Tornano a salire i contagi con l’Umbria sopra la media nazionale e Orvieto tocca quota 443 positivi

In pochi giorni la curva dei positivi a Orvieto e in Umbria, più in generale, è tornata a crescere vorticosamente. Il 17 marzo siamo a quota 443 e 3 ricoverati nei reparti ospedalieri. I guariti sono stati 20 contro 21 nuovi contagiati dal virus in 24 ore. E’ allarme? Non proprio, la sottovariante “omicron2” è molto più contagiosa della sua sorella maggiore ma i sintomi sono simili e il decorso è in linea. In pratica chi si è regolarmente vaccinato con le tre dosi rischia molto meno di avere un esito grave e molti positivi sono in quarantena come paucisintomatici e senza apparenti sintomi. E’ chiaro che l’abbassamento della soglia di attenzione ha permesso al virus di rialzare la testa vigorosamente, complici anche le condizioni meteo che fino a pochi giorni orsono erano tipicamente invernali. Del resto la risalita dei casi è comune a tutto il Paese e fra le cause ascrivibili a questa recrudescenza ci sono gli ammorbidimenti delle restrizioni, il periodo delle “settimane bianche” e un forte rallentamento delle vaccinazioni. In particolare si nota a livello italiano una crescita dei ricoveri in età pediatrica proprio per la bassa copertura vaccinale nella fascia fino ai 12 anni. Molti hanno “dimenticato” di effettuare la cosiddetta dose “booster” cioè il terzo richiamo, e questo ha permesso, secondo i medici, al virus di riprendere il largo.

Intanto il governo sta mettendo a punto la road map della fine delle restrizioni che già da aprile prevede lo stop del green pass rinforzato nei ristoranti e nei bar all’aperto, ad esempio. un’iniezione di fiducia che però non deve essere interpretata con un “libera tutti”. Il virus ancora circola, è meno pericoloso se si è vaccinati, ma c’è. Nei Paesi dove hanno tolto le restrizioni, come Gran Bretagna e Danimarca, si sta assistendo a una nuova vertiginosa risalita dei positivi e dei ricoveri così come in Cina che in questi giorni sta cercando di contrastare con nuovi lockdown mirati la peggiore ondata dopo quella storica di Wuhan. Non rimane quindi, che raccomandare di continuare con le attenzioni e le cautele che oramai abbiamo acquisito in questi ultimi anni: igienizzare le mani spesso, utilizzare la mascherina nei luoghi chiusi, sempre e in quelli aperti se in presenza di molte persone e soprattutto vaccinarsi e effettuare i richiami senza rimandare perché i contagi “sono in calo”.




Paparelli, PD, e Pavanelli, M5S, “le dichiarazioni del senatore Candiani (Lega) sulla discarica di Orvieto registrano il fallimento delle Giunta Tesei”

Hanno fatto molto rumore le dichiarazioni del senatore Stefano Candiani sulla discarica di Orvieto.  In effetti sono molto pesanti e stridono con quello che è stato sostenuto dalla giunta regionale a trazione leghista e dalla maggioranza in Comune, che vede il partito di Salvini come azionista di controllo.  Questa dicotomia è stata notata sia da Fabio Paparelli, portavoce di minoranza in consiglio regionale, sia da Emma Pavanelli, senatrice del M5S

In una nota il consigliere del PD Fabio Paparelli dichiara, “le recenti dichiarazioni rilasciate dal senatore della Lega Stefano Candiani, con cui è stata definita la discarica di Orvieto la pattumiera di tutto il centro Italia, ribadiscono ancora una volta l’inadeguatezza e la schizofrenia con cui il partito di Salvini continua a governare la nostra regione”. Continua Paparelli, “solo qualche settimana fa la Giunta Regionale a trazione leghista, ha scelto di inserire proprio la discarica de Le Crete di Orvieto, tra quelle che saranno ampliate ulteriormente, in attesa della realizzazione di un fantomatico termovalorizzatore, che comporterebbe gravi danni e riporterebbe l’Umbria indietro di almeno trent’anni rispetto alle politiche ambientali e di gestione dei rifiuti”.

