Dal 23 dicembre accesso ai punti vaccinali solo con prenotazione

Il Commissario regionale all’emergenza Coronavirus, comunica che, al fine di evitare assembramenti, da giovedì 23 dicembre sarà consentito l’accesso ai punti vaccinali esclusivamente previa prenotazione. L’accesso diretto senza prenotazione, sia della prima che della terza dose, non sarà più ammesso, al fine di evitare il più possibile il determinarsi di code e assembramenti. Ciò alla luce dell’andamento epidemiologico che vede anche in Umbria una crescita importante dei casi positivi. 

Sono esclusi dal provvedimento i cittadini che hanno effettuato il ciclo primario in altra regione o stato estero, per i quali la somministrazione della terza dose avviene necessariamente con l’accesso diretto per questioni legate ai sistemi informativi. La capacità vaccinale della Regione Umbria resterà comunque invariata, in quanto verrà ampliata l’offerta dei posti prenotabili. A tale scopo, si raccomanda a tutti coloro che sono impossibilitati a rispettare l’appuntamento acquisito, di disdire la prenotazione, in modo da consentire l’accesso ad altri cittadini.




Per la Giornata mondiale del diabete Coletto assicura, “necessaria una rete diabetologica regionale”

In occasione della Giornata mondiale del diabete che si celebra ogni anno il 14 novembre per sensibilizzare e informare l’opinione pubblica sull’importanza della prevenzione e della gestione del diabete, l’assessore regionale alla salute Luca Coletto ha incontrato i rappresentanti delle associazioni umbre: Angela Lepri e Massimo Cipolli, presidente e vicepresidente di AGD Umbria, Osvaldo Bassini presidente di FAND, Mauro Andretta presidente di AILD Associazione Italiana Lions per il diabete.

“L’incontro è stato un momento proficuo di dialogo – ha affermato l’assessore Coletto – che è servito per fare il punto della situazione sui progetti in corso e su quelli da sviluppare in futuro, dopo il periodo critico legato alla pandemia covid. Ho ascoltato le criticità evidenziate dalle associazioni e confermo che da parte mia c’è il pieno sostegno ai cittadini che soffrono di questa malattia complessa e a coloro che li rappresentano. Per dare maggior vigore ai percorsi dedicati ai malati di diabete e ai loro familiari è fondamentale l’appropriatezza e la sostenibilità dei progetti. Per questo motivo è necessario dotarsi di una rete diabetologica regionale che dia risposte efficaci ed efficienti. Particolare attenzione sarà posta al diabete giovanile per il quale è essenziale una gestione non solo farmacologica in collaborazione con il mondo scolastico e allo sviluppo della telemedicina, che consente di avvicinare sempre di più specialisti, famiglie e utenti”.




Gestione delle liste d’attesa in sanità, parola d’ordine “fare rete”

Rete e appropriatezza: sono le due parole chiave  per la gestione delle liste d’attesa in sanità. Rete perché bisogna “fare sistema” tra le aziende sanitarie e ospedaliere per dare risposte rapide ed efficienti alla domanda di cura dei cittadini, mentre l’appropriatezza garantisce che un intervento diagnostico o terapeutico sia adeguato rispetto alle esigenze del paziente evitando un surplus di esami e visite.
L’inquadramento e la gestione delle liste di attesa sono state al centro di una conferenza stampa tenutasi a Perugia dalla presidente della Regione Umbria, Donatella Tesei, dall’assessore alla Salute, Luca Coletto e dal direttore alla Salute e Welfare, Massimo Braganti. Presenti i direttori della Aziende sanitarie e ospedaliere.  
 “Quello delle liste d’attesa in sanità – ha detto l’assessore Coletto – è un problema annoso che interessa il territorio nazionale, reso più complesso a seguito della pandemia. Abbiamo chiesto in sede di Conferenza delle Regioni che il finanziamento messo a disposizione nel novembre 2020 potesse essere sfruttato nel 2021. C’è stato un accesso a queste risorse che potranno essere utilizzate anche per la gestione delle liste di attesa e quindi per le visite ambulatoriali svolte anche nelle strutture private accreditate che rappresentano un’ulteriore finestra per la  gestione delle liste il cui ritardo per l’Umbria nel marzo del 2020 aveva portato a un volume di 283 mila prestazioni accumulate. Ora – precisa Coletto –  ne rimangono all’incirca 83 mila, che è ancora un numero importante, e per gestire il quale stiamo organizzando un programma di gestione non più perimetrato all’interno del distretto di appartenenza. Quindi, il piano di smaltimento delle prestazione prevede oltre, ovviamente, al coinvolgimento delle aziende ospedaliere, la sinergia tra le Asl, nonché lo svolgimento delle prestazioni di sabato e domenica”.    
Dati alla mano il direttore Braganti ha messo in risalto come “la situazione dell’Umbria sia sovrapponibile a quella di altre Regioni e che comunque nei mesi di luglio e agosto 2021 si è riusciti a recuperare un gran numero di prestazioni superando il livello pre- pandemia e quindi quello del 2018-19”.  
“Durante la pandemia – ha aggiunto – la Regione ha centrato gli obiettivi dimostrando una forte resilienza (fonte Mes Sant’Anna –Pisa) garantendo l’attività di screening che non ha subito interruzioni nel 2020 e 2021, così come, non hanno subito interruzioni, dalla ripresa delle attività (estate 2020) le vaccinazioni obbligatorie. Tutto ciò – ha ricordato Braganti –  mentre dal 28 dicembre 2020 sono iniziate le vaccinazioni covid che hanno fortemente impegnato i professionisti”.  
Il direttore Braganti ha poi aggiunto che “l’analisi delle prestazioni erogate nel primo semestre del 2021 ha permesso di studiare la capacità produttiva delle aziende sanitarie e, conseguentemente, pianificare le attività di recupero delle prestazioni non erogate e da erogare.  Il 75-80 per cento delle prestazioni sono riferibili a 19 specialità con criticità e problematiche diverse. Il lavoro di programmazione ha evidenziato che 9 specialità avevano la capacità di riorganizzare i servizi per recuperare le prestazioni in maniera autonoma con un impatto neutro sull’organizzazione. Le restanti dieci specialità sono state oggetto di programmazione specifica con interventi mirati per programmare il recupero delle prestazioni da erogare in un tempo limite (primo quadrimestre 2022)”.
Le azioni immediate puntano a una riduzione dei tempi di esecuzione delle prestazioni specialistiche con ritorno al passo pre-COVID compatibilmente con l’andamento dell’epidemia e sempre mantenendo le misure di sicurezza, alla prenotazione obbligatoria da parte dello specialista nei casi in cui ritenga necessari ulteriori esami diagnostici e nella programmazione dei controlli (agende di II° livello), al miglioramento dell’integrazione tra aziende ospedaliere e sanitarie delle agende CUP di I° livello, alla cancellazione dall’elenco dei percorsi di tutela degli utenti che rifiutano l’appuntamento proposto.
Tra le azioni immediate è prevista l’attivazione un tavolo regionale con un approccio di gestione per i progetti conformemente a quanto previsto anche nel Piano sanitario e l’aumento dell’offerta specialistica, sia ricorrendo all’apertura serale/prefestiva/festiva, sia acquistando prestazioni dalle strutture private convenzionate.
 “In una Regione come l’Umbria con una popolazione che conta una forte percentuale di persone anziane   – ha detto la presidente Tesei che ha concluso l’incontro – è molto importante che il sistema sanitario possa contare su una rete territoriale che garantisca la presa in carico del paziente pianificando visite e controlli periodici soprattutto per i pazienti con patologie croniche. Ciò evita accavallamento delle prestazioni da una parte, ma anche disservizi. Quello delle liste di attesa – ha aggiunto la presidente –  è un argomento molto sentito dai cittadini perché afferisce al tema della salute, sul quale abbiamo fatto chiarezza, analizzando le cause per poi trovare delle soluzioni, anche se va ricordato, che durante la pandemia l’attività non si è mai fermata”.
In chiusura la presidente ha voluto ricordare che ancora l’emergenza sanitaria non è finita “che se anche l’Umbria in questo momento dal punto di vista epidemiologico è in una situazione di stabilità, è necessario continuare a mantenere tutte le misure di prevenzione e ha rinnovato l’invito alla vaccinazione”.




