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Vetrya, cronaca di una crisi annunciata ma non ascoltata

I numeri di Vetrya sono ormai noti e ufficiali, approvati dal consiglio di amministrazione del 29 settembre.  Il fatturato consolidato del gruppo nel primo semestre 2021 è di 4,7 milioni di euro mentre nel 2018 per la sola capogruppo il fatturato annuo era intorno ai 60 milioni.  Sembrano altri tempi e invece sono passai solo pochi anni.  Ma cosa è successo? E soprattutto come mai ci si è accorti improvvisamente della situazione così pesante?  Sono queste le domande che si stanno sicuramente ponendo azionisti, dipendenti e cittadini di Orvieto che, nel corso di una giornata hanno visto il loro gioiello esclusivo trasformarsi in uno di tipo commerciale.  La terza e ultima domanda riguarda il futuro di Vetrya e dei suoi circa 100 dipendenti.   

Andando a rileggere con più attenzione il bilancio e la relazione semestrale qualche incongruenza si trova a partire dal fatto che il livello delle retribuzioni è in linea con i bilanci precedenti nonostante il fatturato sia circa 1/5 del precedente con un aumento di 2 unità quadro.  Ma balza agli occhi che già nel 2020 la società di revisione nella relazione al bilancio scriveva che vi sono “dubbi e incertezza significativi sulla capacità della Società di continuare ad operare come entità in funzionamento”.  Quindi non è stato un fulmine a ciel sereno la crisi ormai conclamata che è venuta a galla solo dopo un’analisi attenta conseguente all’allontanamento di due importanti manager dell’azienda.  Se poi andiamo a leggere i documenti ufficiali ad inizio 2021 il piano industriale prevedeva il break even nel corso dell’anno con ricavi di 19 – 23 milioni e nella relazione al bilancio 2020 del maggio 2021 si confermava che i risultati al 31 marzo 2021 erano in linea con le attese.  Ma allora da maggio in poi si è scatenato l’inferno?  Sempre dal bilancio 2020 si evince che le perdite sono state contenute di tre milioni per voci una tantum come la rivalutazione del fabbricato, consentita dalla legge, e la sospensione degli ammortamenti per 400 mila euro. 

Insomma, bastava leggere i numeri per comprendere che qualche meccanismo si era almeno inceppato già dal 2019.  Ora il cda ha deciso di aderire alla procedura concorsuale in continuità.  Entro dieci giorni il consiglio tornerà a riunirsi per avviare l’iter complesso che porterà alla procedura che poi dovrà passare al vaglio del giudice.  E’ possibile che venga scelto il concordato in continuità con un accordo transattivo con i creditori compatibile con il piano di rilancio dell’azienda e che il giudice tenga in grandissima considerazione l’importanza della società anche per il territorio in termini occupazionali.

Questa è la cronaca di una crisi annunciata ma non ascoltata.