All’assemblea di Cittaslow International, a Orvieto dal 10 al 12 giugno, in anteprima il progetto “Metropolis”

Dal 10 al 12 giugno Orvieto sarà protagonista di Cittaslow con ospiti internazionali che si riuniranno al Palazzo del Popolo dopo due anni abbondanti di riunioni a distanza. Sono quasi 200 gli iscritti di Cittaslow International, una rete che coinvolge 32 paesi, 282 città di cui 10 in Umbria e Orvieto hub di questa rete che promuove il vivere in maniera sostenibile. Non ci saranno i rappresentanti cinesi perché la pandemia ancora si fa sentire con i suoi colpi di coda. Ma ci sarà anche un collegamento via web perché l’occasione è importante, verrà presentato in anteprima mondiale il progetto “Cittaslow Metropolis”, un vero e proprio salto di qualità, una grande scommessa perché entro il 2050 i due terzi della popolazione mondiale vivrà nelle grandi aree metropolitane e l’emergenza ambientale non può essere combattuta senza la collaborazione e la partecipazione delle città.

Ma cosa significa Cittaslow Metropolis? L’idea è quella di trasferire la sfida del “buon vivere” dai paesi e dalle realtà cittadine di provincia prima nei quartieri per poi entrare nelle grandi realtà metropolitane, lentamente, senza fretta ma costantemente. Cittaslow è uno stile di vita che nelle città significa quartieri dove i bambini possono giocare liberamente, dove i pendolari in massimo 30 minuti possono raggiungere il loro posto di lavoro, i ragazzi le loro scuole, i cittadini tutti i servizi. In questo modo si punta a diminuire la mobilità quotidiana inquinante diminuendo le emissioni di carbonio ma non solo, l’obiettivo è far calare il rumore e lo stress. Spiega Pier Giorgio Oliveti, segretario generale di Cittaslow International, “a Orvieto presentiamo il progetto pilota in corso in tre quartieri di Smirne, in anteprima mondiale, e così si porta il buon vivere dalla piccole città alla metropoli. E’ una nuova sfida che prevede una griglia di valori slow, la partecipazione attiva dei cittadini e di tutti i cosiddetti stakeholders e degli amministratori che devono guidare scelte e progetti”.

L’apertura dell’assemblea è prevista per le 16 del 10 giugno con Mauro Migliorini, sindaco di Asolo e presidente di Cittaslow, con la tavola rotonda dal titolo “Cittaslow Metropolis, il laboratorio del futuro. Una contraddizione che fa scuola: quando e come la metropoli adotta le qualità slow”. Al confronto parteciperanno Tunç Soyer, sindaco di Smirne e vicepresidente di Cittaslow oltre che coordinatore della rete nazionale turca di Cittaslow, Walter Ganapini, docente e ricercatore italiano, membro onorario del Comitato Scientifico dell’Agenzia Europea dell’Ambiente, Sohn Dehyun, accademico dell’Università di Seoul, coordinatore della rete coreana di Cittaslow, Giacomo Degli Antoni, professore di economia politica e delle relazioni internazionali all’Università degli Studi di Parma e Giuseppe Roma, architetto, membro del comitato scientifico di Cittaslow e presidente della Rur/Rete urbana delle rappresentanze. Alla tavola rotonda la partecipazione è libera fino a esaurimento dei posti disponibili.

L’11 giugno partirà l’assemblea generale dell’associazione. L’ospite d’onore sarà l’architetto e urbanista spagnolo Vicente Guallart, che proviene da Barcellona, una metropoli che si sta trasformando puntando sulla sostenibilità, una sfida difficile soprattutto per un’area vocata al turismo di massa, città portuale, commerciale e industriale con tutti i problemi del caso.

Barcellona è una delle aree metropolitane che ha accettato la sfida di Cttaslow Metropolis. Da circa 5 anni oltre alla città catalana anche a Busan, Bruxelles, Taipei e Smirne si studia, progetta e poi si concretizza l’idea di un modello urbano “lento” . E’ quello che sta avvenendo a Smirne, in Turchia, con il programma “Cittaslow Neighborhood” si lavora seguendo i principi di integrazione sociale, impegno civico, dati scientifici, benefici e interazione sociale.