La Regione approva il piano degli interventi di consolidamento da 3 milioni di euro per Orvieto e Todi

La giunta regionale ha approvato, su proposta dell’assessore ai lavori pubblici Enrico Melasecche, il piano triennale degli interventi di consolidamento, manutenzione e salvaguardia dei territori interessati da fenomeni franosi nei Comuni di Orvieto e Todi. Si tratta in totale di 3 milioni di euro per tre anni che fanno parte degli Accordi di Programma tra la stessa Regione e i Comuni interessati e vanno a valere sulla risorse messe a disposizione dalle legge n. 160 del 27/12/2019, “salvaguardia del patrimonio paesistico, archeologico, storico ed artistico delle città dai movimenti franosi attuali e potenziali”

“In sostanza – ha affermato Melasecche – abbiamo dato attuazione all’Accordo di Programma sottoscritto nel giugno 2020 tra la Regione Umbria e i Comuni di Orvieto e Todi che prevede la ripartizione dei fondi nella misura del 55% al Comune di Orvieto e del 45% al Comune di Todi. I due comuni ci hanno trasmesso i piani che prevedono gli interventi da effettuare nel triennio 2020-2022 con l’indicazione delle operazioni da eseguire e i relativi cronoprogrammi annuali e la giunta regionale li ha approvati. Ovviamente – ha concluso Melasecche – con la necessaria comunicazione al Ministero della Transizione ecologica ed all’Autorità di Distretto del Bacino dell’Appennino Centrale, per consentire una rapida effettuazione di interventi che sono molto importanti per la difesa dei territori di Orvieto e Todi”.




Preadottato in giunta regionale il Piano Sanitario Regionale, meno distretti e sanità in rete

