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La Regione trova i soldi per due ospedali mentre a Orvieto solo maquillage e poco altro

Passo dopo passo va avanti la programmazione sanitaria regionale con una nuova riunione operativa tra la presidente Tesei, l’assessore Coletto e il direttore generale D’Angelo. Sul tavolo la realizzazione di due nuovi ospedali, quello di Narni-Amelia e l’altro a Terni. Il dato certo riguarda i soldi con il decreto firmato sempre il 17 ottobre che prevede il finanziamento da parte dell’Inail di 84 milioni per il polo ospedaliero di Narni-Amelia e di 100 milioni per il nuovo policlinico di Terni. I primi 84 milioni andranno a finanziare l’opera di Narni-Amelia, mentre gli altri 100 contribuiranno al project financing previsto per l’ospedale di Terni così da rendere sostenibile finanziariamente la realizzazione.

Il comunicato ufficiale si conclude con una frase interessante, “…equilibrio tra i territori, nel rispetto di norme e procedure amministrative”. Resta da intendersi sulla parole “riequilibrio” che non sembra, nei fatti, essere reale per Orvieto. Si chiude e si allontana l’ultimo centro decisionale e cioè il Distretto, si opera un maquillage profondo dell’ospedale, ma sempre di maquillage si tratta, si investono soldi sull’ex-ospedale in piazza Duomo per la realizzazione, 12 anni dopo, della Casa di Comunità abbandonando il sito individuato fin dal 2008 nella ex-mensa della Caserma Piave e poi rientriamo come territorio in quello calderone di investimenti tecnologici previsti per l’intera Regione.

Certamente se si vuole ottenere un mero e secco risparmio economico nel breve termine indebolire, stabilizzare i posti letto, e favorire il trasferimento presso altri ospedali individuati come eccellenze, questa è la strada maestra ma la sanità non può essere trattata solo e esclusivamente come voce di finanza publica, c’è una parte fondamentale che riguarda la cura e la prevenzione per i cittadini senza alcuna distinzione. E nel medio periodo e addirittura nel lungo? Ci penserà, se vorrà, chi ci sarà, magari rimettendo nuovamente mano al PSR, ai livelli di assistenza, nella distribuzione, che purtroppo non corrisponde quasi mai alle vere esigenze dei territori, di incarichi, direzioni, uffici che vedono Orvieto sempre retrocedere nelle retrovie, con la politica sempre allineata e coperta sui desiderata dei referenti regionali, magari in cambio di qualche prebenda e strapuntino. Poco importa se dalle “eccellenze” siamo a circa un’ora, se per una visita o un esame clinico ci si deve sobbarcare un giro dell’Umbria, bella sicuramente ma in altri frangenti, se su Orvieto passano due linee ferroviarie e l’autostrada e l’afflusso turistico è piuttosto alto, se il territorio ha un’età media più altra di quella già abbondante dell’Umbria.

Tutto questo lo dovrebbe ricordare la politica locale, soprattutto quando da opposizione diventa maggioranza, perché da ormai troppi anni le urla dei banchi dell’opposizione diventano cinguettii quando si diventa maggioranza in ossequio al quieto vivere regionale che in altri territori è bilanciato dalla rappresentanza negli organi istituzionali, consiglio e giunta regionale, con Orvieto che mestamente è fuori da ogni gioco da molto, troppo tempo e intanto a Perugia decidono, disfano, declassano, nominano, trasferiscono negli altri territori non sempre capoluoghi provinciali o regionali.




Sanità, a Orvieto sembrano arrivare soldi e strutture; allora, madama la marchesa, va tutto bene?

La sanità umbra è arrivata a un punto di svolta.  In Regione avanza il Piano Sanitario Regionale che sarà un vero e proprio tsunami, questo è sicuro.  Apparentemente la riforma andrà a migliorare la qualità delle prestazioni per i cittadini ma sarà così?  Soprattutto sarà così per l’orvietano?

L’ospedale di Orvieto rimane DEA di I livello per l’emergenza e urgenza, bene, quindi apparentemente non cambia una virgola con il passato.  Poco dopo si conferma l’avvio della Casa di Comunità e poi una serie di investimenti.  Alla fine la doccia gelata, via il distretto sanitario, spazzato via in nome del risparmio centralizzando gli acquisti e non solo.  E poi ancora una seconda e più grave doccia gelata, il controllo sui medici di famiglia per la spesa farmaceutica e le prescrizioni di prestazioni specialistiche.  Nello stesso documento è scritto che Orvieto è attrattivo per l’utenza extra-regionale, un passo avanti apparente, un altro.   In pratica dopo un primo entusiasmo si riaffaccia il pessimismo per il futuro della sanità orvietana e anche umbra.  L’unico centro decisionale e gestionale rimasto a Orvieto, il Distretto, viene cancellato con un colpo di penna perché da 12 si passa a 4 e non a 2 come il numero delle province umbre.  Ogni decisione riguardante Orvieto si allontana verso Terni, Foligno e infine Perugia. 

A parole la Regione promuove Orvieto come punto attrattivo come DEA di I livello dimenticandosi che il consiglio regionale all’unanimità ha approvato la mozione per l’apertura dell’emodinamica nel nosocomio Santa Maria della Stella.  Nei milioni di euro previsti per la sanità orvietana mancano quelli per il vero salto di qualità.  Già, l’emodinamica, questa sconosciuta, che però è fondamentale per i cittadini dell’orvietano che si trovano a dover affrontare un’acuzie tempo-dipendente.  Si dimenticano, sempre in Regione, che geograficamente Orvieto è (s)collegata con Terni e Perugia e l’incidenza della popolazione anziana sul totale è oltre la media sia nazionale che regionale.  Non viene presa in minima considerazione l’eventualità di accordi con l’Università di Perugia per inserire Orvieto, così come Narni, nel circuito ospedaliero con notevoli vantaggi sia per la cittadinanza che per Terni che verrebbe decongestionato almeno in parte.

