La sindaca Tardani, “sulla Piave niente visioni e il futuro è frazionato in più progetti. Il MOST? un bel sogno che discuteremo”

Durante la conferenza stampa di fine anno la sindaca Roberta Tardani ha affrontato la questione Caserma Piave anche alla luce degli ultimi avvenimenti e della proposta approvata in consiglio comunale sul MOST – Orvieto Città dell’arte, presentata dal consigliere Franco Raimondo Barbabella. Sulla Piave la premessa della sindaca è stat piuttosto chiara e non priva di polemiche nei confronti di chi negli ultimi anni ha cercato di proporre soluzioni per un pezzo fondamentale della città che, ormai da troppi anni, anzi almeno un due decenni, è lì improduttivo e bistrattato anche da chi ne ha parti di proprietà, leggasi USL Umbria2. “Sulla Piave stiamo ricevendo tante proposte concrete e non sogni come è successo nel passato con chi voleva fondi, acquisto, hotel a cinque stelle che poi non arrivano mai o studenti e università americane”.

L’attacco è frontale nei confronti di chi ha portato soggetti importanti e di livello anche internazionale a Orvieto per discutere del futuro della Piave che negli anni ha comunque perso porzioni immobiliari anche ritenuti di pregio come la Palazzina Comando dove ora è ubicato il Liceo artistico. C’è poi l’ala riservata al Comune e la ex-mensa di proprietà della USL che l’aveva acquistata a caro prezzo dal Comune per la creazione della Casa della Salute ma poi rimasta lì senza alcuna manutenzione per tanti anni. Per rimanere al recente passato ricordiamo l’interesse del fondo Prelios, concreto, e il progetto del Campus per università straniere. Complice la pandemia il secondo progetto ha segnato il passo, del primo non si è saputo più nulla anche perché nel frattempo il cambio di maggioranza ha probabilmente cambiato anche la priorità. Oggi, stando a quanto dichiarato da Roberta Tardani “abbiamo molteplici offerte e per queste pensiamo di frazionare la Piave per raccogliere più progetti che possono essere volano di sviluppo, anzi devono e saranno portatori di economia per la città”.

Non una parola sul progetto MOST e su quelli già in possesso dell’amministrazione, vige il più assoluto riserbo, possiamo capire sui soggetti, meno comprensibile, sicuramente, quello relativo alle destinazioni e al tipo di utilizzo. A una domanda precisa sul MOST e l’approvazione in consiglio comunale della mozione in maniera unanime la risposta è stata piuttosto istituzionale, “è una bella proposta, sicuramente un bel sogno, che va valutata attentamente e per la quale l’amministrazione tutta ha mostrato apertura”. Ma poi arriva la stoccata, “è stata presentata come urgente la mozione e sinceramente non ho compreso il perché visto che non c’erano e non ci sono scadenze in ballo. Appena sarà costituita la delegazione consiliare prenderemo contatto con il ministero per presentare la proposta”.

Rimane solo da sapere come e quando e con quali proposte la discussione sulla Piave approderà in consiglio comunale per avere contezza dei progetti e conoscere la posizione dei consiglieri di maggioranza e opposizione sull’intera partita.




Il coordinamento comunale di Italia Viva chiede le dimissioni di sindaco e giunta

Dopo l’ultimo consiglio comunale e la contemporanea riunione di maggioranza si è evidenziata una crisi politico-istituzionale che la città non può sostenere né permettersi.
I temi per uno sviluppo pressano affinché si agisca velocemente e responsabilmente approssimandosi il rischio di perdere gli ultimi treni per uno sviluppo della città. Le contraddizioni all’interno della maggioranza e la sua incapacità di decidere penalizzano una società come la nostra meritevole di ben altri avvenimenti.
Pertanto Italia Viva:
PRESENTE nel tessuto cittadino, comprensoriale e provinciale
VERIFICATO che nonostante gli ultimi appelli e proposte per una sana politica 
CONSIDERATE le disattese della amministrazione sui temi proposti 
ASSEVERATA l’insofferenza di molti cittadini 
PRESO ATTO delle aspettative delle comunità di prossimità
VISTO il persistere dell’impasse amministrativo 
                                             CHIEDE 
le dimissioni del SINDACO e dell’attuale GIUNTA a salvaguardia della salute amministrativa e civile di questa città e di questo comprensorio, auspicando un nuovo percorso con il coinvolgimento di tutte le forze politiche , associazioni , personalità che amano ORVIETO.

coordinamento comprensoriale orvietano Italia Viva




Agli “amici” non piacciono troppo neanche i “botti” del tiro al volo previsti per i mondiali di luglio

