La risposta puntuale e dura del dg USL De Fino alle polemiche per la sospensione del servizio di screening mammografico

Politici, sindacato e ora anche una petizione online per chiedere la riattivazione del servizio di mammografia all’ospedale di Orvieto.  Apparentemente all’improvviso, infatti, in ospedale è stato sospeso sine die il servizio.  Dopo una discussione, a tratti dura, in consiglio comunale tra la consigliera Cristina Croce, e gli altri di minoranza, e il sindaco Roberta Tardani, in città si è avviato il tam tam social con l’apertura anche di una petizione on-line.  Ora è arrivata la risposta articolata della USL Umbria2 nella persona del direttore generale Massimo De Fino.  In primis il dg ha assicurato la ripartenza nel più breve tempo possibile del servizio di screening mammografico per i tumori al seno che sono rivolti alle donne tra i 50 e i 69 anni. “Nel giro di poche settimane – ha spiegato De Fino in una nota – a inizio settembre, forniremo risposte concrete per riassorbire e recuperare immediatamente le prestazioni non eseguite sia a causa dell’emergenza pandemica che delle carenze di organico manifestatesi a seguito di pensionamenti, trasferimenti, malattie e gravidanza”. 

Sempre De Fino ha intanto elencato le azioni già poste in essere sia per migliorare il servizio dal punto tecnologico che di potenziamento del personale, “l’azienda ha acquistato un nuovo mammografo con tomosintesi; ha assunto un tecnico di radiologia che prenderà servizio in ospedale il prossimo 3 agosto; da inizio settembre verrà attivato un contratto libero-professionale con un medico senologo che ha già indicato il nosocomio di Orvieto; tra due settimane il dottor Lolli, responsabile della Brest Unit aziendale per visite biopsie-intervento chirurgico, garantirà ad Orvieto le attività ambulatoriali”.  Il direttore generale della USL ha voluto sottolineare che i controlli e le urgenze oncologiche sono stati eseguiti nei tempi prescritti mentre per il prossimo futuro, “lo screening ripartirà a pieno regime, meglio di quanto non accadesse negli anni passati”.

Nella nota diffusa dalla Usl Umbria2 anche un commento del dotto Ugo Ciammella, “da diversi mesi la direzione aziendale e i professionisti sono impegnati ogni giorno a costruire un percorso virtuoso non solo legato all’esecuzione della mammografia ma per creare un a equipe multidisciplinare composta da chirurgo senologo, radiologo, oncologo e radioterapista per la prevenzione, diagnosi e cura del tumore al seno e per garantire, quindi, ai nostri assistiti, risposte complete e di qualità. Siamo stati i primi, con lealtà e trasparenza – direzione aziendale, direzione ospedaliera, dipartimento di diagnostica per immagini – anche in una recente intervista televisiva, a sollevare le criticità temporanee legate alla erogazione degli screening mammografici”.

Fin qui le spiegazioni e i progetti per il futuro; Massimo de Fino, poi ha voluto rispondere in maniera diretta e inusualmente dura alle polemiche di questi giorni, “inserirsi con dichiarazioni strumentali e scomposte, che scadono in polemiche sterili, in un ambito in sui si registra, con atti concreti e verificabili, uno sforzo comune, collettivo e proficuo di azienda e professionisti è ingeneroso – ha sottolineato De Fino – e non tiene in alcuna considerazione il fatto che la richiesta di professionisti radiologi supera di gran lunga l’offerta e la disponibilità di specialisti”.  In conclusione, Massimo De Fino ribadisce il suo personale impegno e quello di tutto il personale dei dirigenti per “affrontare e superare le difficoltà e garantire standard elevati e pieno soddisfacimento delle richieste dell’utenza”.




