La funicolare inserita nei servizi minimi del TPL insieme al minimetrò perché green e in utile

La Regione Umbria ha incluso la funicolare di Orvieto nei servizi minimi finanziati con il Fondo Nazionale dei Trasporti.  L’assessore regionale Enrico Melasecche spiega, “senza alcun incremento della quota spettante del Fondo al Comune di Orvieto, quindi senza intaccare le quote spettanti agli altri comuni”.  Sempre secondo l’assessore i tecnici hanno dato il via libera “per il potenziale beneficio derivante dall’accoglimento di tale proposta, sia per il comune che per la Regione tutta in quanto il finanziamento con il fondo trasporti di questi servizi, più efficienti degli autobus nel rapporto di copertura del costo rispetto all’introito derivante dalla specifica bigliettazione, innalza complessivamente le performance regionali, elemento chiave per il mantenimento degli attuali livelli di finanziamento statale all’Umbria. Senza contare la maggiore tutela dell’ambiente fra una tecnologia elettrica rispetto agli autobus che consumano pneumatici, ingombrano le strade, utilizzano spesso carburanti fossili.

Inoltre tale possibilità – prosegue Melasecche – innalza le capacità programmatorie dei comuni, che devono individuare, a risorse date, il mix ottimale di servizi, capace di soddisfare la domanda di mobilità dei propri cittadini. Per questo è in via di redazione una delibera di giunta regionale che ratifichi definitivamente l’inserimento dei servizi di mobilità alternativa, come la Funicolare di Orvieto ed il Minimetro di Perugia, fra i servizi di TPL in quanto utilizzati con regolare acquisto dei biglietti o di abbonamenti e quindi coerenti con le caratteristiche di finanziabilità contenute nel Piano Regionale Trasporti. Anche questa piccola ma significativa riforma – sottolinea l’assessore – va nella logica di venire incontro a quei comuni che, avendo creato negli anni sistemi di trasporto non inquinanti, con tassi di utilizzo da parte degli utenti significativi, aiutano il TPL dell’Umbria ad avvicinarsi a quegli standard ancor oggi imposti dalla normativa nazionale che impone forti penali per quelle regioni, come l’Umbria, che non hanno mai coperto almeno il 35% del costo del TPL con la bigliettazione.

La gara in corso di predisposizione, analogamente a quanto già avvenuto in gran parte delle altre regioni, consentirà di migliorare ulteriormente in modo significativo l’efficienza del trasporto pubblico per cui, anche se comporta difficoltà e resistenze da parte di interessi precostituiti e posizioni di rendita, la stessa costituisce uno degli obiettivi fondamentale che la Giunta Tesei intende conseguire nei prossimi mesi nell’interesse di tutti gli umbri. Alle parole del consigliere Paparelli – ha concluso l’assessore Melasecche – che dichiara le solite ovvietà da prima elementare: “L’Umbria deve essere al centro tra Tirreno e Adriatico” rispondiamo con risultati concreti che, giorno dopo giorno, stanno rivoluzionando trasporti e infrastrutture come non mai era prima accaduto. Basti citare l’abbonamento a disposizione di 30 mila universitari ed equiparati per poter viaggiare gratis e raggiungere ogni angolo dell’Umbria, unico caso in Italia con le nostre modalità”. 




29 novembre, la sanità, i progetti, i programmi e la cronaca delle proteste nella Sala dei 400

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29 novembre, la data più importante per la sanità orvietana: presentazione di progetti e programmi. L’attesa è stata carica di tensione che inevitabilmente si è poi scaricata prima, durante e dopo l’appuntamento a cui hanno partecipato presidente e assessore della Regione, il direttore generale della USL Umbria 2, il dg della sanità umbra, la sindaca di Orvieto. Insomma tutti sul palco per spiegare cosa cambierà “in meglio” a loro dire per i cittadini.

In platea medici, dipendenti USL, cittadini, consiglieri comunali, politici, sindacalisti, rappresentanti di associazioni varie, tutti lì pronti a domandare e ascoltare.

Prima della presentazione un folto picchetto di cittadini, sindacati si è ritrovato sotto il Palazzo del Popolo per sottolineare le difficoltà della sanità orvietana. Poi in sala i mormorii e le proteste aperte che a tratti hanno interrotto le varie relazioni. Tutta la cronaca e i commenti di Andrea Sacripanti, capogruppo della Lega, Cristina croce, capogruppo di Siamo orvieto, Martina Mescolini, capogruppo del PD, Ciro Zeno, Cgil Orvieto e Damiano Bernardini, sindaco di Baschi.




USL, Regione e Comune presentano progetti e programmi per la sanità nel territorio orvietano

La sanità orvietana, l’ospedale, il futuro dell’ex-ospedale in piazza Duomo sono gli argomenti all’ordine del giorno dell’incontro pubblico che si terrà il 29 novembre alle 17,30 al Palazzo del Popolo organizzato dalla Usl Umbria2 e dal Comune di Orvieto.