La sindaco Roberta Tardani è andata fin sul Lago di Garda per presentare i prossimi mondiali di tiro al volo shooting che si terranno a Orvieto il prossimo mese di luglio.  Intanto intorno al campo di tiro a volo Orvieto Shooting Range – Tav il Botto, nato in una parte dismessa della cava del Botto risistemata secondo le normative vigenti, tornano a volare i forestali per un sopralluogo dall’alto dell’intero impianto.  Lo scorso anno sempre all’impianto c’ era stata un’altra visita che non aveva trovato nulla da eccepire.  Anche la soglia del rumore durante le gare e le normali attività è nella norma ma a qualcuno questo evidentemente non basta.  Secondo Veniero Spada, consulente esterno della società di gestione dell’impianto, “sono i soliti noti che cercano di metterci i bastoni tra le ruote.  Il campo del Botto è in piena regola ma qualche amico del Botto non accetta.  Si parla di rumori – continua Spada – ma è chiaro che un campo di tiro a volo ne faccia un po’ ma tutto entro i limiti della normativa vigente, secondo i controlli effettuati”.

Proprio in un post FB “Gli amici del Botto” esprimevano la loro soddisfazione per l’annunciata manifestazione ma evidentemente non tutti gli amici la pensano allo stesso modo.  Intanto sono previste più di 800 persone per gli inizi di luglio così come tante ne erano previste nel 2020 per i campionati europei. “Purtroppo – ricorda Veniero Spada – il covid hi fortemente ridimensionato quell’evento portando i partecipanti a poco più di 250 unità, ma fu un successo.  Ora speriamo che sia la volta buona per il movimento del tiro al volo e per la città.”  Nel frattempo, gli organizzatori hanno già definito l’ampliamento temporaneo del perimetro dell’impianto sportivo. “Abbiamo chiesto ai nostri vicini dell’azienda Basalto la Spicca la possibilità di utilizzare una porzione di terreno che ricade nella parte di cava attiva e inviato alla Regione tutti i documenti richiesti.  Confidiamo che l’iter si chiuda nel più breve tempo possibile per poter poi lavorare a pieno ritmo per l’organizzazione dei mondiali di luglio”

Una parte degli “amici” del Botto non vogliono i mondiali di tiro a volo, tutti non vogliono la cava e l’impianto industriale, quindi “no” a ogni eventualità di crescita sportiva o economica, l’importante è che regni la pace.




PrometeOrvieto, “débacle sanità. Quando la sede di governo è lontana”

Alcuni giorni fa, la sindaca Roberta Tardani ha illustrato in un post ciò che significherà per il nostro territorio l’attuazione del nuovo Piano Sanitario e le “magnifiche sorti e progressive” che ci toccheranno, quando l’attuazione della medicina territoriale (date le premesse tra una quindicina d’anni, forse) impedirà di “ingolfare” i servizi dell’ospedale, come augura Tardani.

Noi siamo con la sindaca e auspichiamo che le pressioni sulla Regione portino alle modificazioni necessarie del Piano regionale, d’altronde come avviene da vent’anni senza alcun risultato. Ora vorremmo che si riflettesse in maniera più approfondita sulla competenza e importanza territoriale dei futuri Distretti Sanitari, che è stata ampiamente sottovalutata e l’opposizione alla soppressione del distretto di Orvieto da alcuni è liquidata come un conato di campanilismo. La Regione deve ancora formalizzare le scelte e quindi siamo ancora in tempo per invertire la marcia, seppure tutto sembri già definito.

Il Distretto Sanitario avrà nella nuova organizzazione dei compiti importanti di programmazione, organizzazione, gestione, quindi dobbiamo insistere e chiedere con partecipata decisione una modifica al Piano Sanitario di prossima approvazione, certamente consci che non siamo il centro del mondo ma anche che è indispensabile avere il centro decisionale qui, per poter offrire risposte esaurienti e consapevoli alla popolazione, polverizzata su un territorio amplissimo e anagraficamente anziana.

I fatti pregressi supportano tale richiesta. E’ innegabile infatti che la risposta sanitaria nel nostro territorio è andata peggiorando ogni qual volta c’è stato un allontanamento della sede di governo. Prima con la soppressione della sola USL di Orvieto e l’annessione a Terni e per ultimo addirittura a quella di Foligno. Si è registrato un lento, inesorabile depauperamento dei servizi, sicuramente a livello territoriale, ma la criticità vera si è avuta nel presidio ospedaliero del Santa Maria della Stella, “ingolfato”, come sostiene la sindaca di Orvieto, e quindi incapace di garantire risposta adeguata alla necessità della popolazione. Ci risulta che vigano da tempo delle situazioni assurde, come quella della presenza del direttore sanitario per soli 2 giorni a settimana, oppure la copertura dei turni di reperibilità in Chirurgia e Pronto soccorso con sanitari a convenzione a 80 euro l’ora.

