieca e sorda di fronte a chiunque con analisi oneste e veritiere la richiami alla realtà o le prospetti pensieri e proposte differenti da quelli di suo stretto interesse. Uno (per puro caso anche consigliere comunale, peraltro non mi pare fazioso) le propone un ragionamento e lei risponde con due palate. Bah!
Lei agisce con la disinvoltura di chi forse ritiene che la città sia un luogo ameno in cui ognuno può fare i giochi che più gli aggradano. Ma quando si tratta di interpretarne le sue possibilità di futuro non si può essere funamboli. Lei, che per tre anni ha rifiutato perfino di usare il termine visione, non aveva nessuna idea progettuale che potesse giustificare la partecipazione alla gara per capitale della cultura.
Così, avendo deciso comunque di partecipare (e ora si capisce meglio perché), ha pensato bene di affidarsi ad una agenzia esterna ed ha delegato a questa il compito di elaborare la proposta inventandosi a copertura una qualche forma di partecipazione. Ma il dossier, centrato su un’idea standard di modernizzazione tipo “Tempi moderni” non poteva che risultare giustapposta sul corpo vivo della città che, per quanto questo possa disturbarla, è fatta anche di arte e di storia, un patrimonio culturale civile e religioso che attende di essere risanato, rivisitato e valorizzato, certo anche con linguaggi nuovi e adeguati ai tempi, di sicuro non di essere dimenticato o trattato come un peso. Non si capisce come un tale patrimonio non diventi invece la risorsa su cui innestare operazioni anche forti di modernizzazione, insomma una potente risorsa per il futuro.
Lei sa che le mie osservazioni contengono verità. Sa che ha tenuto fuori il Consiglio e non ha coinvolto le altre istituzioni. Sa che un progetto credibile non si improvvisa e non si costruisce con interviste estive. Sa che anche chi non è navigato si accorge se un progetto ha poco a che vedere con lo spirito del luogo e i suoi bisogni, è calato qui ma potrebbe andar bene, se non per San Giovanni in Persiceto o per Rogoredo, anche per San Giovanni Valdarno o Canicattì.
Lasci stare quelle notazioni, quelle sÌ davvero impolverate e ammuffite, sulla sua presunta visione nuova e la mia presunta vecchia. Purtroppo usa un termine, visione, che non le è congeniale. Lei, così orgogliosa di essere realista, non si accorge che la sua narrazione falsamente moderna è già superata prima di aver solo sfiorato la messa a terra? Le tecnologie (aggiungere “moderne” indica vecchiezza di linguaggio) sono strumenti per lo sviluppo, non giochi per abbagliare gli occhi degli sprovveduti.
Le chiedo: si può fare a meno del rapporto con il territorio? È sensato ignorare il patrimonio di valore universale del Duomo e di ciò che in esso è custodito per una seria politica culturale? È sensato ignorare l’opportunità che oggi si presenta stringente, per le ragioni che ho abbondantemente spiegato, con l’idea progettuale del MOST, non solo per la rifunzionalizzazione dell’ex caserma Piave ma per la città e per l’intera area orvietana?
C’è una delibera unanime di Consiglio comunale, che stabilisce di chiedere un incontro urgente con il ministro Sangiuliano per verificarne la fattibilità. Sono già passati quattro mesi e non è successo niente. Alla faccia dell’urgenza e della volontà del Consiglio! Lei è chiaramente contraria e so bene che farà del tutto per dimostrare che non si può fare. Un sindaco, che rappresenta istituzionalmente l’intera comunità, dovrebbe fare esattamente il contrario. Non mi meraviglia lei. Mi meraviglia però che la sua maggioranza glie lo consenta. Lei mi risponde che il Ministro Sangiuliano verrà qui in estate lasciando intendere che questa cosa può attendere tanto è inconsistente.
Beh, questo modo di trattare le cose serie supera anche la supponenza, ma è questo il suo stile di governo. Agli orvietani sta bene così? Sono felice per lei. Vuol dire che è lei a saper interpretare lo spirito del luogo. Io mi tengo la coscienza di aver svolto il mio compito, prima che di consigliere comunale, di cittadino. Il futuro dirà. Ma forse a lei non interessa, lei vive felice strettamente nell’oggi.
Franco Raimondo Barbabella – Consigliere comunale civico