“Un Piano sanitario che arriva dopo 10 anni e che tiene conto di tutte le modifiche innovative introdotte dal decreto ministeriale n. 70 del 2015 che era stato recepito, ma non inserito in una programmazione scritta”: riassume così l’assessore alla Salute della Regione Umbria, il Piano sanitario 2021- 2025, preadottato dalla giunta regionale per poi avviare l’iter di partecipazione fino all’approvazione definitiva da parte dell’Assemblea legislativa.  
“Nel nuovo Piano dal titolo ‘Umbria, la salute al centro’ – ha spiegato l’assessore Coletto – non si parla solo del sistema sanitario, ma c’è un forte collegamento con l’ambito socio- sanitario, con l’obiettivo finale di migliorare le prestazioni erogate in ambito socio- sanitario, in particolare quelle legate ai Livelli essenziali di assistenza”.
Tra le novità introdotte di rilievo è la diminuzione del numero dei distretti sociosanitari, che da 12 diventeranno 5, “ma questo non va visto come una penalizzazione – garantisce l’assessore Coletto –  visto che i distretti saranno inglobati pur mantenendo la loro identità. Il cambiamento infatti, ha solo lo scopo di accorciare la catena di comando per rendere più agevole il governo”.
Le aziende ospedaliere invece rimarranno 2, così come due saranno ancora le aziende sanitarie territoriali, “anche se questa decisione – prosegue l’assessore –  è in mano al Consiglio regionale”.
I fondi del PNRR verranno utilizzati anche per la revisione e l’implementazione della rete territoriale, privilegiando la costituzione di Case e Ospedali di Comunità prioritariamente attraverso la riconversione di strutture esistenti, tenendo conto della distribuzione demografica della popolazione ed a seguito di processi di concertazione.
Tra le novità ci sono anche l’introduzione di servizio di verifica sia contabile che tecnico scientifico e la Commissione regionale per la valutazione degli investimenti che stabilirà l’opportunità degli acquisti per importi superiori a 200 mila euro.
La peculiarità di questo Piano come detto, è l’integrazione socio sanitaria che si articola negli ultimi 5 capitoli dedicati proprio a questo ambito.  
Storicamente – è scritto nel piano – il nostro sistema di welfare si è sviluppato su filiere parallele, separate per competenze (il sociale, il sanitario, educativo, lo scolastico, il lavoro, etc.), incentrate sulla logica del bisogno e sull’offerta di risposte diversificate per categorie, aree di intervento, età delle persone, livelli di gravità. Porre al centro della programmazione regionale i bisogni dei cittadini ed i loro diritti impone un suo ripensamento fondato sul protagonismo della persona, considerata nella sua unitarietà.
Di fronte a bisogni sempre più complessi e articolati, anche a seguito dell’emergenza Covid 19, è necessario rafforzare la governance complessiva, puntando sull’integrazione delle politiche, dei servizi, degli interventi, delle risorse e sulla valorizzazione del capitale relazionale, al fine di accrescere la qualità della vita nelle comunità locali.
Obiettivo strategico della nuova programmazione regionale è quello di superare l’attuale frammentazione e settorializzazione, attraverso un rafforzamento della programmazione integrata, del monitoraggio e della valutazione.
Il consolidamento ed il rafforzamento dell’integrazione sociosanitaria si inserisce, quindi, in un percorso virtuoso volto ad evitare duplicazioni di interventi, ad un uso più efficiente ed efficace delle risorse professionali e finanziarie, alla prontezza, appropriatezza e continuità delle risposte a vecchi e nuovi bisogni puntando, nel contempo, sulla prevenzione.
Per meglio orientare l’attuazione di politiche volte ad incentivare pratiche di innovazione sociale si rende necessaria una revisione dei percorsi di autorizzazione e di accreditamento delle strutture operanti nel sociale, con particolare riferimento alle prestazioni sociali a rilevanza sanitaria, cioè tutte le attività che hanno l’obiettivo di supportare la persona in stato di bisogno.
Gli ambiti del sociale e del sanitario, seppur distinti per settori di attività, andranno riallineati entro un quadro di integrazione e innovazione, così come anticipato nel documento del 2020 “Riorientare l’azione regionale nelle politiche sociali in Umbria”.




Rapporto MediaCom043, aumentano i depositi bancari in Umbria e Orvieto ancora “comune più liquido” della Regione

Il risparmio umbro sempre più liquido, nel 2020 ulteriore crescita dei depositi bancari del 13% (+1,616 miliardi di euro), che ha portato i depositi bancari complessivi umbri a quota 14,046 miliardi di euro. E la tendenza prosegue anche nel 2021, nonostante i venti di ripresa, che dovrebbero aiutare nel dirigere una quota maggiore del risparmio verso le attività economiche: ad agosto 2021, infatti, la mole dei depositi bancari (quindi risparmio liquido o ultraliquido, che alcuni definiscono ‘ozioso’ perché almeno per una parte non marginale non si dirige a finanziare la crescita e lo sviluppo economico-sociale), comprendendo anche i dati di Cassa depositi e prestiti è arrivata a oltre 2mila miliardi di euro e a 20,923 miliardi in Umbria. È probabile che, se la ripresa economica si consoliderà, e con essa il miglioramento dei risultati economici delle aziende, una parte di questa liquidità parcheggiata nei depositi bancari si muoverà verso strumenti finanziari che portano il risparmio verso gli investimenti delle imprese, con rese più interessanti di quelle degli ultimi anni. Ma, al momento, questa svolta non c’è. O meglio c’è ma è ancora troppo debole. Nel senso che, almeno per i depositi delle imprese, che si sono gonfiati grazie ai prestiti bancari a buon mercato – visti bassissimi tassi di interesse – e per di più garantiti dallo Stato grazie ai provvedimenti presi dal Governo durante la pandemia da Covid, si nota un inizio di scongelamento di questa liquidità. Ma è ancora poco per poter parlare di vera svolta, che comunque potrebbe manifestarsi già nei prossimi mesi.

Un passaggio importante: basti pensare che, se solo il 10% dell’ammontare disponibile dei risparmi privati detenuto in depositi in Italia (al netto dei prestiti bancari siamo a circa 275 miliardi di euro) venisse investito in strumenti finanziari a favore delle Pmi si potrebbero mettere in circolo circa 27,5 miliardi di euro, mentre con la stessa percentuale del 10% in Umbria (dove al netto dei prestiti bancari il risparmio ‘ozioso’ è di circa 2,02 miliardi di euro) si potrebbero mettere in circolo oltre 200 milioni di euro. Il tutto con effetti moltiplicati sull’economia e quindi sullo sviluppo economico e sociale.

Quanto ai singoli comuni umbri, nel 2020 le crescite più elevate dei depositi bancari (in questi non è compresa Cassa depositi e prestiti) sono state registrate a Marsciano, Città di Castello, Acquasparta, Gualdo Tadino e Bastia Umbra, mentre Orvieto – nonostante una bassa crescita dei depositi nel 2020 – resta il comune umbro con il livello più elevato di depositi per abitante, quindi il comune più ‘liquido’, seguito da Perugia, Norcia, Città della Pieve e Magione.