La sanità orvietana è malata

Con grande rammarico e preoccupazione, ma anche con molta rabbia, devo far presente all’assessore alla sanità, nonché sindaco di Orvieto, Dott.ssa Roberta Tardani, che la situazione del nostro ospedale è drammatica. Nonostante i Suoi appelli alla Presidente Tesei e le Sue recenti ottimistiche previsioni sul futuro della sanità locale, persistono criticità intollerabili.

Faccio degli esempi per rimanere sul concreto. Ad Orvieto abbiamo un day hospital oncologico che lavora con grandissimo impegno, con personale preparato e sempre disponibile. Ma un day hospital non è un reparto vero e proprio. Ciò significa che ha delle limitazioni enormi in termini di operatività e di risorse. Per esempio, nei festivi (sabato e domenica, e durante le feste) rimane chiuso. Questo significa che chi si deve curare, chi deve far le chemioterapie deve sottostare ad interruzioni del protocollo. I tumori purtroppo non rispettano le chiusure nei festivi, vanno avanti. Come possiamo fare per risolvere la situazione? Di quali risorse abbiamo bisogno per far si che i malati oncologici possano ricevere le cure di cui hanno bisogno 365 giorni all’anno?

Secondo problema: i protocolli covid. Mi chiedo: come si fa, a distanza di due anni, a non aver ancora previsto dei protocolli di accesso alternativi per i malati oncologici? Se un malato oncologico ha il covid (anche in forma lieve, asintomatica) non può accedere alle cure. Ma siamo matti? Capisco che la pandemia ha sottratto attenzione e risorse a tutte le altre patologie, ma qui si rischia la pelle. Il day hospital oncologico non cura le dermatiti (ammesso e non concesso che le dermatiti possano attendere). Allora mi chiedo: quali soluzioni possono essere trovate per far si che chi deve curarsi possa farlo senza interruzioni assurde dovute ad ottusi protocolli?

Esiste un direttore del presidio sanitario di Orvieto? L’assessore è a conoscenza dei problemi sopra evidenziati? La prossima volta che leggeremo che va tutto bene e che a breve risolveremo tutti i problemi, chiediamoci come. Iniziamo dalle cose concrete, non dalla propaganda. Non parlo di altre questioni perché altrimenti dovrei scrivere un libro. Mi dispiace per gli operatori sanitari che devono lavorare in condizioni assurde, ma mi dispiace ancora di più per i pazienti, che non ricevono le cure che meritano. I pazienti che hanno avuto esperienze negative dovrebbero unirsi e fare presente quello che non va. Intanto, attendo risposte sulle due questioni da me sollevate.




I tanti misteri e le poche certezze delle liste d’attesa per le prestazioni sanitarie

La sanità pubblica è il vero termometro del funzionamento dei servizi pubblici. Lo sanno bene tutti gli amministratori pubblici che con la sanità hanno un rapporto di amore-odio, perché basta poco per andare dalle stelle alle stalle. Il problema principale riguarda le prestazioni ambulatoriali e specialistiche con tempi di attesa che sono, in alcuni casi, biblici. A chi non è capitato di recarsi al CUP o in farmacia e sentirsi dire che non c’è posto fino al…2023 o che si è in lista di attesa. La parolina magica è “lista d’attesa” e si entra in un limbo senza tempi certi.

Ci sono arrivate numerose segnalazioni come quella riguardante una richiesta di visita diabetologica inserita in lista di attesa, o quella per un esame radiografico con la stessa persona che in un caso ha visto rispondersi che in pochi giorni avrà la sua prestazione in un’altra è stato inserito anch’egli in lista d’attesa. E poi abbiamo visite cardiologiche, sempre in stand-by e chi più ne ha più ne metta. Per un semplice visita oculistica posto c’era a Amelia o Foligno, mentre a Orvieto liste chiuse per tutto il 2022, per il 2023 si vedrà. E intanto? O si fa il pendolare della salute in giro per l’Umbria oppure ci si rivolge alla sanità privata, sempre più presente sul territorio, e in pochi giorni con relativo pagamento, si hanno i risultati.

