La politica spiega “la sanità migliorerà”, invece “mentre il medico studia il malato se ne va”

E’ arrivato il 2023 ma la sanità è ferma al 2022, a quel 29 novembre dell’incontro pubblico a cui ha partecipato il gotha regionale oltre al direttore generale della USL Umbria2 Massimo De Fino. I progetti presentati sono tanti ma la sanità orvietana soffre: questo è il dato di partenza. Il 30 dicembre in consiglio comunale si è parlato a più riprese di sanità. La maggioranza non ha approvato la proposta di Cristina Croce di convocare un tavolo sulla situazione orvietana perché ritenuta “ridondante” dalla sindaca Tardani. Possibile, invece, che la conferenza dei capigruppo si attivi per una serie di incontri magari anche con gli altri sindaci del territorio. Ma qual è la situazione reale? Partiamo da primo punto che ha sottolineato il sindaco in consiglio comunale: l’ospedale di Orvieto è un DEA di primo livello. Sì, è una conferma, DEA di I° livello era e quello rimane. Bene, verrebbe da dire invece la realtà è ben diversa. I servizi di una DEA di I° livello non sono assicurati a Orvieto perché manca personale medico e infermieristico, un male antico che in questi ultimi anni si è accentuato. Non solo, tanti medici hanno scelto altri lidi lasciando scoperte posizioni che non si riescono a coprire.  Rimane ancora irrisolto il problema della terapia intensiva con poco personale medico soprattutto se raffrontato con altri ospedali di simili dimensioni della stessa USL.  Ortropedia è sempre a corto di personale medico e lavora a scartamento ridotto, ben al di sotto delle possibilità e soprattutto delle necessità del territorio.  Non mancano le eccellenze come oculistica, ginecologia o l’intero settore della diabetologia ma non sono punti di riferimento per un territorio più ampio.  Insomma servono Orvieto e l’attuale distretto in chiusura e nulla di più, fatte salve le prestazioni da CUP.  Anche le strumentazioni sono in alcuni casi obsolete e vengono riparate dopo lunghi periodi di inattività e non sono previste sostituzioni.

E’ un ospedale dell’emergenza-urgenza?  Anche in questo caso lo è sulla carta mentre la realtà è ben diversa.  Ottimi i risultati nelle urgenze legate all’ictus con la trombolisi che ha evitato numerosi trasferimenti verso altri nosocomi ma soprattutto ha permesso tempestività d’intervento.  Lo stesso non si può dire per le emergenze cardiache e un reparto che potrebbe lavorare meglio se venisse risolto il problema dell’emodinamica, necessaria per assicurare la stessa tempestività d’intervento dell’ictus.  Il consiglio regionale ha votato all’unanimità il via libera all’emodinamica ormai quasi due anni fa ma non se ne è fatta menzione il 29 novembre e soprattutto non c’è alcuna parola in merito nel piano regionale della sanità.  Certo costa ma in un’area che è a un’ora di distanza dall’ospedale più vicino attrezzato e con autostrada e ferrovia e tanti turisti sarebbe necessaria e, purtroppo, come evidenziato in queste ultime ore, la mancanza viene drammaticamente a galla.

Nel frattempo, mentre manca tutto questo e non solo, mentre le liste d’attesa rimangono insopportabili, questo è un male comune di tutta la Regione, mentre i posti letto mancanti nel ternano verranno assicurati dal privato come previsto sempre dalla Regione, arriva in comodato gratuito un super-robot in 4k per la chirurgia ma il punto di riferimento per la formazione, che dovrà essere fatta, sarà a…Foligno, dove non hanno e non avranno per i prossimi due anni il super-robot chirurgico.  Verranno risparmiati diverse centinaia di migliaia di euro con interventi per il risparmio energetico ma questi soldi andranno nel calderone della USL e non per la sanità orvietana.  Però arriveranno milioni di euro per la ristrutturazione del pronto soccorso della terapia intensiva e delle sale chirurgiche, ma rimane la stranezza tutta orvietana di reparti dell’emergenza separati l’uno dall’altro con primariati diversi.  Arrivano i soldi del PNRR per concretizzare il progetto presentato sempre il 29 novembre, dell’ex-ospedale al Duomo che verrà convertito in Casa di Comunità e Ospedale di Comunità con una ventina di posti letto per lungodegenti, l’esatto contrario di quello che sta avvenendo nella sanità dei Paesi più avanzati dove l’acuzie prevede l’ospedalizzazione e poi il ritorno in casa con assistenza domiciliare, monitoraggio e controllo medico da remoto e visite di controllo calendarizzate e personalizzate sul paziente.  Scampato, così ha assicurato la sindaca Tardani, il pericolo REMS in pieno centro storico, rimane scoperto il problema della palazzina mensa della Piave laddove era prevista dal 2008 una Casa di Comunità o meglio, così come era definita all’epoca, una Casa della Salute.