Sintesi del Rapporto

La pandemia non ha fermato la crescita – anzi l’ha spinta ulteriormente – dei depositi bancari degli umbri (famiglie e imprese), che nel 2020 sono aumentati di un altro 13%, arrivando alla cifra ‘monstre’ di 14,046 miliardi di euro (escludendo i dati di Cassa depositi e prestiti), con un incremento di 1,616 miliardi rispetto al 2019, dimostrando che famiglie e imprese della regione hanno aumentato ancora la loro preferenza per la liquidità, parcheggiando il risparmio in strumenti liquidi o facilmente liquidabili come conti correnti o comunque investimenti finanziari diretti a breve, a significare la permanenza di un clima di incertezza. E se la crescita maggiore dei depositi bancari nel 2020 in termini percentuali è avvenuta a Marsciano, Città di Castello, Acquasparta, Gualdo Tadino e Bastia Umbra, continua ad essere Orvieto il comune umbro più ‘liquido’, ossia che presenta il valore più elevato a livello di depositi bancari medi per abitante, neonati e ultracentenari inclusi. Subito dopo Orvieto, sempre per depositi bancari pro capite, ci sono Perugia, Norcia, Città della Pieve e Magione. L’incremento è stato più forte in provincia di Perugia (+13,4%) che in quella di Terni (+11,3%).

È il quadro che emerge dai dati forniti a livello comunale dalla Banca d’Italia ed elaborati dall’Agenzia Mediaco043, diretta da Giuseppe Castellini, che in sostanza evidenziano un’età dell’incertezza che spinge famiglie e imprese umbre (ma anche italiane) a tenere il risparmio fermo, ‘ozioso’, sia a scopo precauzionale sia perché il rapporto rischio/rendimenti è ritenuto troppo elevato per allocare diversamente questa mole di denaro. Il tutto facilitato da un’inflazione bassissima che non fa perdere valore reale al risparmio, benché detenuto in strumenti a breve che non rendono nulla e che, si considerano i costi di gestione, spesso danno addirittura un rendimento negativo, per quanto in forma leggera.

Un quadro di incertezza e timore dettato certamente dalla pandemia da Covid-19 (i dati della Banca d’Italia fotografano infatti la situazione al 31 dicembre 2020), ma non solo, perché anche negli anni pre-pandemia in Umbria e in Italia c’è stato un continuo incremento dei depositi bancari, frutto di un’economia stagnante quando non declinante, con il risparmio che si è rinserrato nel fortino della liquidità, invece che andare ad alimentare la crescita e lo sviluppo (in Italia siamo arrivati ad agosto 2021, ultimo dato che fornisce Banca d’Italia, a oltre 2mila 041 di euro di depositi bancari). Tanto per dare qualche numero, nel 2018 in Umbria i depositi bancari erano già al livello altissimo di 11,72 miliardi di euro, per poi passare a 12,43 miliardi nel 2019 e appunto a 14,05 miliardi di euro nel 2020.

Un’accelerazione che, almeno per quanto riguarda le imprese, è anche frutto della mole di liquidità a buon mercato (anzi, a ottimo mercato) immessa dalla Bce, che, con l’aggiunta più recentemente della garanzia statale su tali prestiti – ha spinto non poche aziende a prendere denaro in prestito visto che costa assai poco, sia per avere una scorta di liquidità con cui affrontare eventuali imprevisti, sia per essere pronti ad avere risorse immediate per investimenti qualora la ripresa economica fornisse nuove opportunità. La speranza è che, con la ripartenza post Covid, questa montagna di risparmio ‘congelato’ inizi a scongelarsi, transitando verso le attività produttive per produrre crescita e sviluppo. Ma ancora, almeno stando ai dati di agosto 2021 di Bankitalia, questo segnale non c’è. O meglio c’è ma è ancora troppo debole. Nel senso che, almeno per i depositi delle imprese, che si sono gonfiati per i motivi citati sopra, si nota un inizio di scongelamento di questa liquidità. Ma è ancora poco per poter parlare di vera svolta, che comunque potrebbe manifestarsi già nei prossimi mesi. Complessivamente, comunque, finora la liquidità detenuta nei depositi bancari nel 2021 ha continuato a crescere mese dopo mese, nonostante la marcata ripresa economica.

Un passo indietro

Un’analisi completa della situazione dovrebbe disaggregare i depositi bancari per tipologia della clientela (imprese non finanziarie, famiglie consumatrici, famiglie produttrici e così via) e mettere a confronto i depositi con i prestiti, valutando così meglio l’entità effettiva della ‘bolla’ dei depositi ‘oziosi’, che non si trasformano in risorse per gli investimenti del settore produttivo. Ma analisi del genere comportano uno o due Rapporti a sé stante, che produrremo ma non in questa sede per non appesantire troppo l’esposizione. Su questi fronti, al momento, basti dire alcune cose per avere un quadro di riferimento:

  1. La crescita dei depositi bancari in Italia non si è fermata nel 2021, nonostante i venti di ripresa economica. In Italia i depositi bancari, al 31 agosto 2021, ammontano a oltre 2mila 041 miliardi di euro, +104,84 miliardi rispetto ad agosto 2020 (+5,4%) e +208,12 miliardi di euro (+11,4%) rispetto ad agosto 2019, mentre negli ultimi cinque anni (agosto 2021 – agosto 2016) i depositi sono cresciuti di 355,383 miliardi (+21,1%). In questo quadro, l’incremento percentuale maggiore è stato quello dei depositi delle imprese (comprese le famiglie produttrici, ossia le piccole e piccole e piccolissime imprese), a conferma dell’ipotesi che almeno una parte importante di questa crescita derivi da prestiti accesi dalle imprese con le banche – visti i bassi tassi di interesse e anche, più di recente a causa della pandemia, dalla garanzia statale su tali prestiti – e poi tenuti fermi come scorta di liquidità disponibile per investimenti futuri. Crescono comunque anche i depositi delle famiglie consumatrici.
  2. Per quanto riguarda l’Umbria, neanche nella regione la crescita economica registrata nel 2021 ha frenato l’aumento dei depositi bancari. Ad agosto 2021 questi ammontano in Umbria a 20,493 miliardi di euro, +1,687 miliardi (+9,8%) rispetto ad agosto 2020, quindi assai più della media nazionale (+5,4%). Tra il 2021 e il 2019 i depositi bancari umbri sono cresciuti di 3,248 miliardi di euro (+18,4%), anche in questo caso ben più della media nazionale. Negli ultimi 5 anni (2021-2016) la crescita dei depositi bancari in Umbria è stata di quasi 5 miliardi di euro, pari a +31,4% (media nazionale +21,1%). Anche in Umbria si nota che l’aumento percentuale maggiore spetta ai depositi delle imprese (tra 2021 e 2019 +43%), mentre quelli delle famiglie consumatrici aumentano meno rispetto alla media nazionale.

L’andamento dei depositi bancari in Umbria (totale e pro capite) comune per comune

  1. Come si può vedere dalla Tabella 1, in Umbria i depositi bancari sono aumentati tra il 2019 e il 2020 di 1,62 miliardi di euro, pari a +13%. L’incremento maggiore in provincia di Perugia (+13,4%) rispetto a quella di Terni (+11,3%). Da notare che in nessun comune umbro si evidenzia il segno meno, anche se i tassi di crescita dei depositi tra comune e comune sono molto diversificati.

A livello di singoli comuni, nel 2020 in termini di crescita percentuale dei depositi bancari rispetto al 2019 in testa sono Marsciano (+28%, +43 milioni di euro), Città di Castello (+27,8%, 174,4 milioni), Acquasparta (+23,3%, +13,9 milioni), Gualdo Tadino (+27 milioni) e Bastia Umbra (+19,8%, +70,7 milioni di euro). Seguono Foligno (+18,4%), Giano dell’Umbria (+17,9%) e Gubbio (+17,8%). La ‘top ten’ è completata da Deruta (+16,9%) e Norcia (+16,4%).

A ben guardare, il primato della crescita dei depositi bancari avviene nel 2020 per il gruppo indistinto dei ‘comuni riservati’ (si tratta di quei comuni in cui operano meno di tre sportelli bancari), in cui i depositi aumentano del 36,6% (+268,6 milioni di euro).

In coda per crescita Castiglione del Lago (+2,5%), Orvieto (+3,3%, pari a +17,7 milioni), che comunque come vedremo mantiene il prato di municipio umbro con il livello più elevato di depositi pro capite, Nocera Umbra (+9,4%), Spoleto (+9,5%) e Fabro (+9,7%).

Sotto la media la crescita dei depositi a Perugia (+10,1%, contro +13% della media regionale), che comunque mantiene il secondo posto per quanto riguarda i depositi per abitante, mentre Terni marca +13,3%.

  • Nonostante una bassa crescita – rispetto alla media regionale (tabella 2) – dei depositi bancari per abitante nel 2020, Orvieto mantiene il primato di comune più ‘liquido’ della regione, con 27mila 352 euro di depositi per abitante, lattanti e ultracentenari inclusi. Seguono Perugia (26mila 928 euro per abitante), Norcia (25mila 2917), Città della Pieve (23mila 974) Magione (21mila 388). Completano la ‘top ten’ Panicale (21mila 274), Città di Castello (20mila 888), Giano dell’Umbria (20mila 547), Fabro (20mila 406) e Bastia Umbra (20mila 055).

Da notare che, sul fronte dei depositi bancari per abitante, il comune di Perugia (26mila 928 euro) surclassa quello di Terni (14mila 993). In sostanza, per ogni 100 euro di depositi bancari di Terni a Perugia ce ne sono 179,6.

In media, anche la provincia di Perugia è assai più ricca di liquidità rispetto a quella di Terni: 17mila 337 euro contro 13mila 046.

In coda, sempre in termini di depositi per abitante, ci sono Nocera Umbra (6mila 705), Amelia (7mila 789), Narni (9mila750), Gualdo Tadino (10mila 049), Passignano (10mila 735). I ‘comuni riservati’, nonostante la netta crescita dei depositi bancari nel 2020, si attestano a una media di depositi per abitante assai bassa: 6mila 705 euro.

Per dare un’idea delle notevoli differenze, basti fare i confronto tra la prima e l’ultima della classifica: per ogni 100 euro di depositi bancari esistenti a Nocera Umbra, a Orvieto ce ne sono 351,2.

  • La Tabella 3 riprende i dati della Tabella 2 sui depositi bancari in ciascun comune umbro e li mette a confronto con la media regionale, in modo che la graduatoria diventi ancora più chiara. Emerge, ad esempio, che nel 2020, per ogni 100 euro di depositi bancari per abitante esistenti nella media umbra, ad Orvieto ne esistono 168,4, a Perugia 165,8, a Norcia 155,3, a Città della Pieve 147,6, a Magione 131,7 e così via. Da rilevare che il comune di Terni è sotto la media regionale (una un indice di 92,3 fatta 100 la media regionale).