Comune e USL tirano dritto, la Casa di Comunità si fa in Piazza Duomo nonostante i dubbi e l’immobile alla Piave

Durante il consiglio comunale del 28 luglio è tornata protagonista la sanità orvietana con un’interrogazione presentata dai gruppi di opposizione. Ha risposto la sindaco in qualità di assessore alla Sanità. La prima risposta è indirizzata a coloro che sono da sempre critici sulla scelta dell’ex-ospedale per la Casa di Comunità, tra questi anche noi di OrvietoLife, “i fondi stanziati per gli interventi sul territorio sono ampiamente sufficienti a coprire le spese per la ristrutturazione e la messa in sicurezza degli spazi e le risorse provengono sia dal Pnrr che dal bilancio della USL Umbria2”.

Roberta Tardani ha poi specificato l’ammontare delle risorse per la Casa e Ospedale di Comunità previsto in piazza del Duomo, circa 8 milioni per la ristrutturazione, l’adeguamento degli impianti e l’arredamento e le attrezzature. Come Orvieto Life abbiamo chiesto a alcune ditte, senza potere entrare ovviamente, un’ipotesi e solo per ristrutturare e ammodernare una rete elettrica che, se fosse di un’azienda privata, allo stato dell’arte sarebbe totalmente inadeguata, hanno indicato una cifra intorno ai 6 milioni di euro. Quindi, per tutto il resto e in particolare per le attrezzature mediche, rimarrebbero circa 2 milioni. In mezzo ci sono gli appalti e, con il gioco dei ribassi, e magari dei successivi adeguamenti, le cifre potrebbero quadrare (in una prima fase). Ci rimane il legittimo dubbio sulle scelta fuori tempo massimo di scegliere l’ex-ospedale per la Casa di Comunità quando “illo tempore” la stessa USL acquistò con destinazione vincolata, una porzione della Caserma Piave per gli stessi servizi. L’atto è datato 2008, sindaco Stefano Mocio. Da allora non si è mossa una virgola ma soprattutto i cittadini, non solo orvietani, non hanno avuto a disposizione un servizio adeguato e in uno spazio dedicato per oltre 15 anni. Il tutto perché si è convinti che a piazza Duomo è già tutto pronto, e non lo è, servono 8 milioni di euro. Il problema è favorire l’economia cittadina? Sembra molto un falso problema visto che l’area commercialmente più depressa è proprio quella intorno alla ex-Caserma mentre nella zona del Duomo si può contare sui flussi turistici e sugli uffici pubblici e privati concentrati in un’area piuttosto ristretta. Anche la questione traffico non è secondaria. Siamo in piena zona turistica e lì dove non si vogliono auto le andiamo a cercare facendole passare accanto all’area più di pregio della città.

Torniamo alla Piave. E’ vero, è da ristrutturare ma è lì e oggi, con il Pnrr si poteva immaginare anche l’affiancamento di altri servizi a partire da un nuovo parcheggio interrato a servizio degli utenti e dei dipendenti USL e di cittadini e turisti. E invece sembra che ci andrà un archivio, quindi con costi di ristrutturazione, spese di gestione, ma tutto va bene, ci mancherebbe.

A breve verrà presentato il piano che prevede spese per 8 milioni di euro, una parte frontale del palazzo che dovrà gestire il Comune con nuovi costi di gestione per l’Ente, il grande punto interrogativo del personale USL e comunale, cioè altre spese, e poi il moloc della ex-Piave che la USL ha tenuto fermo, senza immaginarci nulla se non un archivio, forse, che deve essere manutenuto a prescindere dalla destinazione finale. Ma va tutto bene!




Patrizio Angelozzi è il nuovo direttore sanitario ospedaliero. De Fino “punto molto su Orvieto”

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Dal 1° luglio l’ospedale di Orvieto ha un nuovo direttore sanitario nella persona di Patrizio Angelozzi che rimane anche responsabile facente funzione della U.O.C. di Ostetricia e Ginecologia dello stesso nosocomio. A presentare il nuovo direttore è stato Massimo De Fino, dg della USL Umbria2 che ha spiegato, “non è una scelta di ripiego perché non c’è stata alcuna risposta al concorso; abbiamo scelto di valorizzare un professionista che vie e lavora nel territorio da molto tempo e che ha la specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, così come richiesto per il ruolo di direttore sanitario di presidio ad interim”.

