Il grande freddo sull’economia, CNA lancia l’allarme sui costi di energia e gas e torna di moda l’austerity

I prezzi di gas e energia volano e iniziano a destare allarme le conseguenze per il commercio, la piccola impresa e più in generale per le cosiddette aziende energivore, fra queste quelle del settore turistico, vitale per l’Umbria. L’ultimo grido d’allarme arriva dal presidente di CNA Umbria, Michele Carloni, “se i costi dell’energia e del gas manterranno i trend di crescita registrati finora e non ci saranno interventi di sostegno immediati, decine di migliaia di imprese in Umbria saranno costrette a fermare le attività riattivando gli ammortizzatori sociali per i loro dipendenti”.

Il termometro dell’economia mondiale volge al brutto con gli Stati Uniti in recessione tecnica, la Germania in profonda crisi e l’ìEuropa che arranca. Carloni parla apertamente di nuova fase recessiva “per cui serve subito un accordo tra i vari schieramenti politici per un intervento di urgenza del governo che possa almeno aiutare a tamponare la situazione”. E la situazione è ormai tragica sul fronte dei costi con bollette alle stelle e costi delle materie prime che inseguono crescite ormai nell’ordine di oltre il 10% annuo. A soffrire in particolare è l’intera filiera del turismo, dagli alberghi ai bar e ristoranti che hanno alti consumi sia di energia che di gas. La stagione, di solito, tende a stabilizzare prezzi e tariffe ma quest’anno molti esercizi si sono visti costretti a ritoccare i loro listini in piena estate mentre altri lo faranno nel mese di settembre. D’altronde, spiega sempre Carloni, “in questi giorni molto imprese stanno ricevendo comunicazioni da parte dei gestori, i quali denunciano il peggioramento drammatico dell’andamento dei prezzi del gas per settembre prevedendo che il Prezzo Unico Nazionale schizzerà a ben 710 euro al MWh cioè il 316% in più sui prezzi di gennaio 2022, quando il costo del gas era già salito moltissimo”.

Molti operatori iniziano preoccupati a chiedersi come affrontare la stagione fredda e tanti paventano la sospensione o la chiusura dell’attività. Il prezzo medio del caffè al banco, intanto, in molte città è già di 1,20 euro e probabilmente anche in Umbria si arriverà a cifre simili. Intanto si pensa già a riduzioni di orario lavorativo per tagliare i consumi con lo spettro dell’austerità stile ’73. Allora per affrontare l’improvviso aumento dei costi del petrolio il governo impose scelte impopolari ma necessarie come le domeniche a piedi, la chiusura dei cinema con lo spettacolo delle 20 e l’anticipo di quelli teatrali, le targhe alterne sempre per limitare gli spostamenti in auto. Anche la televisione interrompeva le trasmissioni alle 23 per tagliare i consumi sia delle emittenti che dei privati.

Allo studio alcuni provvedimenti taglia-costi da parte del governo come la limitazione dell’illuminazione notturna sia pubblica che dei negozi, la settimana corta nelle scuole, l’abbassamento a 18 gradi dei riscaldamenti nei luoghi pubblici e l’accorciamento del calendario di accensione e spegnimento degli impianti centralizzati di una settimana. Tutto questo basterà? Servirà a far risparmiare i cittadini e le imprese? E’ una manovra emergenziale che tamponerà i picchi di consumo ma non lascerà ricchezza da spendere perché manca una gamba e cioè il recupero dell’inflazione nelle buste paga dei dipendenti e il taglio del costo del lavoro per le imprese.




CNA, terzo aumento del prezzo del pane per il rincaro dei costi, “l’alternativa è spegnere i forni”

“L’economia umbra, cosi come quella italiana, è costretta ancora una volta ad affrontare difficoltà crescenti. Se la guerra in Ucraina non finirà presto andremo in recessione, mentre i prezzi dei beni di primo consumo continueranno ad aumentare. In questo scenario anche i panificatori, alle prese con i rincari eccezionali dei costi dell’energia, delle materie prime e dei trasporti, si apprestano a varare il terzo aumento consecutivo dei prezzi dei prodotti da forno”. Una decisione obbligata, quella dell’ennesimo aumento, annunciata a malincuore dal coordinamento dei panificatori aderenti a CNA Umbria, costituito nei mesi scorsi e composto da 17 imprenditori in rappresentanza degli iscritti all’associazione e dei diversi territori della regione: Luigi Bonucci, Giorgio Cecchini, Claudio Puccetti, Francesca Galletti, Mauro Passagrilli, Doriano Cangi, Silvia Duranti, Fabio Pioppi, Davide Mela, Nazzareno Pizzoni, Piero Perella, Federico Argenti, Giuliano Latini, Giampiero Rossetti, Tiziano Brunetti e Sandro Lisarelli. In Umbria sono attivi, tra produzione e rivendita, circa 500 panifici.