Sono previsti gli interventi del sindaco Roberta Tardani, anche assessore alla salute, di Donatella Tesei, presidente della Regione, dell’assessore regionale Luca Coletto, del direttore generale Sanità, Massimo D’Angelo, del dg della USL Umbria2, Massimo De Fino, di Massimo Marchino, direttore del Distretto di Orvieto e del direttore dell’ospedale orvietano, Patrizio Angelozzi.  L’obiettivo è quello di spiegare i programmi e i progetti per il potenziamento dei servizi territoriali e ospedalieri del territorio di Orvieto.

Una giornata cruciale anche perché se la riforma sanitaria rimarrà quella ormai nota, potrebbe essere il canto del cigno del Distretto di Orvieto e probabilmente potrebbe essere l’occasione giusta per conoscere, nei particolari, visto che è prevista la presenza dei tecnici della USL, i costi di realizzazione della Casa di Comunità accanto al Duomo e la loro sostenibilità a fronte dei soldi previsti con il PNRR e la lievitazione dei prezzi delle materie e dei lavori edili e, forse, anche il progetto di viabilità prevista per non ingolfare una parte delicatissima del centro storico della città.




Siamo Orvieto e PD presentano un’interrogazione sulla questione Piave-Ater-6 milioni in stand-by e Casa di Comunità

Affondo di Cristina Croce (Siamo Orvieto), Federico Giovannini e Martina Mescolini (PD) sul futuro dell’ex-caserma Piave e sulla Casa di Comunità. I consiglieri di opposizione, infatti, hanno presentaot un’interrogazione per conoscere la posizione della sindaca su una notizia apparsa sul quotidiano La Nazione dello scorso 19 ottobre secondo cui la regione ha messo a disposizione del Comune di Orvieto circa 6 milioni di euro per un intervento di “housing sociale ovvero, come scritto sul quotidiano, di operazioni finalizzate a immettere sul mercato abitazioni a prezzi calmierati sia per quanto riguarda le vendite che le locazioni”. A investire, sempre secondo La Nazione, sarebbe l’ATER e rafforzare viene riportata anche una dichiarazione dell’assessore regionale Enrico Melasecche, “ho eseguito ormai diversi mesi fa un sopralluogo alla Piave von il vicesindaco di Orvieto. La Regione è pronta, ora aspettiamo un segnale dal Comune. e’ vero che si tratta di un primo intervento parziale, mai soldi sono disponibili e da spendere nel contesto di un progetto unitario che potrà essere realizzato in tappe successive”. Un’altra parte dell’interrogazione riguarda la palazzina ex-mensa sempre della Piave, di proprietà della USL e l’ubicazione della Casa di Comunità in Piazza Duomo all’ex-ospedale. Ecco il testo dell’interrogazione

Premesso che

– Secondo quanto riferito dall’edizione Umbria de “La Nazione” del 19 ottobre la Regione Umbria ha comunicato al Comune di Orvieto la disponibilità di oltre 6 milioni di euro per un intervento di housing sociale (…omissis…).

– Il soggetto titolare dell’investimento sarebbe l’ATER. Lo stesso articolo riferisce la dichiarazione dell’Assessore regionale titolare delle deleghe “politiche della casa”: “Ho eseguito ormai diversi mesi fa un sopralluogo alla Piave con il vicesindaco di Orvieto. La Regione è pronta, ora aspettiamo un segnale dal Comune. È vero che si tratta di un primo intervento parziale, ma i soldi sono disponibili e da spendere nel contesto di un progetto unitario che potrà essere realizzato in tappe successive”;

– la USL n.4 aveva acquisito al proprio patrimonio l’immobile ex-mensa collocato all’interno dell’ex Caserma Piave per la realizzazione del “Palazzo della Salute” come da Accordo di Programma siglato il 27 luglio 2007 (modificato nel 2015);

– il valore di acquisto dell’immobile, autorizzato dalla Regione Umbria, ammontava a € 2.700.000,00 secondo il valore di mercato determinato dalla perizia di stima redatta dall’Agenzia del Territorio, Ufficio Provinciale di Terni del 19.10.2007;

– la giunta regionale, nell’ambito dei progetti del PNRR, ha deciso di realizzare il nuovo presidio sanitario denominato “Casa di Comunità Hub e dell’Ospedale di Comunità” negli spazi dell’ex ospedale di S.Maria della Stella in Piazza Duomo lasciando impregiudicata la destinazione dell’immobile ex-mensa acquisito al patrimonio dell’allora USL n.4 allo scopo di realizzare il “Palazzo della Salute” le cui funzioni sono sovrapponibili a quelle della “Casa di Comunità Hub e dell’Ospedale di Comunità”;

– ad oggi non si è a conoscenza di alcun atto della Regione Umbria o della ASL n.2 che preveda una diversa destinazione dell’immobile acquisito nel 2008 rispetto a quella originaria contenuta nel protocollo d’intensa citato (e s.s.m), destinazione tra l’altro riconfermata nel marzo 2018 dal capitolato per l’affidamento del progetto di fattibilità tecnico-economica della Casa della Salute redatto da USLUmbria 2;

Quanto premesso si chiede di sapere:

– se la proposta dell’Assessore regionale di investimenti per interventi di housing sociale tramite ATER riguardi l’immobile ex-mensa di proprietà della Usl Umbria 2;

– gli intendimenti del comune di Orvieto in merito a tale proposta;

– se i costi del progetto di realizzazione della Casa di Comunità Hub e dell’Ospedale di Comunità siano stati adeguati alle nuove condizioni di mercato;

– se il comune di Orvieto abbia predisposto tutta la documentazione (piano del traffico, parcheggi, etc.) adeguata a sostenere la fattibilità urbanistica di tale intervento.

