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Terremoto alla Rai

Che i cambi di governo producano effetti sulle direzioni, sui palinsesti e sulle programmazioni dei canali Rai, non è certo una novità. Gli avvenimenti di questi ultimi giorni, con gli abbandoni dall’azienda di Stato, dopo decenni di collaborazioni, di personaggi del calibro di Fabio Fazio e Lucia Annunziata, fanno comunque scalpore, fanno pensare e lasciano perplessi su metodo e motivazioni per i quali avvengono queste defezioni.
A prescindere da come la si pensi, se possa piacere o meno l’impostazione data da Fabio Fazio ai suoi programmi, non si può non riconoscere la validità del suo lavoro, la professionalità che lo ha accompagnato in questi anni di conduzione di format di successo ed allo stesso tempo, proprio dal riscontro di pubblico ottenuto, la capacità di portare introiti importanti in termini pubblicitari all’azienda stessa. Non avergli neanche, così sembrerebbe, sottoposto la proposta di un nuovo contratto è quantomeno curioso e lascia pensare.

Lo stesso si può dire della giornalista Lucia Annunziata, personaggio sicuramente non semplice ma alla quale non si possono addebitare insuccessi, visto che il suo programma era divenuto un appuntamento fisso per un vasto pubblico della domenica pomeriggio, divenendo uno degli approfondimenti più riusciti della Rai e dando modo di ascoltare e mettere a confronto voci, volti e personaggi nei più vari ambiti della politica, delle istituzioni e del mondo del lavoro.Le sue dimissioni ci costringono a pensare ad una falla molto seria del sistema Rai.
Lo stesso curriculum, tanto di Fabio Fazio quanto di Lucia Annunziata, basterebbe a far mobilitare e cercare di trattenerli qualsiasi manager ed esperto della comunicazione che sia  navigato, consapevole che la perdita di due calibri di questo tipo sarà difficilmente colmabile, tanto in termini qualitativi vista la bontà del lavoro svolto che in termini quantitativi  visto l’audience delle loro trasmissioni.
Le domande che ci si devono porre poi sono anche di natura strettamente politica. Come si possono tutelare pluralismo, rappresentatività delle idee di tutti, obiettività, nel momento in cui ad ogni cambio di governo puntualmente nell’azienda di stato avvengono questi ribaltoni e questi terremoti che provocano soltanto una perdita di credibilità dell’azienda stessa ed un depauperamento del palinsesto e della sua programmazione?
È lecito sperare per il futuro che ad essere premiata sia la meritocrazia e non la comunanza di idee, che lega conduttori e direttori di testate a chi è di turno nel presiedere il governo?
Potremo altresì sperare che ministri di un governo in carica non esultino come tifosi da stadio quando vengono allontanati dalla Rai personaggi a loro poco compiacenti?
Quello che lascia perplessi è che il rispetto del pubblico, di coloro che sostengono l’azienda Rai pagando l’imposta del canone televisivo, è pressoché assente.
Si seguita a trattare la Rai non come ciò che dovrebbe essere, l’ente di informazione e servizio pubblico, ma come un feudo di appartenenza del governo in carica.
Triste a dirsi ma è così.