Sulla stessa linea la senatrice del M5S, Emma Pavanelli, tra l’altro membro della Commissione ambiente di Palazzo Madama. “Il fallimento della giunta regionale umbra a trazione leghista sul nuovo piano dei rifiuti è sotto gli occhi di tutti, anche il senatore Candiani della Lega se ne è accorto. E lo ha manifestato chiaramente ieri, durante l’audizione con il ministro Cingolani sul piano di attuazione del Pnrr in Senato. Se da una parta la Lega Umbria nel suo piano rifiuti indica la strada dell’aumento della capienza delle discariche regionali, incluso quella di Orvieto, dall’altra i suoi vertici in Senato sono radicalmente contrari a queste politiche. E’ un fallimento, ma anche una sorta di commissariamento da parte dei vertici della Lega che confermano l’inadeguatezza di questa Giunta Regionale che ancora oggi, invece di parlare di economia circolare e quindi nuovi posti di lavoro, parla di discariche e di inceneritori”.




Piccola risalita dei casi di covid-19 in tutta la Regione ma calano i ricoveri ospedalieri

La curva epidemica, come pure la media mobile a 7 giorni, in Umbria mostra un trend in aumento rispetto alle settimane precedenti. L’incidenza settimanale mobile per 100.000 abitanti all’8 marzo è pari a 897: questi i dati che emergono dal report elaborato settimanalmente dal Nucleo epidemiologico regionale e resi noti dall’assessore alla Salute, Luca Coletto. L’RDt sulle diagnosi calcolato per gli ultimi 14 giorni con media mobile a 7 giorni aumenta attestandosi ad un valore di 1,48. L’andamento regionale dell’incidenza settimanale mobile per classi di età mostra un trend in leggero aumento per tutte le classi d’età, più marcata nelle classi di età compresa tra 3 e 24 anni. Tutti i distretti sanitari hanno l’incidenza settimanale in aumento ma ancora inferiore a 1.000 casi per 100.000 abitanti.

Rispetto alla settimana precedente si osserva una leggera diminuzione nell’impegno ospedaliero regionale (all’ 8 marzo 140 ricoveri di cui 5 in terapia intensiva), mentre si registrano nella settimana dal 28 febbraio al 6 marzo, 17 decessi. Rispetto alla settimana precedente si registra un aumento della percentuale di positivi sul totale dei tamponi (15.3 %) con un numero di test effettuati paragonabile.

“I dati – ha commentato l’assessore Colettomettono in risalto un aumento dei casi nella fascia della popolazione più giovane compresa tra i 3 e 24 anni, ma va detto che in realtà il numero dei positivi cresce in tutte le età e che i giovani sono decisamente più monitorati anche attraverso la scuola. Gli esperti del CTS e Nucleo epidemiologico regionale – aggiunge Coletto – riconducono l’aumento dei casi positivi a più fattori. Da una parte la diffusione al 60 per cento della variante Omicron2 sicuramente più contagiosa, dall’altra un calo di attenzione di tutti nell’adottare le precauzioni. Quindi, se la maggiore libertà e la ripresa della vita sociale dal punto di vista psicologico, sicuramente fa bene a tutti e in particolare ai giovani, di contro l’aumento dei contagi, visto che il virus continua a circolare, era previsto. Fortunatamente gli indicatori di gravità, quindi ricoveri e occupazione posti in terapia intensiva, non si muovono in positivo”.

L’assessore Coletto ha quindi rinnovato l’invito ad adottare tutte le misure che ormai conosciamo per proteggerci dal virus, sollecitando tutti coloro che “non si sono vaccinati con la terza o prima dose, a farlo al più presto perché i non vaccinati possono sviluppare forme più gravi della malattia prodotta dal virus”.




PrometeOrvieto, “débacle sanità. Quando la sede di governo è lontana”

Alcuni giorni fa, la sindaca Roberta Tardani ha illustrato in un post ciò che significherà per il nostro territorio l’attuazione del nuovo Piano Sanitario e le “magnifiche sorti e progressive” che ci toccheranno, quando l’attuazione della medicina territoriale (date le premesse tra una quindicina d’anni, forse) impedirà di “ingolfare” i servizi dell’ospedale, come augura Tardani.

