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Tre detenuti ricevono dal Vescovo i sacramenti dell’Iniziazione

Giovedì fra l’Ottava di Pasqua, nella Casa di Reclusione di Orvieto, il Vescovo di Orvieto-Todi, Mons. Gualtiero Sigismondi, ha amministrato a tre detenuti i Sacramenti dell’Iniziazione cristiana. Nella gioia della Pasqua, la Chiesa di Orvieto-Todi, con il suo pastore, il cappellano dell’Istituto Penitenziario, la religiosa e il diacono che settimanalmente tengono gli incontri di catechismo con i detenuti e la Caritas Diocesana, ha aperto le sue braccia per accogliere un nuovo figlio e riabbracciare dei figli “ritrovati”. Nella mattina di giovedì 4 aprile, infatti, durante la celebrazione della S. Messa, un detenuto ha ricevuto i sacramenti del Battesimo, Comunione e Confermazione, un altro la Comunione e la Confermazione e un terzo la Confermazione.

Una giornata ricca di grazia, per cui dare lode al Signore, che – ha ricordato il Vescovo Gualtiero – dopo la Pasqua si manifesta ai discepoli entrando nel cenacolo anche a porte chiuse. Così, il Signore è entrato anche nella Casa di Reclusione di Orvieto, al di là delle sbarre, nel cuore di uomini che hanno deciso di tornare a Lui. Il Vescovo ha sottolineato quanto si abbia bisogno di un incontro con il Signore risorto che coinvolga tutti i nostri sensi, come ci viene annunciato dalle Scritture nei giorni che seguono la Pasqua e, con il Salmo 8, ha ricordato la cura che Dio ha per ciascun uomo, la cui vita è fissa nel suo pensiero.

“Un’alta marea” – ha sottolineato Mons. Sigismondi – ha investito la cappella del carcere: tanti detenuti, insieme con il Magistrato di Sorveglianza, la Direttrice, il Comandante e gli agenti, gli educatori, alcuni professionisti che prestano servizio nella Casa di Reclusione, la famiglia di un detenuto che ha ricevuto i Sacramenti, il cappellano, il diacono, due religiose, i volontari della Caritas Diocesana, hanno partecipato alla celebrazione. Al termine, dopo un lungo applauso, il Vescovo ha invitato ciascun detenuto a tenere accesa la speranza, che ha paragonato a un filo di cui dobbiamo aver cura perché non venga spezzato.

La giornata si è conclusa con un rinfresco all’interno del carcere stesso, a cui hanno partecipato tutti coloro che hanno preso parte alla Celebrazione Eucaristica: un momento di convivialità semplice e autentico, anch’esso un’occasione per cui rendere grazie a Dio che sempre sa raggiungere il cuore dell’uomo per inondarlo con il suo amore.

Irene Grigioni




Messa crismale, l’esortazione di Mons. Sigismondi: “Diffondere il ‘profumo di Cristo’, che impregna gli oli santi”

Nella solenne Messa crismale, presieduta dal Vescovo mercoledì 27 marzo alle ore 18.00 nella Cattedrale di Orvieto, circondato dal Presbiterio diocesano e dai Vescovi Mons. Mario Ceccobelli e Mons.Domenico Cancian, e alla presenza di numerosi fedeli laici e religiosi, sono risuonate fortemente, nella profonda e vibrante omelia, due parole: pianto e incanto, “la sistole e la diastole di ‘un cuore che vede’, come quello di Gesù”. Il Vescovo, al termine della Celebrazione ha ringraziato i Presbiteri, i Diaconi e i Religiosi per il loro impegno, chiedendo al “Signore, che conosce lo sguardo del vostro cuore, di moltiplicare in benedizione per ciascuno di voi e per le comunità che vi sono affidate”. Ha poi rivolto un grande grazie ai fedeli per la preghiera da loro innalzata al Padre ed ancora il sentito “grazie a quanti hanno lavorato perché questa celebrazione manifestasse tutto il suo splendore di bellezza, dalla sacrestia alla corale”.

