Interessantissima conferenza dei capigruppo il 14 dicembre nella sala consiliare. Punto unico in discussione la situazione della Fondazione Claudio Faina e dell’omonimo museo con l’audizione del presidente Daniele Di Loreto. Il clima è apparentemente tranquillo e l’esordio del presidente accende subito gli animi in particolare della consigliera Donatella Belcapo che quest’audizione aveva richiesto la scorsa estate. Di Loreto sottolinea tra punti, il primo che la sua carica è in prorogatio in mancanza di un nuovo consiglio; il secondo che il presidente del cda risponde al Ministero dei Beni Culturali e non al Comune per quanto riguarda la gestione e i bilanci. Con il terzo torna a ribadire il concetto che il Comune è rappresentato nel cda della Fondazione dal sindaco che ne è membro di diritto oltre che dai due consiglieri indicati dallo stesso consiglio comunale. Ma il presidente non rinunci a rispondere per il rispetto istituzionale.
La prima scaramuccia arriva con il primo intervento della consigliera Donatella Belcapo che dopo avere criticato la scelta del presidente della Fondazione che non ha presentato una relazione ha stigmatizzato il presidente del consiglio comunale che non ha preso in considerazione lo spostamento d’orario della commissione per permettere ai consiglieri di assistere all’evento sul Signorelli e il Perugino a partire dalle 17 sempre del 14 dicembre al Palazzo del Popolo.
Secca la replica di Garbini che ha ricordato come alla sua mail inviata nei tempi previsti a tutti i capigruppo ha ricevuto solo 2 risposte (Sacripanti e Barbabella ha sottolineato) positive sulla data prescelta. “Abbiamo un’occasione di confronto e di crescita – ha spiegato – e i doveri istituzionali e di rappresentanti dei cittadini vengono prima del piacere”.
Daniele Di Loreto riprende la parola per presentare una panoramica della situazione passata, presente e futura della Fondazione. Sulla questione Montiolo ribadisce che era in vendita dal 1989 e da allora da villa “è diventata un rudere che non ha mai prodotto reddito per la Fondazione ma solo costi per la messa in sicurezza”. I possibili acquirenti sono stati numerosissimi ma non si è mai finalizzata la vendita però “la Fondazione aveva un’esigenza primaria, far proseguire l’attività core cioè il Museo ormai insostenibile. Purtroppo dopo una lunga parabola ascendente dei ricavi la Fondazione ha registrato uno stop e poi un’inversione di tendenza – ha spiegato il presidente Di Loreto – che avrebbe dovuto essere un campanello d’allarme e far cambiare passo nella gestione. Non è stato così e noi ne abbiamo dovuto subire le conseguenze e correre ai ripari”. Di Loreto spiega con precisione che tutti i musei nel mondo sono in perdita e che, ad esempio, il Metropolitan di New York dai biglietti arrivano sono il 13% dei costi. Poi passa ad analizzare i musei sulla Piazza del Duomo, “Nel 2019, ultimo anno omogeneo, quello dell’Opera del Duomo ha registrato 714 ingressi che moltiplicati per i 4 euro di costo del biglietto fanno in totale 2800 euro, neanche la luce in pratica. Con l’integrazione tra Duomo e Museo è tutto cambiato. Lo Stesso don Francesco Valentini nel 2017 spiegava che in mancanza di integrazione l’Opera avrebbe rischiato il default perché tutti i musei del mondo sono in perdita”. Simile la situazione per l’Archeologico, “nel 2019 ha registrato poco più di 7200 ingressi per un totale di 28mila euro, in pratica neanche un dipendente. Il Museo ha 13 dipendenti ha ricevuto 500 mila euro per lavori di miglioramento e adeguamento e tutto questo è pagato dal MIC, cioè dalla fiscalità generale. Noi? Fino ad un certo momento storico la scelta lungimirante del fondatore Claudio Faina ha permesso al museo di essere virtuoso grazie all’azienda agricola e agli immobili ma i tempi sono fortemente cambiati”. I numeri restituiscono un quadro veramente tragico rimesso in linea dall’attuale cda ma solo come conto economico e nel medio termine. Il cda ha trovato un mutuo chirografario con CRo da 360 mila euro e un affidamento sempre chirografario da 150 mila euro. Dai conti si evince anche una cambiale agraria che nel 2019 ammontava a 200 mila euro. Poi Di Loreto continua con l’elenco dei debiti, “non erano pagati i contributi previdenziali e, cosa gravissima, non c’era traccia dal saldo Irpef non pagato per mancanza di liquidità. E poi abbiamo scoperto di non essere in regola con la normativa anti-incendio, dopo 25 anni di museo aperto in piazza Duomo. Ma non è finita qui. L’Imu sull’azienda agricola di Castel Giorgio on era stata mai pagata e abbiamo regolarizzato la situazione così come abbiamo dovuto affrontare l’ultima tegola riguardante l’IRES che prima compensavamo con la perdita del museo ma che dal 2018 non si è potuta più fare per scelta del legislatore, altri 40 mila euro annui”.