Orvieto ha pagato tanto in passato con la chiusura della USL4, tra l’altro sana dal punto di vista finanziario, che ha apportato in dote alla USL2, ad esempio, l’ex-ospedale in piazza Duomo.  Lo smantellamento della scuola per infermieri, la centralizzazione su Terni e Foligno di ogni servizio amministrativo e ora la ciliegina sulla torta del Distretto.  Un territorio ampio, isolato dal resto dell’Umbria, non viene inserito nel “club” dei poli ospedalieri, in favore di Foligno-Spoleto, a meno di 30 minuti da Perugia.  Non è questione di campanile ma il polo ternano è connesso con Narni-Amelia, l’altro polo copre Foligno, Spoleto e la Val Nerina mentre Orvieto è isolata e troppo spesso per “semplici” fratture o emergenze chirurgiche o cardiache i mezzi del 118 prendono la strada di altri nosocomi perdendo tempo prezioso, a volte vitale. Ma non era dell’emergenza-urgenza?  Sicuramente sulla carta e sicuramente non per lo scarso impegno di chi lavora in ospedale, ma per la mancanza di strumentazioni adeguate; per scelte discutibili nella gestione dei reparti dell’emergenza; per lo scarso appeal del Santa Maria della Stella per i professionisti della sanità; per la mancanza di accordi di partnership non con il privato ma con l’ospedale di Terni al fine di valorizzare le eccellenze che esistono a Orvieto ma vengono tenute nascoste e in. Alcuni casi penalizzate dall’interno, dal chiacchiericcio che colpisce tutti, anche chi lo esercita ma soprattutto colpisce i cittadini che quotidianamente vedono respinte le loro legittime richieste e in alternativa o si mettono a girare l’Umbria o ricorrono al privato. 

“La sanità a Orvieto ha qualche criticità, ma nel complesso ha un futuro radioso”, così si dice nei Palazzi della politica, però mai è più azzeccato un detto siciliano, “Mentre u medico studìa u malato s’nni va”.




“Non verrà realizzata alcuna REMS a Orvieto”, parola della sindaca Roberta Tardani

Durante la question time del consiglio comunale del 30 dicembre la consigliera Beatrice Casasole del gruppo Progetto Orvieto, ha chiesto di conoscere lo stato dell’arte sulla possibile realizzazione di una REMS a Orvieto. All’incontro pubblico sulla sanità orvietana il direttore generale della USL Umbria2, Massimo De Fino, aveva annunciato che la Regione aveva individuato Orvieto come posto ideale. La stessa USl aveva indicato la ex-mensa della Piave come luogo disponibile. La risposta della sindaca Tardani è stata categorica e non lascia dubbi, “non verrà realizzata alcuna REMS a Orvieto”. Ha poi proseguito spiegando che si trattava solo di un’ipotesi non suffragata da progetti o documenti di alcun tipo.

Tardani ha poi affondato il colpo verso le associazioni che hanno alimentato il dibattito cittadino sulla questione, “mi auguro che questo possa fugare ogni dubbio di associazioni e comitati; di queste ho letto le prese di posizione sulla stampa e sui social ma non ho ricevuto nessuna richiesta di incontro. La porta del mio ufficio – ha concluso il suo intervento – è sempre aperta e resto a disposizione per ogni tipo di confronto e chiarimento”.




La giunta regionale preadotta il nuovo piano della rete ospedaliera. Sì al terzo polo Foligno-Spoleto

Il nuovo Piano di Fabbisogni della rete ospedaliera umbra è stato oggi preadottato dalla Giunta Regionale e sarà inviato al Ministero della Salute per l’approvazione cui seguirà l’adozione definitiva della stessa Giunta. Il Piano nasce allo scopo di servire i cittadini di ogni singolo territorio in modo appropriato, aumentare la produttività ed efficientare il sistema pubblico sanitario, anche attraverso un giusto dimensionamento dei posti letti per acuti e post acuti nelle strutture pubbliche e private complementari, compresi gli ospedali di comunità.

I posti letti complessivi sono 3.280, di cui ben 2903, pari all’88,5% pubblici ed il resto privati, con un rapporto “pubblico/privato complementare” sostanzialmente simile a quello già esistente. I posti letto pubblici per acuti risultano incrementati rispetto a quelli realmente utilizzati che hanno risentito della fluttuazione conseguente alla gestione dei ricoveri determinati dalla pandemia; tale incremento si rende necessario per garantire la massima capacità di cura delle patologie più severe. Restano invariati i posti letto per post acuti per le discipline di unità spinale e neuroriabilitazione, mentre aumentano per la disciplina di recupero e riabilitazione funzionale. Cala il numero di posti per post-acuti, quasi totalmente di lungodegenza, ma sono più che compensati dai posti letto presenti nei 19 Ospedali di Comunità. Nel Piano, varato dalla Giunta Regionale, vengono identificate, per isolamento territoriale e caratteristiche logistiche, due aree disagiate e di confine, Città della Pieve e Norcia, cui si dà risposta grazie alla presenza di due ospedali con pronto soccorso h24.