Come si pensa di far minimamente funzionare una struttura a corto di mezzi e personale qualificato? La presenza giornaliera del direttore sanitario è fondamentale, irrinunciabile data la carenza di dirigenti sanitari. Chi organizza, chi controlla? Sicuramente non è semplice reperire del personale disposto a lavorare in una struttura dove si respira aria di smantellamento, però se ci fosse sul territorio un governo sensibile e concentrato sulle problematiche del territorio, le sollecitazioni annose avrebbero più probabilità di essere recepite. Ci sembra che vadano individuate soluzioni nell’immediato, (ormai la pandemia sta finendo, così dicono) e non ci sono più scuse. Questi ultimi due anni è stata giustificata qualsiasi carenza in nome della sicurezza, ma ora dobbiamo pretendere esami specialistici, cure e interventi senza doverci rivolgere alla sanità privata o emigrare presso altri presidi a distanza di decine di chilometri.

Il Distretto è una leva fondamentale per dimensionare il servizio alle necessità del territorio. Chiediamo maggiore convinzione, ne va della nostra salute, e non siamo disposti a sopportare meline e giustificazioni efficientiste.




PrometeOrvieto, “Casa di Comunità nel vecchio ospedale: impossibile tornare indietro, ma possibile non andare avanti”

Ormai il fatto è drammaticamente scontato e nell’indifferenza di molti, nell’assenza delle opposizioni e con il placet di alcuni, sindaci e sindacati compresi, la Casa di Comunità, intorno a cui gira il rinnovamento proposto dalla riforma sanitaria nazionale recepita dalla regione Umbria, sarà dislocato nell’ex ospedale di Orvieto, in piazza Duomo. E tanto per riempire un po’quegli spazi ci sarà inserito anche l’ospedale di Comunità. Ma la facciata su piazza Duomo, ci assicura il Sindaco di Orvieto, sarà uno spazio destinato ad altre finalità. In riferimento ai parcheggi, ci assicura Tardani, niente problemi, ci sono spazi abbondanti. Quindi prevediamo che altrettanto agile sia la viabilità per accedervi.   Per il Distretto di Orvieto, che è stato soppresso inserendo la gestione e la programmazione della sanità Orvietana in un distretto che va da una parte all’altra dell’Umbria, tutti d’accordo nel protestare contro la Regione, ma “senza piantare bandierine”, ci ricorda il Sindaco orvietano, tacciando implicitamente di campanilismo chi dovesse essere troppo fervido oppositore.

Queste scelte sciagurate ci preoccupano, perché ormai sarà difficile tornare indietro, perché per avere i fondi del Pnrr i progetti devono essere presentati ORA. Difficile tornare indietro ma possibile non andare avanti, se la scelta della Casa di Comunità dovesse risultare non fattibile o con troppi ostacoli da superare.   Allora, per dimostrarci che i nostri dubbi sono esagerati e le nostre valutazioni sballate, chiediamo all’Amministrazione comunale di Orvieto e alla Regione Umbria, a Tesei, Coletto, Tardani, Mazzi, di far conoscere almeno il piano urbanistico che sicuramente la Regione ha allegato al progetto, e con esso il piano della viabilità e della sosta che sottintende ovviamente questa scelta. Vorremmo anche sapere quanti operatori si prevede che saranno impiegati tra casa di Comunità e Ospedale di Comunità e quanti gli utenti prevedibili dei due servizi. Sicuramente questi dati sono a disposizione, perché in mancanza non vediamo come sia possibile prevedere la mole di traffico e la sufficienza degli stalli per la sosta, destinati a persone che accedono alla casa di Comunità e all’Ospedale di Comunità per lavoro o per curarsi e che quindi lì in piazza Duomo o dintorni devono poter arrivare e sostare.

Crediamo inoltre, e lo rivendichiamo, che abbiano il diritto di conoscere e valutare scelte così importanti anche i semplici cittadini (si chiama Partecipazione) e che esprimere un parere non sia soltanto appannaggio del personale istituzionale.  Noi non siamo estranei alla nostra città e rifiutiamo la politica che liquida chi non è d’accordo come rompiscatole, disturbatore del conducente, come appare in alcune dichiarazioni di gente ricolma di una sicumera che non può permettersi e di un’autorevolezza che non ha.

Naturalmente sosteniamo le richieste di maggiore efficienza della sanità locale che emergono dal dibattito con sindaci e sindacati sul Piano sanitario regionale, di un ruolo chiaro del nostro ospedale, dell’eliminazione delle liste di attesa, dell’adeguamento del personale e dei mezzi a sua disposizione: sono vent’anni che condividiamo questa pressione verso la dirigenza regionale e lamentiamo il senso d’impotenza che ha prodotto.   Oggi ci sono i fondi del Pnrr per costruire le strutture sanitarie del futuro e la loro organizzazione, ma l’accesso a quelle risorse richiede una serietà d’impostazione e una capacità di realizzazione. Concludiamo con un aforisma del nostro Pier Luigi Leoni del tutto aderente al caso «Spesso i politici danno l’idea di essere mentalmente confusi. Quasi quanto i loro elettori».