Il presidente poi ha spiegato a cosa è servita la vendita di Montiolo per oltre 800 mila euro. “Sono stati azzerati i due debiti chirografari, abbiamo pagato 50 mila euro di cambiale agraria e investito in macchina agricole per 71 mila euro mentre il resto lo abbiamo acquistato con leasing usufruendo dello sconto previsto dallo Stato con uno sconto del 50%. Abbiamo pagato i debiti previdenziali, Irpef e liquidato il TFR di due dipendenti oltre ad aver sistemato la sicurezza del Museo”. Nel frattempo il cda si è posto il problema di come aumentare i ricavi e mettere in sicurezza i conti. “Abbiamo rivisto la locazione con l’Archivio di Stato che è passato, dopo un lungo lavoro, da 20 a oltre 40 mila euro, ottimizzato ogni risorsa e ridotto il personale al minimo indispensabile”. Per quanto riguarda le attività core il cda ha rilanciato l’attività scientifica propria di una fondazione culturale e coinvolto le scuole con numerosi progetti. Ma la domanda rimane sempre una, cosa fare per mettere in sicurezza e rilanciare la Fondazione?
Di Loreto ha spiegato che in un consiglio di amministrazione ha presentato tre opzioni per raggiungere questi obiettivi, “seguendo quanto fatto dall’Opera abbiamo proposto con l’aumento di 1 euro del costo del biglietto l’abbinamento con il Pozzo di San Patrizio, sempre di proprietà comunale, per incrementare il numero di visitatori e gli incassi derivanti dal ticketing; la seconda ipotesi è uno spin off immobiliare dell’intero patrimonio presente nel centro storico che è stato stimato in circa 6/7 milioni di euro. Oggi oltre il 60% degli immobili non genera utili e anzi spese per il loro mantenimento. Al contrario investendo i soldi della vendita, così come fanno quasi tutte le fondazioni bancarie ad esempio, in Bot avremmo un reddito del 4% netto contro l’1% degli immobili e ancor meglio si può fare investendo il capitale in fondi e titoli. L’ultima opzione che ho presentato è prevista dallo statuto e cioè la cessione dell’attività core allo Stato. Avremmo la sicurezza della permanenza del museo in piazza Duomo. Infine voglio sempre ricordare che nel 2019 abbiamo avuto 25 mila visitatori mentre la ben più nota Galleria Regionale di Perugia ne ha avuti 40 mila, quindi abbiamo tutte le carte in regola per poter crescere, ma non basta”.
I successivi interventi dei consiglieri hanno puntato in particolare sul patrimonio immobiliare e sulla sua valorizzazione. Andrea Sacripanti, capogruppo Lega, ha chiesto se possibile pensare ad una vendita per step. Sul possibile accoppiamento dei biglietti sottolinea, “il Pozzo viene chiamato ogni volta per reperire risorse, non vorrei che diventi un bancomat”. Mescolini, del PD, ritiene possibile il “matrimonio” tra Pozzo e Museo, anzi auspicabile mentre restano i dubbi sulla vendita del patrimonio per intero. Fuori dal coro Barbabella, “non sono pentito di essermi opposto alla vendita di Montiolo perché ritengo che il patrimonio pubblico non deve essere venduto ma mantenuto, curato e magari implementato. Nel passato anche questo Comune ha venduto beni e lo ha fatto perché non ha gestito bene”.
Per Garbini, “vendere pezzo dopo pezzo non risolve e andrebbe a svalutare gli immobili che non varrebbero più 7 milioni di euro ma molto meno. Certamente prima di vendere si deve riflettere e perseguire tutte le strade possibili prima di farlo ma non si deve dire di no a priori”. Il consigliere Stefano Olimpieri ha invece chiesto lumi sulla questione del fotovoltaico che fu votato in consiglio e approvato anche perché fu presentata come occasione per avere introiti maggiori per la Fondazione.
Di Loreto ha spiegato che per quanto riguarda il fotovoltaico si sta ricercando un partner che assicuri il rapporto migliore fra utilizzo del terreno e introiti per la Fondazione evitando “la locazione del terreno in favore di chi poi effettivamente andrà a utilizzare il fotovoltaico”. Il presidente della Fondazione ha concluso ponendo nuovamente l’accento sul futuro dell’Ente. “il patrimonio immobiliare non è più un investimento ad alta resa tanto che addirittura la Chiesa ha scelto da tempo la strada della dismissione del patrimonio in favore di investimenti diversificati. La questione vera è scegliere perché rimanere fermi è sciocco oltre che dannoso per il futuro del Museo. Deve essere chiaro, però, che solo con l’intervento del proprietario si può pensare a una valorizzazione in house. Chiunque verrà si troverà a dover fare i conti con una situazione incerta e che inevitabilmente volgerà nel medio termine al peggio; allora interveniamo oggi che abbiamo i conti in sicurezza per assicurare alla città l’esistenza di un Museo su Piazza Duomo e una Fondazione sana e in grado di generare ricchezza culturale e anche economica”.