“L’unica alternativa all’aumento dei prezzi è quella di spegnere i forni e chiudere le nostre attività – dichiara Luigi Bonucci, il portavoce del coordinamento-. L’Italia è un paese di trasformazione e la nostra dipendenza dalle forniture estere per frumento duro e tenero, mais, gas ed energia elettrica espone anche le nostre imprese alle turbolenze dei mercati internazionali. Purtroppo l’incremento dei prezzi che ci accingiamo a varare potrebbe non essere l’ultimo se non ci saranno cambiamenti veloci degli scenari in cui ci troviamo a operare. Il protrarsi della guerra in Ucraina ha intensificato le tensioni sui prezzi di tutte le materie prime, e in particolare su quelle agricole, inserendosi in una situazione preesistente di forti speculazioni e di grandi incertezze, iniziate già prima dello scoppio del conflitto e che avevamo denunciato da tempo. Basti pensare che negli ultimi mesi il costo della farina ha registrato aumenti di circa il 60%, aggiungendosi alla scarsità di prodotti come uova, latte e derivati e ai rincari eccezionali dei costi energetici, con picchi di oltre 300 %, sia per il gas che per l’energia. Gli operatori del settore stanno vivendo lo stesso disagio dei consumatori ma non sono più in grado di sopportare i continui aumenti dei costi di produzione. – continua Bonucci -. Queste sono le ragioni che ci stanno spingendo, nel giro di pochi mesi, verso il terzo rincaro dei prezzi, sia per il pane che per la pizza, le focacce e i dolci”. Oggi il prezzo medio al chilo è di 2,80 euro per il filoncino da mezzo kg, mentre per quello da 1 kg è di 2,20 euro.

“Noi – dichiara Francesco Vestrelli, responsabile regionale di CNA Produzione – pensiamo che, per colmare le criticità strutturali del sistema di dipendenza da Paesi esteri, soprattutto sulle materie prime alimentari, si debba investire seriamente nella costruzione o nel rafforzamento delle filiere produttive locali, nella fattispecie in quella del grano duro e grano tenero; filiera all’interno della quale, oltre agli agricoltori, possono e devono giocare un ruolo di primo piano le imprese di trasformazione. Riteniamo che i tempi siano maturi perché anche la Regione assuma una posizione chiara in merito al ruolo che vuole riconoscere a queste imprese, che vogliono sapere se, nel prossimo futuro, saranno o non saranno ammesse agli incentivi a sostegno degli investimenti previsti dal nuovo Piano di sviluppo rurale (PSR), cosi come vogliono sapere con chiarezza se ci saranno incentivi all’autoproduzione dell’energia e sostegni per l’inserimento di nuovo personale. Di fronte a difficoltà crescenti è necessario che, a livello regionale, si faccia presto chiarezza anche su questo fronte perché – conclude Vestrelli – il tempo delle decisioni non può più essere rimandato.”




La grande corsa dei prezzi di energia, gas e materie prime non si ferma e il caffè passa a 1,10 euro

Sono arrivate o stanno per arrivare le nuove bollette elettriche e del gas. Un vero incubo per cittadini privati e per le imprese che orami da settimane si sentono ripetere da tv, giornali, social che sarà un botta notevole. E’ stato realmente così. Andando a controllare si evidenziano aumenti piuttosto sostenuti, in particolare per le utenze commerciali. alcune imprese hanno deciso di chiudere e non per mancanza di ordinativi ma per i costi troppo alti dell’energia che andrebbero a mangiare i margini di guadagno. Altre piccole imprese, in particolare nel settore della ristorazione stanno rimandando le aperture o addirittura hanno deciso di chiudere definitivamente. in media per la bolletta elettrica gli aumenti sono nell’ordine del 30% mentre per il gas si arriva anche a oltre il 40%. La prima conseguenza è un aumento generalizzato dei prezzi finali, quelli al consumatore. A Orvieto la musica non cambia. Nei bar è ormai difficile trovare chi ha lasciato invariato a un euro il costo della tazzina di caffè. anche i lieviti sono cresciuti, e non è un gioco di parole. Sempre più spesso il prezzo è di circa 1,20 euro. Sì perché il rincaro dei prezzi all’ingrosso ha toccato anche le materie prime. Non sono i trasporti a incidere oltre il dovuto, ma i costi aziendali come appunto le bollette e quello delle materie prime all’origine.

Farina, caffè, burro, latte, pasta, zucchero stanno facendo salire i listini di bar e ristoranti. Anche nei negozi alimentari e nei supermercati la corsa dei prezzi non sembra rallentare. Nella cosiddetta fascia di “primo prezzo” la pasta di Gragnano sfiora il costo di 1 euro a confezione. In molti casi alcuni marchi hanno preferito lasciare il prezzo fermo diminuendone il contenuto, in alcuni casi addirittura dimezzandolo. Sì perché il combinato dell’aumento del costo delle materia prime e di quello dell’energia ha, di fatto, lasciato poca scelta. A Murano molte vetrerie hanno deciso di interrompere la produzione, così sta succedendo anche nel settore della ceramica industriale.

A Orvieto qual è la situazione delle imprese? Quali sono i costi reali? Avete notato rincari dei beni di largo consumo e di quanto? Se avete risposte fateci sapere, inviateci le vostre testimonianze per raccontare questo momento difficile tra tra ripartenza, pandemia, timori e venti di guerra lontani ma dalle conseguenze molto vicine.