In Umbria, inoltre, vengono previste due sperimentazioni gestionali che riguardano gli ospedali di Umbertide e Castiglione del Lago, entrambi dotati di Pronto soccorso operativi h24 ed un nuovo polo ospedaliero (cosiddetto Terzo Polo) su due sedi, Foligno e Spoleto, previsione che dovrà essere oggetto ora di specifica autorizzazione ministeriale. I posti letto disponibili per la sanità privata complementare rimangono invariati per quel che riguarda i territori del Perugino e del Folignate, mentre, applicando i coefficienti della popolazione pesata su base provinciale, si prevedono 95 posti letto accreditabili nel Ternano.  Il nuovo Piano, a regime integrale e performance verificata, consentirà risposte più appropriate e pertinenti ai bisogni di salute dei vari territori umbri e potrà avere riflessi positivi sul bilancio della sanità regionale.




Dal 9 gennaio nel triage del Pronto Soccorso in vigore i nuovi 5 codici di accesso

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Da lunedì 9 gennaio 2023 entrerà in vigore in tutti i Pronto Soccorso dell’Umbria il nuovo sistema di triage a cinque codici numerici che recepisce le linee guida nazionali sul triage intraospedaliero. Il sistema è basato su un approccio globale alla persona e ai suoi familiari, che consentirà un uso ancora più appropriato delle risorse umane e strumentali attraverso soluzioni organizzative e percorsi specifici: lo comunica l’Assessore regionale alla Salute e alle politiche sociali Luca Coletto.

   “L’infermiere di triage avrà a disposizione cinque codici di priorità, al posto degli attuali quattro – prosegue l’assessore – e terrà conto non solo del livello di criticità di chi arriva in Pronto Soccorso, ma anche della complessità clinico-organizzativa e dell’impegno assistenziale necessario per attivare il percorso, in modo da ottimizzare il flusso dei pazienti. Al fine di rendere il più possibile omogenei in tutte le strutture ospedaliere i percorsi decisionali relativi all’assegnazione dei codici di priorità, il gruppo di lavoro regionale, appositamente istituito, ha predisposto un elenco di condizioni cliniche e potenziali codici di priorità assegnabili”.

  Nel nuovo modello, la codifica della priorità al triage risulta così articolata:

•    Codice 1 – Rosso: emergenza con priorità assoluta, ingresso immediato. Pazienti con grave compromissione di una o più funzioni vitali

•    Codice 2 – Arancione: urgenza indifferibile, ingresso o rivalutazione infermieristica entro 15 minuti. Pazienti a rischio di rapida compromissione di una o più funzioni vitali o con dolore severo.

•    Codice 3 – Azzurro: urgenza differibile, ingresso o rivalutazione entro 60 minuti. Pazienti in condizioni stabili che necessitano di trattamento non immediato.

•    Codice 4 – Verde: urgenza minore, ingresso o rivalutazione entro 120 minuti. Pazienti in condizioni stabili, senza rischio evolutivo

•    Codice 5 – Bianco: non urgenza, ingresso o rivalutazione entro 240 minuti. Pazienti con problemi che non richiedono trattamento urgente o di minima rilevanza clinica.

  Seguendo le indicazioni ministeriali, si è stabilito che il personale infermieristico adibito al triage sarà costituito unicamente da infermieri che operano in Pronto Soccorso da almeno 6 mesi, con frequenza di un corso abilitante di 16 ore e successivo affiancamento di almeno 36 ore con tutor esperto. Nei mesi scorsi sono stati formati circa 120 infermieri con un corso abilitante, in modo che in tutte le sedi di Pronto Soccorso della regione operino infermieri abilitati al nuovo sistema di triage.

   È stato inoltre predisposto un corso breve di formazione a distanza per il restante personale infermieristico del sistema sanitario regionale e per tutti quei professionisti che orbitano attorno al Pronto Soccorso come medici di medicina generale, servizio di continuità assistenziale.




PrometeOrvieto chiede il mantenimento del Distretto sanitario a Orvieto e una commissione per controllare i lavori legati al PNRR

Dopo l’assemblea pubblica del 6 dicembre dal titolo “Sanità negata” l’associazione PrometeOrvieto ha inviato una lettera alle autorità sanitarie e politiche regionali in cui viene richiesto il mantenimento del Distretto sanitario e la creazione di un comitato di controllo e partecipazione. Di seguito il testo della lettera e il link per firmare la petizione online sempre di PrometeOrvieto.

Gentilissime Autorità,

si è svolto il 6 dicembre scorso in una sala del centro anziani di Ciconia di Orvieto gremita di cittadini l’assemblea pubblica: Sanità negata-aiutaci ad aiutarci, organizzata dall’Associazione PrometeOrvieto.

PrometeOrvieto ha presentato i risultati dell’ascolto del territorio orvietano e delle esperienze poco felici dei cittadini alle prese con la Sanità pubblica; le segnalazioni erano state raccolte per il tramite della mail dilloaprometeorvieto@gmail.com e della pagina facebook della medesima associazione.