Di seguito il link al Decreto ministeriale 71, che specifica compiti e dimensioni delle strutture su cui è progettata la nuova sanità territoriale. Consigliamo di leggerla per capire come saremo curati con la nuova Sanità.

https://www.quotidianosanita.it/governo-e-parlamento/articolo.php?articolo_id=102725




Il Pnrr investe 8 milioni sulla sanità ma rimangono tanti, troppi nervi scoperti a Orvieto

A Ciconia si è tenuto un importante incontro organizzato dai sindacati sulla sanità nell’orvietano proprio dopo la presentazione del nuovo Piano Sanitario Regionale da parte della presidente Tesei alle parti sociali.  L’incontro è stato definito “troppo veloce, senza confronto.  Ci hanno spiegato velocemente cosa prevede il PSR.  In altre realtà regionali questo stesso confronto è stato molto approfondito”.  Per Orvieto è prevista la creazione della Casa di Comunità e dell’Ospedale di Comunità in piazza del Duomo oltre a una serie di investimenti nella struttura dell’ospedale a Ciconia.  Interessante il contributo portato da Mauro Petrangeli, per lungo tempo dipendente USL con incarichi organizzativi, che ha spiegato come il PSR “è di difficile lettura e questo non è una buona premessa visto che la sanità e il suo funzionamento deve essere di facile comprensione per i cittadini, i veri protagonisti.  La sanità è per i cittadini e non per altri.  Un buon piano sanitario, ha concluso Petrangeli, deve mettere al centro il paziente e dare la massima priorità alla sanità pubblica.  I numeri sono importanti ma i risparmi non devono essere il primo punto bensì devono coniugarsi con il miglioramento dei servizi erogati”.  Era molto atteso l’intervento del sindaco di Orvieto che ha preso le difese della Regione perché dopo dieci anni ha ripreso in mano il dossier sanità anche grazie al PNRR “è un’occasione da non perdere per ridisegnare il sistema sanitario anche e soprattutto a Orvieto”.

Sicuramente è un momento cruciale con il famoso treno che passa e non si può perdere ma sempre ragionando e cercando di capire quale sia la scelta migliore.  Il primo cittadino ha voluto sottolineare che il nuovo piano sanitario è sicuramente da migliorare ma “questo è il momento dell’unità e non dei capipopolo o dei proclami sui giornali.  Ci sono le sedi istituzionali per discutere come l’assemblea dei sindaci e lì ci si deve confrontare”.  La Regione ha messo sul piatto per Orvieto 8 milioni di euro sui 106 destinati dal PNRR alla sanità umbra.  “E’ prevista all’interno dell’ex ospedale di piazza Duomo la realizzazione della Casa di comunità Hub e dell’Ospedale di Comunità per un investimento totale di oltre 8 milioni di euro.  Nella Casa di Comunità Hub si progettano e si erogano servizi sanitari e di integrazione sociale, i servizi standard presenti saranno ambulatori di medici di medicina generale e aggregazioni di medici, infermiere di famiglia e di comunità, continuità assistenziale, ambulatorio infermieristico anche con punto prelievo, ambulatorio specialistico anche con servizi diagnostici, assistenza domiciliare, Cup e Cot (Centrale operativa territoriale). La presenza medica è garantita h24 7 giorni su 7, quella infermieristica h12 7 giorni su 7. L’investimento previsto con fondi Pnrr è di 3 milioni 275mila euro. L’Ospedale di Comunità avrà invece 20 posti letto di nuova istituzione. L’investimento previsto con fondi Pnrr è di 3 milioni 343mila euro ai quali si aggiungono 1,1 milione di euro di fondi aziendali”. 

A proposito di partecipazione la sindaco ha annunciato che la parte frontale del palazzo sarà nelle disponibilità del Comune per attività istituzionali non legate alla sanità.

Tutto bene?  Per quanto riguarda gli investimenti sicuramente è una boccata d’ossigeno per la sanità orvietana e forse una delle ultime possibilità per tornare a essere attrattiva.  Rimane la forte perplessità sulla scelta e sul perché Piazza Duomo.  Come se ci si vergognasse un po’ sulla piazza non ci sarà nulla di sanitario, meglio, per la viabilità si sta studiando un sistema che non impatti sulla stessa piazza e poi la palazzina della Piave è stata liquidata come “scelta solo sulla carta”.  Quella “carta” ha avuto un costo per la Usl e la titolarità rimarrà alla stessa azienda e quella scelta non avrebbe obbligato a studiare e lavorare per un sistema viario adeguato e un parcheggio di fianco al Duomo.  Non solo ma quella palazzina che si avvia a essere un triste rudere nella desolazione della ex-Piave, rimarrà in carico della Usl che dovrà curarne la manutenzione con dei costi che non proverranno dal PNRR, ma dall’azienda.  Poniamo noi due semplici domande. Chi controlla i conti ne sarà contento? Si è mai pensato seriamente a questa soluzione?