Noi siamo con la sindaca e auspichiamo che le pressioni sulla Regione portino alle modificazioni necessarie del Piano regionale, d’altronde come avviene da vent’anni senza alcun risultato. Ora vorremmo che si riflettesse in maniera più approfondita sulla competenza e importanza territoriale dei futuri Distretti Sanitari, che è stata ampiamente sottovalutata e l’opposizione alla soppressione del distretto di Orvieto da alcuni è liquidata come un conato di campanilismo. La Regione deve ancora formalizzare le scelte e quindi siamo ancora in tempo per invertire la marcia, seppure tutto sembri già definito.

Il Distretto Sanitario avrà nella nuova organizzazione dei compiti importanti di programmazione, organizzazione, gestione, quindi dobbiamo insistere e chiedere con partecipata decisione una modifica al Piano Sanitario di prossima approvazione, certamente consci che non siamo il centro del mondo ma anche che è indispensabile avere il centro decisionale qui, per poter offrire risposte esaurienti e consapevoli alla popolazione, polverizzata su un territorio amplissimo e anagraficamente anziana.

I fatti pregressi supportano tale richiesta. E’ innegabile infatti che la risposta sanitaria nel nostro territorio è andata peggiorando ogni qual volta c’è stato un allontanamento della sede di governo. Prima con la soppressione della sola USL di Orvieto e l’annessione a Terni e per ultimo addirittura a quella di Foligno. Si è registrato un lento, inesorabile depauperamento dei servizi, sicuramente a livello territoriale, ma la criticità vera si è avuta nel presidio ospedaliero del Santa Maria della Stella, “ingolfato”, come sostiene la sindaca di Orvieto, e quindi incapace di garantire risposta adeguata alla necessità della popolazione. Ci risulta che vigano da tempo delle situazioni assurde, come quella della presenza del direttore sanitario per soli 2 giorni a settimana, oppure la copertura dei turni di reperibilità in Chirurgia e Pronto soccorso con sanitari a convenzione a 80 euro l’ora.

Come si pensa di far minimamente funzionare una struttura a corto di mezzi e personale qualificato? La presenza giornaliera del direttore sanitario è fondamentale, irrinunciabile data la carenza di dirigenti sanitari. Chi organizza, chi controlla? Sicuramente non è semplice reperire del personale disposto a lavorare in una struttura dove si respira aria di smantellamento, però se ci fosse sul territorio un governo sensibile e concentrato sulle problematiche del territorio, le sollecitazioni annose avrebbero più probabilità di essere recepite. Ci sembra che vadano individuate soluzioni nell’immediato, (ormai la pandemia sta finendo, così dicono) e non ci sono più scuse. Questi ultimi due anni è stata giustificata qualsiasi carenza in nome della sicurezza, ma ora dobbiamo pretendere esami specialistici, cure e interventi senza doverci rivolgere alla sanità privata o emigrare presso altri presidi a distanza di decine di chilometri.

Il Distretto è una leva fondamentale per dimensionare il servizio alle necessità del territorio. Chiediamo maggiore convinzione, ne va della nostra salute, e non siamo disposti a sopportare meline e giustificazioni efficientiste.




Approvato in giunta regionale piano per Case di Comunità, centrali operative e piano pandemico

La giunta regionale su proposta dell’assessore alla Salute, Luca Coletto, ha approvato nella seduta del 28 febbraio, tre atti di grande importanza per la programmazione sanitaria dei prossimi anni: si tratta della dislocazione delle case e ospedali di comunità, nonché delle centrali operative territoriali, nell’ambito del PNRR 2021 – 2026, del Piano strategico operativo regionale di preparazione e risposta ad una pandemia influenzale 2021-2023, nonché del Piano operativo regionale e le schede di intervento della Missione Salute 6, sempre inserita nell’ambito del PNRR.