Poi c’è il capitolo della Casa di Comunità con la scelta discutibile, e con un possibile danno erariale dietro l’angolo, di Piazza del Duomo che verrà finanziata con i fondi del PNRR, ma senza un forte adeguamento dei costi, tra l’altro già richiesto a livello nazionale, c’è il rischio concreto che gli appalti vadano deserti.  Non solo, i sindacati nazionali dei medici ritengono le Case di Comunità nate già vecchie perché i modelli sanitari vanno verso una netta divisione tra l’acuto e programmato negli ospedali e la gestione del cronico tramite medicina da remoto e assistenza domiciliare o del medico di famiglia.

Non è finita qui, perché lo stesso medico di famiglia verrà controllato su ogni prescrizione di medicinali e/o esami diagnostici.  Quindi un professionista non avrà libertà di lavorare secondo coscienza ma secondo tabelle dei costi con il rischio concreto che non possa prescrivere un medicinale per tutta la durata della cura al “suo” paziente.  Contemporaneamente gli stessi professionisti devono aumentare la produttività sia sul territorio che in ospedale basta non sfondare i tetti di spesa, tagliati ogni anno. 

Questa riforma, alla fine dei conti, penalizza ancora una volta un territorio già penalizzato, depotenzia il controllo e la gestione sanitaria con la chiusura del distretto, promette, come nel resto dell’Umbria, adeguamenti di personale senza specificarne numeri e professionalità, rende i medici di famiglia dei contabili della (in)salute, moltiplica i costi con una Casa di Comunità prevista nel passato alla ex-caserma Piave con tanto di acquisto dell’immobile, fatiscente come gran parte della struttura, e ora spostata e progettata vicino al Duomo, nella piazza-simbolo della città, con tre musei, da pedonalizzare totalmente, con un costo previsto, chiavi in mano, oggi improbabile visto l’impennata dei costi sia in edilizia che in tutti gli altri settori.  Con una spesa minore si poteva ristrutturare l’altro stabile, artisticamente non di pregio, facilmente raggiungibile da tutto il territorio, sempre nel centro storico, ma soprattutto la Casa della Salute, oggi di Comunità, Orvieto l’avrebbe potuta avere prima fra tutte le città in Umbria già dal 2010. 

Tutto questo avviene in un quasi-silenzio assordante della politica locale, fatte salve alcune eccezioni. Eppure la sanità vale sul PIL orvietano quasi quanto il turismo e soprattutto è per gli orvietani e i turisti, un servizio universale, pubblico, gratuito, o almeno così dovrebbe continuare a essere!




Mentre a Orvieto si dorme a Perugia si smantella il servizio sanitario. Orvieto svegliati!

È interessante l’analisi linguistica che fa la lista “Siamo Orvieto” della Delibera della Giunta Regionale (DGR) n. 1024 dello scorso 5 ottobre intitolata “Piano di Efficientamento e Riqualificazione del Sistema Sanitario Regionale 2022-2024” e condivisibile l’interpretazione come “commissariamento” finalizzato alla riduzione dei servizi.

Io ritengo che l’operazione sia ancora più preoccupante. Andiamo subito al sodo. Esaminando non più solo le frasi magniloquenti e sostanzialmente vuote, ma le previsioni operative elencate nell’allegato alla DGR, se ne trae la conclusione che se i tempi che hanno preceduto la pandemia sono stati problematici e quelli della pandemia e post-pandemia preoccupanti, quelli aperti dalla DGR del 5 ottobre non è difficile immaginarli appunto più che preoccupanti. Soprattutto per Orvieto. Le ragioni sono presto dette:

  1. Più che una sottovalutazione, una sostanziale assenza di visione strategica del sistema sanitario per lo sviluppo civile ed economico dell’Umbria e per il suo ruolo di sviluppatore di servizi di qualità nell’Italia centrale e di connessa attrattività interterritoriale.
  2. Una ancor più evidente assenza del ruolo di servizio interregionale degli ospedali e dei servizi sanitari territoriali delle zone di confine, come è quella di Orvieto. Non deve trarre in inganno il fatto che l’ospedale orvietano sia classificato come DEA di primo livello insieme a quelli di Città di Castello, di Gubbio-Gualdo e di Foligno-Trevi coordinato con Spoleto-Norcia Cascia, perché di primo livello era e di primo livello resta, ma solo sulla carta. Questo infatti non garantisce proprio un bel nulla, visto ciò che è successo (anzi, ciò che non è successo) in tanti anni fino ad oggi, ossia un progressivo impoverimento di strutture, dotazioni tecnologiche, quantità e funzioni del personale, organizzazione e consistenza dei servizi.
  3. Una interrelazione/integrazione con i DEA di secondo livello (Terni e Perugia) solo formalmente affermata ma del tutto indefinita, quando invece sarebbe stato molto più logico e funzionale prevedere in questa parte dell’Umbria una rete ospedaliera con funzioni differenziate e coordinate tra Terni, Narni-Amelia e Orvieto, come non mi stanco di affermare da anni anche con puntuali iniziative in Consiglio comunale (si veda da ultimo la mozione approvata all’unanimità lo scorso 31 maggio su cui tornerò dopo).
  4. La riduzione dei Distretti da 12 a 4 con la sparizione, ritengo non casuale, di quello orvietano. In sostituzione si prevedono i COT (Centrali Operative Territoriali, i punti di presa in carico e di smistamento delle persone bisognose di cure), articolati in 1 Hub e 8 Spoke (i centri incaricati di garantire il percorso assistenziale del paziente), in diverse zone (Perugia, Terni, Spoleto, Città di Castello) e niente ad Orvieto. Cioè la perdita di ogni presenza nel ruolo e nelle funzioni gestionali e amministrative.
  5. La rete delle Case di comunità, insufficiente dal punto di vista quantitativo se devono essere il punto in cui la medicina di territorio si salda con la sicurezza e il benessere della popolazione, indeterminata nei tempi e nei modi di realizzazione, senza indicazioni sulla funzionalità delle localizzazioni (tralascio qui per carità di patria ogni considerazione sull’impegno di milioni per la localizzazione orvietana della Casa della salute, quella dell’ex ospedale di piazza Duomo)