De Fino ha anche sottolineato la grande attenzione della USL nei confronti dell’ospedale e di Orvieto con una serie di importanti investimenti sia per il Santa Maria della Stella che per la medicina di territorio; “sappiamo delle problematiche legate al personale me in questi mesi stiamo riempiendo le caselle vuote così come è già successo per la cardiologia con la nomina del nuovo primario facente funzione, con due nuove figure professionali proprio in ginecologia e ostetricia e nei prossimi mesi punteremo fortemente sul rafforzamento della chirurgia e per ripristinare un livello consono anche a ortopedia. Rimane il grande problema del pronto soccorso, che non è solo di Orvieto. Non si trovano medici in tutta Italia anche in ospedali e USL sicuramente più grandi, centrali e, di solito, molto ambite”. Durante l’incontro di presentazione di Angelozzi ai colleghi e alla stampa De Fino ha anche sottolineato l’esigenza forte di smaltire le liste di attesa, di offrire un servizio ai cittadini sempre migliore e attento, nello stesso tempo, ai costi anche perché il saldo tra ricoveri extra Regione e quelli provenienti da fuori Umbria è stato negativo nel 2020 nonostante il ruolo catalizzatore dell’ospedale orvietano per la provincia di Viterbo e una parte della bassa Toscana.




E’ Andrea Mazza il nuovo direttore della struttura complessa di cardiologia dell’ospedale di Orvieto

Lo scorso 23 maggio sono scaduti i termini per la presentazione delle candidature per il concorso interno per il nuovo direttore della struttura complessa di cardiologia dell’ospedale di Orvieto, come facente funzione. La scelta è caduta su Andrea Mazza, già in forza alla stessa struttura. Si chiude così un vuoto che si era aperto lo scorso marzo con il pensionamento del primario, De Cristoforo.

Il reparto di cardiologia del nosocomio orvietano rimane comunque in sofferenza sia per numero di medici che di infermieri ma ora ha un responsabile che potrà decidere e operare con pieni poteri. Andrea Mazza è presidente dell’Aiac Umbria (Associazione Italiana Aritmologia e Cardiostimolazione) e spesso partecipa a convegni internazionali come relatore. E’, quindi, una punta di diamante per l’ospedale di Orvieto e ora potrebbe sicuramente apportare novità e attrarre nuovi investimenti da parte della sanità pubblica regionale.

Da parte di OrvietoLife gli auguri di buon lavoro al dottor Andrea Mazza




I tanti misteri e le poche certezze delle liste d’attesa per le prestazioni sanitarie

La sanità pubblica è il vero termometro del funzionamento dei servizi pubblici. Lo sanno bene tutti gli amministratori pubblici che con la sanità hanno un rapporto di amore-odio, perché basta poco per andare dalle stelle alle stalle. Il problema principale riguarda le prestazioni ambulatoriali e specialistiche con tempi di attesa che sono, in alcuni casi, biblici. A chi non è capitato di recarsi al CUP o in farmacia e sentirsi dire che non c’è posto fino al…2023 o che si è in lista di attesa. La parolina magica è “lista d’attesa” e si entra in un limbo senza tempi certi.

Ci sono arrivate numerose segnalazioni come quella riguardante una richiesta di visita diabetologica inserita in lista di attesa, o quella per un esame radiografico con la stessa persona che in un caso ha visto rispondersi che in pochi giorni avrà la sua prestazione in un’altra è stato inserito anch’egli in lista d’attesa. E poi abbiamo visite cardiologiche, sempre in stand-by e chi più ne ha più ne metta. Per un semplice visita oculistica posto c’era a Amelia o Foligno, mentre a Orvieto liste chiuse per tutto il 2022, per il 2023 si vedrà. E intanto? O si fa il pendolare della salute in giro per l’Umbria oppure ci si rivolge alla sanità privata, sempre più presente sul territorio, e in pochi giorni con relativo pagamento, si hanno i risultati.

