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Adeguamenti TARI tra il 5 e il 9% con il sì dell’Auri in contraddittorio con i gestori

Il Consiglio Direttivo dell’Autorità Umbra per i Rifiuti e l’Idrico ha deliberato nei giorni scorsi la proposta dei Piani Economici Finanziari della TARI 2024/2025 elaborati secondo il metodo ARERA (MTR2), l’Autorità di Regolazione di Energia Reti e Ambiente, che prevede per le due annualità una rivalutazione monetaria pari al 13.7%, derivante dal calcolo dei costi 2022. L’incremento fa riferimento alle annualità 2022 e 2023 che hanno registrato uno dei picchi massimi dell’inflazione negli ultimi venti anni.
Dall’AURI viene spiegato che i meccanismi previsti determinano un adeguamento inflattivo con un ritardo strutturale di un biennio. Ciò significa che nelle tariffe 2024 e 2025 si vanno a scaricare i costi dell’inflazione sostenuti dai gestori nel biennio 2022/2023. Alla luce di questa situazione la base costi relativa ai servizi resi ha determinato un aumento significativo dei Piani Economico Finanziari dei singoli Comuni, pur in presenza di casi che in alcune municipalità possono differire per motivazioni legate a conguagli e recuperi positivi o negativi relativi al 2022 e 2023.
“In questo contesto – evidenzia il presidente dell’AURI Antonino Ruggiano – l’Autorità ha svolto puntuali operazioni di verifica dei costi rendicontati dai gestori, procedendo in diversi casi al taglio di alcuni di essi in quanto non direttamente attinenti ai costi della gestione delle varie concessioni. Alcune decurtazioni sono state effettuate in accordo con i gestori, mentre altre sono state effettuate d’ufficio, al termine di attente istruttorie interne”.
Definita correttamente la base di calcolo dei nuovi PEF, si è proceduto alla rivalutazione dei costi sulla base dell’inflazione prevista da ARERA. In termini concreti AURI ha quindi proceduto a riconoscere l’effettivo tasso inflattivo da inserire nelle manovra tariffaria 2024 che, a seconda dei casi, oscilla tra il 5% e 9%. I costi non riconosciuti sono stati rimodulati nell’annualità 2025 e nelle annualità post 2025, come previsto dal metodo ARERA.
“L’attività di AURI – spiega ancora il presidente Ruggiano – si è dunque concentrata da una parte nella verifica puntuale dei costi rendicontati dai gestori, con operazioni che hanno previsto importanti recuperi quantificabili in circa 8 milioni di euro su base regionale, dall’altra parte sulla redistribuzione dei valori non riconosciuti nell’annualità 2024 sulle annualità successive”.
L’Autorità Umbra per i Rifiuti e l’Idrico non ha poi riconosciuto ai gestori il tasso inflattivo riferito all’annualità 2022 su 2023, ritenendo la richiesta incongrua anche in relazione al fatto che in Umbria c’è stata una riapertura straordinaria dei PEF TARI nel 2023 che ha già assorbito le richieste inflattive relative alla medesima annualità. Il rigetto di questa ulteriore rivalutazione ha portato al ricorso al TAR Lombardia da parte di Gesenu.




Raccolta dei rifiuti e bidoni, così proprio non va forse è ora di ripensare tutto

Il problema della raccolta dei rifiuti è inutile negarlo è davanti agli occhi di tutti. Bidoni, bidoncini, sacchi e sacchetti in un ordine disordinato in ogni angolo. La raccolta avviene la mattina presto e poi più tardi quelle dedicata alle attività commerciali.

Proprio recentemente in un consiglio comunale è stata sollevata la questione dei bidoni con lucchetto e con tanti sacchetti intorno, tra il Palazzo dei Sette e la Chiesa di San Rocco. Una vergogna che abbiamo puntualmente segnalato dopo la foto inviataci da un lettore. L’amministrazione ha individuato la soluzione alternativa con il trasferimento di tanti bidoni, oltre 30, in Largo Mazzini. Un angolo nascosto ma non troppo anche perché intorno sorgono attività turistiche e civili abitazioni, quindi la vista non è delle migliori e, ci riferiscono, anche l’odore spesso. Insomma la toppa, come spesso avviene è peggiore del buco.