I sindacati hanno sottolineato che il PNRR finanzia le strutture che prevedono tanti servizi, ottimi, ma non il personale e su questo punto rischia di naufragare tutto o meglio di trasformarsi da sogno in incubo con un contenitore semi-vuoto.  Anche su Panorama recentemente è uscito un articolo che paventava “il flop delle Case di Comunità” e indicava proprio nel personale il vero punto debole del sistema.  I medici di famiglia, in particolare non vogliono saperne di essere trasformati in dipendenti USL per lavorare in queste strutture complesse che dovrebbero essere l’anello di congiunzione tra sanità di territorio e ospedali.  Se poi la Regione non prevede concorsi allora il timore si trasforma in certezza.

Dulcis in fundo ci sono le critiche ai capipopolo e alle esternazioni sulla stampa.  Insomma, ancora una volta i giornalisti si caricano il fardello dell’essere cattivi, un po’ populisti e maestri di disinformazione.  In realtà in tutti questi mesi il vero deficit informativo è stato istituzionale.  Non una parola all’esterno e invece tanti annunci spot.  Il lavoro dei giornalisti è stato reso particolarmente difficile proprio dai silenzi squarciati da improvvisi raggi di luce proiettati dal regista interessato.  E’ chiaro che chi opera nell’informazione e non vuole essere capopopolo, va alla ricerca di notizie più certe e si rivolge a chi ha un ruolo amministrativo, in primis, o di rappresentanza sindacale o dirigenziale nelle aziende sanitarie. 

Non s’inventa ma si ragiona, si cerca di capire anche dando più ampio respiro al dibattito.  Come non ricordare, allora, le tante richieste per il “territorio”.  Come non ricordare che più volte ci è stato spiegato che dal punto di vista economico l’orvietano non è un territorio perché manca di servizi fondamentali come, guarda caso, un albergo a 5 stelle con tutti gli annessi di livello, un servizio ferroviario veloce con Roma e l’aeroporto di riferimento, innovazione e investimenti, che languono nell’orvietano. La vera riflessione non è, “abbiamo salvato dallo speculatore l’ex-ospedale”, ma come mai a prezzi di saldo, come più volte è stato sottolineato da molti esponenti politici e no, proprio quel palazzo con vista sul Duomo, di pregio, non ha attirato appetiti corretti di un privato o più privati.  D’altra parte, si comprende l’esigenza di un sindaco che è quella di offrire soluzioni per i propri cittadini dopo una fase lunga di non-decisione di una classe politica che ha prima accettato supinamente e disciplinatamente lo svuotamento della città e del suo centro storico e poi non l’ha ripensata.  L’ultimo tentativo è stato quello della ex-caserma con RPO e il suo presidente Franco Raimondo Barbabella, poi messo alla porta senza una spiegazione e attaccato da ogni parte.

Sul futuro di Orvieto si addensano le nubi del tramonto demografico, come evidenziato dal report di Cittadinanza Territorio Sviluppo, la mancanza di innovazione, la scarsità di investimenti, i troppi contenitori ancora vuoti, il turismo che è rimasto a una permanenza media sotto i 2 giorni, una banca di territorio in sofferenza, una Fondazione bancaria che dovrà decidere le sorti della sua partecipazione nella SpA entro il 2022, un ospedale senza alcun appeal per i professionisti medici e con prestazioni non da emergenza-urgenza, un commercio in forte crisi, aree industriali con scarse industrie, con la spada di Damocle della discarica e eventuali ampliamenti.  Certo la pandemia ha bloccato alcuni processi altri li ha inevitabilmente ritardati e, nonostante ciò, il Comune ha rinnovato e messo in sicurezza molte strade, i giochi e le aree verdi, ha mantenuto il Teatro aperto, seppure con delle limitazioni dovute al coronavirus, ha favorito iniziative culturali e di spettacolo ma ancora non ha toccato la carne viva dei tanti problemi strutturali della città e il tempo, ricordiamolo, è tiranno.




La “Casa di Comunità” in Piazza Duomo, chi dice sì e chi no, ma la fretta non consiglia mai il meglio

La “Casa di Comunità”, erede della “Casa della Salute” ha riacceso il dibattito in città.  Il problema vero riguarda l’ubicazione scelta e la presenza di un secondo edificio, sempre di proprietà di USL, che rischia di divenire un secondo scheletro.

