Vizi e virtù in epoca moderna

Non c’è più alcun dubbio sul fatto che nel corso degli ultimi anni si stia registrando, con una velocità inimmaginabile in altri tempi, un cambiamento di progresso che porta a considerare quanto la legge dell’evoluzione modifichi lo stile di vita dell’uomo. Viviamo in un’epoca dominata dalle avanzate tecnologie che creano una quantità di nuovi bisogni che si cerca, ad ogni costo, di soddisfare, senza riflettere sulle conseguenze positive o negative, e talvolta anche devastanti, che ne potrebbero derivare (ad esempio l’intelligenza artificiale che darà origine a gravi problemi etici). Sappiamo tutti che ogni epoca ha i suoi vizi e che cerca di combatterli con l’esercizio di virtù atte a dominare le cattive tendenze che scatenano il disordine fisico e morale. Quindi ai vizi antichi vanno ad aggiungersi vizi legati strettamente alla modernità, vizi che nascono con i mutamenti culturali e morali dei nuovi tempi. Il monaco Evagrio Pontico, vissuto nel IV secolo dopo Cristo, ha elaborato una prima classifica dei vizi capitali indicandone anche i mezzi idonei per combatterli. In un’epoca come la nostra, dove un variegato panorama di vizi e virtù condiziona la società, Aristotele e San Tommaso, se ritornassero a vivere in questo terzo millennio, dovrebbero rivedere e aggiornare i loro elenchi, integrandoli con i nuovi vizi, che non sono più personali ma collettivi, perché è la collettività che li pratica per non sentirsi fuori moda ed esclusa dalla società. I nuovi vizi che dominano l’attuale scenario sociale sono basati sulla ricerca del vuoto e dell’effimero. Si sottovaluta uno stile di comportamento morale, necessario per una crescita umana equilibrata e onesta, perché la tendenza del momento esige modi di agire improntati al consumismo, al conformismo, alla spudoratezza, alla mondanità. Spesso Papa Francesco ci ricorda che il pericolo della mondanità, come conseguenza del consumismo, porta alla vanità, alla prepotenza, all’orgoglio. Sono mali che dilagano nell’attuale momento storico, importante per le numerose conquiste ma amareggiato per la caduta di alcuni valori umani. La cultura del consumismo impone che le cose esistano per essere consumate: si predilige il principio dell’usa e getta e ci si lascia ingannare e allettare dai messaggi televisivi o dai falsi bisogni creati dalla pubblicità. Il consumismo produce solo rovina, perché ad esso è connesso il fenomeno del conformismo. Bisogna conformarsi a certe norme che seguono mode stravaganti e adeguarsi al principio “Perché io no? Del resto gli altri fanno così!”. Per alcuni, soprattutto giovani, non esistono più differenze, tutti uguali, esistono solo copie conformi per seguire passivamente schemi imposti da una logica di mercato che è consumistica, si usa lo stesso linguaggio intriso di banalità. Conseguenza della società del consumismo e del conformismo sono la spudoratezza, la spavalderia, l’arroganza, la corruzione con cui ci si esibisce, convinti di agire bene e rendere preziosi servizi che, al contrario, violano la dignità umana. Infatti spesso assistiamo a trasmissioni e dibattiti televisivi che sono spettacoli deprimenti da fare indignare. Personaggi vari, dal professionista illustre, al politico del momento e alla modesta casalinga, li vediamo mettere a nudo la propria interiorità, rendendo pubbliche le proprie emozioni, rivelando i loro sentimenti, le proprie storie, senza discrezione e riservatezza, scambiando la spudoratezza per sincerità e la spavalderia per timidezza. La vita privata diventa un fatto di dominio sociale. Ci si confessa in pubblico e in maniera teatrale e si ritiene di aver compiuto un atto di coraggio per vincere la timidezza, mentre si supera la misura della decenza. È un dissacrare la vita intima. Una volta i panni sporchi si lavavano in famiglia, oggi si lavano in TV e sui social. Ed allora come combattere questa cultura che imperversa attraverso i mass media e trova la vetta del successo in facebook, dove arriva di tutto, perché il concetto di privacy è cambiato? Correggere un vizio è un’impresa non indifferente, praticare una virtù è un impegno straordinario, è ciò che San Paolo definisce “la buona