Secondo il dialetto delle nostre parti, il metule è un tronco al quale non è più attaccato alcun pagliaio. Possono essere stati il vento, il venire meno della sua solidità o semplicemente il caso, ma il risultato è identico: il palo (nessun riferimento a quello dei romanzi criminali) ha perso la sua utilità di tenere insieme la “ricchezza”.
Orvieto corre lo stesso rischio: perdere qualcosa di importante in modo definitivo. Ricordate il Tribunale o no? Quando si parla di flessione demografica, riduzione dei servizi e marginalizzazione nei trasporti, si vengono a creare le condizioni per le quali il “pagliaio” si sgretola o vola via. La solita vecchia storia se venga prima l’uovo o la gallina, e (volendo salire con i concetti) se sia prioritaria una banca del territorio o il territorio. Facile: non può esistere la prima se il secondo non c’è.
Ecco perché la riflessione va fatta sul sistema: il tema dell’Ospedale depotenziato sì o no (meglio lasciare agli esperti la valutazione) e del Distretto sanitario (idem) non può essere considerato slegato dal resto. Anche dalla “Cassa”, dalla Fondazione e da tutti quei piccoli grandi presidi di autonomia che ancora rimangono a tutela degli interessi della Città. Se Orvieto riduce i propri servizi (di ogni genere e qualità) inevitabilmente si crea un impoverimento economico essenziale per chi ci vive, non per chi la visita un giorno o due.
Viene, allora, prima una banca o un ospedale? Certamente il secondo, senza dimenticare, però, che agli istituti di credito non interessano territori poveri di servizi, di residenti, di imprese e di opportunità. Nel caso, un acquirente arriva, fa due conti e, passato un primo momento di fascinazione stendhaliana, chiude le insegne e si tiene solo gli sportelli.
Solo questo giornale (che grazie alla lungimiranza del suo Direttore ogni tanto ospita le mie incursioni nella vita di una città alla quale continuo a volere un bene dell’anima) ha cominciato a interrogarsi sul futuro della banca in piena campagna elettorale (nel quasi totale silenzio dei candidati) e ne ha prefigurato il rischio della cessione tre mesi fa. Da allora a oggi, la questione è stata ignorata, mentre si moltiplicavano interrogazioni su acque potabili, sterpaglie e una anche sullo stato di abbandono della Chiesa di San Francesco, che non sta certo sul lato della piazza ora più sensibile. C’è voluto un appello sindacale dei dipendenti della Cassa di Risparmio per riportare una “fiammata” sulla questione, che però riguarda tutti: per intervenire sul sistema c’è bisogno di unità. Chi ha vinto le elezioni le ha vinte, punto. Chi le ha perse, sicuramente farà in modo che alle prossime ci sia ancora il “pagliaio”. Perché sperare di vederlo abbattere per poter poi un giorno gridare al metule non sarebbe rispettoso. Non lo sarebbe civicamente.