Costruire una Casa di Comunità nella piazza che ospita una delle Chiese più belle al mondo, monumento alla bellezza, simbolo unico per la cristianità, non può essere normale, non può essere una vittoria.  Non calzano, poi gli esempi di altri palazzi ripristinati a uffici e ambulatori in altri centri storici, lì non c’è il Duomo di Orvieto.   Insomma, non si può definire Orvieto unica solo a corrente alternata; o lo è sempre o non lo è.  Si sta progettando, poi, una piazza senza auto, finalmente, e speriamo senza eccezioni, e nel frattempo si vuole aprire un maxi-cantiere della durata almeno di 24 mesi, a essere ottimisti, aprirci una serie di servizi e uffici che prevedono il transito continuo di auto, tramite viabilità alternativa, per carità, ma che alla fine tocca anche la piazza.  Poi ci sono i costi di ristrutturazione, funzionalizzazione e di personale che saranno sicuramente molto alti, ma magari viene in soccorso il Pnrr, visti i vincoli architettonici e paesaggistici presenti.  Alla ex-Piave, intanto, la USL acquisì nel 2007 per 2,4 milioni di euro la palazzina mensa proprio per costruirvi la Casa della Salute.  All’epoca il sindaco era Stefano Mocio e con quell’operazione si riuscì anche a stabilizzare il bilancio dell’Ente.  Non solo, si riusciva a “legare” la USL a impegnarsi in un investimento importante per la città e il territorio.  Quindi, quanto costerà questa Casa della Salute?  Per ora 2,4 milioni di euro senza colpo ferire e senza miglioramenti nei servizi erogati da 15 anni.  A questi si devono sommare i soldi previsti dalla vendita all’asta dell’ex-ospedale e poi quelli che verranno impiegati per la sua ristrutturazione, per l’arredo, per l’acquisizione di attrezzature mediche, per le bollette elettriche negli anni e per il nuovo personale da assumere.   E’ chiaro che le spese di ristrutturazione, arredo, acquisto attrezzature, bollette, personale, vanno calcolate in ambedue i casi, ma sicuramente con costi ben differenti.  E il conto lo pagheremo tutti noi.  All’ex-ospedale c’è anche da inventarsi la viabilità alternativa per non intasare il Duomo, progettarla, metterla in opera…Alla Piave si deve ristrutturare ma non un palazzo storico nella piazza più importante della città con vincoli molto stringenti.  C’è da arredare, riempire di attrezzature e soprattutto metterci il personale necessario.  Ma le dimensioni sono diverse, prima di tutto; tutto il sistema viario e dei parcheggi è praticamente pronto, basterebbero poche e semplici migliorie dai costi piuttosto contenuti per il Comune di Orvieto. E per chi deve controllare va tutto bene?

Ora c’è anche la questione “Case di Comunità” e “Case della Salute” sollevata dal settimanale “Panorama” con i medici che non ne vogliono proprio sapere di diventare dipendenti delle Usl lasciando la convenzione in libera professione come medici di famiglia.  Non solo i medici ritengono che si rischi di gettare soldi nell’ennesimo buco nero senza vantaggi per gli ammalati, soprattutto cronici.  Insomma, già prima di nascere si rischia l’ennesimo flop in salsa italiana e non solo a Orvieto.

Sono tanti i contenitori, brutta parola ma così vengono definitivi dalla politica, nel centro storico ancora vuoti e ognuno è un’occasione persa, un fallimento, un pugno in un occhio ma è altrettanto un errore, un’occasione persa, un fallimento, un pugno in un occhio occupare per forza e senza un progetto di medio-lungo termine omogeneo che migliori la vita dei cittadini e dei suoi ospiti. Qualche piccola considerazione che poniamo sommessamente e speriamo che con la pandemia in ritirata si riesca a aprire un dibattito serio sul futuro della città e sulla destinazione dell’ex-ospedale soprattutto per cancellare “ex”.   

La Piave è baricentrica rispetto al territorio di riferimento, comoda da raggiungere sia in auto che con i mezzi pubblici, anche da altri comuni.  Per rivitalizzare il centro storico serve assolutamente la Casa di Comunità al Duomo?  Non scherziamo, nel frattempo si portano allo Scalo alcuni uffici comunali e gli abitanti calano.  Non solo, chi utilizza ambulatori, uffici e arriva in auto fino al Duomo, sicuramente con parcheggio orario o a pagamento per evitare i soliti furbetti, ripartirà appena terminata la commissione.  E poi si occupa uno dei palazzi più belli della città con ambulatori e uffici sanitari?  Ora con il Pnrr, vari finanziamenti europei, possibile che non si riesca a immaginare una destinazione più “consona” e al servizio della città nello stesso momento? Ma soprattutto è possibile che i privati non riescano a cogliere occasioni di tale portata?  Nel passato gli orvietani hanno dato dimostrazione di guardare avanti, di pensare alla città, alla loro città.  Perché non provarci di nuovo, insieme al Comune e alla USL, perché no?