Le liste di attesa sono il vero tallone d’Achille della sanità e a Orvieto la situazione percepita è ancora più grave perché sembra non bastare l’ospedale che anzi in alcuni casi diventa una sorta d’imbuto che rallenta i procedimenti. L’altra questione riguarda i cittadini-pazienti che rimangono spaesati di fronte a tempi anche molto lunghi che spesso non si conciliano con visite specialistiche che necessitano di esami clinici specifici. E allora le farmacie che offrono il servizio CUP si trovano a dover rispondere alle domande più disparate figlie proprio della preoccupazione e del timore che non si riesca a avere la prestazione richiesta nei tempi utili. Le domande più operative sono “quando e a che ora mi chiamano?” e ancora “chiamano al cellulare o a casa?” oppure “ma posso scegliere il medico quando mi chiamano?” A tutte queste domande le farmacie non riescono a rispondere perché il sistema non permette di “vedere” oltre la semplice richiesta di prestazione. Le domande sembrano banali ma non lo sono assolutamente. C’è chi lavora e ha orari da rispettare, chi non sta in casa, chi ha necessità di essere controllato da un medico in particolare e chi deve avere i referti entro un data.

Ma perché si deve attendere tanto? La carenza di personale è la prima causa, poi c’è l’organizzazione generale dei servizi che in questi anni, complice anche la pandemia, hanno notevolmente appesantito il sistema e allungato i tempi di risposta del servizio sanitario nazionale. Rimane aperto l’annoso dibattito sulle prestazioni in intramoenia che dai cittadini sono viste come corsie preferenziali utilizzate spesso in maniera dolosa dai medici. In realtà queste prestazioni vengono erogate fuori dall’orario di lavoro quindi non vanno a confliggere con il servizio pubblico e, secondo quanto indicato dal CIMO (uno dei principali sindacati medici) “se i tempi di attesa massimi previsti dal Piano nazionale di governo delle liste d’attesa non vengono rispettati, i pazienti hanno il diritto di ottenere la prestazione richiesta in intramoenia pagando solo il costo del ticket: una disposizione che puntualmente non viene rispettata a causa dei maggiori costi che ricadrebbero sulle Aziende”. Ma quali sono i tempi medi? Chi deve applicare questa regola? Quali sono i tempi d’attesa massini? La Regione Umbria ha un sistema semplice, il medico di famiglia sulla ricetta inserisce una sigla che indica i tempi massini di attesa che sono:

  • Urgente   – Accesso in Pronto Soccorso
  • Priorità U – URGENZA  (Urgenza differibile, attesa massima 3 giorni)
  • Priorità B – BREVE  (Attesa massima 10 giorni)
  • Priorità D – DIFFERITA (Attesa massima 30 giorni per le visite o 60 giorni per gli accertamenti)
  • Priorità P –  PROGRAMMATA (Attesa massima 120 giorni).

Attenzione, perché i tempi di attesa massimi riguardano l’intera Regione, quindi il paziente di Orvieto potrebbe vedersi prenotato a Perugia o Città di Castello con ovvi problemi logistici soprattutto per quella fascia di popolazione più anziana o per chi lavora anche come libero professionista.

Rimangono in sospeso alcune domande. Perché a Orvieto la percezione sui tempi d’attesa sono così negativi? Perché solo in alcuni CUP si possono avere tutte le informazioni mentre in altri, cioè le farmacie, praticamente nessuna? Perché non indicare degli orari specifici per le chiamate? Attendiamo risposte!




ADO e Ipsia insieme per il progetto “La salute vien mangiando”

Ha preso il via mercoledì 16 marzo il progetto di educazione alla salute – nello specifico alimentazione e attività fisica – rivolto a quattro classi del biennio IPSIA-Alberghiero di Orvieto, dal titolo “La salute vien mangiando”. In linea con gli orientamenti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha individuato da tempo l’eccesso e lo squilibrio alimentare quali fattori particolarmente incisivi per lo sviluppo di molte malattie degenerative della nostra epoca (obesità, aterosclerosi, ipertensione, diabete, neoplasie intestinali e tutte le condizioni cliniche ad esse attinenti), l’ADO, nella persona della presidente, la dottoressa Sara Scillitani ha pensato, voluto e finanziato il progetto.