Anche la politica, dunque, si pone praticamente gli stessi quesiti che da tempo poniamo noi di Orvietolife e che riproponiamo in attesa che venga data una risposta esauriente in consiglio comunale.

  1. Per quale motivo si è deciso di spostare la Casa di Comunità alias Casa della Salute in un edificio di pregio con un immobile importante sempre nel centro storico di Orvieto, acquistato con soldi pubblici nel 2007 proprio per la costruzione della Casa della Salute;
  2. Perché spostare in piazza Duomo con gli ovvi problemi di traffico, viabilità e fruibilità della struttura, motivo per il quale anche l’ospedale si era deciso di spostarlo fuori dal centro storico?
  3. Siamo certi che le risorse finanziarie previste per la ristrutturazione e l’avvio della Casa di Comunità, siano adeguate visto il forte aumento dei costi delle materie prime e di smaltimenti dei rifiuti edili?
  4. Cosa ci facciamo della Piave? Da tempo il sindaco ha dichiarato che “a breve prenderemo decisioni sulla questione”, questo “a breve” è ormai diventato quasi un anno fa.
  5. Quali soluzioni e quali costi per il Comune di Orvieto al fine di assicurare la viabilità, i parcheggi e gli adeguati collegamenti del servizio pubblico con quello che diverrà un centro nevralgico per la sanità del territorio?
  6. L’ultima, ma non per importanza, riguarda i conti. Ma è normale che si acquisti un edificio per 2,5 milioni di euro, circa, nel 2007 vincolandolo alla costruzione della casa della Salute e che poi se ne spendano più di 8 per farne un’altra, dopo 15 anni durante i quali Orvieto e il territorio non ha avuto tale servizio, in un edificio diverso destinato fino all’anno prima alla vendita?



Sanità, via della Regione al terzo polo ospedaliero per la Valnerina e Orvieto perde un’altra occasione

A Orvieto si parla e si discute di tutto e si dice che “va tutto bene”, intanto ecco cosa succede in Regione: “mettere  a sistema i 5 presidi ospedalieri di Foligno, Spoleto, Norcia, Trevi e Cascia, per un totale di 560 posti letto, individuando per ognuno una specifica mission in modo da garantire ai pazienti i giusti percorsi di cura: questo in sintesi l’obiettivo del Terzo polo ospedaliero dell’Umbria”. E ancora, “questa programmazione – ha detto la presidente Tesei – è frutto di un lavoro corposo che, se non ci fosse stata l’emergenza sanitaria, sarebbe già stato fatto due anni fa. Abbiamo ritenuto importante creare una rete con gli ospedali di Spoleto e Foligno al centro”. La presidente ha quindi ricordato l’altro importante percorso che è quello dell’elisoccorso “che stazionerà a Foligno e diventerà importantissimo per la gestione in particolare delle patologie tempo dipendenti e sarà di grande ausilio per i territori della Valnerina che per motivi logistici, hanno difficoltà a raggiungere in tempi brevi gli ospedali”.

Quanti punti in comune con la situazione dell’interno territorio orvietano; a partire proprio dalla difficoltà nel raggiungere gli altri ospedali di riferimento: Terni, Narni, Foligno. Se a cavallo delle due province ci si muove per risolvere reali esigenze da queste parti, con la stessa USL di riferimento non si riesce a cavare un ragno dal buco. Gli investimenti arriveranno per una (in)utile Casa di Comunità accanto al Duomo e probabilmente i fondi non saranno sufficienti, come anche a livello nazionale stanno spiegando in Europa, per i progetti legati al PNRR. L’idea di un polo ospedaliero al servizio della corrispondente Area Interna non sarebbe peregrina e andrebbe a potenziare, di fatto, l’ospedale di Orvieto rendendolo un punto di riferimento insieme a Terni e Narni. Ma di questa parte dell’Umbria ci si occupa solo per il turismo e i maquillage sanitari non per la reale vita quotidiana dei cittadini che hanno bisogno di cure veloci, puntuali e gratuite. L’elisoccorso unico dell’Umbria sarà a Foligno, quindi anch’esso distante da Orvieto e territori limitrofi; il Distretto viene sacrificato in nome della razionalizzazione e del risparmio; le assunzioni sono bloccate dalla Regione almeno fino al 2023. E intanto l’ospedale di Orvieto langue e anche per gli esami diagnostici più semplici ci vuole tempo, tanto tempo, a meno che non si abbia la possibilità di pagare, allora le porte si aprono miracolosamente.