La sanità pubblica sembra fermarsi a Narni-Amelia

Sanità, questa sconosciuta a Orvieto e comprensorio. Verrebbe proprio da dire che la sanità si è fermata a Narni-Amelia dove è prevista l’ultima struttura nuova della USL Umbria2. A Terni serve un nuovo ospedale a tutti i costi. Quello attuale non basta più, soprattutto perché ormai per qualsiasi operazione più complicata di un’appendicite quella è la destinazione o, in alternativa, Foligno.

La Regione ha approvato il piano delle opera e di Orvieto non vi è traccia se non tra le varie e eventuali. Sì, sappiamo di interventi di maquillage al pronto soccorso, necessari, dell’assurda decisione di investire soldi, tanti, all’ex-ospedale invece di costruire laddove stabilito con tanto di acquisto definitivo e vincolato. E poi? Tanti soldi destinati all’Umbria ma l’orvietano non è citato, neanche di striscio. Eppure ne servirebbero di infrastrutture, attrezzature e personale. Sul personale la questione è piuttosto complessa e assomiglia molto a un cane che si morde la coda; per il resto le responsabilità sono tutte in capo alla politica, solo alla politica. In consiglio regionale è stato approvato all’unanimità una mozione che obbliga la Regione a dotare di emodinamica l’ospedale di orvieto eppure di questo non si parla. Ci sono, invece, la piattaforma elicotteristica d’emergenza a Foligno, tre investimenti su eccellenze umbre riconosciute e poi un generico riferimento alla telemedicina, all’innovazione tecnologica per la medicina di territorio e poco più. Nell’ultima voce dovrebbero rientrare gli investimenti anche per l’orvietano.

Quindi chi si ammala in maniera acuta a Orvieto e dintorni sarà quasi certamente di serie B nonostante tutto, cioè l’impegno profuso dal personale ospedaliero, dai medici di base, dai professionisti che già operano tramite la tecnologia come nel caso degli ictus. Tutto il resto è lasciato alla buona sorte e al buon cuore, alla volontà dei singoli e alla velocità dei trasferimenti verso Terni, Foligno o Perugia, se non fuori Regione.

L’ultimo capitolo riguarda i “corvi” che all’interno dell’ospedale non mancano assolutamente. Piccole invidie, ripicche, dispettucci, lettere alla direzione sanitaria abbondano. Se un reparto ottiene un’attrezzatura nuova non si festeggia, ma si cerca di minimizzare, di combattere contro e non si pensa al miglioramento della struttura o a combattere per il bene comune. Capita troppo spesso. Poi ci sono i “corvi” diffusi, quelli di città che denigrano a prescindere, che vanno direttamente fuori; infine ci sono i rassegnati, quelli che non combattono e non propongono o per disciplina di partito o perché timorosi di non si capisce bene quali possibili ripicche. Il risultato è sotto gli occhi di tutti ormai da decenni, dai tempi della chiusura della USL 4, quella nostrana. Nel tempo la sanità ha perso i pezzi nel silenzio o per un bene comune più alto che però non è mai passato per Orvieto. Ora la vittima sacrificale è il Distretto. tanti no, ma proposte? Già perché il solo no, generico, non basta ma serve la proposta anche per combattere meglio e tentare di convincere pur sapendo che il territorio è penalizzato da un sistema elettorale che di fatto impedisce ogni rappresentanza in Regione ma questa non può essere una scusa buona per ogni evento avverso.

Il risultato finale è che la Sanità pubblica si è fermata a Narni- Amelia con buona pace dei cittadini di un territorio vasto, con un’età media piuttosto alta, collegato malamente con il resto della regione ma che è ancora attrattivo dal punto di vista sanitario su parte della Provincia di Viterbo e Bassa Toscana. Proviamo, allora, a cambiare il titolo del libro, insieme!




Galeotto fu il post! Il senatore Briziarelli pranza a Orvieto proprio nel mezzo della bufera Sartini e rimpasto di giunta

La domenica è giorno dedicato al riposo e alla famiglia, ma un occhio ai social ci va sempre anche perché le news degli ultimi giorni sono importanti e la cronaca non si ferma neanche nei giorni di festa. Ecco che arriva il post giusto. Galeotto fu il post! Il senatore della Lega Luca Briziarelli ne mette uno semplice, “una domenica in giro per l’Umbria ,a tra un impegno e l’altro il tempo per una pausa tra sapori e luoghi caratteristici si trova”. La foto è quella di un notissimo ristorante di Orvieto. Ecco il senatore, tra l’altro alla vigilia dell’impegno istituzionale come “Grande elettore” del Presidente della Repubblica, avvezzo di solito a soffermarsi sulle bellezze del Trasimeno, ma a onor del vero, spesso presente anche nell’orvietano, ha trovato un momento per deviare e fermarsi sulla città del tufo, proprio in piena bufera Sartini, l’assessore appena sfiduciato dalla sindaco Tardani.