La logica seguita è evidente. Il governo regionale non parte dai bisogni di sicurezza e di garanzia del servizio sanitario per i cittadini, che comporterebbe sì una razionalizzazione, ma con attenzione agli sprechi, alle sovrapposizioni di strutture operative e di funzioni, alle funzioni di rete, al potenziamento dell’efficienza, all’attrattività extraregione, ecc. ecc. Né parte dal fatto che ha un’occasione storica irripetibile, quella di disporre dei fondi del PNRR per fare un serio, approfondito, dettagliato piano di riorganizzazione del sistema sanitario, con l’obiettivo centrale e determinante di migliorare in modo significativo e strutturale il complesso delle risposte alle richieste di assistenza dei cittadini in ogni parte della regione.

No, parte dal deficit consolidato di 150 milioni e dal disavanzo strutturale quota/anno, imposta una riorganizzazione quantitativa che chiama “razionalizzazione”, la farcisce di parole scontate di efficientismo di facciata e affida alle strutture periferiche e a soggetti esterni il compito di programmare i tagli. Facile immaginare i risultati: diminuzione quantitativa e qualitativa del servizio pubblico e sviluppo della sanità privata, potere verticistico, sacrificio delle autonomie e del controllo democratico, problemi per i cittadini, soprattutto, come sempre, quelli delle fasce più deboli e bisognose della popolazione

Questa la lettura delle decisioni della Giunta regionale in tema di riorganizzazione dei servizi sanitari, non pregiudiziale e non faziosa, non è certo viziata da pregiudizio politico, ma è solo preoccupata delle conseguenze negative che ne possono derivare per i cittadini, in particolare nelle zone dell’Umbria in cui più frequenti sono i disservizi e le costrizioni alla transumanza sanitaria. Orvieto è tra queste, sempre fatti salvi impegno, disponibilità e professionalità del personale, spesso impegnato al di là del puro dovere.

Avevo presentato il 7 novembre del 2021 una mozione in Consiglio comunale, che affrontava le questioni sanitarie nel loro complesso e indicava una strategia precisa per il nostro territorio con riferimento sia ai servizi ospedalieri che territoriali. La mozione è stata approvata all’unanimità lo scorso 31 maggio. La distanza tra ciò che è scritto lì e ciò che ha deciso la Giunta regionale è evidente. Mi chiedo, e necessariamente bisogna chiedersi: che cosa ha fatto il Sindaco per dare attuazione a quell’atto unanime del Consiglio comunale? E se ha fatto quello che doveva fare, dovendo ora prendere atto della distanza delle decisioni contenute nella DGR del 5 ottobre dalla volontà del Consiglio, che cosa intende fare? La questione peraltro riguarda anche lo stesso Consiglio a partire dal suo Presidente. Sarebbe come minimo urgente che si decidesse una iniziativa unitaria a livello istituzionale coinvolgendo gli altri sindaci del territorio, le forze politiche, le forze sociali, l’opinione pubblica, per definire una posizione comune per invertire una rotta regionale che ci penalizza pesantemente oggi e domani.

Io presenterò certamente in Consiglio un’interrogazione urgente per sapere se e che cosa si intende fare. Ma nel contempo dico Orvieto svegiati!




Siamo Orvieto, “la Regione scrive riqualificare la sanità ma si legge commissariamento di fatto”

Il 5 ottobre la Regione Umbria ha “spiegato” le linee della riforma e riqualificazione della sanità umbra ma probabilmente in molti non hanno ben compreso anche perché scritto in perfetto politichese e allora se ne offre una traduzione in italiano. 

Titolo:Avviata la razionalizzazione e la riqualificazione del servizio sanitario (=avviato il commissariamento di fatto della sanità umbra).

Svolgimento: “La Regione Umbria sin dal giugno scorso ha avviato un importante processo di razionalizzazione della spesa e contestuale riqualificazione del servizio sanitario al fine di garantire le migliori performance di tutela della salute della popolazione, intervenendo sulla spesa farmaceutica, sugli acquisti e sulla riqualificazione della rete ospedaliera e territoriale”  = stiamo tagliano la sanità pubblica, ma lo facciamo per il vostro bene, sia riducendo la spesa per i farmaci e per le forniture di servizi, sia chiudendo qui e là qualche reparto e (perché no?) se serve anche qualche ospedale. “L’obiettivo – prosegue – è quello di garantire una sanità a misura del cittadino, con un’organizzazione più vicina alle sue esigenze, meno burocratica, più efficace ed efficiente” = ripetiamo: tutto questo è solo e soltanto per il vostro bene, che fortuna che avete che ora si siamo noi.

“Il Piano ratificato oggi e in corso fin da giugno, tiene conto tra l’altro, del progressivo appiattimento dei finanziamenti destinati al Sistema sanitario nazionale, dei significativi oneri per il proseguimento delle campagne vaccinali connesse all’emergenza pandemica e degli effetti delle note dinamiche internazionali tra cui i maggiori costi energetici, inflattivi e contrattuali” = abbiamo diverse buone scuse: già lo Stato non ci dava una lira prima, più ci si sono messi anche i vaccini e infine è scoppiata per la guerra e le bollette tra un po’ non si sa neanche quanto costeranno. Mica vogliamo tagliare noi: è che siamo proprio costretti!