Come ha ben spiegato la sindaca in consiglio comunale c’è un regolamento piuttosto chiaro che prevede per ogni attività il mantenimento dei bidoni all’interno dei propri negozi, fatto salvo quello da esporre come da calendario. La sindaca Tardani è andata oltre sottolineando come sono i commercianti a dover provvedere magari prendendo in affitto dei locali per lo stoccaggio dei rifiuti e “coperture esterne devono essere fatte a spese del privato con il pagamento dell’occupazione del suolo pubblico”. Bene, giusto e allora perché non applicare il regolamento senza timidezze? Il tempo c’è stato per trovare una soluzione e per discutere con l’amministrazione; l’emergenza covid è alle spalle, per fortuna, e se si vuole rendere il centro più interessante e con maggiore appeal si defe assolutamente partire da queste piccole, ma grandi cose.

E’altrettanto chiaro, però, che la raccolta così come strutturata oltre ad essere molto onerosa non ha apportato quel decoro che probabilmente si ricercava. Ripensare l’intera struttura sembra essere ormai una priorità anche secondo i residenti che spesso si trovano immondizia altrui nei loro mastelli, turisti che gettano negli stessi mastelli qualsiasi cosa, bidoni lucchettati con tanti sacchetti di immondizia intorno e, sempre la sindaca, ha spiegato che alcuni verbali sono già stati elevati ai contravventori, anche ripetuti. Evidentemente non basta. Soprattutto in vista di quella “raccolta puntuale” che spaventa molti per i risvolti economici negativi che si potrebbero avere a causa dei soliti furbetti che approfitterebbero dal mastello altrui per risparmiare qualche euro a fine anno.




Orvieto 2025 e ora? Per non rimanere solo un logo e un sogno infranto

Sono passati alcuni giorni dalla scelta della Capitale della Cultura che ha visto prevalere Agrigento sulle altre nove concorrenti, fra queste la nostra Orvieto. E’ quindi maturo il tempo per alcune riflessioni sul prossimo futuro e sulle reazioni alla decisione della giuria.

E’ stato sicuramente un successo arrivare fra le dieci città finaliste e aver visto una gran parte delle associazioni e dei cosiddetti stakeholder partecipare alla costruzione del progetto di “Orvieto Capitale della Cultura 2025. Il punto di partenza è la città di Orvieto con la sua particolare conformazione e la sua storia che parte dagli etruschi per arrivare fino ai giorni nostri, un unicum che ci deve far riflettere, tutti, sulle grandi potenzialità e sul privilegio di vivere a Orvieto. Un secondo punto forte e la presenza di due monumenti già conosciuti nei circuiti internazionali come il Duomo e il Pozzo di San Patrizio. Il racconto costruito per la gara ha ampliato la visione a 360 gradi sull’intero centro storico, sui borghi vicini, sulle aree archeologiche, sul paesaggio e sulle eccellenze orvietane. Un altro punto fondamentale è la capacità di fare squadra, di mettere in rete le realtà imprenditoriali e associazionistiche, gli enti e il terzo settore. Questo è un tesoretto che non deve ora essere disperso per la delusione della sconfitta. Non deve essere disperso anche il patrimonio di idee racchiuso nel dossier ricercando nuovi canali di finanziamento e nuove occasioni di collaborazione.