L’iniziativa è rivolta ad un target di giovani adulti di età compresa tra 14 e 19 anni, con la finalità di implementare un percorso educativo che attraverso la conoscenza (sapere) induca comportamenti (saper fare) coerenti con un modello di vita improntato al benessere globale della persona (saper essere) partendo dal presupposto che la prevenzione costituisce azione prioritaria nella mission dell’Associazione. Nasce così la collaborazione tra IPSIA e ADO per un percorso triennale in cui saranno coinvolti in modo ciclico tutti e tre gli Istituti della Scuola. I quattro incontri di informazione/formazione sono stati gestiti da esperti: l’endocrinologo, Massimo Bracaccia, il dietista, Marco Tonelli, il fisiatra Antonella Cometa e il pedagogista Giannermete Romani. 

L’intero percorso si concluderà martedì 24 maggio con un convegno che vede la partecipazione di una rappresentanza del direttivo ADO, degli esperti formatori, di dirigenti scolastici e studenti impegnati nell’attività di Peer Education. A seguire una colazione “salutare” preparata dai ragazzi stessi sotto la guida dei docenti di indirizzo. In seguito, guidati da Giannermete Romani, i ragazzi saranno impegnati in una “camminata informativa” per le vie di Orvieto e diffonderanno ai passanti informazioni di educazione alimentare attraverso infografiche, volantini, Qr-Code e, soprattutto, con le loro parole.




Il 23 e 24 aprile via alla quinta edizione de “Il Pomodoro. Buono per la ricerca, buono per l’ambiente”

Sabato 23 e domenica 24 aprile 2022 i volontari di Fondazione Umberto Veronesi tornano nelle principali piazze italiane con la quinta edizione de “Il Pomodoro. Buono per la ricerca, buono per l’ambiente”, un’iniziativa ideata per raccogliere fondi per finanziare la ricerca e la cura in ambito pediatrico, al fine di garantire le migliori cure possibili ai bambini malati di tumore e aumentare le loro aspettative di guarigione.

A fronte di una donazione minima di 10 euro, verrà distribuita una confezione con tre barattoli di pomodoro, nelle versioni pelati, polpa e pomodorini: un’iniziativa resa possibile grazie alla preziosa e rinnovata collaborazione e sostegno di ANICAV (Associazione Nazionale Industriali Conserve Alimentari Vegetali) e RICREA (Consorzio Nazionale Riciclo e Recupero Imballaggi Acciaio).

Orvieto, con il Patrocinio del Comune di Orvieto, i volontari di Fondazione Umberto Veronesi, saranno presenti   dalle 10 alle 17, in Corso Cavour (lato Farmacia del Moro) e  dalle 15.00 alle 17.00 presso lo Stadio Luigi Muzi di Ciconia  grazie all’Orvietana Calcio.

Si ringraziano le attività commerciali che hanno aderito all’iniziativa e alla distribuzione:

Farmacia del MoroDott. Andrea Bonifazi – Orvieto, Corso Cavour, 89

Profumerie Duranti – Orvieto, Corso Cavour 107/109 – Orvieto Scalo, V.le I Maggio – Ciconia, Via delle Mimose, 27

Ferrari Frutta di Ferrari Roberto – Orvieto, Corso Cavour, 375

Salone Stefania Anselmi – Via Monte Bianco, 18, Orvieto Scalo

Farmacia Frisoni – Dott. Vittorio Frisoni – Via Monte Nibbio, 16 – Orvieto Scalo

Le Essenze di Monica di Monica Paci – Via Monte Nibbio 29/A – Orvieto Scalo

Farmacia Bartella Baschi – Dott. Claudio Bartella – Via Amelia, 16 – Baschi

Il ricavato della raccolta fondi permetterà di finanziare un innovativo protocollo di cura per i bambini affetti da neuroblastoma, un tumore del sistema nervoso periferico che rappresenta, in età pediatrica, la terza neoplasia per frequenza dopo le leucemie e i tumori cerebrali.

Il sottogruppo più ampio di questa patologia è quello dei “neuroblastomi ad alto rischio”, diagnosticati dopo i 12 mesi di età e inoperabili, già metastatici o particolarmente aggressivi.  Attualmente la sopravvivenza a 3 anni è di circa il 50% per quei pazienti che completano tutte le diverse parti dell’attuale trattamento. Il protocollo che verrà finanziato mira a valutare l’efficacia di due diversi regimi di chemioterapia e della radioterapia in base al sottotipo e alle caratteristiche molecolari dei singoli neuroblastomi ad alto rischio, per poter personalizzare la terapia e ottenere un miglioramento nelle possibilità di cura.