Ad onor del vero, probabilmente a causa di un malessere comune e ben distribuito in tutto il territorio regionale, le lamentele sono giunte da tutta l’Umbria, da Città di Castello ad Amelia, da Narni a Foligno, da Foligno a Castiglion del lago e via dicendo. Con ciò, contribuendo a dipingere un panorama dei servizi sanitari pubblici decisamente in affanno.

Sono state raccolte le firme dei partecipanti alla piattaforma che segue. Con i medesimi contenuti sarà attivata nei prossimi giorni un’ulteriore raccolta di adesioni utilizzando le potenzialità dei social.
Queste le richieste a cui hanno aderito i cittadini sottoscrittori.

1) Richiesta di mantenimento del Distretto sanitario dell’Orvietano 

presidio organizzativo irrinunciabile per una più corretta programmazione, gestione e controllo dei servizi per la salute.

2) Creazione di un Comitato di controllo e partecipazione

a- per il monitoraggio dell’effettiva esecuzione delle attività che Regione e Asl2 dovranno porre in essere per il miglioramento dei servizi sanitari territoriali nell’Orvietano (reintegrazione dei medici di medicina generale mancanti, liste di attesa per esami e razionalizzazione del CUP)

b- per il monitoraggio dell’effettiva assunzione del ruolo di DEA (Dipartimento di emergenza-urgenza e accettazione) di primo livello da parte dell’ospedale di Orvieto

c- per il monitoraggio dell’effettiva realizzazione nei tempi programmati della Casa di Comunità e dell’Ospedale di Comunità ad Orvieto

PrometeOrvieto presenterà a Lei Signor Presidente e a Lei Signor Assessore alla Sanità della Regione Umbria, nonché alle Autorità locali sanitarie, quali il Direttore della Ausl Umbria ed il Sindaco di Orvieto, le firme raccolte e chiederà all’Amministrazione regionale di concordare con la sottoscritta Associazione incontri periodici mensili volti a monitorare la situazione delle iniziative inerenti la ristrutturazione dei servizi sanitari umbri, così come promessi, e la situazione del livello di efficienza dei medesimi servizi.

firma la petizione on line:

https://chng.it/tFKg7Hp6RC

PROMETEORVIETO




La USL Umbria2 replica sull’interruzione dell’integrazione sociosanitaria con i Comuni

In riferimento al dibattito scaturito dalla lettera del direttore generale dell’Azienda Usl Umbria 2, Massimo De Fino, trasmessa a 15 dei complessivi 54 Comuni del territorio di competenza, nello specifico Terni, Acquasparta, Stroncone, Spoleto, Campello sul Clitunno, Castel Ritaldi, Giano dell’Umbria, Foligno, Bevagna, Gualdo Cattaneo, Montefalco, Sellano, Spello, Trevi, Valtopina, avente per oggetto la “sospensione, a partire dal 1 gennaio 2024, dell’accordo di collaborazione per l’integrazione sociosanitaria”, per una corretta lettura e comprensione della nota aziendale e per evitare, di conseguenza, inutili quanto ingiustificati e pericolosi allarmismi, si ritiene doveroso precisare che:

  1. L’accordo Asl – Amministrazioni Comunali per la gestione dei servizi sociosanitari in compartecipazione non è un obbligo di legge bensì una possibilità di collaborazione per attività di interesse comune. Non a caso la durata di tutti gli accordi stipulati è annuale o al massimo biennale, non prevede proroga tacita e cessa la sua efficacia entro la fine dell’anno 2023.
  2. I servizi sanitari attualmente garantiti alla popolazione non subiranno alcuna interruzione né ridimensionamento e l’Azienda Usl Umbria 2 continuerà a sostenere appieno la spesa sanitaria.
  3. Con largo anticipo, la nota del Direttore Generale prevede, a partire dal 1 gennaio 2024, un semplice passaggio amministrativo di consegne, ai 15 Municipi interessati, della gestione dei servizi sociali in compartecipazione, tenuto conto che già da molti anni i Comuni sono organizzati in Ambiti di Zona Sociale e pertanto in grado di attivarsi, come già avviene per le altre 39 Amministrazioni municipali del territorio aziendale, per garantire le attività sociali di loro competenza.
  4. Questo provvedimento tende quindi ad uniformare modelli organizzativi e procedure adottate in altri distretti dell’azienda sanitaria (39 Comuni sui 54 complessivi), così come già avviene nel territorio della UslUmbria1.
  5. Le motivazioni riportate nella nota aziendale sono inoltre legate alla necessità di rivedere l’organizzazione generale dei servizi della Usl Umbria 2, in linea con quanto previsto dalle normative vigenti quali il PNRR (DM 77/2022) e dalle disposizioni della Regione Umbria inerenti, in particolare, la riorganizzazione della rete ospedaliera. Il nuovo quadro di riferimento si completa con significative modifiche, e conseguente rivisitazione, delle funzioni del personale amministrativo e socio-assistenziale che attualmente si occupa anche delle attività di delega dei Comuni.
  6. In ultimo va considerata la mole di attività connessa al recupero dei crediti, per la parte sociale, a carico dei Comuni, che sta determinando forti ritardi sia nel pagamento dei fornitori che nel rispetto delle scadenze relative agli adempimenti contabili, ritardi di cui l’Azienda non può rispondere per conto terzi né tanto meno prevedere un impiego di fondi destinati alle spese sanitarie per il pagamento delle quote sociali di competenza dei Comuni.