La domanda da porsi è perché si è perso? La risposta più ovvia è che contro la corazzata Agrigento-Lampedusa era difficilissimo concorrere, ma non impossibile. E allora cosa è mancato, se qualcosa è mancato e quali sono stati i punti deboli? Ecco che le risposte iniziano a essere più complesse. Essere capitale della cultura significa grande afflusso di turisti, ospitare eventi continui, offrire servizi ma soprattutto avere già dei servizi in essere. A Orvieto necessita, e su questo si deve lavorare, una rete di servizi e infrastrutture da città vera che poi ognuno può declinare come vuole, turistica, artistica, artigianale, digitale e tanto altro. La città deve attirare potenziale residenzialità soprattutto produttiva, perché se uno dei principali punti deboli è la demografia economica. Il dato è stato evidenziato nel report di Cittadinanza Territorio Sviluppo che ha registrato il trend negativo in termini di residenti e in particolare di cittadini che emigrano tra i 18 e i 50 anni. Orvieto rischia di ritrovarsi nei prossimi dieci anni sotto la soglia dei 16 mia abitanti, con una media piuttosto alta e con poche risorse umane per i settori trainanti: servizi, agricoltura e turismo che non posso fare a meno di manodopera generica e specializzata. per trattenere la popolazione attiva serve lavoro e questo si crea solo con la presenza di imprese che investono in ricerca e produzione. Alle imprese, poi, servono infrastrutture, trasporti rapidi e una città sempre accesa che poi vogliono anche i turisti.

Dopo il risultato non poteva mancare anche la stira e l’ironia. Certo’ la satira non può essere politicamente corretta, a tratti cattiva e non può essere altro. E’ altrettanto chiaro che la satira spesso arriva da chi è distante come pensiero da colui o colei che comanda, ma non può esserci soddisfazione per la sconfitta di una città che dovrebbe essere unita, invece.

Per chiudere volgiamo un occhio al futuro. Non è tutto perduto ma tutto deve essere costruito. Gli artisti contemporanei, il convinto supporto alla proposta del MOST alla Piave sparita dai radar dell’amministrazione, il coinvolgimento dei giovani nelle fasi decisionali, una cura maggiore del centro storico, nuove infrastrutture al servizio dei flussi turistici rapidi e dei residenti, un ospedale al servizio della città e dei suoi ospiti e credere fortemente nelle potenzialità di Orvieto, senza campanilismi fuori moda ma cercando di creare reti, abbattendo le distanze e trovare legami per essere pronti a rilanciare la sfida magari insieme ad altre città vicine per cultura, tradizioni e logistica.




Parco eolico dell’Alfina, sì della Regione Umbria, ora manca solo il Ministero

Il futuro parco eolico dell’Alfina denominato “Phobos” e presentato da Rwe Renewables Italia srl e che prevede l’istallazione di 7 aerogeneratori su terreni dei Comuni di Castel Giorgio e Orvieto fa un ulteriore passo in avanti. La Regione Umbria, infatti, ha dato parere positivo all’impianto che molte polemiche ha sollevato nei mesi scorsi per l’impatto ambientale e paesaggistico. Secondo la Regione, invece, l’impianto non insiste su aree vincolate, che l’autorizzazione è di competenza ministeriale visto che supera i 30MW di potenza. Il progetto prevede una produzione di 42MW e tutte le condotte interrate. Anche il Ministero ha già pubblicato le integrazioni richieste sul portale e ritiene che sia congruo anche perché ricadente all’interno del “Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC)”. Non è un via libera ufficiale ma un ulteriore passo verso verso la realizzazione.

Secondo la Regione Umbria gli impianti potrebbero interferire con la Zona di Protezione Speciale Lago di Bolsena, Isola Bisentina e Martana che ricadono nel Lazio. Questo però non impedisce la costruzione della centrale di produzione elettrica con pale eoliche. Esaminiamo passo dopo passo le tappe che hanno portato all’approvazione del progetto da parte della Regione.

Atmosfera e Rumore: La Regione ha chiesto di prevedere un piano dei flussi veicolari visto che sono previsti mezzi speciali che, comunque, possono transitare sul sistema viario esistente con la realizzazione di piazzole e tratti stradali nuovi. Sempre la Regione ha indicato a RWE di mitigare le problematiche relative al traffico di mezzi pesanti limitando per quanto possibile il loro passaggio all’interno dei centri abitati.

