Cinquanta anni fa ci ha lasciato un mito incrollabile del cinema italiano, eppure i suoi film e le sue interpretazioni fanno parte e lo faranno per sempre del bagaglio culturale ed artistico di noi italiani. È Anna Magnani!
Un mito nazionale e il simbolo di una romanità genuina, trasparente, viva come lo era quella di Alberto Sordi, capace di trasformarsi nella popolana più vera così come nella signora altolocata con la stessa bravura ed intensità. L’intensità che aveva nello sguardo e nelle interpretazioni e che era figlia anche di un vissuto non semplice, quello di una donna nata nel 1908 da una madre di umili origini e da un papà naturale mai conosciuto, salvo scoprire le sue origini in età adulta.
La rivelazione del cognome del papà, Del Duce, la portò ironicamente a dire di essersi fermata nelle sue ricerche del passato per non essere definita la “figlia del Duce”. Grazie agli sforzi della nonna e delle zie con le quali crebbe, Anna nel 27 iniziò a frequentare la scuola d’arte drammatica Eleonora Duse diretta da Silvio D’Amico con un compagno d’avventura, anche lui eccezionale, come Paolo Stoppa, con il quale si trovò a lavorare nella compagnia teatrale di Antonio Gandusio che si innamorò di lei e la spinse verso il cinema.
Dal suo primo film “La cieca di Sorrento“ nel 1934, dopo una serie di pellicole dove le sue interpretazioni si limitavano a ruolo di cameriera o donna di spettacolo riuscì grazie a Vittorio De Sica ad esibire le sue qualità drammatiche nel film “Teresa Venerdì” nel 1941, alternando il cinema all’avanspettacolo con Totò. La sua consacrazione definitiva arriva con il suo primo nastro d’argento vinto nel ‘45 fu grazie al film di Roberto Rossellini “Roma città Aperta”, assieme ad Aldo Fabrizi. Memorabile la scena dove lei corre dietro al camion nazista e viene uccisa mentre cerca di riprendersi il marito catturato dagli occupanti tedeschi. Quella rimane probabilmente la sequenza di cinema più vista e studiata nelle scuole di arte drammatica per la sua intensità e veridicità. E da lì interpretazioni e premi che si susseguirono con un altro film mitico della nostra cinematografia come “L’onorevole Angelina“, diretto da Luigi Zampa e affiancata dalla grande Ave Ninchi. E poi ancora “Bellissima” di Luchino Visconti che le fruttò il quarto Nastro d’argento (i Nastri vinti arriveranno a cinque) fino alla consacrazione internazionale con la vittoria dell’Oscar del 1955 per “ La Rosa tatuata” di Daniel Mann con protagonista assieme a lei Burt Lancaster, prima vittoria assoluta del premio da parte di un’attrice non di madrelingua inglese e che lei non ritirò personalmente ma che accolse, esclamando al giornalista americano che le diede la notizia della vittoria “Anna Magnani is happy”.
Tanti ancora i titoli di film importanti e le collaborazioni eccezionali come quella con Pierpaolo Pasolini in “Mamma Roma” del 62 fino all’ultima apparizione in un cameo voluto fortemente da Federico Fellini nel suo film “Roma“ del 1972.
E la sua ultima battuta sarà proprio in romanesco “no, nun me fido ciao buona notte” in una Roma notturna, chiudendo il portone davanti a se come a chiudere il sipario della sua carriera.
Nannarella, come è affettuosamente chiamata dai romani, ci lasciò il 26 settembre del 1973. Ci rimangono la sua bellezza, la sua bravura, la grandezza e poliedricità delle sue interpretazioni che la connotano come la più grande attrice italiana del dopoguerra, assieme a Sophia Loren.
Ma Anna Magnani…è Anna Magnani!