Che ci sia un rapporto privilegiato tra Briziarelli e Tardani è cosa nota e che nel gruppo consiliare della Lega non si siano mai sopiti i mal di pancia dopo il caso Ranchino è altrettanto noto. Arrivare a sintesi rischia di essere piuttosto complesso anche perché ancora non ha rilasciato dichiarazioni il convitato di pietra Virginio Caparvi, anch’egli “grande elettore”. Proprio la questione Quirinale potrebbe allungare i tempi o, a seconda dei punti di vista, accorciarli lasciando campo libero al primo cittadino che già con Ranchino dopo circa venti giorni di messaggi e disfide mediatiche ha lasciato tutti di stucco con il “barbatrucco” Mazzi. Ma ha lasciato tutti infelici e scontenti e la Lega non può rischiare un nuovo scivolone e ritrovarsi in giunta con un solo assessore, piuttosto tiepido, Gianluca Luciani e essere contemporaneamente l’azionista di controllo della maggioranza. La situazione s’ingarbuglia ancor di più per la questione delle quote rosa, con l’attuale composizione non più garantite. L’identikit del nuovo assessore è quindi semplice: della Lega e donna. Riuscirà il grande capo Virginio Caparvi, che sicuramente non ha dimenticato lo sgarbo del vice-sindaco non più in quota Salvini, ha tenere i nervi saldi? riuscirà il senatore Briziarelli ha smussare le spigolosità della sindaco Tardani?

Sicuramente, di questo siamo certi, la pausa per il pranzo è stata molto soddisfacente ma speriamo che le trattive abbiano un esito nel brevissimo periodo perché una nuova paralisi il Comune non può permettersela e non per liti e cambi di casacca per per questioni ben più importanti e gravi che incidono sulla carne viva della città.




La sindrome “Hitler” spazza via Sartini e ora? Si apre il dialogo Tardani-Lega

Un uragano si è abbattuto sull’assessore Angela Maria Sartini. A provocarlo lei stessa con un post su FB che raffigura Hitler che al telefono si complimenta con Mario, Draghi…Troppo anche per gli alleati e il suo stesso partito, la Lega, che l’ha immediatamente sospesa mentre la sindaco Roberta Tardani le ha ritirato le deleghe.

Come un’improvvisa tempesta Sartini si è ritrovata senza partito e senza deleghe e la sindaco ha già aperto la fase di interlocuzione con la Lega per la sostituzione. Certo che Hitler è veramente galeotto per gli assessori orvietani; prima ci è cascato Massimo Gnagnarini, delega al bilancio nella giunta Germani, che ha chattato una frase chiaramente ironica ma fuori delle righe. La gogna mediatica in quel caso è partita a scoppio ritardato ma travolse Gnagnarini che alla fine si dimise con tanto di lettera di spiegazione. Ora è la volta di un altro assessore “scomodo” sicuramente non popolare, Angela Maria Sartini, provocatoria così come il suo predecessore che in silenzio, per ora senza alcuna lettera, è stata licenziata in tronco. Anche in questo caso ironia, pesantissima, corrosiva così come è l’ironia e la satira. Può non piacere, essere molto sopra le righe, dissacrante ma è satira. C’è però il ruolo di chi fa satira. Quando un comico assurge a politico, lo abbiamo visto, difficilmente riesce a separare i due ruoli, ma quando un politico, un rappresentante delle istituzioni decide improvvisamente di fare il comico il risultato è lo sconquasso, in tutti i sensi. Chi ha incarichi istituzionali deve avere equilibrio, attenzione e non usare i social a ogni starnuto, forse il “giovane” presidente Garbini non aveva proprio torto.

E ora? Ancora una volta i social hanno avuto un tempismo politico incredibile. Ieri Gnagnarini, che nella maggioranza in molti volevano sostituire, inciampò in “zio Adolfo”; oggi Sartini, che in molti vogliono sostituire, è inciampata sempre nello stesso “Adolf” e proprio mentre qualche scossone nella maggioranza c’è stato con Beatrice Casasole uscita sbattendo la porta da Fratelli d’Italia e le esternazioni del presidente Umberto Garbini non gradite alla minoranza, ovvio, e a parte della maggioranza. Ecco, la consigliera Casasole è delegata proprio a parte delle deleghe, perdonate il gioco di parole, dell’assessore uscente e magari…certo bisogna convincere la Lega che non ne vorrà proprio sapere di perdere un assessore dopo il sacrificio “Mazzi”.

Dunque la palla passa a Roberta Tardani che dopo aver tirato fuori dal cilindro il vice-sindaco Mazzi e spento velocemente le polemiche su Sartini, ora ha l’arduo compito di scegliere il nuovo assessore, già perché è lei a decidere, senza alterare gli equilibri apparentemente stabili della maggioranza e garantendo una presenza femminile ora largamente minoritaria in giunta.