Paesaggio, suolo e sottosuolo: la regione raccomanda il rispetto del distanziamento dalle aree boscate e richiede che vengano effettuate indagini geognostiche e geotecniche in fase di progettazione.

Ora rimane l’ultimo “esame”, quello del Ministero, per poi far partire il progetto del parco eolico, nato non senza polemiche, anche per i terreni utilizzati e per il possibile impatto paesaggistico.




Gli studenti dell’Iisacp di Orvieto premiati in Senato per il progetto “Liberi dall’olio vegetale esausto”

Lo scorso 8 maggio un gruppo di studenti dell‘Istituto di Istruzione Superiore Artistica, Classica e Professionale di Orvieto è stato premiato in Senato per l’edizione 2019/21 del concorso “Senato & Ambiente”. Gli studenti orvietani hanno partecipato con “Liberi dall’olio vegetale esausto” un tipo di inquinamento pericolosissimo ma ancora non ben recepito in particolare dai privati e da alcuni amministratori. Nel progetto gli studenti sottolineano i rischi ambientali connessi al non corretto smaltimento degli oli esausti in condotte e depuratori.

L’importanza che soprattutto i giovani ricordino a tutti come la tutela ambientale parta dai corretti comportamenti dei singoli è stata sottolineata anche dalla senatrice Emma Pavanelli (M5S), della Commissione Ambiente di Palazzo Madama, “ho avuto il piacere di incontrare gli studenti dell’Iisacp di Orvieto e ritengo che sia necessario sperimentare nuovi modelli che sensibilizzino su nuovi modelli di riciclo per tutelare l’ambiente. Nell’elaborazione dell’indagine conoscitiva, questi ragazzi si sono approcciati alla questione, cercando una soluzione. Come cittadina – conclude Pavanelli – e rappresentante delle istituzioni, l’interesse per le tematiche ambientali e la sensibilità verso l’ecologia dimostrate dai ragazzi riempie il cuore e fa ben sperare verso il nostro, il loro futuro”.




Agli “amici” non piacciono troppo neanche i “botti” del tiro al volo previsti per i mondiali di luglio

La sindaco Roberta Tardani è andata fin sul Lago di Garda per presentare i prossimi mondiali di tiro al volo shooting che si terranno a Orvieto il prossimo mese di luglio.  Intanto intorno al campo di tiro a volo Orvieto Shooting Range – Tav il Botto, nato in una parte dismessa della cava del Botto risistemata secondo le normative vigenti, tornano a volare i forestali per un sopralluogo dall’alto dell’intero impianto.  Lo scorso anno sempre all’impianto c’ era stata un’altra visita che non aveva trovato nulla da eccepire.  Anche la soglia del rumore durante le gare e le normali attività è nella norma ma a qualcuno questo evidentemente non basta.  Secondo Veniero Spada, consulente esterno della società di gestione dell’impianto, “sono i soliti noti che cercano di metterci i bastoni tra le ruote.  Il campo del Botto è in piena regola ma qualche amico del Botto non accetta.  Si parla di rumori – continua Spada – ma è chiaro che un campo di tiro a volo ne faccia un po’ ma tutto entro i limiti della normativa vigente, secondo i controlli effettuati”.

Proprio in un post FB “Gli amici del Botto” esprimevano la loro soddisfazione per l’annunciata manifestazione ma evidentemente non tutti gli amici la pensano allo stesso modo.  Intanto sono previste più di 800 persone per gli inizi di luglio così come tante ne erano previste nel 2020 per i campionati europei. “Purtroppo – ricorda Veniero Spada – il covid hi fortemente ridimensionato quell’evento portando i partecipanti a poco più di 250 unità, ma fu un successo.  Ora speriamo che sia la volta buona per il movimento del tiro al volo e per la città.”  Nel frattempo, gli organizzatori hanno già definito l’ampliamento temporaneo del perimetro dell’impianto sportivo. “Abbiamo chiesto ai nostri vicini dell’azienda Basalto la Spicca la possibilità di utilizzare una porzione di terreno che ricade nella parte di cava attiva e inviato alla Regione tutti i documenti richiesti.  Confidiamo che l’iter si chiuda nel più breve tempo possibile per poter poi lavorare a pieno ritmo per l’organizzazione dei mondiali di luglio”

Una parte degli “amici” del Botto non vogliono i mondiali di tiro a volo, tutti non vogliono la cava e l’impianto industriale, quindi “no” a ogni eventualità di crescita sportiva o economica, l’importante è che regni la pace.