Il testo integrale dell’omelia.

“Lo Spirito del Signore è sopra di me” (Is 61,1; Lc 4,18): proclamando questo passo del profeta Isaia, Gesù inaugura la sua missione nella sinagoga di Nazaret. Consegnato il rotolo all’inserviente, “gli occhi di tutti si fissano su di Lui” (4,20), ma il loro sguardo, annebbiato dalla curiosità, non traduce la meraviglia in stupore ma la riduce a sdegno. Ad essi si addice quanto il Signore confida a Israele per mezzo del profeta Osea: “Il mio popolo è duro a convertirsi: chiamato a guardare in alto, nessuno sa sollevare lo sguardo” (Os 11,7).

Gli occhi sono lo “specchio dell’anima”: se “curati con il collirio della fede”, cioè illuminati dalla parola di Dio, “fanno gioire il cuore” (cf. Sal 19,9). Secondo Romano Guardini le radici degli occhi affondano nel cuore: “solo l’amore è capace di vedere”. L’abbraccio dello sguardo avvicina al cuore, ne sente il battito; occhi e cuore si muovono insieme: “il cuore segue gli occhi” (cf. Gb 31,7) ed essi fanno ardere il cuore. Secondo Antoine Jean Baptiste Marie Roger de Saint-Exupéry, “l’essenziale è invisibile agli occhi”, e tuttavia essi, nei riflessi delle loro infinite espressioni, vedono l’indicibile, a condizione che non siano “stanchi di guardare in alto” (cf. Is 38,14), appesantiti dalle cataratte dell’alterigia, resi strabici o fatti miopi dalla superbia del cuore (cf. Sal 101,5).

Fratelli e sorelle carissimi, “alziamo gli occhi al Signore, nostro Dio, finché abbia pietà di noi” (cf. Sal 123,1-2). Consapevoli di essere “rivestiti di debolezza” (cf. Eb 5,2), noi pastori non osiamo abbassare lo sguardo sulle inadempienze della nostra durezza di cuore. È opportuno rileggere, in proposito, una pagina di don Primo Mazzolari, tratta dall’opuscolo Il mio parroco, preparato nell’estate del 1932 e offerto, come “biglietto di congedo”, ai parrocchiani di Cicognara e, come “biglietto da visita”, a quelli di Bozzolo, due borgate della Bassa padana che egli ha curato pastoralmente nella lunga e operosa vigilia della stagione conciliare.

Nel sottolineare la differenza incolmabile tra l’immagine ideale e la persona reale del prete, don Primo ritiene impossibile il tentativo “di colmare la differenza fra l’ideale e la realtà” e sacrilega l’impresa di “abbassare l’idea”. Egli considera dannosa la stessa “mistica del sacerdote”, in quanto accresce la delusione e l’irritazione dei fedeli i quali, però, non possono avvertire il “dramma intimo” di un prete, “lo strazio di dovere quasi sempre predicare delle parole che sono più in alto, se non proprio in aperto contrasto, con la sua vita”. Così scrive Mazzolari: “Sforzarsi di colmare la differenza fra l’ideale e la realtà. Ma c’è un abisso di mezzo, che i santi stessi non riescono a colmare (…). Abbassare l’idea. Ma non è fortunatamente in nostro potere: l’ideale è nella vocazione e la vocazione è del Signore (…). Abbassare le cime: scorciare gli ideali. Che strana e sacrilega maniera per guarire le differenze! Ognuno si tenga quello che ha: voi la vostra delusione, noi il nostro tormento d’infedeltà: ma le vette stiano immacolate e pure per la vostra gioia, per il nostro anelito”.