Le liste di attesa sono il vero tallone d’Achille della sanità e a Orvieto la situazione percepita è ancora più grave perché sembra non bastare l’ospedale che anzi in alcuni casi diventa una sorta d’imbuto che rallenta i procedimenti. L’altra questione riguarda i cittadini-pazienti che rimangono spaesati di fronte a tempi anche molto lunghi che spesso non si conciliano con visite specialistiche che necessitano di esami clinici specifici. E allora le farmacie che offrono il servizio CUP si trovano a dover rispondere alle domande più disparate figlie proprio della preoccupazione e del timore che non si riesca a avere la prestazione richiesta nei tempi utili. Le domande più operative sono “quando e a che ora mi chiamano?” e ancora “chiamano al cellulare o a casa?” oppure “ma posso scegliere il medico quando mi chiamano?” A tutte queste domande le farmacie non riescono a rispondere perché il sistema non permette di “vedere” oltre la semplice richiesta di prestazione. Le domande sembrano banali ma non lo sono assolutamente. C’è chi lavora e ha orari da rispettare, chi non sta in casa, chi ha necessità di essere controllato da un medico in particolare e chi deve avere i referti entro un data.

Ma perché si deve attendere tanto? La carenza di personale è la prima causa, poi c’è l’organizzazione generale dei servizi che in questi anni, complice anche la pandemia, hanno notevolmente appesantito il sistema e allungato i tempi di risposta del servizio sanitario nazionale. Rimane aperto l’annoso dibattito sulle prestazioni in intramoenia che dai cittadini sono viste come corsie preferenziali utilizzate spesso in maniera dolosa dai medici. In realtà queste prestazioni vengono erogate fuori dall’orario di lavoro quindi non vanno a confliggere con il servizio pubblico e, secondo quanto indicato dal CIMO (uno dei principali sindacati medici) “se i tempi di attesa massimi previsti dal Piano nazionale di governo delle liste d’attesa non vengono rispettati, i pazienti hanno il diritto di ottenere la prestazione richiesta in intramoenia pagando solo il costo del ticket: una disposizione che puntualmente non viene rispettata a causa dei maggiori costi che ricadrebbero sulle Aziende”. Ma quali sono i tempi medi? Chi deve applicare questa regola? Quali sono i tempi d’attesa massini? La Regione Umbria ha un sistema semplice, il medico di famiglia sulla ricetta inserisce una sigla che indica i tempi massini di attesa che sono:

  • Urgente   – Accesso in Pronto Soccorso
  • Priorità U – URGENZA  (Urgenza differibile, attesa massima 3 giorni)
  • Priorità B – BREVE  (Attesa massima 10 giorni)
  • Priorità D – DIFFERITA (Attesa massima 30 giorni per le visite o 60 giorni per gli accertamenti)
  • Priorità P –  PROGRAMMATA (Attesa massima 120 giorni).

Attenzione, perché i tempi di attesa massimi riguardano l’intera Regione, quindi il paziente di Orvieto potrebbe vedersi prenotato a Perugia o Città di Castello con ovvi problemi logistici soprattutto per quella fascia di popolazione più anziana o per chi lavora anche come libero professionista.

Rimangono in sospeso alcune domande. Perché a Orvieto la percezione sui tempi d’attesa sono così negativi? Perché solo in alcuni CUP si possono avere tutte le informazioni mentre in altri, cioè le farmacie, praticamente nessuna? Perché non indicare degli orari specifici per le chiamate? Attendiamo risposte!