In conclusione questa Azienda ha mantenuto sempre proficui rapporti con le Amministrazioni Comunali e nel prossimo anno confermerà la propria collaborazione al passaggio di consegne necessario alle stesse per attivarsi in autonomia per garantire le prestazioni sociali come da normativa vigente.




Rems, la replica del sindaco Tardani, “non diciamo no a prescindere, prima i progetti e poi giudichiamo”

In merito all’ipotesi di realizzare una Rems (Residenza per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza) ad Orvieto, il sindaco, Roberta Tardani replica: “non c’è nessun atto o documento ufficiale già stabilito o definito che individua l’ex mensa della caserma Piave, di proprietà della Usl Umbria 2, quale sede di una Rems. Si tratta di una ipotesi di riutilizzo di quella struttura formulata dall’Assessorato regionale alla Sanità e comunque condizionata a uno studio di fattibilità che deve essere realizzato.

Non siamo abituati a dire ‘no’ a prescindere e, se e quando ci verrà presentato ufficialmente e formalmente qualcosa, valuteremo con serietà e trasparenza le proposte che saranno avanzate come abbiamo sempre fatto in questi anni alla guida della città. Nessun vuole nascondere niente tanto che di questa ipotesi se ne è parlato in un incontro pubblico.

Ciò che rammarica è il tono e le modalità che ha preso la discussione, nata – ripeto – da una semplice ipotesi, che sta degenerando sui social network, si sta amplificando con i velenosi passaparola e viene come al solito cavalcata politicamente. Malgrado ogni tipo di considerazione stiamo pur sempre parlando di servizi sanitari e di persone con problemi e termini e modi con cui viene dipinta questa semplice ipotesi hanno il solo obiettivo di incutere timore nella comunità e scatenare odio. Basta leggere i commenti che ne sono derivati. Francamente mi piacerebbe confrontarmi su questioni concrete e vedere nascere comitati civici a favore di qualcosa o per costruire qualcosa con la stessa foga e velocità con cui invece nascono invece per andare contro qualcuno.

Non è solo legittimo ma assolutamente auspicabile che la Usl Umbria 2 e la Regione valutino finalmente la rifunzionalizzazione di una struttura di loro proprietà, l’ex mensa della caserma Piave, il cui acquisto sappiamo benissimo a cosa servì all’amministrazione comunale di allora. Non certo a realizzare la Casa della salute visto che per anni né l’Asl né la Regione avevano fatto nulla per realizzare quel progetto.

Allora sì che si prendevano e si accettavano silenziosamente imposizioni dall’alto, dal governo regionale ‘amico’, non certo ora che questa Amministrazione Comunale ha invece orientato le scelte della Regione su questo territorio e continuerà a farlo nell’interesse della comunità che rappresenta. Per questo torniamo a rivendicare con forza l’aver portato Usl e Regione a rifunzionalizzare l’ex ospedale di piazza Duomo destinandolo a ‘Casa e ospedale di comunità’, finanziandolo con fondi certi provenienti da Pnrr e dal bilancio regionale. Strutture che, per come si è evoluta la normativa, non avrebbero potuto trovare spazio all’ex mensa della Piave. Mentre c’è chi ancora aspetta la manna dal cielo noi lavoriamo e continueremo a lavorare per trovare soluzioni concrete e così sarà restituito alla città un importante contenitore, quale è l’ex ospedale, che sarà in grado di migliorare e potenziare i servizi sanitari e riportare economia quotidiana nel centro storico”.




Pd e Siamo Orvieto, “sindaco, no alla Rems in centro, sì alla Casa di Comunità e all’edilizia agevolata alla Piave”

Durante il Consiglio Comunale dello scorso 30 novembre, in risposta all’interrogazione in merito al futuro della palazzina ex mensa all’interno della ex Caserma Piave, il vicesindaco ha affermato che “ogni Ente tende ad utilizzare, per non avere problemi con la Corte dei Conti, gli immobili di sua proprietà e, visto che la ex mensa è stata acquistata dalla ASL, quest’ultima sta progettando su un immobile di sua proprietà una REMS cioè una struttura sanitaria destinata ad attività gestite dalla ASL stessa”.  In altre parole, per evitare indagini della Corte della Conti e per dare seguito all’acquisto della palazzina ex mensa, la Regione e la ASL stanno valutando di destinare l’immobile a Residenza per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza (REMS).  E poco importa alla Regione, pur di evitare beghe giudiziarie, se un’area così strategica per Orvieto come la ex Piave venga definitivamente compromessa dalla presenza di una struttura di accoglienza di autori di gravi reati affetti da disturbi mentali, socialmente pericolosi.