Pianto e incanto sono la sistole e la diastole di “un cuore che vede”, come quello di Gesù. Il suo è uno sguardo che scruta i discepoli del Battista e li interroga: “Che cosa cercate?” (Gv 1,38). È uno sguardo contemplativo che raggiunge Natanaele: “Io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi” (Gv 1,47-48). È uno sguardo misericordioso che risana il cuore di Matteo, staccandolo dal banco delle imposte (cf. Mt 9,9). È uno sguardo penetrante che, alla vista della folla, “sente compassione per loro” (cf. Mt 14,14). È uno sguardo affettivamente intenso che fissa “un uomo ricco” (cf. Mc 10,21), “un giovane” (cf. Mt 19,20.22), invitato a dare ai poveri le proprie ricchezze, senza condizionarne la risposta. È uno sguardo benedicente che incrocia gli occhi di Zaccheo il quale, su un sicomoro, “cerca di vedere” Gesù (cf. Lc 19,3.5). È uno sguardo gonfio di lacrime su Gerusalemme, che non sa riconoscere “quello che porta alla pace” (cf. Lc 19,41-42). È uno sguardo allenato a fare la spola tra cielo e terra (cf. Gv 17,1) per implorare che “tutti siano una sola cosa” (Gv 17,21).

Sentire su di noi e accogliere dentro di noi lo sguardo “sereno e benigno” del Signore, imparando da Lui a tenere aperti gli occhi sulle necessità e le sofferenze dei fratelli: questa è la condizione per diffondere il “profumo di Cristo” (cf. 2Cor 2,14-16), che impregna gli oli santi. Essi sono segni misteriosi di grazia di cui ha bisogno anche l’occhio, “lampada del corpo” (cf. Mt 6,22): dell’olio degli infermi, per scorgere “all’ombra della croce” la luce della speranza; dell’olio dei catecumeni, “per vincere le torbide suggestioni del male”; dell’olio di esultanza del crisma, per gustare e vedere “tutto il bene spirituale della Chiesa”.

Occhi limpidi, luminosi, aperti alle esigenze del Vangelo oltre che alle urgenze pastorali: ecco le credenziali che noi pastori siamo tenuti a presentare, sia svegliando l’aurora al chiarore della lampada del Tabernacolo, sia vivendo più uniti tra di noi e più immersi nel popolo di Dio. Il “peso di grazia” ricevuto con l’imposizione delle mani ci colloca all’incrocio tra lo sguardo di Dio e gli occhi dei fedeli e ci qualifica come “servi inutili” (cf. Lc 17,10). “Il diaconato – avverte Papa Francesco – non svanisce con il presbiterato; al contrario, è la base su cui si fonda”.

“Tenendo fisso lo sguardo su Gesù” (Eb 12,2), supplichiamolo di “purificare gli occhi del nostro spirito”, perché non si appesantiscano, non perdano di vista la bellezza intramontabile del servizio sacerdotale. La coscienza della nostra fragilità non affievolisca la “luce gentile” della fedeltà, alimentata dall’olio di letizia dell’amore. La fedeltà senza amore si spegne, la sequela senza amore stanca, lo zelo senza amore rende freddi, privi di ardore, di fervore, di entusiasmo sincero.

Fratelli e sorelle carissimi, “in alto i cuori”: noi, ministri ordinati, siamo più esposti di voi, fedeli laici, al giudizio che Paolo rivolge ai Galati, che hanno distolto lo sguardo dall’essenziale: “Siete decaduti dalla grazia” (Gal 5,4). “Guarda, rispondimi, Signore, mio Dio, conserva la luce ai miei occhi” (Sal 13,4); questa supplica salga dalla tribuna del nostro Duomo e si accordi con quella delle navate: “Gli occhi di tutti a te, Signore, sono rivolti in attesa” (Sal 145,15).

+ Gualtiero Sigismondi




La Colletta del Venerdì Santo dedicata ai luoghi della Terra Santa

Anche quest’anno siamo invitati a offrire il nostro contributo per i Luoghi Santi e i cristiani di Terra Santa. La Colletta del Venerdì Santo per il Luoghi Santi del 29 marzo 2024 arriva ancora in un momento assai difficile, per la guerra in atto che, oltre a fare migliaia di morti, ha, dopo la pandemia da Covid-19, di nuovo bloccato il flusso dei pellegrini, costretto per lunghi periodi i ragazzi a non andare a scuola e lasciato senza lavoro molti cristiani della Terra Santa, specialmente a Betlemme e in Palestina, ma anche nella Città Vecchia di Gerusalemme e in Israele.