 “Si tratta di un passaggio significativo – ha spiegato l’assessore Colettoche apre una nuova fase in un contesto, come quello sanitario, che è stato fortemente segnato dalla pandemia che comunque, rappresenta un’esperienza significativa anche per orientare le scelte future”. Relativamente all’atto sulla dislocazione delle case e degli ospedali di comunità e delle centrali operative territoriali, l’assessore Coletto evidenzia che “sostanzialmente si punta ad un vero e proprio potenziamento della sanità territoriale prevedendo all’interno delle case di comunità molti servizi che vanno dalla specialistica ambulatoriale, al servizio di prenotazione delle prestazioni, ambulatori di medici di medicina generale e pediatri di libera scelta, servizio infermieristico. Le centrali operative territoriali inoltre, – ha spiegato l’assessore – faranno sì che vengano evitati inutili accessi al pronto soccorso degli ospedali attraverso la presa in carico sul territorio di quei pazienti che per le cure possono essere indirizzati direttamente alle case di comunità”.

 Per quanto riguarda il Piano pandemico, Coletto dopo aver ricordato che “l’Umbria si dota di un nuovo Piano operativo a distanza di molti anni, visto che il Piano precedente porta la data del 2007”, – ha precisato che –  “lo schema approvato è in aderenza alle direttive nazionali che tratteggiano un percorso per affrontare una pandemia influenzale”. A livello regionale, quindi, è stata individuata la catena di comando in caso di pandemia con l’individuazione di una unità di crisi e di un comitato pandemico.

Infine, per quanto riguarda il Piano operativo regionale e le schede di intervento della Missione Salute 6 nell’ambito del PNRR, l’assessore ha spiegato che l’obiettivo del Piano regionale sarà come indicato a livello centrale, migliorare l’efficacia nel rispondere ai bisogni di cura delle persone, anche alla luce delle criticità emerse nel corso dell’emergenza pandemica, ed è articolata in due componenti fondamentali: la prima punta a potenziare le  reti di prossimità, le strutture intermedie e  la telemedicina per l’assistenza territoriale, la seconda  ha come priorità l’innovazione, la ricerca e la digitalizzazione del servizio sanitario.




Orvieto a rischio tramonto demografico se la politica non riesce a invertire la rotta

Se il calo demografico e l’invecchiamento della popolazione residente sono i due mali che affliggono pesantemente l’Umbria, per l’Area interna Sud Ovest Orvietano e Orvieto il fenomeno assume una rilevanza allarmante.

Il rapporto (scarica l’intero rapporto) appena pubblicato dall’impresa sociale Cittadinanza Territorio Sviluppo a cura di Eleonora D’Urzo e Antonio Rossetti si ferma a gennaio dello scorso anno e ci fornisce un’analisi storica ricca di dati e correlazioni.  Il declino demografico ha inizio nel 2012 e da allora è inarrestabile. Ogni anno l’Umbria perde circa 5190 abitanti, mentre l’Area Interna si attesta intorno ai 416 e il comune capofila, Orvieto, a circa 140 abitanti. Un’emorragia inarrestabile che in percentuale vede la nostra Regione ottenere una variazione percentuale negativa tra il 2020 e il 2021 pari a -0,6%. La variazione percentuale dell’Area interna e di Orvieto sono ancora peggiori attestandosi a -0,7%. Va evidenziato però che questo dato per Orvieto è ancora peggiore se raffrontato con il +1,5% dell’incremento dei residenti stranieri che è 3 volte quello dell’Area interna (+0,5%) e 5 volte quello regionale (+0,3%).

Insomma, nonostante una poderosa iniezione di nuovi residenti esteri, Orvieto continua a perdere residenti. L’ultima rilevazione Istat a gennaio 2022 infatti porta il nostro comune sotto la soglia dei 20mila abitanti e proiettando il dato del calo demografico medio annuale in 10 anni ci si avvicinerebbe pericolosamente alla soglia dei 16mila abitanti. Anche sul fronte dell’invecchiamento della popolazione residente la musica non cambia: l’Umbria, quinta regione italiana come indice di vecchiaia, si attesta ad un indice pari a 217,7, l’Area Interna 272,8 e Orvieto ad un indice di 264,2. L‘indice nazionale è pari a 184,1. In generale, è difficile attribuire alla demografia una maggiore rilevanza di quella che in realtà presenti nel condizionare l’habitat economico.