Sergio Bistoni, dirigente medico di medicina interna, lascia Orvieto per l’ospedale di Assisi

Non vogliamo parlare di depotenziamento dell’ospedale ma di certo la situazione attuale e prossima futura ci si avvicina molto. Tra liste d’attesa infinite in alcuni casi, medici che mancano e trasferimenti la situazione all’interno dell’ospedale di Orvieto è difficile. L’ultima novità riguarda Sergio Bistoni, specializzato in endocrinologia e malattie del ricambio, attualmente dirigente medico in medicina interna all’ospedale di Orvieto, che dal prossimo mese di luglio si trasferirà all’ospedale di Assisi come direttore della struttura complessa di medicina del nosocomio locale.

Bistoni in questi anni è stato un punto di riferimento per l’intero reparto e ha assicurato il servizio dei doppler con cura e attenzione, E ora? Ci sarà sicuramente chi andrà a sostituire e chi si prenderà carico della medicina interna, almeno lo speriamo e soprattutto speriamo che in tempi brevissimi, prima di luglio, la USL Umbria 2 indichi il nome del responsabile perché non vorremmo che questo si trasformi in un nuovo piccolo ma significativo tassello di quel depotenziamento in cui non crediamo ma che sta nei fatti quotidiani.




ADO e Ipsia insieme per il progetto “La salute vien mangiando”

Ha preso il via mercoledì 16 marzo il progetto di educazione alla salute – nello specifico alimentazione e attività fisica – rivolto a quattro classi del biennio IPSIA-Alberghiero di Orvieto, dal titolo “La salute vien mangiando”. In linea con gli orientamenti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha individuato da tempo l’eccesso e lo squilibrio alimentare quali fattori particolarmente incisivi per lo sviluppo di molte malattie degenerative della nostra epoca (obesità, aterosclerosi, ipertensione, diabete, neoplasie intestinali e tutte le condizioni cliniche ad esse attinenti), l’ADO, nella persona della presidente, la dottoressa Sara Scillitani ha pensato, voluto e finanziato il progetto.

L’iniziativa è rivolta ad un target di giovani adulti di età compresa tra 14 e 19 anni, con la finalità di implementare un percorso educativo che attraverso la conoscenza (sapere) induca comportamenti (saper fare) coerenti con un modello di vita improntato al benessere globale della persona (saper essere) partendo dal presupposto che la prevenzione costituisce azione prioritaria nella mission dell’Associazione. Nasce così la collaborazione tra IPSIA e ADO per un percorso triennale in cui saranno coinvolti in modo ciclico tutti e tre gli Istituti della Scuola. I quattro incontri di informazione/formazione sono stati gestiti da esperti: l’endocrinologo, Massimo Bracaccia, il dietista, Marco Tonelli, il fisiatra Antonella Cometa e il pedagogista Giannermete Romani. 

L’intero percorso si concluderà martedì 24 maggio con un convegno che vede la partecipazione di una rappresentanza del direttivo ADO, degli esperti formatori, di dirigenti scolastici e studenti impegnati nell’attività di Peer Education. A seguire una colazione “salutare” preparata dai ragazzi stessi sotto la guida dei docenti di indirizzo. In seguito, guidati da Giannermete Romani, i ragazzi saranno impegnati in una “camminata informativa” per le vie di Orvieto e diffonderanno ai passanti informazioni di educazione alimentare attraverso infografiche, volantini, Qr-Code e, soprattutto, con le loro parole.