A pensarci bene, poi, Orvieto potrebbe entrare nel secondo polo ospedaliero, quello già costituito da Terni e Narni, ma regna il silenzio più completo. La stessa Regione ha spiegato che Orvieto è fondamentale anche per le prestazioni sanitarie extra-regionali, quelle provenienti dal viterbese e dalla bassa Toscana, ma fino a quando? C’è chi sostiene che la Regione stia investendo su Orvieto e indubbiamente le risorse vengono destinate al territorio ma non laddove effettivamente servono. Lo stesso direttore sanitario facente funzione, in un editoriale scritto su orvietonews.it spiega che spesso mancano risorse per riparare i macchinari, ecco basterebbe almeno questo, ma niente anche questa sembra essere una “mission impossible” in Umbria e in particolare a Orvieto.

Va tutto bene? La Regione investe su Orvieto? La sanità funziona anche se con qualche evidente difficoltà…e tutta la vulgata per non disturbare il macchinista che lavora per tutti noi. Ma il macchinista dovrebbe anche usare gli specchietti per controllare che all’interno vada tutto per il verso giusto e che intorno non ci siano minacce per l’incolumità dei passeggeri-cittadini. Invece ci si dimentica troppo spesso della sanità, o meglio si risponde in maniera stizzita che a Orvieto va tutto bene, che sta migliorando la situazione delle liste d’attesa, che si sta procedendo con le assunzioni, che si sta potenziando la sanità, nel senso del servizio e non delle ristrutturazioni. Ma se il cittadino non nota differenze, non vede miglioramenti chi è in torto? Solo ed esclusivamente i menagrami, coloro che sperano nel peggio, oppure c’è oggettivamente un problema e un lento ma inesorabile isolamento e depotenziamento dell’ospedale in favore di Narni-Amelia, ben più vicini al polo ospedaliero di Terni? In Valnerina si pensa a creare una rete ospedaliera mentre a Orvieto si lascia tutto così e si obbligano i cittadini a viaggi della speranza in giro per l’Umbria, ma va tutto bene.




La Regione trova i soldi per due ospedali mentre a Orvieto solo maquillage e poco altro

Passo dopo passo va avanti la programmazione sanitaria regionale con una nuova riunione operativa tra la presidente Tesei, l’assessore Coletto e il direttore generale D’Angelo. Sul tavolo la realizzazione di due nuovi ospedali, quello di Narni-Amelia e l’altro a Terni. Il dato certo riguarda i soldi con il decreto firmato sempre il 17 ottobre che prevede il finanziamento da parte dell’Inail di 84 milioni per il polo ospedaliero di Narni-Amelia e di 100 milioni per il nuovo policlinico di Terni. I primi 84 milioni andranno a finanziare l’opera di Narni-Amelia, mentre gli altri 100 contribuiranno al project financing previsto per l’ospedale di Terni così da rendere sostenibile finanziariamente la realizzazione.

Il comunicato ufficiale si conclude con una frase interessante, “…equilibrio tra i territori, nel rispetto di norme e procedure amministrative”. Resta da intendersi sulla parole “riequilibrio” che non sembra, nei fatti, essere reale per Orvieto. Si chiude e si allontana l’ultimo centro decisionale e cioè il Distretto, si opera un maquillage profondo dell’ospedale, ma sempre di maquillage si tratta, si investono soldi sull’ex-ospedale in piazza Duomo per la realizzazione, 12 anni dopo, della Casa di Comunità abbandonando il sito individuato fin dal 2008 nella ex-mensa della Caserma Piave e poi rientriamo come territorio in quello calderone di investimenti tecnologici previsti per l’intera Regione.

Certamente se si vuole ottenere un mero e secco risparmio economico nel breve termine indebolire, stabilizzare i posti letto, e favorire il trasferimento presso altri ospedali individuati come eccellenze, questa è la strada maestra ma la sanità non può essere trattata solo e esclusivamente come voce di finanza publica, c’è una parte fondamentale che riguarda la cura e la prevenzione per i cittadini senza alcuna distinzione. E nel medio periodo e addirittura nel lungo? Ci penserà, se vorrà, chi ci sarà, magari rimettendo nuovamente mano al PSR, ai livelli di assistenza, nella distribuzione, che purtroppo non corrisponde quasi mai alle vere esigenze dei territori, di incarichi, direzioni, uffici che vedono Orvieto sempre retrocedere nelle retrovie, con la politica sempre allineata e coperta sui desiderata dei referenti regionali, magari in cambio di qualche prebenda e strapuntino. Poco importa se dalle “eccellenze” siamo a circa un’ora, se per una visita o un esame clinico ci si deve sobbarcare un giro dell’Umbria, bella sicuramente ma in altri frangenti, se su Orvieto passano due linee ferroviarie e l’autostrada e l’afflusso turistico è piuttosto alto, se il territorio ha un’età media più altra di quella già abbondante dell’Umbria.