Ed infatti, l’Umbria come la Valle d’Aosta e il Molise è sprovvista di Rems e, stando all’istruttoria disposta dalla Corte Costituzionale del 24 giugno 2021, sarebbero tra 670 e 750 le persone attualmente in lista d’attesa per potervi accedere, con un tempo medio di dieci mesi d’attesa: con una tale struttura, insomma, l’Umbria contribuirebbe a dare risposta a questa emergenza nazionale e poco importa, appunto, se la scelta della location alla ex Piave dovesse compromettere per sempre le possibilità di investimento e quindi di sviluppo dell’area, tanto si tratta di Orvieto mica di Perugia!

La risposta dell’amministrazione, letta in uno con l’intera vicenda legata all’immobile della ex mensa, lungi dall’essere esaustiva e convincente, lascia aperti molti dubbi ed impone necessariamente alcune domande: perché ostinatamente insistere nel voler realizzare la casa di comunità all’ex Ospedale in Piazza Duomo, con le numerose criticità legate alle infrastrutture e alle difficoltà di parcheggio, quando l’ex mensa era stata acquistata dalla Regione appositamente per quello scopo? Perché aver rinunciato ai 6 milioni di euro proposti dalla Regione per realizzare un progetto di edilizia agevolata che avrebbe consentito il ritorno di giovani nel centro storico? Perchè non individuare sia pure nel territorio dell’orvietano, un’area verde più appropriata per realizzare la REMS, magari partecipando l’idea ed il progetto con i cittadini e gli operatori del settore, ascoltando le esigenze del territorio?

A ben vedere queste domande potrebbero trovare una razionale risposta di fronte ad una “soluzione” che, stando così le cose, appare fin troppo a portata di mano: utilizzare i 6 milioni proposti dalla Regione per attivare un progetto di edilizia agevolata per giovani coppie, o ceti deboli presso il palazzo di Via Postierla di proprietà della ASL (e quello di Via delle Pertiche di proprietà della Provincia?); trasferire le attività sanitarie attualmente esistenti in Via Postierla presso l’immobile della ex mensa a cui andrebbe riservata la sua originaria destinazione di casa di comunità o della salute che dir si voglia; individuare sempre nel Comune di Orvieto (perché no?) un’area decentrata con spazi verdi dove progettare la residenza per l’esecuzione di misure di sicurezza.

Ci sembrerebbe una soluzione molto più razionale ed auspichiamo che la nostra sindaca, che fino ad ora sembra subire passivamente le scelte della Regione noncurante degli interessi dei cittadini orvietani, possa destarsi e dare un segnale in questa direzione.

Cristina Croce

Federico Giovannini

Giuseppe Germani

Martina Mescolini




29 novembre, il giorno x della sanità orvietana. I cittadini chiedono cure e le istituzioni rispondono con i progetti futuri

Il 29 novembre è stata una data dirimente per la sanità e la politica orvietana.  Doveva essere una presentazione di progetti e programmi e si è trasformata in una manifestazione aperta al pubblico.  La Sala dei 400 era gremita come raramente avviene, d’altronde l’argomento era veramente importante.  La sanità è considerata la grande malata in Italia, in Umbria e a Orvieto.  In particolare in città e nel territorio la sensazione è che sia in atto un lento ma inesorabile depotenziamento del comparto. 

Si rende necessario un compendio minuto per minuto.

In apertura il sindaco Roberta Tardani detta i tempi e lo stile.  Attacco frontale alle opposizioni, al sindacato, ai cosiddetti “detrattori” della sanità orvietana e poco spazio alla narrazione, alla presentazione.  “Vergognoso parlare di ospedale chiuso”, spiega, quando si combatteva la pandemia nella sua fase acuta.  La realtà era sotto gli occhi di tutti.  Ospedale blindato, come lo abbiamo sempre definito.  Reparti in black-out e poi, come ha spiegato in seguito l’assessore Coletto, i DPCM del premier Conte che hanno decretato la “chiusura” degli ospedali da un giorno all’altro.  In somma chi avrebbe dovuto avere il ruolo di mediare è scesa in campo a giocare la partita e a gamba tesa.  Le proteste, si sono trasformate in mormorio nelle file più avanzate della Sala.

Veniamo ai progetti, ai numeri e ai programmi sulla sanità orvietana. 