Risposta a “Parte Civile”, la Casa di Comunità poteva essere realtà da tempo ma nessuno chiede il conto

Caro segretario regionale di “Parte Civile”, Danilo Bellavita,

Come OrvietoLife siamo partiti, come sempre, dai numeri, dai soldi già spesi, per qualcosa che non c’è. Certamente sfruttare un immobile di grandissimo pregio su piazza Duomo per sostanzialmente ambulatori, uffici e degenza non è quello che ci si potrebbe immaginare in una città che si auto-definisce turistica pur non essendola pienamente. Vi chiedete perché non riportare servizi sanitari lì. Semplice la risposta; fu deciso lo spostamento in un’area più consona proprio perché vicino al Duomo non poteva coesistere un servizio ad alto impatto di traffico e con la necessità di un minimo di privacy. Gran parte degli abitanti che usufruiscono dei servizi abitano sotto la “Rupe” è quindi un falso problema quello di chi ha difficoltà di mobilità. Ma il vero vulnus riguarda proprio la costruzione di una Casa della Salute ora trasformata in Casa di Comunità. Nel 2008 la USL acquistò una porzione di immobile della Caserma Piave dal Comune vincolandolo alla costruzione della Casa della Salute. Vennero impegnati denari pubblici, di tutti, della comunità anche orvietana. Da allora nulla. Si poteva già avere un servizio avanzato in un punto facilmente raggiungibile senza obbligare a progetti complicati, che costano, per creare una viabilità facile, e non tra vicoli e vicoletti, senza stravolgere la viabilità in zone molto sensibili dove sarebbe auspicabile, invece, che le auto non arrivassero assolutamente. Quello che ci indigna è che tale servizio, anche per resistenze locali poco comprensibili, non sono ancora oggi realtà e potevano esserlo.

Sul degrado, siamo in pieno accordo. Ma vogliamo ragionare sul perché non è andata a buon fine la vendita di un immobile di così alto pregio neanche a un prezzo vantaggioso? I costi di ristrutturazione edilizia sarebbero stati superiori al prezzo di vendita. E oggi? Arrivano i soldi? Bene, abbiamo analizzato e temiamo che non bastino perché sono da dividere con altre realtà che hanno gli stessi diritti di avere servizi simili ai nostri. La struttura interna è già funzionale? Assolutamente, era pensata con un’idea antica di cronicario più che di ospedale. Le camerate, gli spazi dispersivi; è tutto da rifare. Per non parlare degli impianti tecnici e tecnologici, assenti e fuori norma, oggi. Quanto costerà la ristrutturazione edile e tecnologica di un immobile di pregio e nell’area più importante di Orvieto?

Il giro economico? Certo, ma si tratterebbe di afflusso rapido, il tempo necessario per la prestazione e poi via verso il lavoro o casa per fare spazio ad altri utenti. O pensiamo di utilizzare surrettiziamente un parcheggio verisimilmente gratuito a due passi dal Duomo per lo shopping o la passeggiata quotidiana in centro?

Insomma, non siamo contro, anzi, siamo indignati perché potevamo avere tutto già più di dieci anni fa e nessuno ha chiesto il conto a chi non ha agito, a chi non ha lavorato, a chi non ha protestato. E poi con il Pnrr si poteva presentare un progetto alternativo sempre in collaborazione con la USL per sfruttare meglio e a vantaggio di tutta la comunità, davvero tutta, per rilanciare l’economia e supportare le attività del centro storico. Rilanciamo la nostra domanda, perché non ci si indigna per l’occasione persa in passato e non ci s’indaga sull’acquisto dell’immobile alla Piave? E ora che fine farà quell’area già degradata? Chi pagherà? Non contro, dunque, ma per gli orvietani che ancora attendono e ancora attenderanno mentre la sanità pubblica è in ritirata e quella privata silenziosamente avanza creando, qui sì, cittadini di “Serie A” e altri, troppi, di “Serie B” e addirittura di “Serie C”.




Parte Civile, “perché impedire alla USL di realizzare la Casa della Salute al Duomo con la scusa del traffico?”

Orvieto è una città alta e strana, o sono strani alcuni dei suoi abitanti? Presto, grazie ai fondi europei, arriveranno i finanziamenti per realizzare importanti opere, necessarie a riorganizzare secondo moderni concetti i servizi sanitari e sociali: portare i servizi sanitari di base tra i cittadini e gli utenti, sul luogo di residenza, in città, negli edifici dell’’ex ospedale.  In ragione del costante accrescersi dell’età media della popolazione, delle difficoltà di mobilità da un lato e la crescente esigenza di aiuto alla propria salute questa prossimità diventa ancora più preziosa!