“A tutto ciò va aggiunto che questa Amministrazione regionale si è trovata ad operare partendo da una criticità storica con uno sbilancio di 42 milioni di euro e con un’epidemia mondiale i cui costi e le cui difficoltà non sono state riconosciute pienamente dallo Stato. Lo stesso MEF e la Corte dei Conti hanno sollecitato una riorganizzazione della rete ospedaliera regionale e maggiore attenzione alla spesa farmaceutica” = quasi dimenticavamo: è colpa, ovviamente, di quelli di prima, che ci hanno lasciato i buffi.  E siccome lo Stato brutto e cattivo non ci ha dato, con la scusa della pandemia, qualche soldo in più per fare tornare i conti, alla fine di tagliare ce l’ha detto il MEF e la Corte dei Conti. Punto.

“A tal fine la Regione – sottolinea la nota – ha messo in atto una riorganizzazione che punta ad assicurare prestazioni appropriate, = e quindi i farmaci che finora erano garantiti adesso bisogna vedere se sono appropriati (ne stiamo giusto parlando coi medici di famiglia, sui quali stiamo facendo ricadere la responsabilità della appropriatezza prescrittiva, altra formula fighissima per non dire che adesso parecchie medicine non ve le passiamo più, come alcuni di voi avranno già notato, con l’impiego della congrua quantità di risorse, con particolare riferimento ai diversi setting assistenziali (= non sappiamo cosa significhi di preciso, ma suona bene) ed ai professionisti coinvolti con il fine di pervenire al miglior rapporto costi – benefici, per assicurare contemporaneamente la garanzia dei Livelli Essenziali di Assistenza e la sostenibilità del sistema” = siccome questa grande scocciatura dell’articolo 32 della Costituzione, scritto sull’onda della resistenza e della liberazione dal fascismo, impone di garantire a tutti i livelli essenziali di assistenza, ci tocca fare i bravi e mantenerli, i livelli essenziali, almeno sulla carta.  Poi, certo vi potrebbe capitare che la visita urgente ve la diamo tra un anno e mezzo e a 120 km dalla vostra città, ma noi potremo sempre dire di avere rispettato la Costituzione.  E se voi pere salvarvi la vita sarete a quel punto costretti a rivolgervi alla sanità privata, che per pura coincidenza sta aprendo centri dappertutto, in realtà per noi non sarete stati affatto costretti.  Avrete scelto liberamente, avrete deciso voi, non noi.

“Per quanto riguarda l’assistenza ospedaliera per acuti occorre puntare su una rete in grado di assicurare in primo luogo qualità e sicurezza delle cure, ma anche appropriatezza” (= parola d’ordine), equità ed efficacia delle stesse = anche per gli ospedali, stessa solfa.  Per i casi acuti, cioè per chi ancora ha la brillante idea di farsi male improvvisamente senza dircelo prima, basteranno meno strutture e personale di emergenza.  Poi se già oggi c’è da trasportare qualcuno a 90 km in ambulanza per un ecodoppler, questo noi lo giudichiamo non solo più efficace, ma anche più equo.  Così impari a venire all’ospedale.

“Per l’assistenza territoriale, coerentemente con il nuovo DM 77/2022, l’obiettivo è quello di rafforzare e valorizzare le strutture di prossimità assistenziale rendendo più appropriato (= ma quanto ci piace essere appropriati!) l’utilizzo delle risorse, rimodulando sia la struttura dei setting assistenziali e le risorse umane coinvolte, che l’offerta dei servizi ai cittadini anche grazie al coinvolgimento della Farmacia dei Servizi quale ulteriore presidio assistenziale capillarmente diffuso sul territorio” (= voi ora non capite quello che abbiamo scritto ma tranquilli: neanche noi).

 “Tale modello organizzativo – conclude la nota regionale – risulta particolarmente funzionale alla gestione delle cronicità, in cui l’integrazione tra ospedale-territorio garantisce la condivisione delle informazioni e dei protocolli necessari alla comune gestione del caso tra i professionisti coinvolti (Medici di Medicina Generale, Medici di Distretto, Medici Ospedalieri), nonché la definizione e realizzazione di modalità operative di supporto come le telerefertazioni e le tele consulenze, particolarmente adatte alla morfologia e alle infrastrutture della nostra regione” (= siccome in Umbria ci sono poche strade, e quelle che ci sono non le manuteniamo e di farle nuove non se ne parla, non è che possiamo continuare a mandare medici a casa vostra all’infinito: bisogna che vi muoviate voi, oppure faremo con la telemedicina con il piccolo inghippo che normalmente non funziona internet ma intanto telemedicina ci fa sentire moderni e dunque per ora diciamo che faremo così, poi si vedrà).Lista Civica Siamo Orvieto




Paolo, paziente dell’ospedale, ringrazia tutto il personale per la professionalità, l’umanità e l’organizzazione

Il signor Paolo, residente ad Orvieto e ricoverato nelle scorse settimane al “Santa Maria della Stella”, ha inviato al direttore generale dell’Azienda Usl Umbria 2 dott. Massimo De Fino una lettera di encomio rivolta al personale sanitario evidenziando “un’ottima ed efficiente organizzazione dei reparti, elevata professionalità ed umanità degli operatori”.

Egregio Direttore,

nelle scorse settimane sono stato ricoverato presso l’Ospedale di Orvieto in seguito ad una seria emorragia interna.Dal Pronto soccorso sono stato trasferito al reparto di Medicina d’urgenza e da qui, all’aggravarsi delle condizioni, al reparto di Terapia intensiva. Dopo alcuni giorni di nuovo al reparto di Medicina d’urgenza, fino alla dimissione.