  1. Con il PNRR e la compartecipazione della stessa USL Umbria2 verranno aperti una Casa e un Ospedale di Comunità nella location dell’ex-ospedale in Piazza Duomo per un importo finanziato come segue: 3,275 milioni per la Casa di Comunità; 3,343 per l’Ospedale di Comunità; 1,1 milioni di quota USL, per un totale di 7,718 milioni totali;
  2. Programma di implementazione del personale medico e infermieristico che vedono la USL impiegare a Orvieto oltre 470 persone e che per la parte medica vede completata la pianta organica fatte salve alcune criticità ancora presenti ma che verranno risolte;
  3. Possibilità di utilizzare l’edificio ex-mensa della Piave come REMS, Residenza Esecuzione Riabilitativa. Richiesta della Regione che ha trovato accoglimento dalla USL e ora serve studio di fattibilità;
  4. Arrivo in comodato gratuito per 2 anni di un sistema robotico chirurgico denominato “Versus” che renderà l’ospedale di Orvieto unico in Umbria ad avere tale tecnologia.  La Scuola di Formazione regionale per la chirurgia robotica sorgerà a Foligno.

Insomma una pletora di investimenti e di successi per la sanità orvietana.  E’ così?  Analizziamo punto per punto. 

La prima perplessità riguarda il finanziamento per Casa e Ospedale di Comunità che risulta essere piuttosto risicato anche alla luce di quanto dichiarato in linea generale dal neo ministro alla transizione digitale, Gilberto Pichetto Fratin, “abbiamo progetti per 35 miliardi di euro ma con gli attuali costi nell’edilizia ne servirebbero oltre 40.  Sicuramente si dovranno rivedere alcune opere e l’intero impianto del PNRR”.  Secondo quanto riferiscono alcuni tecnici di settore i costi non sono ben bilanciati e si rischia di non completare nei tempi previsti, cioè il 2026, l’opera.  Rimangono poi i forti dubbi sul sistema di viabilità per rendere fruibile pienamente e in sicurezza, ma soprattutto senza appesantire l’area più delicata della città visto che il Comune non ha ancora presentato un piano del traffico e soprattutto non sono state pianificate le spese.

Arriva il robot supertecnologico e avanzato, una rarità in Italia e unico in Umbria, perfetto!  Ma allora la Scuola di specializzazione perché viene aperta a Foligno?  Insomma a Orvieto si chiude il Distretto, non c’è un’eccellenza riconosciuta a livello regionale, non siamo inseriti nel circuito virtuoso di collaborazione tra ospedali e questa sarebbe stata l’occasione giusta per crescere in maniera organica e continua all’interno della USL Umbria2 e avere un punto di eccellenza vero; unica consolazione, non da poco, abbiamo il robot avanzato.

La USL si trova un edifico da utilizzare, la ex-mensa alla Piave, con destinazione Casa della Salute.  Ora sono cambiati i piani perché non ci sarebbero stati gli spazi necessari, anche se all’interno della Piave si potrebbero anche apportare degli aumenti di cubatura come previsto dal Comune.  Dalla Regione arriva la richiesta di riportare la REMS all’interno dell’Umbria e spunta come il coniglio dal cilindro l’idea di utilizzare proprio lo spazio della ex-Piave.  I forti dubbi insistono proprio sulla location, all’interno del centro storico, e sulla destinazione che potrebbe pregiudicare, in un secondo tempo, l’utilizzo della restante parte della ex-Caserma.  Perugia decide e Orvieto provvede, un vecchio adagio che, cambiando i colori e le maggioranze, non varia.

E infine ci sono i cittadini orvietani, organizzati o meno, guidati o meno, ci sono alcune bandiere del sindacato e c’è attesa per le risposte.  C’è voglia di sanità, voglia di tornare negli ambulatori e nei laboratori analisi dell’ospedale, c’è voglia di essere visitati dai medici a Orvieto non a Cascia o Città di Castello, o ancora a Terni, Foligno o Perugia.  Ci si meraviglia per le proteste colorite a tratti?  E perché?  Ci sono esponenti politici della minoranza fra di loro, è vero, e giustamente dal palco viene ricordato che lo smontaggio e il depotenziamento della sanità pubblica è partita da lontano e non dal 2019.  A Orvieto le liste d’attesa insostenibili ci sono dal 2018 ma questo non giustifica le non risposte a una semplicissima domanda: perché?  Le analisi hanno un tempo d’attesa di 10 giorni lavorativi, altri esami non sono prenotabili a Orvieto ma basta spostarsi a Terni o ancora più vicino a Narni che miracolosamente ci sono posti.  L’assessore Coletto ha spiegato che anche il sistema delle prenotazioni è da riorganizzare.  E in questi due anni di covid, con tutto fermo, non ci si poteva lavorare per trovarsi pronti al prevedibile tsunami post-lockdown sanitario?  La sanità del futuro lontano interessa ma servono risposte oggi, domani perché il diritto costituzionalmente garantito alla sanità non vada a farsi benedire in brevissimo tempo.  Si deve tornare a pensare Orvieto come un nodo centrale della sanità transregionale e come area svantaggiata dal punto di vista dei collegamenti con gli altri punti d’eccellenza dell’Umbria.  Serve un investimento forte in tutta l’Umbria, sulla medicina preventiva delle patologie croniche legate all’aumento delle aspettative di vita per evitare gli scompensi e le acuzie che, queste sì, costano e tanto.  Serve un sistema di medicina da remoto messo a sistema e non a macchia di leopardo, che permetta di avere una sanità di “serie A” in ogni angolo della Regione.