Fine emergenza covid, tutto quello che cambia per quarantene, isolamenti, green pass, lavoro e eventi dal 1° aprile

A partire da oggi, 31 marzo 2022 cessa lo stato di emergenza Coronavirus come previsto dal decreto-legge approvato dal Consiglio dei Ministri  che introduce “Misure urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell’epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza”. Il decreto-legge prevede inoltre l’avvio dal 1° aprile delle fasi del graduale ritorno all’ordinario.

In dettaglio: obbligo di mascherine ffp2 fino al 30 aprile negli ambienti chiusi come: mezzi di trasporto e luoghi dove si tengono spettacoli aperti al pubblico, mentre nei luoghi di lavoro sarà invece sufficiente indossare dispositivi di protezione delle vie respiratorie;  fine del sistema delle zone colorate (rossa, arancione, gialla, bianca); capienze impianti sportivi: ritorno al 100% all’aperto e al chiuso dal 1° aprile; • protocolli e linee guida: verranno adottati eventuali protocolli e linee guida con ordinanza del Ministro della salute; graduale superamento della certificazione verde (green pass); eliminazione delle quarantene precauzionali.

 Accesso ai luoghi di lavoro – Dal 1° aprile tutti – compresi gli over 50 – potranno accedere ai luoghi di lavoro con il Green Pass Base. Dal 1° maggio ne viene eliminato l’obbligo. Fino al 31 dicembre 2022 resta l’obbligo vaccinale con la sospensione dal lavoro per gli esercenti le professioni sanitarie e i lavoratori negli ospedali e nelle RSA; fino a tale data rimane il green pass per visitatori in RSA, hospice e reparti di degenza degli ospedali

Scuola – Il decreto prevede nuove misure circa la gestione dei casi di positività:– Scuole dell’infanzia – Servizi educativi per l’infanzia – In presenza di almeno quattro casi tra gli alunni nella stessa sezione/gruppo classe, le attività proseguono in presenza e docenti, educatori e bambini che abbiano superato i sei anni utilizzano le mascherine FFP2 per dieci giorni dall’ultimo contatto con un soggetto positivo. In caso di comparsa di sintomi e, se ancora sintomatici, al quinto giorno successivo all’ultimo contatto, va effettuato un test antigenico rapido o molecolare o un test antigenico autosomministrato. In quest’ultimo caso l’esito negativo del test è attestato con autocertificazione. Scuola primaria, secondaria di primo grado, secondaria di secondo grado e sistema di istruzione e formazione professionale – In presenza di almeno quattro casi di positività tra gli alunni, le attività proseguono in presenza e per i docenti e per gli alunni è previsto l’utilizzo delle mascherine FFP2 per dieci giorni dall’ultimo contatto con un soggetto positivo. In caso di comparsa di sintomi e, se ancora sintomatici, al quinto giorno successivo all’ultimo contatto, va effettuato un test antigenico rapido o molecolare o un test antigenico autosomministrato. In quest’ultimo caso l’esito negativo del test è attestato con autocertificazione. Isolamento – Gli alunni delle scuole primarie, secondarie di primo grado, secondarie di secondo grado e del sistema di istruzione e formazione professionale, in isolamento per infezione da Covid, possono seguire l’attività scolastica nella modalità di didattica digitale integrata accompagnata da specifica certificazione medica che attesti le condizioni di salute dell’alunno. La riammissione in classe è subordinata alla sola dimostrazione di aver effettuato un test antigenico rapido o molecolare con esito negativo.- Personale Covid – Il personale per l’emergenza viene prorogato fino alla fine delle lezioni e non oltre il 15 giugno 2022. Per la proroga sono disponibili ulteriori 204 milioni, oltre le somme già stanziate.