I cambiamenti del modo di produzione e il tasso di crescita della produttività tendono a interagire con il tasso di sviluppo della popolazione in un modo complesso, che può variare a seconda della fase del ciclo economico e dell’organizzazione della produzione. La tesi che viene sostenuta nel rapporto è che la stasi demografica, almeno nel recente passato, ha contribuito a generare un eccesso di risparmio, di cui sono presenti le stigmate nel mercato del credito, e di fatto una performance economica inferiore a quanto si sarebbe potuto conseguire con una dinamica demografica migliore.

Peraltro, vi è anche un nesso di casualità dall’economia alla crescita della popolazione: nelle fasi di stagnazione vi saranno maggiori incentivi a migrare piuttosto che immigrare e procrastinare l’età in cui si genera prole.


Scarica il rapporto completo




La sanità pubblica sembra fermarsi a Narni-Amelia

Sanità, questa sconosciuta a Orvieto e comprensorio. Verrebbe proprio da dire che la sanità si è fermata a Narni-Amelia dove è prevista l’ultima struttura nuova della USL Umbria2. A Terni serve un nuovo ospedale a tutti i costi. Quello attuale non basta più, soprattutto perché ormai per qualsiasi operazione più complicata di un’appendicite quella è la destinazione o, in alternativa, Foligno.

La Regione ha approvato il piano delle opera e di Orvieto non vi è traccia se non tra le varie e eventuali. Sì, sappiamo di interventi di maquillage al pronto soccorso, necessari, dell’assurda decisione di investire soldi, tanti, all’ex-ospedale invece di costruire laddove stabilito con tanto di acquisto definitivo e vincolato. E poi? Tanti soldi destinati all’Umbria ma l’orvietano non è citato, neanche di striscio. Eppure ne servirebbero di infrastrutture, attrezzature e personale. Sul personale la questione è piuttosto complessa e assomiglia molto a un cane che si morde la coda; per il resto le responsabilità sono tutte in capo alla politica, solo alla politica. In consiglio regionale è stato approvato all’unanimità una mozione che obbliga la Regione a dotare di emodinamica l’ospedale di orvieto eppure di questo non si parla. Ci sono, invece, la piattaforma elicotteristica d’emergenza a Foligno, tre investimenti su eccellenze umbre riconosciute e poi un generico riferimento alla telemedicina, all’innovazione tecnologica per la medicina di territorio e poco più. Nell’ultima voce dovrebbero rientrare gli investimenti anche per l’orvietano.

Quindi chi si ammala in maniera acuta a Orvieto e dintorni sarà quasi certamente di serie B nonostante tutto, cioè l’impegno profuso dal personale ospedaliero, dai medici di base, dai professionisti che già operano tramite la tecnologia come nel caso degli ictus. Tutto il resto è lasciato alla buona sorte e al buon cuore, alla volontà dei singoli e alla velocità dei trasferimenti verso Terni, Foligno o Perugia, se non fuori Regione.

L’ultimo capitolo riguarda i “corvi” che all’interno dell’ospedale non mancano assolutamente. Piccole invidie, ripicche, dispettucci, lettere alla direzione sanitaria abbondano. Se un reparto ottiene un’attrezzatura nuova non si festeggia, ma si cerca di minimizzare, di combattere contro e non si pensa al miglioramento della struttura o a combattere per il bene comune. Capita troppo spesso. Poi ci sono i “corvi” diffusi, quelli di città che denigrano a prescindere, che vanno direttamente fuori; infine ci sono i rassegnati, quelli che non combattono e non propongono o per disciplina di partito o perché timorosi di non si capisce bene quali possibili ripicche. Il risultato è sotto gli occhi di tutti ormai da decenni, dai tempi della chiusura della USL 4, quella nostrana. Nel tempo la sanità ha perso i pezzi nel silenzio o per un bene comune più alto che però non è mai passato per Orvieto. Ora la vittima sacrificale è il Distretto. tanti no, ma proposte? Già perché il solo no, generico, non basta ma serve la proposta anche per combattere meglio e tentare di convincere pur sapendo che il territorio è penalizzato da un sistema elettorale che di fatto impedisce ogni rappresentanza in Regione ma questa non può essere una scusa buona per ogni evento avverso.