Questo chiedono i cittadini e non perché organizzati e guidati ma in quanto tali e preoccupati per i mille problemi che affliggono la sanità pubblica umbra.




La sanità che soffre. Le mille difficoltà dei medici di famiglia, pochi e con tante regole da rispettare

I medici di base e le prestazioni specialistiche, gli esami diagnostici ei costi delle medicine sono i nuovi fronti aperti nella più grande crisi della sanità umbra, ma non solo.  Per quanto riguarda i medici di famiglia in tutta Italia c’è sofferenza perché manca il ricambio generazionale, mancano nuovi medici e questo si trasforma poi, per il cittadino, in una forte penalizzazione e in un gap socio-economico che evidenzia sempre più chi è in una oggettiva situazione di difficoltà finanziaria. 

Ma quali sono i problemi?  Tanti e i medici di famiglia lo hanno più volte evidenziato sia in occasioni pubbliche che in conversazioni private magari con i propri assistiti che chiedevano spiegazioni sulle tante disfunzioni della sanità pubblica.  L’ultima grana riguarda le prescrizioni di farmaci messe sotto stretta osservazioni in nome del risparmio.  Troppo sotto osservazione e spesso con evidenti contraddizioni.  Cosa dicono i medici?  E’ difficile districarsi nelle tante circolari e indicazioni tassative e si rischia in prima persona perché la Regione ha spiegato in maniera lapidaria che c’è la possibilità di essere messi sotto accusa per “danno erariale” per una prescrizioni non in linea con le indicazioni ufficiali.  Eppure un professionista formato per quasi 10 anni e poi a lavoro sul campo dovrebbe ben conoscere le esigenze del proprio assistito, sicuramente meglio di chi da lontano scrive spesso cervellotiche indicazioni e prescrizioni.  Ci spiegano alcuni medici che “ogni paziente ha una sua storia personale e poi conta anche l’età.  In alcuni casi anche la sola variazione del packaging dello stesso farmaco crea difficoltà.  Ora siamo obbligati a prescrivere per una data patologia il farmaco a più basso costo in assoluto”.  In pratica il medico diagnostica la patologia ma poi la cura è uguale per tutti, non solo non viene presa in alcuna considerazione il rapporto costo/beneficio, l’unico vero e reale in termini curativi.  Poi ci sono i tetti prescrittivi dei farmaci che sono a parziale o totale carico della sanità pubblica e anche qui il discrimine è il costo e non il beneficio.

Ci svelano poi un arcano che riguarda l’abbattimento delle liste d’attesa che in Umbria è stato raggiunto in quota parte anche dalla decisione, sempre presa dall’alto, di tagliare coloro che erano in attesa per un esame diagnostico di prevenzione quindi con tempi stabiliti.  In pratica se il medico prescrive un esame diagnostico perché c’è il sospetto di una patologia anche grave o si accetta la prenotazione in giro per l’Umbria oppure si viene “dimenticati”.  C’è poi l’altra stranezza delle categorie di prenotazione per cui può capitare che effettivamente in ospedale ci sia posto ma non si è nella categoria giusta. Con questi “giochini” le liste d’attesa hanno avuto una prima decisa sfoltita ma solo perché chi ha potuto ha scelto il privato e gli altri sono stati obbligati a rinunciare o attendere in silenzio.  L’unica via d’uscita che può utilizzare il cittadino è il D.L. del 29 aprile 1998 n.124 che prevede nel caso in cui non venga erogato il servizio entro i 60 giorni di usufruire del privato per poi chiedere il rimborso alla USL defalcando l’eventuale costo del ticket dovuto, magra consolazione ma almeno si ha il servizio nei tempi previsti e al costo della sanità pubblica.

Ultimo capitolo, ma non per importanza, la qualità del lavoro per i medici di famiglia.  In questi anni la mancanza di professionisti nel settore si è andata aggravando e tutto questo si sapeva, molto bene, fin dal 2010.  Causa il numero chiuso ma nessuno è intervenuto per cambiare e oggi le conseguenze sono visibili, concrete.  In alcune aree non è assicurata l’assistenza medica, in altre sono i medici sottoposti a ritmi di lavoro insostenibili perché comunque devono fare i conti anche con la burocrazia asfissiante, con le esigenze di una popolazione sempre più anziana e quindi spesso con più patologie da gestire muovendosi a zig zag fra prescrizioni, direttive USL o regionali, circolari AIFA evitando conseguenze anche giudiziarie piuttosto gravi. La sanità soffre, i professionisti soffrono, i cittadini soffrono e le istituzioni non riescono a dare risposte in tempi brevi, sostenibili, anzi complicano, vietano in nome del risparmio cieco e senza prospettive, solo per ottenere il risultato finanziario e magari ottenere il premio ovviamente in denaro.