Strutture dell’emergenza:- Capo della Protezione civile: cessazione dei poteri emergenziali e l’attribuzione di poteri per gestire il rientro alla normalità; – Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica COVID-19: è istituita l’Unità per il completamento della campagna vaccinale e per l’adozione di altre misure di contrasto alla pandemia, che si coordinerà con il ministero della Salute. Dal 1° gennaio 2023 il ministero della Salute subentra nelle funzioni. Il Presidente del Consiglio ha firmato il Dpcm di nomina, con decorrenza dal 1° aprile, del maggior generale dell’Esercito, Tommaso Petroni a Direttore di tale Unità che sarà composta da una parte del personale della struttura di supporto alle attività del Commissario straordinario per l’emergenza Covid e da personale in servizio al Ministero della Salute. Le funzioni vicarie del Direttore dell’Unità sono attribuite a Giovanni Leonardi, dirigente del Ministero della Salute.




Beatrice Casasole, “sollevatore in piscina e poltrona dentistica alla USL due servizi importanti in favore dei più fragili”

La consigliera Beatrice Casasole segnala due importanti novità che sono destinate a riportare il livello dei servizi ai più fragili verso l’alto.  “E’ stato ripristinato il sollevatore presso la piscina comunale che aiuterà le persone con disabilità nella attività natatoria: da rammentare che il sollevatore da troppi anni non era più funzionante. Allo stesso tempo – scrive in un comunicato la stessa Casasole – lo studio dentistico presso gli ambulatori USL tornerà ad avere una poltrona moderna, dove i pazienti possano avere tutti i confort, oltre a contribuire a migliorare l’operato dei medici. La mancanza del sollevatore in piscina e della poltrona presso lo studio dentistico della USL creavano molte criticità, tant’è che nei mesi passati, su sollecitazione di diversi cittadini, mi sono attivata con l’amministrazione comunale al fine di risolvere tali problematiche.

Con due question-time presentate tra novembre e dicembre scorsi, le situazioni sono arrivate sul tavolo del sindaco e in poco tempo si sono arrivate le risposte che permetteranno a tanti cittadini di vedersi migliorare servizi essenziali. Nel ringraziare il positivo e tempestivo intervento del sindaco, ringrazio anche i cittadini che con le loro sollecitazioni hanno contribuito direttamente alla risoluzione delle questioni”.




Assemblea pubblica sul futuro della sanità umbra di Cgil Cisl e Uil al Centro anziani di Ciconia il 25 febbraio

La sanità pubblica nell’intera Provincia di Terni è in affanno e la pandemia ha scoperto il nervo in maniera definitiva. Mancano medici, infermieri, attrezzature e intanto s’investe su un ospedale tutto nuovo a Narni-Amelia, su Terni mentre a Orvieto è riservata un’operazione di maquillage oltre alla Casa di Comunità per cui è stato scelta la location dell’ex-ospedale.

Cigil, Cisl e Uil regionale hanno organizzato una serie di incontri e venerdì 25 febbraio a partire dalle 9,30 al Centro sociale per Anzini di Ciconia, tocca a Orvieto. Alla riunione parteciperanno i segretari generali Vincenzo Sgalla, Angelo Manzotti e Maurizio Molinari e sono stati invitati i sindaci del territorio che rischia di perdere anche il Distretto Sanitario. L’evento sarà trasmesso in diretta sulla pagina facebook Umbriaripartedallavoro.




Grazie Santa Maria della Stella, ospedale piccolo e a rischio ma capace di salvare da un ictus. Non molliamolo!

Lunedì 31 gennaio, alle 9,15 della mattina, mio padre si è sentito male in bagno poi, con i segnali di un ictus, ha perso conoscenza. L’ambulanza, chiamata col cuore in gola, ha impiegato 11 minuti per arrivare ad Orvieto centro, altrettanti per i primi soccorsi, poi per caricarlo sul telo rigido, sul lettino ed infine sul veicolo che lo ha trasportato, a sirene spiegate, all’Ospedale Santa Maria della Stella.

Un ospedale di provincia, sempre meno finanziato, sempre meno salvaguardato.

Un ospedale che per alcuni politici non dovrebbe nemmeno esistere più, per fare spazio ad un polo più grande a Terni e ad ambulatori privati. Un ospedale piccolo, con segnali di smantellamento precedenti al Covid, che il Covid sta rendendo sempre più evidenti. Eppure, nonostante questo, il piccolo ospedale di provincia e mezzo smantellato dispone, oltre che di un efficientissimo pronto soccorso, anche di una Stroke Unity, un reparto specifico per gli ictus, voluto dal suo primario, il Dottor Bracaccia, in cui medici preparati e operativi sono in grado di somministrare ai pazienti un farmaco chiamato fibrinolisi. Un farmaco che se usato entro le tre ore immediatamente successive all’ictus è in grado di salvare la vita, e la dignità della vita, alle persone colpite.