battaglia” (1 Tim. 1,18). L’arma più efficace per combattere questa moda è l’esercizio della discrezione e della riservatezza. All’ostentazione indelicata occorre, quindi, opporre riservatezza e discrezione, due virtù quasi rare perché poche sono le persone che rinunciano ad apparire, che non amano l’esibizione di sé, ma scelgono con chi condividere le loro emozioni. L’animo non si apre a chiunque. La riservatezza è tacere quando è necessario, è non sprecare tempo e parole, ma parlare al momento opportuno e saper ascoltare l’altro. La persona riservata mostra delicatezza, rispetto verso gli altri, non è invadente e non cerca di indagare con spirito di curiosità nella vita altrui, sa confrontarsi con le persone che incontra, non soffre di protagonismo come coloro che sgomitano pur di conquistare posizioni di privilegio. Chi è discreto conosce bene il momento in cui è opportuno parlare e quello in cui è necessario tacere. Il Siracide, in questo caso, ci ammonisce: “C’è un tempo per tacere e un tempo per parlare”. La persona discreta è capace di mantenere un segreto. Ogni creatura umana ha una sua interiorità che deve conservare gelosamente e solo raramente può aprirsi ad un amico confidente per cercare consiglio e lo fa se ha la certezza che l’altro che ascolta conserverà nel silenzio i segreti confidati. Anche questa è discrezione: essere capaci di mantenere un segreto. Chi è discreto non formula giudizi negativi sugli altri e, perché no, sa controllare la propria lingua e l’espressione del suo volto. Ecco perché discrezione e riservatezza sono virtù rare e, quindi, preziose! Parte dei nostri giovani, talvolta, è incostante, si arrende alle prime difficoltà, non conosce l’arte della “perseveranza”. Essa è una virtù che difficilmente si acquisisce, è necessaria per contrastare la instabilità nel mantenere i buoni propositi e gli impegni assunti. Se non c’è perseveranza è difficile proseguire per la strada intrapresa: quando si incontrano ostacoli e la volontà viene meno bisogna avere il coraggio di non mollare, resistere, non fermarsi e non lasciarsi abbattere dalle contrarietà che impediscono di raggiungere gli obiettivi fissati per il buon esito delle nostre iniziative, dei nostri programmi di vita. Un motto, attribuito al genio di Leonardo da Vinci, “Non chi comincia, ma quel che persevera” ci dimostra che non è importante iniziare un’esperienza, ma è di grande importanza perseverare con costanza e tenacia per portare a termine i propri obiettivi. La mancanza di perseveranza è una delle principali cause dei fallimenti e delle sconfitte personali, mentre le persone di successo hanno mostrato tenacia e fermezza nel perseguire i loro obiettivi nonostante le prove incontrate ma superate con “perseveranza”. Che dire della tolleranza, altra virtù moderna da mettere in pratica, dal momento che viviamo in un’epoca in cui gli uomini cercano di affermare la loro individualità e hanno la pretesa di imporre con forza i propri punti di vista? Oggi ci sono sempre più persone che non ammettono che altri possano pensare e agire in maniera differente rispetto a loro. Essere tolleranti significa mostrarsi comprensivi, ragionevoli nell’accettare le idee e le convinzioni altrui, capire le altre culture che non sono come le nostre, anzi si scontrano con i nostri stili di vita sociale e religiosa. Attualmente la tolleranza è un argomento che ci tocca da vicino per la considerevole presenza di extracomunitari nel nostro Paese: tante volte abbiamo mostrato scarsa indulgenza nei loro riguardi, ritenendoli inferiori perché di cultura diversa. Dimentichiamo che ogni uomo ha diritto di essere accettato così come egli è. La tolleranza genera amore, l’intolleranza solo egoismo. La tolleranza è comprensione, generosità, è un valore che bisogna coltivare nel tempo e nelle varie esperienze di vita. Occorre, quindi, per realizzarla essere animati da una forte carica di pazienza, di autocontrollo, di indulgenza e di rispetto dell’altro.

“Evagrio Pontico; Ibora 345 – Egitto 399, è stato un monaco cristiano, scrittore e asceta greco antico”

Immagine dal sito della “Emory University, Pitts Theology Library”, Atlanta, GA USA, www.pitts.emory.edu