Puntualmente, però, a fronte di questa attenzione della amministrazione pubblica per l’interesse generale, con questa realizzazione, da parte di alcuni, si trova opportuno si riaprono vecchie polemiche e particolarismi, che pretendono di riaprire il dibattito su decisioni prese, noi diremmo finalmente! dopo anni di immobilismo e domanda di servizi sanitari di prossimità non sempre soddisfatta adeguatamente.

La motivazione sarebbe il grande afflusso di persone che dovendo utilizzare i servizi, riportati o realizzati nel complesso ex ospedale, andrebbero a generare caos alla viabilità e o addirittura al sistema dei parcheggi.     Per carità lungi da noi, censurare ogni pensiero o preoccupazione, che evidenzia semmai, un interesse e attaccamento alla città, ma la domanda sorge spontanea: ogni volta che si avviano interventi di riqualificazione del tessuto urbano per migliorare la qualità della vita della comunità, contro lo stato di abbandono e di degrado di zone importanti, come piazza Duomo, si deve necessariamente creare ad arte polemica o contrasto? Noi crediamo che se, come si ipotizza, certi servizi porteranno maggior afflusso nel centro storico, sicuramente questo fenomeno contribuirà a ripristinare e riqualificare un ruolo di città viva e prospera per il centro storico di Orvieto. Insomma, per non essere lunghi e noiosi, domandiamo: forse è meglio mantenere lo stato di abbandono di questa importante parte di città, in attesa del realizzarsi di un qualcosa di là da venire e non a beneficio diretto della intera comunità?

E poi, perché impedire al legittimo proprietario che è la ASL di realizzare la casa della Salute e l’ospedale di comunità, in una struttura disponibile, dove per altro, venti anni fa c’era un Ospedale; quindi, con una totale affinità tipologica edilizia alla nuova prevista funzione, che di per se portava già allora, un notevole afflusso di persone e mezzi? Noi non staremo troppo in ansia, consapevoli che gli attuali otto accessi al complesso di cui la metà carrabili e fruibili da diverse zone, dove sarebbe possibile anche aggiungere adeguate aree di parcheggio, suggeriranno soluzioni senza implicare disagi a “qualcuno”, ma i progettisti questo lo sanno e sapranno come fare nell’interesse della comunità orvietana tutta.

 Il segretario regionale – Danilo Bellavita




Sanità e Pnrr, habemus pecunia?

Arrivano i soldi del Pnrr per la sanità regionale e quindi anche per la USL Umbria 2 che immediatamente si attiva per il tramite del dg Massimo De Fino che firma due delibere per impegnare soldi e indicare i siti interessati. Habemus pecunia! Sembrano tanti, se non abbiamo fatto male i conti, si tratterebbe di circa 56,5 milioni di euro, un apparente fiume di denaro che finalmente viene investito nella sanità. Ma allora cosa non torna al cronista antipatico, puntiglioso e un po’ rompi…?