Il risultato finale è che la Sanità pubblica si è fermata a Narni- Amelia con buona pace dei cittadini di un territorio vasto, con un’età media piuttosto alta, collegato malamente con il resto della regione ma che è ancora attrattivo dal punto di vista sanitario su parte della Provincia di Viterbo e Bassa Toscana. Proviamo, allora, a cambiare il titolo del libro, insieme!




Intervista a Monica Tommasi, Amici della Terra, “con il nostro piano attenzione all’ambiente e niente sorprese sulla discarica di Orvieto”

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La questione rifiuti in Umbria è un vero e proprio nervo scoperto e Orvieto è uno dei nodi centrali con la discarica “Le Crete”. L’associazione Amici della Terra ha presentato un suo progetto per dare una scossa e aprire un dibattito serio su alcuni questioni e cioè CSS e termovalorizzatore. Monica Tommasi, presidente nazionale dell’associazione, ritiene che la vera emergenza siano proprio le discariche, ben più pericolose di impianti che “per campanilismo vengono avversati a livello locale anche se l’impatto ambientale di questi sia minore o praticamente quasi nullo”.

Sempre Monica Tommasi in questa intervista per il nostro approfondimento video “Zoom” sottolinea che non si può attendere troppo e che comunque la Regione con il suo piano ha evidenziato un cambio di passo, forse un po’ timido.




Amici della Terra, uscire dall’emergenza rifiuti si può, serve il CSS e il termovalorizzatore di Terni

Presentata da “Amici della Terra” in conferenza stampa una proposta per la gestione dei rifiuti.

Amici della Terra si è presentata in conferenza stampa con una sua proposta di gestione dei rifiuti. A partecipare c’era anche Antonino Ruggiano, sindaco di Todi ma soprattutto presidente di Auri. La presidente nazionale, Monica Tommasi, snocciola numeri, percentuali e bacchetta la Regione rea di essere stata ferma, “di non aver cambiato passo comportandosi in maniera simile alle altre giunte”; come dire destra o sinistra ma la musica non cambia sui rifiuti.

Amici della terra spiega che per gestire la politica dei rifiuti e uscire dalla gestione emergenziale in tempi brevi, “si deve partire con il CSS a Gubbio e utilizzare il termovalorizzatore già presente a Terni. Non si deve attendere quello previsto a Perugia che dovrebbe essere pronto non prima del 2024 per poi andare a regime nel giro di qualche anno. Troppo tardi per le discariche che rimarrebbero fondamentali e non marginali visto che i rifiuti destinati agli impianti esistenti in Umbria dovrebbero arrivare al 7% del totale ma in tempi non predeterminati. Potrebbe essere tardi”.

Per Amici della Terra è necessario avviare un impianto di produzione di CSS a Gubbio e autorizzare l’impianto di termovalorizzazione di Terni senza perdere ulteriore tempo nella ricerca e costruzione di un impianto ex-novo nel perugino. “Non possiamo perdere tempo e con questi due impianti potremmo evitare che le discariche rimangano ancora un punto fondamentale nel ciclo dei rifiuti in Umbria. Con il piano presentato dalla Regione tutto andrebbe a rilento e a rimetterci sarebbero i territori su quali insistono le discariche”.

Alla conferenza ha partecipato anche Maurizio Conticelli, ex-amministratore ma soprattutto esponente della prima ora dell’ambientalismo equilibrato e attento. “Ricordo che promuovemmo il comitato Leonia, dal nome della città invisibile di Calvino simbolo del consumismo, per evitare ampliamenti della discarica. Con Amici della Terra siamo su una lunghezza d’onda simile ma l’attenzione rimane e rimarrà sempre alta”. Ruggiano, da parte sua, ritiene giusto il progetto presentato dall’associazione guidata da Monica Tommasi a livello nazionale e da Taira Bocchino, a livello locale, ma “è ingeneroso dire che la Regione è stata ferma. Abbiamo dovuto affrontare un’emergenza e le strade percorribili nel brevissimo termine sono assai strette. Tutto si può migliorare e ritengo il contributo di Amici della Terra scevro da ideologie politiche, tecnico e puntuale. Sicuramente verrà preso in considerazione anche perché oltre all’emergenza rifiuti c’è anche la necessità di tenere sotto controllo le tariffe, alte in Umbria”.