In questa situazione occorre la vicinanza e la solidarietà dei cristiani di tutto il mondo. Anzitutto attraverso la preghiera, a cui unire anche la condivisione di risorse economiche.




Venerdì Santo, le celebrazioni e le variazioni alla viabilità

Venerdì 29 marzo 2024 si svolgeranno a Orvieto tre distinte processioni della Via Crucis del Venerdì Santo che interesseranno il centro storico di Orvieto, il centro abitato di Sferracavallo ed il centro abitato di Orvieto scalo.

La processione nel centro storico, organizzata dalla Diocesi Orvieto – Todi Unità Patorale S.Maria Assunta e S. Giuseppe, avrà inizio alle 21 lungo il seguente percorso: Chiesa di San Domenico, via della Pace, Piazza Corsica, via del Popolo, via Marcello Conticelli, via Pecorelli, via Ripa dell’Olmo, Piazza Gonzaga, Piazza San Giovenale, e rientro alla Chiesa di San Giovenale;

La processione nel centro abitato di Sferracavallo, organizzata dalla Chiesa di Santa Maria della Stella e San Pietro Parenzo, avrà inizio alle 21 lungo il seguente percorso: via Tevere Chiesa, via Po, via Chiani, via Arno, via Trebbia, via Adda, via Arno, via Bradano, via Aniene, via Adige, via Tevere e rientro in chiesa.

La processione nel centro abitato di Orvieto scalo, organizzata dalla Parrocchia dei Santi Stefano e Anna, avrà inizio alle 21 lungo il seguente percorso:  viale 1° Maggio Chiesa Parrocchiale, via Sant’Anna, via Salvatori, via Sant’Anna e rientro in chiesa.

Per consentire il regolare svolgimento delle manifestazioni il Settore polizia locale ha emesso un’ordinanza che dispone:

  • Dalle 18 alle 23 è fatto divieto assoluto di sosta con rimozione dei veicoli nelle seguenti vie e piazze del centro storico: via Marcello Conticelli – via Pecorelli – via Ripa dell’Olmo – Piazza Gonzaga (fila di parcheggio adiacente la Caserma Nino Bixio) – Piazza San Giovenale – via Volsinia (ingresso Chiesa)
  • Dalle 18 alle 23 è fatto divieto assoluto di sosta con rimozione dei veicoli nelle seguenti vie e piazze del centro abitato di Sferracavallo: via Po (area di parcheggio) – via Chiani – via Arno (area di parcheggio) – via Trebbia – via Adda – via Bradano – via Aniene
  • Dalle 18 alle 23 è fatto divieto assoluto di sosta con rimozione dei veicoli nelle seguenti vie del centro abitato di Orvieto scalo: via Sant’Anna – via Giovanni Salvatori, fino all’intersezione con via Santa Rita.



Tutte le iniziative in programma per San Giuseppe e il Saint Patrick’s day

Si snoda tra leggende e tradizioni il programma delle iniziative a Orvieto che da lunedì 11 a martedì 19 marzo uniranno le celebrazioni per il Saint Patrick’s Day con i festeggiamenti del patrono della città San Giuseppe.

Anche quest’anno in occasione della giornata dedicata al santo patrono d’Irlanda, il Pozzo di San Patrizio di Orvieto torna a illuminarsi di verde e ospiterà una speciale visita guidata organizzata da Coop Culture e dedicata in particolar modo alle famiglie. L’appuntamento è domenica 17 marzo dalle 16 alle 17.30 con “Il Pozzo dei desideri”, un viaggio nella profondità del monumento di Sangallo accompagnati da simpatici elfi volanti che si caleranno dai finestroni e insieme ai quali si scopriranno i misteri di questo luogo affascinante tra racconti, aneddoti e curiosità. Il prezzo è di 5 euro più il biglietto d’ingresso al Pozzo. Vendita in loco fino a esaurimento posti il giorno dell’evento a partire dalle 15,30. Prenotazione consigliata allo 0763 343768.