Come sempre ci atteniamo ai numeri. Per il capitolo della Casa di Comunità alias Casa della Salute, per la quale tra l’altro attendiamo ancora risposta sul destino di un complesso di proprietà USL e vincolato alla nascita della stessa presso la Piave, sono previsti in totale 15 milioni di euro da dividere con altre 10 tra Montefalco, Norcia, Fabro, Terni, Spoleto e Foligno. Ma non bastano? Facendo il cosiddetto conto della serva significherebbe circa 1,5 milioni per ogni sito. Sicuramente in alcuni casi ne serviranno di meno ma, con gli attuali costi e visto il tipo di immobile destinato a Casa di Comunità a Orvieto, probabilmente la città della Rupe dovrebbe fare la parte del leone. Secondo i calcoli fatti da chi nel passato, era interessato a rilevare il complesso, per demolizione e ristrutturazione, smaltimento dei detriti, sistemazione del tetto e altri lavori sarebbero serviti, ma stiamo parlando di stime risalenti al 2006, circa 2 milioni di euro. E oggi? Con i prezzi attuali sicuramente siamo a circa 4, l’esatto doppio. Poi il contenitore bisogna riempirlo di attrezzature, arredi e soprattutto di personale, calcolare le spese di gestione sapendo che l’ottimizzazione energetica in pieno centro storico con vista Duomo non è proprio semplice. Significa altri soldi da prendere sempre da questi 15 milioni di euro. E a Terni, Spoleto, Foligno, Fabro, Montefalco, Norcia, Amelia, Narni, Cascia, Trevi e Nocera Umbra? Attendiamo risposta.

Per gli Ospedali di Comunità che serviranno per evitare ingressi impropri nel pronto soccorso e a aiutare le famiglie nel gestire i pazienti “complicati” con 20 posti letto per brevi degenze a gestione quasi totalmente infermieristica, sul piatto ci sono 10 milioni di euro. In questo caso sono 5 quelli previsti nel territorio di competenza della USl Umbria 2, quindi con investimenti per 2 milioni di euro ognuno. Che tipo di attrezzature mediche serviranno? Un macchina per effettuare le TAC viene circa mezzo milione di euro, è solo un esempio. Quindi anche in questo caso oltre ai lavori prettamente edili si andrà? Attendiamo risposta.

Una voce certa e definita riguarda la riqualificazione dell’ospedale di Orvieto con 7,5 milioni di euro previsti per renderlo sicuro e sostenibile. L’edificio ha sicuramente urgente bisogno di un restauro profondo laddove possibile anche della logistica, così come di una sistemazione degna dell’esterno e delle strade. La cifra sembra più che adeguata per affrontare questo tipo di lavori oltre alla già prevista profonda ristrutturazione del pronto soccorso presentata qualche mese fa.

L’ultima chicca riguarda l’aggiornamento tecnologico e strumentale. Qui torniamo alla cifra lorda pe r6 ospedali e per i poliambulatori di Terni: 4 milioni tondi tondi. Nella cifra sono previsti anche i grandi macchinari. Sempre dividendo per il numero di strutture, quindi non una ripartizione puntuale ma media, siamo a 0,57 milioni di euro circa per ognuna. Basteranno? Andando a controllare i listini delle attrezzature mediche-ospedaliere riteniamo, ma non siamo dei tecnici del settore, che si rischia di avere qualche inaugurazione a orologeria in giro per la Regione e poco più. Facciamo un piccolo esempio ma molto calzante. Il poligrafo, che servirebbe per aprire l’emodinamica all’ospedale di Orvieto, vitale per l’emergenza-urgenza, costa intorno agli 800 mila euro, poi si deve reperire personale formato e farlo funzionare. Già saremmo ben oltre la cifra media prevista. Anche in quest’ultimo caso attendiamo risposta, anzi una doppia risposta perché sull’emodinamica non si può mollare perché andrebbe a riqualificare l’ospedale dal punto di vista professionale in particolare e come servizio di grande utilità per quelle patologie tempo-dipendenti che oggi per gli orvietani e per chi è suo ospite assomigliano molto a un incubo.

Torniamo alla domanda iniziale, habemus pecunia? Ma i calcoli sono stati effettuati correttamente, oppure c’è il rischio molto alto di costruire cattedrali nel deserto come paventato in un recente articolo di “Panorama” dedicato alle Case di Comunità? Speriamo di aver sbagliato tutti i conti, tutte le previsioni per la città, per i cittadini, per i pazienti e anche per le imprese che potrebbero aggiudicarsi i lavoro dopo regolare appalto.