Mi sembra doveroso riferirle, nella sua qualità di responsabile dell’azienda sanitaria, della mia esperienza. In questo percorso, a tratti non facile, sono stato accompagnato da personale di altissimo livello. Medici, Infermieri e Operatori hanno dimostrato grandi capacità professionali e un’attenzione veramente ammirevole per la cura del paziente. Scrupolosi, sempre disponibili anche in condizioni di lavoro difficili, presenti in ogni circostanza, pronti a dare a me e ai familiari le giuste informazioni, senza le quali si alimenta una scoraggiante incertezza. Oltre alle capacità e all’impegno individuali, mi ha molto colpito il livello dell’organizzazione.

Tutto si è svolto – almeno questa è stata la mia sensazione- con efficienza e rapidità, anche di notte e nel fine settimana: trasferimenti di reparto, consulenze, prelievi, analisi, trasfusioni, accertamenti diagnostici strumentali complessi, referti in tempo reale, perfino le prescrizioni alimentari per la convalescenza. Un meccanismo ben coordinato e diretto dai medici dei reparti, che dimostravano di avere sempre un quadro completo e aggiornato della mia situazione.

In conclusione, durante il ricovero, posso dire di aver avuto tutte le migliori cure e tutte le attenzioni professionali e umane che aiutano a guarire quanto le buone medicine.

Grazie a tutto questo sono di nuovo a casa e vorrei far arrivare ai dirigenti e al personale di quei reparti (non ricordo tutti i loro nomi, anche se ricordo bene tutte le loro presenze) la mia gratitudine e il mio più profondo rispetto”. Il direttore generale dell’Azienda Usl Umbria 2 Massimo De Fino augura al signor Paolo un immediato e completo recupero ringraziando per la nota di encomio “che rappresenta l’ennesima testimonianza di una sanità pubblica che funziona e che garantisce alla popolazione, giorno e notte, servizi e prestazioni di alta qualità, nel segno dell’efficacia e dell’efficienza, grazie ad un’adeguata e attenta organizzazione e alla professionalità di tutti gli operatori che con grande dedizione, umanità e passione garantiscono elevati standard assistenziali”.




Le bella lettera di ringraziamento di un paziente allo staff del Pronto Soccorso dell’ospedale di Orvieto

Riceviamo e pubblichiamo molto volentieri la lettera di elogio del signor Senesio P. allo staff del Pronto Soccorso dell’ospedale “Santa Maria della Stella” di Orvieto per l’assistenza qualificata e le cure ricevute in seguito ad un trauma domestico.

“Sono un cittadino residente da anni nel nord Italia ma originario del territorio confinante con il comune di Orvieto che, da sempre, ha usufruito, per i genitori ormai deceduti, delle prestazioni del presidio ospedaliero cittadino rilevando in ogni occasione ottime impressioni e risultati soddisfacenti in termini di cura e di assistenza.  Recentemente, trovandomi in ferie ad Orvieto, mi sono rivolto al Pronto Soccorso a causa di un trauma domestico che mi ha provocato una frattura costale. In quattro ore, una velocità incredibile per chi è abituato ai servizi di Pronto Soccorso del nord Italia (per carità, subissati da richieste), mi hanno visitato, eseguito una ecografia, le analisi del sangue, una radiografia toracica e, infine, una flebo antidolorifica prima di essere dimesso.  In tutto questo non sono neanche riuscito a ringraziare e complimentarmi con la vostra magnifica dottoressa Gloria Paganelli perché molto impegnata nelle attività di soccorso e di assistenza e con tutto il vostro personale che mi ha attentamente seguito, a cominciare dagli addetti del punto informazioni, situato all’ingresso del nosocomio, che mi hanno accompagnato al Pronto Soccorso, ai professionisti del triage (mitici), agli infermieri, ai radiologi.

Non sono solito a queste forme di esternazione ma sono un contribuente che crede, apprezza e ha toccato con mano, ancora una volta, l’efficienza del ‘Pubblico’. Vi ringrazio e auguro a tutti voi le più alte soddisfazioni nel lavoro”.

Il direttore generale dell’Azienda Usl Umbria 2 dott. Massimo De Fino ringrazia, a sua volta, il paziente per questa testimonianza e il personale dello staff del Pronto Soccorso diretto dal dott. Cesare Magistrato.

“Grazie, signor Senesio – scrive il manager sanitario – per queste belle e importanti espressioni che rappresentano un importante e significativo riconoscimento per il lavoro quotidiano svolto da validi professionisti che, all’efficacia e alla qualità della risposta assistenziale, associano umanità, attenzione, passione, dedizione e amore per il lavoro. Nell’augurarle un pronto e pieno recupero, vorrei estendere le parole di encomio, che ci riempiono d’orgoglio, a tutto lo staff del Pronto Soccorso del ‘Santa Maria della Stella’ che, ancora una volta, dimostra di essere all’altezza della situazione grazie all’alta professionalità del personale, impegnato in una struttura che rappresenta la ‘porta di accesso’ al nosocomio e chiamata a gestire, giorno e notte, situazioni critiche, difficili e complesse”.




Riparte l’attività di screening mammografico e si rilancia l’intera senologia dell’ospedale di Orvieto

Ecco un piccolo ma significativo primo passo portato a termine nel cronoprogramma che il direttore sanitario dell’ospedale di Orvieto, Patrizio Angelozzi, aveva elencato durante un’intervista con il nostro giornale. Lo screening mammografico per la prevenzione dei tumori al seno è pienamente operativo con una settimana di anticipo sui tempio previsti. La conferma arriva con un comunicato della stessa USL che spiega come “i controlli sono ripartiti grazie all’impegno congiunto di direzione e servizi interessati dal programma che si pone l’obiettivo di rendere del tutto operativa la struttura di senologia, sia per la parte clinica che per gli screening mammografici”.