Tutto questo lo dovrebbe ricordare la politica locale, soprattutto quando da opposizione diventa maggioranza, perché da ormai troppi anni le urla dei banchi dell’opposizione diventano cinguettii quando si diventa maggioranza in ossequio al quieto vivere regionale che in altri territori è bilanciato dalla rappresentanza negli organi istituzionali, consiglio e giunta regionale, con Orvieto che mestamente è fuori da ogni gioco da molto, troppo tempo e intanto a Perugia decidono, disfano, declassano, nominano, trasferiscono negli altri territori non sempre capoluoghi provinciali o regionali.




Sanità, a Orvieto sembrano arrivare soldi e strutture; allora, madama la marchesa, va tutto bene?

La sanità umbra è arrivata a un punto di svolta.  In Regione avanza il Piano Sanitario Regionale che sarà un vero e proprio tsunami, questo è sicuro.  Apparentemente la riforma andrà a migliorare la qualità delle prestazioni per i cittadini ma sarà così?  Soprattutto sarà così per l’orvietano?

L’ospedale di Orvieto rimane DEA di I livello per l’emergenza e urgenza, bene, quindi apparentemente non cambia una virgola con il passato.  Poco dopo si conferma l’avvio della Casa di Comunità e poi una serie di investimenti.  Alla fine la doccia gelata, via il distretto sanitario, spazzato via in nome del risparmio centralizzando gli acquisti e non solo.  E poi ancora una seconda e più grave doccia gelata, il controllo sui medici di famiglia per la spesa farmaceutica e le prescrizioni di prestazioni specialistiche.  Nello stesso documento è scritto che Orvieto è attrattivo per l’utenza extra-regionale, un passo avanti apparente, un altro.   In pratica dopo un primo entusiasmo si riaffaccia il pessimismo per il futuro della sanità orvietana e anche umbra.  L’unico centro decisionale e gestionale rimasto a Orvieto, il Distretto, viene cancellato con un colpo di penna perché da 12 si passa a 4 e non a 2 come il numero delle province umbre.  Ogni decisione riguardante Orvieto si allontana verso Terni, Foligno e infine Perugia. 

A parole la Regione promuove Orvieto come punto attrattivo come DEA di I livello dimenticandosi che il consiglio regionale all’unanimità ha approvato la mozione per l’apertura dell’emodinamica nel nosocomio Santa Maria della Stella.  Nei milioni di euro previsti per la sanità orvietana mancano quelli per il vero salto di qualità.  Già, l’emodinamica, questa sconosciuta, che però è fondamentale per i cittadini dell’orvietano che si trovano a dover affrontare un’acuzie tempo-dipendente.  Si dimenticano, sempre in Regione, che geograficamente Orvieto è (s)collegata con Terni e Perugia e l’incidenza della popolazione anziana sul totale è oltre la media sia nazionale che regionale.  Non viene presa in minima considerazione l’eventualità di accordi con l’Università di Perugia per inserire Orvieto, così come Narni, nel circuito ospedaliero con notevoli vantaggi sia per la cittadinanza che per Terni che verrebbe decongestionato almeno in parte.

Poi c’è il capitolo della Casa di Comunità con la scelta discutibile, e con un possibile danno erariale dietro l’angolo, di Piazza del Duomo che verrà finanziata con i fondi del PNRR, ma senza un forte adeguamento dei costi, tra l’altro già richiesto a livello nazionale, c’è il rischio concreto che gli appalti vadano deserti.  Non solo, i sindacati nazionali dei medici ritengono le Case di Comunità nate già vecchie perché i modelli sanitari vanno verso una netta divisione tra l’acuto e programmato negli ospedali e la gestione del cronico tramite medicina da remoto e assistenza domiciliare o del medico di famiglia.

Non è finita qui, perché lo stesso medico di famiglia verrà controllato su ogni prescrizione di medicinali e/o esami diagnostici.  Quindi un professionista non avrà libertà di lavorare secondo coscienza ma secondo tabelle dei costi con il rischio concreto che non possa prescrivere un medicinale per tutta la durata della cura al “suo” paziente.  Contemporaneamente gli stessi professionisti devono aumentare la produttività sia sul territorio che in ospedale basta non sfondare i tetti di spesa, tagliati ogni anno. 

Questa riforma, alla fine dei conti, penalizza ancora una volta un territorio già penalizzato, depotenzia il controllo e la gestione sanitaria con la chiusura del distretto, promette, come nel resto dell’Umbria, adeguamenti di personale senza specificarne numeri e professionalità, rende i medici di famiglia dei contabili della (in)salute, moltiplica i costi con una Casa di Comunità prevista nel passato alla ex-caserma Piave con tanto di acquisto dell’immobile, fatiscente come gran parte della struttura, e ora spostata e progettata vicino al Duomo, nella piazza-simbolo della città, con tre musei, da pedonalizzare totalmente, con un costo previsto, chiavi in mano, oggi improbabile visto l’impennata dei costi sia in edilizia che in tutti gli altri settori.  Con una spesa minore si poteva ristrutturare l’altro stabile, artisticamente non di pregio, facilmente raggiungibile da tutto il territorio, sempre nel centro storico, ma soprattutto la Casa della Salute, oggi di Comunità, Orvieto l’avrebbe potuta avere prima fra tutte le città in Umbria già dal 2010. 