In coda, Nocera Umbra ha un indice di depositi per abitante di 48, quindi oltre la metà della media regionale, Amelia di 52,7, Narni di 60 e così via.

A livello provinciale, l’incide della provincia di Perugia (106,8) è sopra la media regionale, mentre quello della provincia di Terni è assai sotto (indice 80,3).




Crisi Vetrya, in consiglio regionale Fioroni risponde a Paparelli, “siamo pronti ad aprire un confronto”

Nella seduta del consiglio regionale del 9 novembre durante la sessione di question time si è parlato della crisi di Vetrya su sollecitazione del consigliere regionale del Pd, Fabio Paparelli che ha presentato un’interrogazione a risposta immediata firmata anche da Bori e Meloni sempre del PD.

Paparelli ha evidenziato la preoccupazione per l’evolversi della situazione nell’azienda di orvieto con il “consiglio di amministrazione che ha approvato al convocazione dell’assemblea dei soci per lo scioglimento e la messa in liquidazione della società, con cessazione delle attività, ad eccezione delle aree e direzioni da proseguire. Il Cda ha inoltre deliberato di approvare la prosecuzione delle attività finalizzate a verificare la sussistenza dei presupposti per l’accesso a procedura di concordato preventivo”. L‘assemblea straordinaria degli azionisti è convocata per il 10 novembre in prima convocazione e per l’11 in seconda convocazione. “Quella definita dalla stessa Vetrya – ha proseguito Paparelli – una rilevantissima perdita di fatturato, ha innescato una crisi aziendale che si è palesata solo di recente, e che porterà probabilmente ad una drastica riduzione del personae delle attività dismesse, esponendo gli attuali 130 dipendenti, per la maggior parte impiegati presso la sede di Orvieto, già colpiti nei mesi scorsi da esodi e cassa integrazione, al rischio concreto di licenziamento, con conseguenze occupazionali e sociali molto significative per il comprensorio”. Puntuali le richieste alla giunta, “quali iniziative sono state previste per tutelare i lavoratori che vedono messa in pericolo la loro occupazione. Se la Regione è stata messa a conoscenza della crisi aziendale e siano mai stati attivati tavoli di crisi in tal senso. Se è mai giunta la richiesta di tavoli regionali o nazionali da parte dell’azienda o delle parti sociali. Se, in particolare, l’assessore regionale allo sviluppo economico abbia valutato l’opportunità di un tavolo di confronto regionale tra le parti, tenuto conto che l’ordinamento regionale prima e quello nazionale poi, hanno introdotto gli strumenti di allerta e di prevenzione della crisi d’impresa, in vista della tempestiva adozione delle misure idonee a superarla o regolarla. La Giunta chiarisca, infine, se ha già avviato un percorso di verifica e stima di eventuali perdite derivanti da partecipazioni indirette a valere sul capitale dell’azienda in questione o sulla base delle garanzie accordate dal sistema finanziario regionale”.

Ai quesiti posti da Paparelli ha risposto l’assessore Michele Fioroni, “si tratta di una vertenza che è saltata alla ribalta in maniera improvvisa sul tavolo regionale, anche se segnali di flessione dei ricavi si erano evidenziati già nel 2019 e nel 2020, seppure non in percentuale così elevata. a fronte dell’attivazione formale da parte dell’azienda della procedura di licenziamento collettivo di 35 dipendenti, al voler ricorrere alla procedura concorsuale che consenta la continuità aziendale, la Regione si è attivata per la convocazione di un tavolo, che si terrà il prossimo 16 novembre, con proprietà e associazioni sindacali per l’esame della situazione. Abbiamo provveduto a verificare la posizione diretta ed indiretta della Regione sul capitale di Vetrya, risultata estremamente marginale”. Sui conti avevamo acceso un faro già lo scorso 30 gennaio quando fu presentato l’aggiornamento del piano industriale da parte della stessa azienda, (vedi articolo del 30 gennaio u.s.).

Sempre Fioroni continua, “riserviamo la massima attenzione, in atto sin dalla prima pubblicazione della semestrale dei primi di luglio, dove si evidenziava già una contrazione del fatturato estremamente forte a cui si associa una contrazione estremamente rilevante anche della redditività aziendale. A seguito di quanto emergerà nell’assemblea dei soci, nel tavolo del 16 novembre provvederemo ad analizzare tutti i possibili strumenti da mettere in campo per garantire la tenuta occupazionale, per eventuali percorsi di continuità di reindustrializzazione laddove si dovessero rendere possibili e per l’individuazione di ammortizzatori sociali, mettendo a disposizione tutti gli strumenti di politiche attive del lavoro per accompagnare anche eventuali nuovi investitori o per garantire ed agevolare la ricollocazione dei lavoratori presso altre imprese“.

Alla risposta di Fioroni è seguita la replica del consigliere Paparelli, “questa azienda veniva portata ad esempio per i caratteri di innovazione e modernità, ci ritroviamo improvvisamente con 35 licenziamenti a cui potrebbero aggiungersene altri, perdite di fatturato del 78%, un concordato in itinere. Rilevo che, visto che la Regione era a conoscenza dei dati del primo semestre e delle annualità precedenti, forse il tavolo doveva essere convocato già qualche mese fa. Auspichiamo tuttavia che dal prossimo confronto si possa fare chiarezza sulla situazione aziendale e sull’occupazione. Il fatto che Gepafin abbia tenuto qualche azione simbolica consente di poter partecipare al processo decisionale in itinere. In questo modo la Regione potrà monitorare la situazione”.