La stessa USL ricorda come tutti i controlli oncologici e le urgenze sono stati sempre eseguiti nei tempi indicati dalla richiesta del medico che ha prescritto gli esami. L’anticipo nei tempi è stato possibile grazie all’ingresso di “nuove professionalità, in particolare di tecnici di radiologia e di un radiologo senologo dai primi giorni di settembre, ha consentito in brevissimo tempo la totale riattivazione degli screening mammografici di prevenzione con i controlli a chiamata del Centro screening aziendale rivolti alle donne di età compresa tra i 50 e i 69 anni”.

Intanto verrà a breve installato un nuovo mammografo con tomosintesi di ultima generazione che andrà a migliorare la performance della struttura senologica. “Si tratta di un ulteriore fondamentale tassello verso il potenziamento, ormai in dirittura di arrivo, della senologia sia per la parte clinica che per la parte assistenziale – spiega il direttore generale USL Umbria2 Massimo De Fino – attraverso una modernissima dotazione tecnologica e il lavoro integrato di un’équipe multidisciplinare altamente specializzata composta da chirurgo senologo, radiologo, oncologo e radioterapista per la prevenzione, diagnosi e cura del tumore al seno. Misure concrete che assicureranno alle donne, sette giorni sui sette, risposte complete e di qualità”.




PrometeOrvieto, “sull’ospedale non eravamo tranquilli e il dottor Angelozzi non ci ha tranquillizzati”

L’ospedale di Orvieto “non è in disarmo “, anzi. Ma “bisogna aspettare il nuovo Piano sanitario regionale e da lì far ripartire l‘intera macchina della sanità con nuovo sprint”. Così racconta il nuovo direttore sanitario del Santa Maria della Stella Patrizio Angelozzi, intervistato da un giornale locale.
Riteniamo che sia giusto rilevare  l’impegno e il sacrificio di eccellenti professionalità, ricordare l’etica e l’abnegazione come base del lavoro di assistenza, le difficoltà innestate dal covid su un corpo organizzativo in affanno, gli errori di programmazione a livello centrale, ma queste considerazioni non spostano di un millimetro il problema e non lo risolvono.

Alle domande incalzanti del giornalista di Orvietolife, il Dottor Angelozzi risponde che “i concorsi vengono espletati” e che alcuni sono anche andati deserti o i vincitori hanno scelto altra  destinazione. Sarebbe utile conoscere quale tipo di contratto abbiamo offerto noi e quale gli altri, quelli dove sono andati medici e infermieri. Ammette poi “che non va tutto bene”, ci mancherebbe, ma a parte l’investimento sulla ristrutturazioni di alcuni ambienti, come il pronto soccorso e l’aggiornamento di macchinari, cosa che avviene necessariamente in ambiente sanitario, non ci sono numeri, date, impegni.
L’appello al dovere e alla collaborazione è indice di una giusta sensibilità, ma se per una visita specialistica è necessario pagare parcelle intramoenia per ottenerla in tempi accettabili, se per avere servizi si rende necessario fare almeno un centinaio di chilometri, se le file sono infinite, se ci si accorge all’improvviso che si deve sospendere il sevizio di mammografia, se l’assistenza specialistica è ormai affidata al privato, e per fortuna che c’è, non è questa la Sanità che vogliamo.
E crediamo non sia neppure la Sanità che vuole il Dottor Angelozzi.
Conclusione con appello: “Lei, Dottor Angelozzi, è persona riconosciuta come perbene e professionista apprezzato. La preghiamo quindi, nel suo ruolo di direttore sanitario, di non lasciarsi andare in “stiamo facendo” “faremo”. Grazie per la buona volontà di tutti, conosciamo i medici del nostro ospedale, ma non ci va di sentire liquidare le nostre apprensioni sull’ospedale di Orvieto con promesse vaghe nei tempi, prive di programmazione, ipotetiche, non adeguate a informare ma soltanto a raccontare speranze. È un atteggiamento che affidiamo senza disagio soltanto ad alcuni politici, perché li abbiamo già visti all’opera e quindi misurati.
Dottor Angelozzi, non eravamo per nulla tranquilli, né lei ci ha tranquillizzati  Buon lavoro.”

Florido Fratini – presidente PrometeOrvieto




Patrizio Angelozzi, direttore sanitario dell’ospedale, “non va tutto bene, ma stiamo lavorando per rispondere al territorio”

Le voci sull’ospedale sono troppe, molteplici, allarmanti, quasi da disarmo, “sta per chiudere”, “ormai non fanno più niente” e poi ci sono i difensori a oltranza, “ma assolutamente, è aperto” oppure “va tutto bene, non ci sono problemi”.  Le voci e le testimonianze dirette, in particolare, restituiscono l’immagine di una sanità pubblica in sofferenza palese, con ancora molte eccellenze, con tante persone che lavorano fra mille problemi quotidiani e tutti i problemi che ancora sono presenti con lo stato d’emergenza appena terminato ma con il covid ben presente.  Patrizio Angelozzi è stato recentemente nominato direttore sanitario dell’ospedale facente funzione.  Un ruolo importante e sicuramente oneroso.  Angelozzi non nasconde assolutamente i mille problemi ma sottolinea più volte due concetti “etica e abnegazione” oltre a “orvietanità”, non nel senso campanilistico del termine, ma come valore aggiunto per il territorio e per l’ospedale.

Le voci si moltiplicano, così come le critiche, ma allora è in disarmo l’ospedale di Orvieto?

La risposta è netta, assolutamente no.  Veniamo da quasi tre anni di vera e propria emergenza e non solo a Orvieto ma in tutta Italia, il sistema sanitario è entrato in fibrillazione e ancora oggi, e anche domani, dovrà continuare la cura.  Ci sono liste d’attesa, ci sono controlli e, ora, in estate, chi lavora ha il pieno diritto di godere delle ferie e poi il covid ancora è presente.  E’ vero ci sono stati dei lunghi periodi in cui si è lavorato a scartamento ridotto, ma oggi non è così, anzi si sta cercando di recuperare il tempo perduto seppure tra mille difficoltà, prime fra tutte la carenza di personale.