Tutto questo avviene in un quasi-silenzio assordante della politica locale, fatte salve alcune eccezioni. Eppure la sanità vale sul PIL orvietano quasi quanto il turismo e soprattutto è per gli orvietani e i turisti, un servizio universale, pubblico, gratuito, o almeno così dovrebbe continuare a essere!




Mentre a Orvieto si dorme a Perugia si smantella il servizio sanitario. Orvieto svegliati!

È interessante l’analisi linguistica che fa la lista “Siamo Orvieto” della Delibera della Giunta Regionale (DGR) n. 1024 dello scorso 5 ottobre intitolata “Piano di Efficientamento e Riqualificazione del Sistema Sanitario Regionale 2022-2024” e condivisibile l’interpretazione come “commissariamento” finalizzato alla riduzione dei servizi.

Io ritengo che l’operazione sia ancora più preoccupante. Andiamo subito al sodo. Esaminando non più solo le frasi magniloquenti e sostanzialmente vuote, ma le previsioni operative elencate nell’allegato alla DGR, se ne trae la conclusione che se i tempi che hanno preceduto la pandemia sono stati problematici e quelli della pandemia e post-pandemia preoccupanti, quelli aperti dalla DGR del 5 ottobre non è difficile immaginarli appunto più che preoccupanti. Soprattutto per Orvieto. Le ragioni sono presto dette:

  1. Più che una sottovalutazione, una sostanziale assenza di visione strategica del sistema sanitario per lo sviluppo civile ed economico dell’Umbria e per il suo ruolo di sviluppatore di servizi di qualità nell’Italia centrale e di connessa attrattività interterritoriale.
  2. Una ancor più evidente assenza del ruolo di servizio interregionale degli ospedali e dei servizi sanitari territoriali delle zone di confine, come è quella di Orvieto. Non deve trarre in inganno il fatto che l’ospedale orvietano sia classificato come DEA di primo livello insieme a quelli di Città di Castello, di Gubbio-Gualdo e di Foligno-Trevi coordinato con Spoleto-Norcia Cascia, perché di primo livello era e di primo livello resta, ma solo sulla carta. Questo infatti non garantisce proprio un bel nulla, visto ciò che è successo (anzi, ciò che non è successo) in tanti anni fino ad oggi, ossia un progressivo impoverimento di strutture, dotazioni tecnologiche, quantità e funzioni del personale, organizzazione e consistenza dei servizi.
  3. Una interrelazione/integrazione con i DEA di secondo livello (Terni e Perugia) solo formalmente affermata ma del tutto indefinita, quando invece sarebbe stato molto più logico e funzionale prevedere in questa parte dell’Umbria una rete ospedaliera con funzioni differenziate e coordinate tra Terni, Narni-Amelia e Orvieto, come non mi stanco di affermare da anni anche con puntuali iniziative in Consiglio comunale (si veda da ultimo la mozione approvata all’unanimità lo scorso 31 maggio su cui tornerò dopo).
  4. La riduzione dei Distretti da 12 a 4 con la sparizione, ritengo non casuale, di quello orvietano. In sostituzione si prevedono i COT (Centrali Operative Territoriali, i punti di presa in carico e di smistamento delle persone bisognose di cure), articolati in 1 Hub e 8 Spoke (i centri incaricati di garantire il percorso assistenziale del paziente), in diverse zone (Perugia, Terni, Spoleto, Città di Castello) e niente ad Orvieto. Cioè la perdita di ogni presenza nel ruolo e nelle funzioni gestionali e amministrative.
  5. La rete delle Case di comunità, insufficiente dal punto di vista quantitativo se devono essere il punto in cui la medicina di territorio si salda con la sicurezza e il benessere della popolazione, indeterminata nei tempi e nei modi di realizzazione, senza indicazioni sulla funzionalità delle localizzazioni (tralascio qui per carità di patria ogni considerazione sull’impegno di milioni per la localizzazione orvietana della Casa della salute, quella dell’ex ospedale di piazza Duomo)

La logica seguita è evidente. Il governo regionale non parte dai bisogni di sicurezza e di garanzia del servizio sanitario per i cittadini, che comporterebbe sì una razionalizzazione, ma con attenzione agli sprechi, alle sovrapposizioni di strutture operative e di funzioni, alle funzioni di rete, al potenziamento dell’efficienza, all’attrattività extraregione, ecc. ecc. Né parte dal fatto che ha un’occasione storica irripetibile, quella di disporre dei fondi del PNRR per fare un serio, approfondito, dettagliato piano di riorganizzazione del sistema sanitario, con l’obiettivo centrale e determinante di migliorare in modo significativo e strutturale il complesso delle risposte alle richieste di assistenza dei cittadini in ogni parte della regione.