E’ già iniziato invece il programma religioso per la solennità di San Giuseppe, patrono della città di Orvieto e degli artigiani, che culminerà martedì 19 marzo alle 18 con la concelebrazione eucaristica presieduta dal vescovo della Diocesi di Orvieto-Todi, Sua Eccellenza monsignor Gualtiero Sigismondi, e a seguire la processione in Piazza Duomo accompagnata dalla Banda Filarmonica “Luigi Mancinelli”.

Il programma civile partirà giovedì 14 marzo, alle 18 nella Sala consiliare del Comune, con la cerimonia di consegna del “Pialletto d’oro” a cura della Cna Orvieto. Dal 17 al 19 marzo i locali del Bar Hescanas in Piazza Duomo ospiteranno la mostra dei lavori dei bambini del catechismo sulla figura di San Giuseppe. Dalla piazza antistante la Cattedrale, domenica 17 marzo alle 8.30, partirà anche l’altrettanto tradizionale “Passeggiata di primavera” riservata ai ragazzi delle Scuole dell’Infanzia, Primarie e Secondari di I e II grado.

Lunedì 18 marzo, alle 17 al Museo “Emilio Greco”, la conferenza “Meraviglioso, emblematico, colossale: le new entry antiche e moderne” organizzata dall’Unitre di Orvieto mentre alle 21 al Cinema Corso la proiezione del docufilm “Ogni giorno, ogni volta” del Gruppo Sbandieratori e Musici dei Quartieri di Orvieto (ingresso 5 euro).

Martedì 19 marzo, giorno della festa, al termine della processione in Piazza Duomo, intorno alle 19.30, la tradizionale distribuzione delle frittelle di San Giuseppe.

A chiudere idealmente i festeggiamenti l’appendice in calendario domenica 24 marzo, alle 18.15 al Teatro Mancinelli, con il concerto della Banda Filarmonica “Luigi Mancinelli”.

Di seguito il programma completo completato dalla pesca di beneficienza delle uova pasquali in Piazza Duomo (17-19 marzo), e il torneo di San Giuseppe di calcio a 5 a Villa Mercede (19 marzo).




Bolsena, Orvieto e Todi le città santuario di etruschi, umbri e della cristianità verso il Giubileo

Tra la Terra Santa, il Mediterraneo e l’Antico Continente europeo, le Culture e le Civiltà susseguitesi nel corso dei millenni hanno tracciato e lasciato un sentiero, edificato ponti e ospitali, ancora oggi visibili, tangibili e frequentabili. L’Umanità, entità conforme e difforme al contempo, ha cercato, selezionato, trovato e scelto nei secoli luoghi favorevoli allo stanziamento, dove metter saldamente radici, fino al momento – che sempre viene – di fare fagotto per le mutate condizioni e circostanze vitali e esistenziali e quindi rimettersi in cammino e gioco verso nuovi lidi, nuovi approdi appaganti e rassicuranti.

Lungo questo sentiero, questa rete di cammini che avviluppa le terre, si trovano dei punti particolari di contatto tra il cuore del Pianeta e il Cielo, dove le forze, le energie che gli elementi in eterno mutuo combinarsi e scombinarsi generano e spargono, si concentrano. In questi luoghi crogiuolo si sono via via nel Tempo manifestati e sviluppati ricchi filoni creativi di Cultura e Civiltà. È il caso del territorio tra Tuscia e Umbria con le antiche civite di Bolsena, Orvieto e Todi, legate – insieme anche a Acquapendente e Bagnoregio – da una comune Storia e dalla stessa Cultura che fondano le proprie radici nella concomitante origine geologica e nella medesima storia civica etrusco-umbra in continuo scambio simbionte con Roma. Le civiltà umane che hanno creato questi luoghi e vissuto questo territorio comune, hanno trovato qui il punto di contatto tra Terra e Cielo. Il Luogo Sacro. Il Luogo Celeste. Il Fanum. Il Santuario dove concentrarsi e celebrare le risorse e le ricchezze, naturali, ambientali, paesaggistiche anche nel nome dell’Essere Superiore, della divinità, del Dio.