Ma non si può programmare anche il turn over del personale invece di arrivare ai problemi che sono evidenti a tutti, anche ai non professionisti?

Certamente, la programmazione è il primo e fondamentale passo per avere un servizio sanitario in efficienza e a questo sarebbe dovuto servire, per esempio, il numero chiuso nelle facoltà mediche.  Oggi è più che evidente che la programmazione a monte si è rivelata un boomerang e ne continueremo a pagare le conseguenze per molto tempo.  A livello locale posso assicurare che i concorsi vengono espletati e, come è già successo, alcuni sono andati addirittura deserti, in altri i vincitori hanno scelto destinazioni diverse da Orvieto ma nei prossimi mesi ci sarà un importante reintegro di medici in ortopedia, chirurgia, pronto soccorso, solo per citarne alcuni, proprio per ridurre il più possibile i disagi per i pazienti.

Ma i pazienti sono quelli che stanno protestando per le lungaggini, le liste d’attesa, gli esami e i ricoveri lontani da casa…

In molti casi hanno ragione di lamentarsi.  Personalmente, accettando l’incarico di direttore sanitario fino al prossimo anno, ho comunicato a tutti il mio pensiero.  L’ospedale è al servizio dei pazienti e chi lavora deve essere nelle migliori condizioni.  C’è poi una questione etica che mi preme sottolineare: l’impegno deve essere totale e per questo, senza definizioni eroiche, ritengo che tutti debbano lavorare con l’obiettivo di curare il paziente così come abbiamo sempre fatto.  Ci sono delle difficoltà, lo ribadisco, ma dobbiamo lavorare per superarle, magari con sacrifici anche personali, ma non può pagare il paziente, assolutamente.  Ecco perché sono particolarmente soddisfatto che in questi ultimi mesi siano tornati alcuni professionisti orvietani.  Non è una questione di campanile ma di attenzione al territorio.  Chi è di Orvieto conosce ogni ambito, ogni abitudine, anche ogni vizio e difetto.  Tornando all’etica, poi, mi piace pensare che fra reparti si collabori, per il fine ultimo e cioè, sembrerò ripetitivo, il bene dei pazienti. 

Ci risulta che nel passato, anche recente, questo clima di collaborazione abbia un po’ latitato…E’ cambiato qualcosa?

Onestamente per quanto mi riguarda posso affermare che non ho avuto problemi.  Oggi lo spirito di collaborazione sicuramente c’è nonostante le difficoltà. Ad esempio per coprire i turni di pronto soccorso la direzione strategica della USL ha chiesto la collaborazione dei reparti e il dottor Massimo Bracaccia, in particolare, ha risposto immediatamente senza se e senza ma e così deve essere; sottolineo la grande professionalità del responsabile del Pronto Soccorso, Cesare Magistrato, che si è messo anch’egli a disposizione per assicurare agli orvietani le prestazioni d’emergenza.  Poi ci sono sicuramente dei problemi e delle criticità che non possono essere affrontate solo e esclusivamente con la buona volontà.  Anche qui si sta lavorando in stretto contatto con la direzione generale per trovare le soluzioni migliori. 

Però, intanto, troppo spesso arrivano notizie di esami rinviati, di viaggi della speranza verso altri ospedali…

Mi ripeto, quest’ultimo biennio è stato nefasto sotto ogni punto di vista.  Ora si deve programmare bene il futuro partendo dall’assunto che l’orvietano ha caratteristiche peculiari in quanto è isolato dal resto della Regione ma soprattutto è il primo ospedale per un’area che va oltre i confini regionali e penso all’Alto Lazio in particolare ma non solo.  Ma il mio ruolo e soprattutto le mie competenze finiscono qui.  E’ la politica che deve dare delle risposte generali e qualcosa mi sembra che si stia muovendo, penso all’investimento previsto per il nuovo pronto soccorso e non solo.  E’ chiaro che anche la Regione si muove all’interno di una cornice definita a livello nazionale; ecco forse sono da rivedere alcuni termini troppo rigidi che impongono scelte a livello locale e che non tengono in alcun conto le peculiarità dei territori.  Ricordo sommessamente che il punto nascite di Orvieto è ancora attivo perché la Regione ha chiesto e ottenuto una deroga.

Insomma a Orvieto va tutto bene?

No, non va tutto bene.  I problemi ci sono e ritengo sia inutile e dannoso nasconderli. Sul servizio di senologia la USL ha risposto e già da settembre tornerà tutto regolare, ci sono concorsi banditi, altri già espletati e con un vincitore, ci sono lavori programmati, e non ipotesi, che riguardano l’ospedale, abbiamo riattivato il consultorio in collaborazione con il distretto.  Insomma si sta lavorando per migliorare.  Non va tutto bene ma non è vero che l’ospedale sia in disarmo, in chiusura.  Assolutamente! Mancano alcuni primariati? E’ vero ma la struttura ha risposto bene.  Ora bisogna attendere il nuovo Piano Sanitario Regionale e da lì far ripartire l’intera macchina della sanità con nuovo sprint e con l’obiettivo di, ancora una volta, curare il paziente nei tempi e nei modi più consoni.