In poco più di un’ora, una dottoressa calma, lucida e precisa ci ha telefonato per chiedere l’autorizzazione a procedere con la somministrazione di questo farmaco, in grado di disciogliere il trombo che ostruisce il cervello ed evitare danni neurologici, ma anche di causare effetti collaterali indesiderati, tipo emorragie. Un rischio che si deve correre. Su nostro consenso, mio padre è stato sottoposto a fibrinolisi. Immediatamente dopo, ha ripreso conoscenza ed è stato in grado di muoversi e parlare, al 100 per cento e senza alcun problema. La sera stessa, in via del tutto eccezionale, mia madre ha avuto la possibilità di vederlo.

Mio padre si chiama Enrico, Giuseppe, Giovanni, Mario, Luigi, Antonio, Stefano. Ha cento nomi, mille, un milione. Ha il nome di tutte le persone che il Santa Maria della Stella ha salvato, salva o salverà.

Sempre che non venga finito di smantellare.

Allora, in quel caso, la fibrinolisi sarà stata una scoperta inutile. Come tutte le cure mediche che hanno bisogno di un tempismo, di una rapidità d’intervento.

E sempre che il Covid non continui ad impedire ai malati di curarsi regolarmente nei suoi reparti, troppo a lungo impegnati nella lotta al virus. E anche ad impedire ai familiari di vederli, i propri cari, andati via con l’ambulanza, in situazioni critiche, e che si risvegliano soli in un letto d’ospedale. Che impedisce di poterli visitare, anche solo per 5 minuti al giorno. Perché la legge umbra dice questo. Dice che per via del Covid in certi reparti sono vietate le visite. È una legge regionale ed è una legge assurda e sbagliata. Perché ora, che quasi tutti siamo plurivaccinati e pluritamponati, che le misure si allentano ovunque, che addirittura le discoteche riaprono, è ingiusto privare le persone malate del conforto di vedere i propri familiari.

Scrivo questa lettera per ringraziare gli operatori del Pronto Soccorso, che sin dalla telefonata d’emergenza hanno saputo fornire indicazioni chiare e precise su come soccorrere mio padre nell’attesa dell’arrivo dell’autoambulanza; per ringraziare il signore sconosciuto che stava facendo colazione al bar ed ha mollato tutto per venire ad aiutare per trasportare mio padre giù dalle scale; per ringraziare la Dottoressa Annulli, la Dottoressa Gentili e tutti i loro colleghi, che se ne sono presi cura, che ogni giorno hanno telefonato per dare notizie; per ringraziare le usciere garbate, con i loro sorrisi rassicuranti; le infermiere e gli infermieri che si sono fermati a parlare con lui, e non solo per lo stretto necessario che compete al loro ruolo. I pazienti di quella unità sono per lo più persone grandi, anziane, che dopo un incontro ravvicinato con la morte si ritrovano sole in un letto d’ospedale, magari spaesate, addolorate, ma vive. Come per miracolo. Che miracolo non è.  Perché è frutto di passi da gigante che la medicina sta facendo, un progresso che si nutre di conoscenza ed è esito di un processo, che parte dalla scuola e passa per l’Università e la ricerca. Tutte realtà su cui si è smesso di investire.

Mio padre è stato fortunato, perché non gli è successo di sentirsi male a Parigi, come a quel noto fotografo che colto da un malore si è accasciato per strada, e lì è rimasto, a terra 9 ore nell’indifferenza generale, prima che qualcuno, un clochard, lo soccorresse quando era già morto di ipotermia. È stato fortunato perché non ha fatto in tempo a chiudersi a chiave prima di perdere conoscenza, perché noi abbiamo capito cosa stava succedendo, perché l’ambulanza è arrivata in 11 minuti, perché ha trovato medici competenti che gli hanno fatto in tempo la fibrinolisi, perché ha potuto vedere mia madre ogni tanto, perché dopo nove giorni è tornato a casa sulle sue gambe, tale e quale, anzi forse un po’ meglio di prima, con una nuova occasione di vita.