Oggi l’umanità cosiddetta evoluta è sempre più estraniata da quei contesti di consapevolezza e fusione con la forza e l’energia del sacro. A fatica, quanti ancora riescano a discernere la capacità di poter star bene nel bene, facendo il bene e non pretendendo fugaci equivoci benesseri egoistici, emozioni transitorie caduche, volatili e volubili, si spendono per costruire ponti di sacralità; attingendo là dove il Sacro emerge e si diffonde. Come sui Cammini che passano per e portano a: Bolsena; Orvieto; Todi. Arriveranno Pellegrini per il Giubileo. Non facciamoci sorprendere.

Non distraiamoci. Saremo accoglienti e attenti se riconosceremo e rispolvereremo i nostri Santuari.




L’omelia di S.E. Gualtiero Sigismondi per Le Ceneri, al centro l’importanza dell’esame di coscienza

Questa celebrazione è segnata dall’austero simbolo delle ceneri. Imposte sul capo dei fedeli, richiamano l’attenzione sulla nostra genesi, l’origine dalla polvere del suolo, e sul nostro destino: “Ricordati, uomo, che polvere tu sei e in polvere ritornerai”. Quando si dimentica che siamo impastati di polvere, prendono il sopravvento – avverte S. Clemente I – “ogni sciocca vanteria, la superbia, il folle orgoglio e la collera”. Papa Francesco osserva che camminiamo di continuo su questi crinali: “Siamo sempre combattuti tra estremi opposti: la superbia sfida l’umiltà; l’odio contrasta la carità; la tristezza osteggia la gioia dello Spirito; l’indurimento del cuore respinge la misericordia”.

Fratelli e sorelle carissimi, se non dobbiamo scordare che siamo fatti di polvere, non possiamo dimenticare quanto scrive S. Leone Magno: “Ricordati che sei stato creato a immagine di Dio; che, se questa somiglianza si è deformata in Adamo, è stata tuttavia restaurata in Cristo”. La purificazione del cuore è, essenzialmente, opera di Dio, che vuole aver bisogno della nostra libertà: “Lasciatevi riconciliare con Dio” (2Cor 5,20). Il verbo “convertirsi” indica sia un cambiamento di strada (epistrépho), un’inversione a U, sia un rinnovamento della mente (metanoéo), delle idee e dei comportamenti. Si tratta di manovre delicate che non si improvvisano: richiedono un quotidiano allenamento all’esame di coscienza, “uno dei momenti più qualificanti della vita di fede”.

A che serve l’esame di coscienza, che la rubrica iniziale della compieta invita a fare seriamente, “sostando alquanto in silenzio”?

– Serve a porsi in un’atmosfera di verità dinanzi a Dio e di sincerità di fronte alla propria coscienza, a esplorarne l’abisso alla luce della Parola.

– Serve a distinguere attentamente tra fragilità e peccato, sapendo che queste due dimensioni possono essere legate ma non si identificano.

– Serve a “non accogliere invano la grazia di Dio” (2Cor 6,1), preparando la via per “ritornare al Signore con tutto il cuore” (Gl 2,12).

– Serve a piangere amaramente per le proprie colpe, a digiunare per esse e a battersi il petto “in spirito e verità”, “con cuore contrito e umiliato”.

– Serve a disporsi a confessare “a cuore aperto” la divina misericordia e a riconoscere i propri peccati nel sacramento della Riconciliazione.

L’esame di coscienza educa alla confessio laudis, alla confessio vitae e alla confessio fidei. La confessio laudis risponde alla domanda: quali sono le ragioni per cui devo maggiormente ringraziare il Signore? La confessio vitae può partire da questo interrogativo: cosa c’è in me che pesa duramente? La confessio fidei, infine, è la preparazione immediata a ricevere, mediante il ministero della Chiesa, il perdono e la pace, confidando in Dio, “misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore, pronto a ravvedersi riguardo al male” (Gl 2,13).