CUP a singhiozzo l’11 novembre per il concorso di assunzione di 100 lavoratori

Umbria Salute e Servizi comunica che giovedì 11 novembre si svolgeranno le selezioni pubbliche per l’assunzione a tempo indeterminato di oltre 100 addetti al front-office CUP, necessarie a garantire servizi migliori alla popolazione e posti di lavoro stabili ai vincitori. Avendo riscontrato la partecipazione alle selezioni di numerosi operatori attualmente impiegati nelle diverse sedi del CUP regionale, Umbria Salute e Servizi informa che non sarà possibile garantire la piena funzionalità del contact center NUS 800636363 e 800192835 e l’attività degli sportelli CUP fisici risulterà rallentata o sospesa in alcune sedi.

Le variazioni dell’attività dei singoli sportelli CUP verranno comunicate nei prossimi giorni. Si chiede pertanto ai cittadini di privilegiare il canale del CUP online https://cup.regione.umbria.it/cup/ e, per quanto possibile, di non recarsi agli sportelli CUP giovedì 11 novembre, provvedendo ad compiere le eventuali prenotazioni o i pagamenti del ticket in un’altra giornata.

Nello specifico, durante la mattina dell’11 novembre si svolgeranno le prove per 8 posti riservati alle categorie di cui alla Legge 68/1999, con oltre 50 candidati. Nel pomeriggio si svolgeranno le selezioni per 101 posti di addetti al front-office CUP, con oltre 380 candidati.

Umbria Salute e Servizi si scusa per gli eventuali disagi arrecati e ringrazia sin da ora i cittadini per la comprensione e la collaborazione.




La Regione Umbria punta tutto sull’agricoltura moderna e sostenibile

“Maggiore competitività delle imprese agricole e di trasformazione, un’agricoltura sempre più moderna e capace di crescere con attenzione alla sostenibilità, un deciso ricambio generazionale con l’ampliamento del numero delle imprese condotte da giovani: sono le scelte qualificanti che la Regione Umbria ha compiuto nell’impegnare i 285 milioni di euro a disposizione per il biennio 2021-2022 del Programma di sviluppo rurale, con l’obiettivo di imprimere una forte spinta a un comparto primario che guarda con fiducia al futuro e punta a valorizzare il suo ruolo attraverso le eccellenze e la qualità che lo contraddistinguono”. Lo ha affermato l’assessore regionale all’Agricoltura, Roberto Morroni, illustrando come verranno impegnati i contributi assegnati per il biennio di transizione del Psr a favore del territorio, con particolare riguardo alle risorse ordinarie Feasr e ai due nuovi “salvadanai” rappresentati dalle risorse Euri, provenienti dal pacchetto Next Generation Eu a sostegno del rilancio e della resilienza post pandemia, e dal finanziamento nazionale integrativo a seguito della trattativa sui criteri di riparto dei fondi Feasr in sede di Conferenza Stato-Regioni.

Alla conferenza stampa, che si è svolta a Palazzo Donini, hanno preso parte il direttore regionale, Luigi Rossetti, e l’Autorità di gestione del PSR, Franco Garofalo.

 “Abbiamo risorse per incidere in modo significativo su competitività e sviluppo, azioni per l’ambiente e il clima – ha detto l’assessore – Possiamo contare, infatti, su 285 milioni di euro suddivisi in tre direttrici: circa 232 milioni di euro di risorse Feasr, quasi 34 milioni di risorse Euri e 19 milioni di finanziamento nazionale integrativo, una compensazione in attivo rispetto alle penalizzazioni che sarebbero derivate dalla revisione dei criteri di riparto dei fondi Feasr ottenuta – ha rimarcato – grazie al lavoro positivo svolto dalla Regione Umbria insieme ad altre 5 Regioni. Sale così a 1,214 miliardi di euro la dotazione del Programma di sviluppo rurale per l’Umbria nel periodo 2014-2022”.

 “Risorse che indirizziamo verso un’agricoltura sostenibile sul piano ambientale, economico e sociale – ha aggiunto l’assessore – proseguendo in maniera virtuosa nella strada intrapresa nei mesi scorsi con la firma del Patto per la sostenibilità e del Protocollo d’intesa per attività di prevenzione e contrasto del lavoro irregolare e del caporalato”.  

Tre i filoni in cui saranno impiegati i 232 milioni di risorse ordinarie: 96 milioni per ambiente e clima (biologico, agroambiente, indennità compensativa e forestazione); 13 milioni per la misura Leader, strategia di sviluppo locale attuata dai Gal; 123 milioni per il rafforzamento di bandi a sostegno di Investimenti aziendali, Trasformazione, Giovani, Filiere, Start-up e per l’avvio di nuovi bandi in settori strategici: Formazione, Consulenza, Servizi alla popolazione, Benessere degli animali, Filiere (tartufo, luppolo).

 “Abbiamo aperto il terzo bando per gli investimenti delle imprese agricole, con la misura 4.1 – ha evidenziato l’assessore – aggiungendo 23 milioni di euro agli 11 iniziali. Allo stesso tempo, rafforziamo con altri 16 milioni il bando a sostegno degli investimenti delle imprese di trasformazione, che aveva una dotazione iniziale di 9 milioni. In totale, sono oltre 50 i milioni di euro per dare impulso allo sviluppo delle imprese”. Rilevante il sostegno ai giovani agricoltori: “il ricambio generazionale è fondamentale per affrontare il futuro dell’agricoltura. Con ulteriori 5 milioni di euro, in aggiunta ai 7 del terzo bando a sostegno dell’insediamento dei giovani agricoltori, soddisferemo tutte le domande presentate. Altri 6 milioni, a valere sulle risorse Euri, vengono destinati ai giovani che operano nel biologico”.