Approvata dalla giunta regionale la variante al piano sanitario, i distretti diventano 4 e durata quinquennale

La Giunta regionale dell’Umbria, su proposta dell’assessore alla Salute, ha preadottato le proposte di modifica alla legge regionale del 9 aprile 2015, n. 11 –  Testo Unico in materia di Sanità e Servizi sociali – e contestualmente, ha adottato il Piano sanitario 2022-2026, dal titolo “Umbria: la salute al centro”.  Ora entrambi i disegni di legge passeranno al vaglio dell’assemblea legislativa dell’Umbria per la definitiva approvazione. Si tratta di due documenti di grande importanza per l’architettura della sanità in Umbria, soprattutto alla luce del fatto che l’ultimo Piano sanitario regionale ad oggi ancora vigente, è il PSR 2009-2011, approvato il 28 aprile del 2009.

La redazione del nuovo Piano Sanitario è stato pertanto, un obiettivo di primaria rilevanza per l’esecutivo regionale. Si tratta – ha spiegato l’assessore alla Salute – del primo Piano adottato a seguito della pandemia che ha messo a dura prova l’organizzazione della rete ospedaliera e dei servizi sanitari territoriali, facendone emergere i punti di forza e le debolezze. Inoltre, la contestualità della redazione del nuovo Piano Sanitario con la definizione del “Piano Nazionale di ripresa e resilienza”, ha comportato alcune attenzioni e  suggerito  ad esempio, l’opportunità di ampliare il periodo di vigenza del Piano regionale da tre a cinque anni, per adeguarne la valenza temporale ai tempi di realizzazione dei progetti del PNRR, cui le strategie del Piano sono indissolubilmente collegate, ma lasciando impregiudicata per i prossimi atti di programmazione sanitaria la facoltà di definirne i periodi di vigenza in base a contingenti valutazioni di opportunità. Da qui – ha precisato l’assessore – è nata la necessità di apportare modifiche al Testo unico che nella nuova versione, prevede anche che il Piano sanitario sia approvato con legge.  

Per la Giunta regionale quindi, la redazione del nuovo Piano Sanitario è stato un obiettivo di rilevanza strategica fondamentale che, con un forte intreccio dell’ambito sociale con quello sanitario, si è prefisso l’obiettivo finale di migliorare e rendere più sicure ed efficaci le prestazioni per i cittadini. Il consolidamento ed il rafforzamento dell’integrazione sociosanitaria si inserisce, di conseguenza, in un percorso virtuoso volto ad evitare duplicazioni di interventi, ad un uso più efficiente ed efficace delle risorse professionali e finanziarie, alla prontezza, appropriatezza e continuità delle risposte a vecchi e nuovi bisogni puntando, nel contempo, sulla prevenzione. Sul versante del procedimento, muovendo dall’analisi dello stato del sistema sanitario e sociale al 31 dicembre 2019 attraverso la stesura del Libro Bianco, è stato preadottato lo schema del nuovo Piano sanitario, ai fini dell’avvio degli adempimenti di concertazione sociale ed istituzionale. Quindi oltre ad espletare tale fase concertativa sono stati acquisiti i pareri del Consiglio delle autonomie locali (CAL), delle Conferenze dei sindaci e dell’Università degli Studi di Perugia. A seguito del parere del Ministero della Salute che ha  rilevato come l’impostazione generale del Piano Sanitario Regionale abbia ripreso le indicazioni prioritarie della programmazione nazionale, la Regione si è inoltre impegnata ad elaborare specifiche schede di intervento che, per ogni strategia delineata, definiranno gli obiettivi generali e specifici, le azioni attuative, con relativi target e cronoprogrammi che saranno oggetto di costante monitoraggio per misurarne il livello di raggiungimento.

In sede di concertazione è emerso, tra l’altro, che la prevista ripartizione del territorio regionale in due Aziende sanitarie USL e in 5 Distretti non risulta in linea con precedenti esperienze di collaborazione, scambi, che storia e tradizioni locali hanno consolidato in alcuni dei territori della regione. Ciò ha determinato un ripensamento nella configurazione dei Distretti, che dovranno passare da 5 a 4. Tale scelta non avrà risvolti nel testo del Piano Sanitario, se non per la configurazione delle Centrali Operative Territoriali, che rispetto al precedente modello proposto (1 hub e 5 spoke), passeranno a 1 hub e 4 spoke (ognuna delle spoke suddivisa in due moduli). Questa nuova configurazione, tra l’altro, risulta in linea con criteri e target previsti per la Missione 6, Component 1 dal Decreto del Ministero della Salute 20 gennaio 2022, recante la ripartizione programmatica delle risorse per i progetti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e del Piano degli Investimenti complementari.

Alcune delle tematiche da sviluppare e evidenziate in fase di concertazione, come la salute mentale, dipendenze, salute materno infantile e dell’età evolutiva, sostegno delle persone con disabilità, malattie rare, medicina di genere, assistenza agli immigrati e la salute in carcere, già riportate come criticità nel Libro Bianco, saranno oggetto di successivi e specifici atti di programmazione. Le principali novità introdotte nel PSR riguardano la Governance, con elementi di innovazione rappresentati dal Board per il governo del sistema sanitario regionale, il supporto del C.RE.VA (Commissione tecnica regionale  che valuta e autorizza le spese e gli investimenti delle 4 aziende), il nuovo sistema di accreditamento istituzionale, l’Assistenza Territoriale, la riduzione del numero dei distretti da 12 a 4, l’ istituzione delle Case di Comunità, gli Ospedali di Comunità, le Centrali Operative Territoriali (COT), la presa in carico del malato cronico, il potenziamento delle cure palliative, la riconfigurazione delle Rete Ospedaliera in aderenza ai parametri del DM 70/2015, con revisione delle reti dei servizi clinici generali e della rete dell’emergenza e urgenza, l’istituzione dell’Ispettivo Regionale e la realizzazione dell’elisoccorso regionale. Prevista anche l’istituzione di un IRCSS, l’attuazione del Protocollo d’Intesa con l’Università degli Studi di Perugia di cui alla DGR 364/2022 e lo sviluppo dell’ecosistema digitale dei servizi per il cittadino.