Fratelli e sorelle carissimi, non ci facciamo illusioni: c’è una sorta di “circolo vizioso” tra l’offuscamento dell’esperienza di Dio e la perdita del “senso del peccato”. L’itinerario quaresimale si configura come momento favorevole per accusare le proprie colpe davanti a un sacerdote. Non basta farne l’elenco, ma occorre identificarne la radice avvelenata, il cuore, che può essere duro come la pietra, freddo come il ghiaccio, arido come il deserto. Durezza, freddezza e aridità impediscono al cuore di essere semplice cioè nobile, integro cioè aperto, docile cioè puro, ardente cioè lieto, saggio cioè intelligente, sensibile cioè compassionevole.

“Laceratevi il cuore e non le vesti” (Gl 2,13): questo appello, che il Signore rivolge al suo popolo per mezzo del profeta Gioele, è inciso sull’architrave della “porta santa” della Quaresima; esso viene ripreso dal Miserere, che la liturgia “distilla” in questo tempo santo, invitandoci a ripetere: “Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo” (Sal 50,12). Il verbo “creare” lascia intendere che il Signore, nella sua infinita misericordia, non restaura ma ricrea, non ripara ma rinnova, non risana ma trapianta il cuore: “Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne” (Ez 36,26). Il Signore ci conceda di vivere questo tempo forte per compiere una vera e propria “ecologia del cuore”: il digiuno ari il campo del cuore, la preghiera lo liberi dall’aridità, la carità lo renda fertile.

+ Gualtiero Sigismondi




“Oggi in cielo è festa!” Ciconia si prepara a accogliere il suo Don Augusto

E’ arrivata improvvisa la notizia della scomparsa di Don Augusto che si trovava al Policlinico Gemelli da qualche giorno. La comunità di Ciconia è sgomenta, triste e attende il ritorno del “suo” parroco per l’ultima volta. Sarà venerdì 16 e per quella data i giovani della Parrocchia, quelli tanto amati dal don e ora orfani di un padre spirituale sempre disponibile, hanno voluto organizzare tutto nei minimi particolari. Già il titolo del manifesto è un programma “Oggi in cielo è festa”, sì perché da ora ci sarà un sorriso in più.

I giovani chiedono a tutta la comunità di esporre le bandiere della festa di Ciconia alle finestre fin dalla mattina del 16 febbraio in attesa del ritorno nella sua “Casa”, la Chiesa di Ciconia che proprio il don ha fortemente voluto contro tanti e contro la burocrazia. Arrivo previsto del feretro alle 15 e poi verrà aperta la camera ardente. Alle 20, ancora un omaggio con un corteo da piazza degli Aceri fino al piazzale della Chiesa per poi radunarsi in raccoglimento per il Santo Rosario alle 21, una preghiera a Maria, la colonna della fede per don Augusto. Sabato 17, poi, i funerali dalle 10,30 per l’ultimo saluto .

Ciao Don Augusto!




Ciao Don Augusto, pastore di Ciconia che ora piange il “suo” parroco

Nella tarda mattinata del 14 febbraio è tornato alla casa del Padre don Augusto Passeri, così ha scritto don Emanuele Frenguelli, il suo più stretto collaboratore sui social. La notizia ha iniziato a rimbalzare come un tam tam senza sosta. Il parroco di Maria Santissima Madre della Chiesa era ricoverato da alcuni giorni al Policlinico Gemelli. Don Augusto, 81 anni, se ne è andato in silenzio, quasi in punta di piedi nel giorno delle Ceneri e, coincidenza, di San Valentino dedicato all’Amore, sì con la “a” maiuscola, quello che ha dato per decenni alla comunità di Ciconia che silenziosamente piange.