No, parte dal deficit consolidato di 150 milioni e dal disavanzo strutturale quota/anno, imposta una riorganizzazione quantitativa che chiama “razionalizzazione”, la farcisce di parole scontate di efficientismo di facciata e affida alle strutture periferiche e a soggetti esterni il compito di programmare i tagli. Facile immaginare i risultati: diminuzione quantitativa e qualitativa del servizio pubblico e sviluppo della sanità privata, potere verticistico, sacrificio delle autonomie e del controllo democratico, problemi per i cittadini, soprattutto, come sempre, quelli delle fasce più deboli e bisognose della popolazione

Questa la lettura delle decisioni della Giunta regionale in tema di riorganizzazione dei servizi sanitari, non pregiudiziale e non faziosa, non è certo viziata da pregiudizio politico, ma è solo preoccupata delle conseguenze negative che ne possono derivare per i cittadini, in particolare nelle zone dell’Umbria in cui più frequenti sono i disservizi e le costrizioni alla transumanza sanitaria. Orvieto è tra queste, sempre fatti salvi impegno, disponibilità e professionalità del personale, spesso impegnato al di là del puro dovere.

Avevo presentato il 7 novembre del 2021 una mozione in Consiglio comunale, che affrontava le questioni sanitarie nel loro complesso e indicava una strategia precisa per il nostro territorio con riferimento sia ai servizi ospedalieri che territoriali. La mozione è stata approvata all’unanimità lo scorso 31 maggio. La distanza tra ciò che è scritto lì e ciò che ha deciso la Giunta regionale è evidente. Mi chiedo, e necessariamente bisogna chiedersi: che cosa ha fatto il Sindaco per dare attuazione a quell’atto unanime del Consiglio comunale? E se ha fatto quello che doveva fare, dovendo ora prendere atto della distanza delle decisioni contenute nella DGR del 5 ottobre dalla volontà del Consiglio, che cosa intende fare? La questione peraltro riguarda anche lo stesso Consiglio a partire dal suo Presidente. Sarebbe come minimo urgente che si decidesse una iniziativa unitaria a livello istituzionale coinvolgendo gli altri sindaci del territorio, le forze politiche, le forze sociali, l’opinione pubblica, per definire una posizione comune per invertire una rotta regionale che ci penalizza pesantemente oggi e domani.

Io presenterò certamente in Consiglio un’interrogazione urgente per sapere se e che cosa si intende fare. Ma nel contempo dico Orvieto svegiati!




Siamo Orvieto, “la Regione scrive riqualificare la sanità ma si legge commissariamento di fatto”

Il 5 ottobre la Regione Umbria ha “spiegato” le linee della riforma e riqualificazione della sanità umbra ma probabilmente in molti non hanno ben compreso anche perché scritto in perfetto politichese e allora se ne offre una traduzione in italiano. 

Titolo:Avviata la razionalizzazione e la riqualificazione del servizio sanitario (=avviato il commissariamento di fatto della sanità umbra).

Svolgimento: “La Regione Umbria sin dal giugno scorso ha avviato un importante processo di razionalizzazione della spesa e contestuale riqualificazione del servizio sanitario al fine di garantire le migliori performance di tutela della salute della popolazione, intervenendo sulla spesa farmaceutica, sugli acquisti e sulla riqualificazione della rete ospedaliera e territoriale”  = stiamo tagliano la sanità pubblica, ma lo facciamo per il vostro bene, sia riducendo la spesa per i farmaci e per le forniture di servizi, sia chiudendo qui e là qualche reparto e (perché no?) se serve anche qualche ospedale. “L’obiettivo – prosegue – è quello di garantire una sanità a misura del cittadino, con un’organizzazione più vicina alle sue esigenze, meno burocratica, più efficace ed efficiente” = ripetiamo: tutto questo è solo e soltanto per il vostro bene, che fortuna che avete che ora si siamo noi.

“Il Piano ratificato oggi e in corso fin da giugno, tiene conto tra l’altro, del progressivo appiattimento dei finanziamenti destinati al Sistema sanitario nazionale, dei significativi oneri per il proseguimento delle campagne vaccinali connesse all’emergenza pandemica e degli effetti delle note dinamiche internazionali tra cui i maggiori costi energetici, inflattivi e contrattuali” = abbiamo diverse buone scuse: già lo Stato non ci dava una lira prima, più ci si sono messi anche i vaccini e infine è scoppiata per la guerra e le bollette tra un po’ non si sa neanche quanto costeranno. Mica vogliamo tagliare noi: è che siamo proprio costretti!

“A tutto ciò va aggiunto che questa Amministrazione regionale si è trovata ad operare partendo da una criticità storica con uno sbilancio di 42 milioni di euro e con un’epidemia mondiale i cui costi e le cui difficoltà non sono state riconosciute pienamente dallo Stato. Lo stesso MEF e la Corte dei Conti hanno sollecitato una riorganizzazione della rete ospedaliera regionale e maggiore attenzione alla spesa farmaceutica” = quasi dimenticavamo: è colpa, ovviamente, di quelli di prima, che ci hanno lasciato i buffi.  E siccome lo Stato brutto e cattivo non ci ha dato, con la scusa della pandemia, qualche soldo in più per fare tornare i conti, alla fine di tagliare ce l’ha detto il MEF e la Corte dei Conti. Punto.