L’assessore Morroni ha spiegato, inoltre, la riapertura del bando per il benessere animale, con 10 milioni di euro per il biennio 2021-2022, e l’ulteriore stimolo alle filiere: “a breve sarà attivato il bando a sostegno della filiera del tartufo e seguirà quella del luppolo. Intanto è già attivo, con l’Umbria prima Regione in Italia, il bando a sostegno della filiera olivicola, con l’intento di irrobustirla e promuovere una produzione di straordinario rilievo per il territorio”.

Quanto al riparto delle risorse Euri, Morroni si è soffermato sui 13 milioni di euro destinati a bandi a sostegno di aziende agricole e di trasformazione per macchine, attrezzature, impianti “a bassissima emissione o zero emissioni, per imboccare con decisione la strada dell’innovazione tecnologica e della sostenibilità ambientale”.  Oltre ai 6 milioni di euro per nuovi insediamenti di giovani agricoltori in aziende biologiche, i restanti 13 milioni vengono ripartiti per agricoltura biologica e per sostegni alle attività “in zone montane al di sopra dei 600 metri di altitudine e zone soggette a vincoli naturali significativi, rimaste senza aiuti nel periodo di revisione dei criteri di classificazione”.

Altro segnale importante viene dalle scelte sui 19 milioni del finanziamento integrativo nazionale: “abbiamo orientato le risorse – ha dichiarato Morroni – in favore dei giovani agricoltori, con il finanziamento delle domande non ancora soddisfatte dei primi due bandi”.   Insieme agli interventi del Psr, l’assessore Morroni ha ricordato, infine, le misure per il sostegno del vino, con risorse dell’Ocm Vino e del bilancio regionale: “Per la promozione sui mercati extra Ue, abbiamo destinato 820mila euro, di cui 120mila dalle casse regionali, e circa 3 milioni per gli investimenti delle imprese vitivinicole, di cui 1,6 milioni per nuovi investimenti. La Regione – ha concluso – riserva grande considerazione al mantenimento di un forte tratto identitario e alla sua brandizzazione”.

 




Allarme del Comitato pendolari, se non interviene la Regione i biglietti dei treni su del 6,6% da gennaio 2022

Il Comitato dei Pendolari Umbri è molto preoccupato per l’avvicinarsi del 2022 che porterà, salvo diverse indicazione da parte della Regione, ad un aumento dei biglietti dei treni del 6,6% e del trasporto pubblico su gomma. Le lettera è stata inviata alla presidente Tesei e all’assessore Melasecche per chiedere che venga almeno congelato per un periodo congruo così come deliberato dalla Regione Liguria per l’aumento previsto già quest’anno. Nel 2021, ricorda il Comitato, i biglietti sono “lievitati” del 6,8% come hanno potuto notare i lavoratori e gli studenti che sono tornati sui treni alla fine del lockdown più duro.

Di seguito il testo della lettera inviata a Tesei e Melasecche.

Lo scrivente Comitato Pendolari Umbri, in quanto soggetto esponenziale di interessi di rilevanza sociale nell’ambito del trasporto pubblico, in accordo con i rappresentanti trasporti delle associazione dei consumatori presenti al tavolo dei trasporti ferroviari in Umbria, Confconsumatori Umbria e Federconsumatori Terni, intende, con la presente, ritornare sulla questione dell’aumento delle tariffe ferroviarie, previsto dal 1° gennaio 2022, così come da contratto di servizio 2018-2032 sottoscritto tra Regione Umbria e Trenitalia SpA Trasporto Regionale, in quanto, a tutt’oggi, non si è avuto alcun riscontro dalle SS.VV. alla nostra nota inviata in data 10 maggio 2021, in calce alla presente.

Innanzitutto, ci permettiamo di rappresentare che, come riportato dal contratto stesso all’articolo 13 (politiche tariffarie), comma 4 punto b, per l’anno 2022 l’aumento sarà del 6,6%, così come sarà del 6,2%, a relativamente all’anno 2023, per poi stabilizzarsi definitivamente al 4% negli anni dal 2024 al 2032, mentre per l’anno corrente è stato del 6,8%.

Inoltre, nello stesso, è anche scritto: “gli incrementi delle tariffe sono paritetici per quelle regionali e sovraregionali, nonché integrate, e sono automaticamente applicati da Trenitalia, salvo deliberazione contraria da parte della Regione”.  Per questo, vista la grave situazione economica, causata dalla pandemia da Covid-19, si è richiesto, nella nota sopracitata, il congelamento dell’aumento atteso dal gennaio prossimo, poiché di fatto andrebbe, ulteriormente, a gravare sulle moltissime persone, che quotidianamente si spostano con i servizi ferroviari, per motivi di lavoro o studio, sia all’interno che fuori Regione.

Altresì, nella stessa mail, si è chiesto la sospensione degli aumenti, eventualmente contemplati, nel Contratto di Servizio, in proroga, sottoscritto dalla Regione Umbria con Busitalia Sita Nord srl, relativamente ai servizi ferroviari ex-FCU e su gomma.

Si fa presente, per di più, che la giunta regionale della Liguria, ha congelato, su proposta dell’assessore con delega ai trasporti, l’aumento delle tariffe ferroviarie che era previsto, come da contratto con Trenitalia SpA Trasporto Regionale, a inizio del 2021; infatti, detto rincaro è stato rinviato in un primo momento ai primi di maggio, e in seguito differito al primo di ottobre, fino al provvedimento del 28 settembre u.s., che l’ha ulteriormente sospeso fino all’inizio del 2022.

La motivazione principale della decisione presa dalla Regione Liguria è stata proprio la crisi economica innescata dalla pandemia. Pertanto, per quanto sopra esposto, si richiede di conoscere quale misura intenda prendere la Regione Umbria a riguardo.