E’ difficilissimo ricordare una persona che ha dedicato la sua intera vita pastorale e non solo alla “sua” comunità quella di Ciconia. Nel ’68 diventa sacerdote e dieci anni dopo viene assegnato a Ciconia. E’ il quartiere che ha segnato il passaggio dal centro storico alla valle del Paglia, considerato a torto dormitorio e don Augusto questo termine non lo ha mai accettato. E allora inizia la sua avventura, il suo cammino di pastore senza una vera e propria chiesa. Un garage dove celebrare Messa, dove fare catechismo, dove incontrare tante coppie e fedeli. Ma se volevi il “don” lo potevi incontrare in giro nelle strade dove viveva la comunità. Poi decide che è arrivato il momento di costruire una vera parrocchia per il quartiere che è diventato il più popoloso della città.

Uno sforzo che ai più sembrava insostenibile e invece, passo dopo passo ci è riuscito. Una grande emozione per tutta la comunità. Don Augusto un pastore vero, una persona disponibile e alla mano, pronta ad aiutare senza apparire in prima persona. La comunità si allarga con le festa di Ciconia e tanti altri eventi che uniscono le persone. Ecco “non è un dormitorio – soleva dire don Augusto – ma un quartiere vivo, dove si dorme, si lavora, si gioca, si litiga e si fa pace e soprattutto dove si prega”.

La comunità di Ciconia s’identifica con don Augusto tanto che quando in diocesi decidono di trasferirlo a Castel Giorgio parte prima una petizione e poi tante manifestazioni di protesta, addirittura in molto erano pronti a manifestare davanti al Duomo. Allarme rientrato, il vescovo fa retromarcia e lascia tutto così. Don Augusto può tornare a seguire il suo gregge.

E così ha fatto fino a qualche giorno prima del ricovero al Policlinico Gemelli. “Appena possibile – ha scritto sempre don Emanuele Frenguelli – verranno date tutte le indicazioni sulle esequie e altri momenti di preghiera”. Ora è il momento del raccoglimento, del ricordo e della preghiera.




Tutti gli appuntamenti del cammino della Quaresima e per San Giuseppe a Orvieto

A Orvieto. mercoledì 14 febbraio ha inizio il cammino della Quaresima con la Celebrazione in Duomo presieduta da Mons. Gualtiero Sigismondi, in cui avrà luogo la la benedizione e l’imposizione delle Ceneri.

Gli appuntamenti in programma sono numerosi. Da lunedì 19, per tre settimane, le chiese di San Domenico (19-22 febbraio), San Giovenale (26-29 febbraio) e Sant’Andrea (4-7 marzo) ospiteranno l’Adorazione Eucaristica dal lunedì al giovedì dalle 10.00 alle 12.00, con la celebrazione della Santa Messa alle 18.00 dal lunedì al mercoledì, mentre alle 18.00 del giovedì ci sarà la Stazione quaresimale con la Concelebrazione del Presbiterio cittadino presieduta dal Vescovo. In questo periodo, nelle chiese in cui si terranno le Stazioni quaresimali, ci sarà la possibilità di ricevere il Sacramento della Riconciliazione dalle 10.00 alle 12.00 e dalle 17.30 alle 18.30.

Dall’11 al 18 marzo l’Adorazione Eucaristica si svolgerà nella Cripta della Cattedrale negli stessi orari, con la Celebrazione delle 18.00 presieduta da uno dei parroci dell’Unità Pastorale San Giuseppe.

Appuntamento centrale del cammino sarà il 19 marzo, Solennità di San Giuseppe, Patrono della città di Orvieto e della Chiesa universale: le Celebrazioni in Duomo si svolgeranno alle 9.00 e alle 11.30, mentre alle 18.00 Mons. Sigismondi presiederà la solenne Concelebrazione Eucaristica, a cui farà seguito la Processione in piazza con l’immagine del Santo.

Il 29 marzo, Venerdì Santo, alle 21.00, si terrà la Via Crucis per le vie della città, dalla chiesa di San Domenico alla chiesa di San Giovenale.

Mons. Gualtiero presiederà le Celebrazioni del pomeriggio in Duomo ogni domenica di Quaresima, alle 17.00 nel mese di febbraio e alle 18.00 nel mese di marzo.

(la locandina con tutti gli appuntamenti)