“A tal fine la Regione – sottolinea la nota – ha messo in atto una riorganizzazione che punta ad assicurare prestazioni appropriate, = e quindi i farmaci che finora erano garantiti adesso bisogna vedere se sono appropriati (ne stiamo giusto parlando coi medici di famiglia, sui quali stiamo facendo ricadere la responsabilità della appropriatezza prescrittiva, altra formula fighissima per non dire che adesso parecchie medicine non ve le passiamo più, come alcuni di voi avranno già notato, con l’impiego della congrua quantità di risorse, con particolare riferimento ai diversi setting assistenziali (= non sappiamo cosa significhi di preciso, ma suona bene) ed ai professionisti coinvolti con il fine di pervenire al miglior rapporto costi – benefici, per assicurare contemporaneamente la garanzia dei Livelli Essenziali di Assistenza e la sostenibilità del sistema” = siccome questa grande scocciatura dell’articolo 32 della Costituzione, scritto sull’onda della resistenza e della liberazione dal fascismo, impone di garantire a tutti i livelli essenziali di assistenza, ci tocca fare i bravi e mantenerli, i livelli essenziali, almeno sulla carta.  Poi, certo vi potrebbe capitare che la visita urgente ve la diamo tra un anno e mezzo e a 120 km dalla vostra città, ma noi potremo sempre dire di avere rispettato la Costituzione.  E se voi pere salvarvi la vita sarete a quel punto costretti a rivolgervi alla sanità privata, che per pura coincidenza sta aprendo centri dappertutto, in realtà per noi non sarete stati affatto costretti.  Avrete scelto liberamente, avrete deciso voi, non noi.

“Per quanto riguarda l’assistenza ospedaliera per acuti occorre puntare su una rete in grado di assicurare in primo luogo qualità e sicurezza delle cure, ma anche appropriatezza” (= parola d’ordine), equità ed efficacia delle stesse = anche per gli ospedali, stessa solfa.  Per i casi acuti, cioè per chi ancora ha la brillante idea di farsi male improvvisamente senza dircelo prima, basteranno meno strutture e personale di emergenza.  Poi se già oggi c’è da trasportare qualcuno a 90 km in ambulanza per un ecodoppler, questo noi lo giudichiamo non solo più efficace, ma anche più equo.  Così impari a venire all’ospedale.

“Per l’assistenza territoriale, coerentemente con il nuovo DM 77/2022, l’obiettivo è quello di rafforzare e valorizzare le strutture di prossimità assistenziale rendendo più appropriato (= ma quanto ci piace essere appropriati!) l’utilizzo delle risorse, rimodulando sia la struttura dei setting assistenziali e le risorse umane coinvolte, che l’offerta dei servizi ai cittadini anche grazie al coinvolgimento della Farmacia dei Servizi quale ulteriore presidio assistenziale capillarmente diffuso sul territorio” (= voi ora non capite quello che abbiamo scritto ma tranquilli: neanche noi).

 “Tale modello organizzativo – conclude la nota regionale – risulta particolarmente funzionale alla gestione delle cronicità, in cui l’integrazione tra ospedale-territorio garantisce la condivisione delle informazioni e dei protocolli necessari alla comune gestione del caso tra i professionisti coinvolti (Medici di Medicina Generale, Medici di Distretto, Medici Ospedalieri), nonché la definizione e realizzazione di modalità operative di supporto come le telerefertazioni e le tele consulenze, particolarmente adatte alla morfologia e alle infrastrutture della nostra regione” (= siccome in Umbria ci sono poche strade, e quelle che ci sono non le manuteniamo e di farle nuove non se ne parla, non è che possiamo continuare a mandare medici a casa vostra all’infinito: bisogna che vi muoviate voi, oppure faremo con la telemedicina con il piccolo inghippo che normalmente non funziona internet ma intanto telemedicina ci fa sentire moderni e dunque per ora diciamo che faremo così, poi si vedrà).Lista Civica Siamo Orvieto




Allerta meteo della Prociv per il 24 settembre fino al 25 anche in Umbria

Il Servizio di Protezione civile della Regione Umbria ha diramato l’avviso di condizioni meteorologiche avverse n. 22056 del 23/09/2022, emesso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Protezione Civile, secondo il quale “dal mattino di sabato 24 settembre 2022, e per le successive 18-24 ore, si prevedono precipitazioni sparse, anche a carattere di rovescio o temporale, su Piemonte, Liguria, Emilia-Romagna, Veneto, Toscana, in estensione a Marche ed Umbria, specie settori settentrionali di queste ultime; i fenomeni saranno accompagnati da rovesci di forte intensità, frequente attività elettrica, locali grandinate e forti raffiche di vento”.