Il progetto di Amici della terra, dunque, sembra essere quello più veloce per tornare a una gestione del ciclo dei rifiuti non emergenziale, andando anche a produrre energia per le cementiere di Gubbio e a Terni mentre le discariche diverrebbero effettivamente marginale nel giro di pochissimi anni evitandone il collasso e il mantenimento dell’emergenza sine die.

Link al sito di “Amici della Terra”: https://www.amicidellaterra.it/




27 gennaio, “Giorno della Memoria” e il vergognoso parallelo della manifestazione no-vax

Ci siamo. E il 27 gennaio, “Giorno della Memoria”. Si ricorda una tragedia, una pulizia etnica, un massacro perpetrato in nome di un capo e del primato della razza ariana sulle altre. Il capro espiatorio fu, come troppo spesso nella storia, il popolo ebraico. La loro “colpa” è quasi atavica e poi avere un colpevole di ogni male a portata di mano è sicuramente comodo.

Il terzo reich ha “elevato” a sistema, a una drammatica catena di montaggio lo sterminio. C’erano coloro che reperivano, coloro che “suggerivano”, i delatori, coloro che trasportavano, coloro che sceglievano e coloro che eseguivano le condanne a morte. Anche per la morte fu trovato un sistema industriale: le camere a gas. veloci e infallibili, o quasi. Certo servivano operai e la manodopera non scarseggiava nei campi di sterminio. L’antisemitismo speravamo fosse un ricordo, speravamo soprattutto che non si avanzassero più paralleli allucinanti, al solo pensiero. Invece siamo ancora a raccontare fatti di cronaca raggelanti, come quelli del bambino umiliato per il solo fatto di essere ebreo. Ma ancora con le razze? Basta! Ma davvero, non solo il 27 gennaio e qualche giorno prima e dopo. Paragonare gli obblighi derivanti dalla pandemia agli orrori hitleriani…una vergogna, non giustificabile. Non lo è la ex-assessore Sartini e non lo sono i no-vax con le discriminazioni e le leggi razziali paragonate alle norme per combattere la covid.

Non si può continuare a essere maggioranza silenziosa perché si rischia, come ci insegna il passato, di divenire altrettanto silenziosi complici. No, non è assolutamente accettabile. Bene, quindi hanno fatto i rappresentanti delle istituzioni a stigmatizzare duramente le manifestazioni tenutesi in una giornata particolare come quella del 27 gennaio. Il solo pensare di accostare il rogo dei libri, la cacciata dei bambini dalle scuole d’Italia, la stella di David gialla in bella vista, l’esclusione dalla vita pubblica, dalle istituzioni, dal lavoro alle attuali norme, a termine, è assurdo, pericoloso. Significa ignorare la storia, calpestare il ricordo e la Memoria dei deportati nei campi di concentramento, dei milioni di morti, i segni indelebili dei numeri tatuati dei sopravvissuti, gli incubi che ancora oggi hanno coloro che hanno visto l’orrore. La discriminazione in base alla razza, al credo religioso, ai gusti sessuali e poi la pianificazione dello sterminio di massa, non possono essere accostati ai divieti che valgono nel caso in cui l’individuo sceglie di non vaccinarsi e ottemperare a una legge dello stato a tutela della salute pubblica.

Giusto, quindi che s’indigni la presidente della Regione Donatella Tesei, che lo faccia il senatore Luca Briziarelli e anche il deputato Walter Verini. Tutti in maniera trasversale, senza infingimenti, per ricordare e fare Memoria delle vittime dell’olocausto e per invitare tutti a non banalizzare ciò che non può esserlo, mai!