Forse è stato dimesso in fretta perché ha creato un sacco di rogne, perché una volta recuperate le forze voleva scappare dall’ospedale, e ci ha anche provato, e allora mia madre ha tampinato medici ed infermieri ogni giorno, con la pretesa di entrare a parlarci anche solo 5 minuti, e convincerlo di restare dov’era. E non perché si aspettasse un’eccezione alla regola, un privilegio. Ma perché l’assistenza ai propri malati è sacrosanta e fa parte della dignità umana. Avere il conforto delle persone amate è un diritto dei malati. Di tutti i malati. E di tutti i loro familiari.

Quindi questa lettera, oltre che per ringraziare tutti i medici e gli infermieri della Stroke Unity del Santa Maria della Stella, è anche un invito a non smantellare niente, anzi a migliorare, e cambiare le regole, là dove è giusto e possibile.

Perchè anche in un mondo malato la dignità delle persone deve venire prima di tutto.

Chiara A. Ridolfi

P.S. Faccio i miei migliori auguri al papà di Chiara e con l’occasione spero che la nostra battaglia, come giornale, di dare dignità all’ospedale di Orvieto, dai farlo diventare a tutti gli effetti un luogo di cura per l’emergenza-urgenza e per le tempodipendenze, ictus e infarti in primo luogo, senza viaggi in ambulanza o in elicottero.




L’associazione Le note di Fra’ dona alla cardiologia dell’ospedale di Orvieto tre importanti strumenti diagnostici

L’associazione onlus, Le note di Frà, ha donato alla struttura complessa di Cardiologia dell’ospedale “Santa Maria della Stella” di Orvieto, diretta dal dottor Raffaele De Cristofaro, importanti apparecchiature elettromedicali in ambito ecografico che renderanno possibili esami di diagnostica cardiovascolare sempre più completi ed attuabili in ogni ambiente e condizione, anche la più precaria. Le note di Fra’, grazie alla sensibilità e all’impegno della presidente Paola Tascini e di tanti volontari che operano al suo fianco, conferma, con questa nuova importante donazione, una grande attenzione per le attività del presidio ospedaliero di Orvieto essendo stata vicino, nel recente passato, sia alla Cardiologia che ad altri reparti del nosocomio. Alla cerimonia di consegna di martedì 1° febbraio, al “Santa Maria della Stella”, hanno preso parte il direttore della S.C. di Cardiologia Raffaele De Cristofaro, Margarete Tockner, direttrice del presidio ospedaliero di Orvieto, Sabrina Brizi, responsabile del servizio infermieristico SITRO, il personale sanitario del reparto, i rappresentanti dell’associazione e la presidente Paola Tascini.

L’associazione ha donato un sistema diagnostico a ultrasuoni portatile “tascabile” per esami ecografici in ogni setting ospedaliero e ambulatoriale; una sonda vascolare per l’esecuzione di ecografie vascolari, arteriose carotidee e periferiche e venose, in modo da permettere una completa valutazione diagnostica dell’apparato cardiovascolare; una stampante digitale per ecografo Vivid E90 già in dotazione al reparto.

“La sonda vascolare – spiega De Cristofaroda utilizzare con il nuovo ecocardiografo top di gamma in dotazione alla struttura complessa di Cardiologia, consentirà ai professionisti ospedalieri di effettuare completi esami colordoppler arteriosi carotidei e vascolari periferici, a completamento ed integrazione dell’esame colordoppler cardiacoIl sistema ecografo palmare VUSCAN, invece, trova la sua utilizzazione peculiare in situazioni di urgenza emergenza che possono verificarsi in ogni parte della struttura ospedaliera – prosegue il direttore della struttura complessa di Cardiologia – permettendo di individuare rapidamente importanti condizioni patologiche che necessitano di tempestivo trattamento”.

Alla presidente Paola Tascini e ai volontari dell’associazione Le Note di Frà la direzione strategica dell’Azienda Usl Umbria 2, la direzione del presidio ospedaliero “Santa Maria della Stella” di Orvieto, il primario e lo staff dei professionisti della struttura complessa di Cardiologia rivolgono un sentito ringraziamento per questa ennesima testimonianza di vicinanza al lavoro dei sanitari e di impegno sociale e civile.