Il Comitato, “abbiamo già dato, il Botto ne ha abbastanza di botti, dinamite e caterpillar”

Riceviamo e volentieri pubblichiamo una nota del Comitato Amici del Botto che prende una posizione netta sulla questione della cava “La Spicca”

Nasce il Comitato Amici del Botto di Orvieto: un organismo che si sta costituendo e che intende fermare un ulteriore prolungamento dello sfruttamento della cosiddetta Cava del Botto. Dopo oltre 30 anni di sfruttamento, e con dei lavori di ripristino a dir poco discutibili, ora si profila un ulteriore scempio di oltre 30 ettari che si prolungherà, nuovamente, per decenni. L’attività estrattiva è andata avanti in modo quasi ininterrotto nonostante diverse segnalazioni degli abitanti, sia per i rumori prodotti dai processi di lavorazione, che per le vibrazioni indotte dal brillamento delle mine alle abitazioni private.

Il Comitato, che sta raccogliendo adesioni, non è disposto a stare in silenzio di fronte a questa nuova e grave distruzione di un territorio vocato all’ambiente, alle attività enogastronomiche, al turismo, alla cultura, al paesaggio.  Una distruzione che non interessa solo i residenti della zona in cui insiste la “Cava La Spicca”, ma tutto il territorio di Orvieto e della regione in generale. Va oltretutto tenuto conto “che sarà abbattuto – è scritto del documento di costituzione del Comitato – anche un antico casale che rappresenta una testimonianza storica del nostro territorio e che si trova nelle vicinanze di un’area già soggetta a vincolo archeologico per ritrovamenti di epoca romana”. Il Comitato fa presente che per questo nuovo sfruttamento ultradecennale, oltre ad un piano Cave fermo al 2005 e ad un PRG approvato da una maggioranza a dir poco risicata si deve rilevare l’assenza di una Vas (Valutazione ambientale strategica).  Il tutto con un’inchiesta giudiziaria in corso che coinvolge funzionari regionali proprio dell’Ufficio Cave.

Il Comitato rivolge un appello a tutti i cittadini, forze politiche, associazioni per fermare questo nuovo scempio. Con lo slogan “Abbiamo già dato: il Botto ne ha abbastanza di botti, dinamite e caterpillar”, i cittadini si preparano a questa battaglia. Anche perché di soluzioni alternative, che possono sostituire il basalto nei suoi attuali utilizzi con altri materiali non inquinanti, ce ne sono diverse.

Dopo il 30 marzo ci sarà la Conferenza dei servizi alla quale verranno presentate le osservazioni dei cittadini in merito al nuovo piano per il prolungamento dello sfruttamento della Cava La Spicca: per questo motivo c’è ancora tempo per bloccare questa nuova operazione di distruzione ai danni del territorio di Orvieto.

In allestimento anche il sito Internet www.amicidelbotto.it. Mentre l’indirizzo di posta elettronica è il seguente:  info@amicidelbotto.it. Oltre, naturalmente, alla pagina Amici del Botto e al gruppo Amici del Botto di Orvieto su Facebook (https://www.facebook.com/Amici-del-BOTTO-103397688843240/).




Giardini dell’Albornoz, la triste storia di detriti e di un cantiere senza operai e senza fine

Sono tanti i cantieri in giro per la città Sono piccoli, più grandi, privati e pubblici. Ma uno in particolare ha attirato la nostra attenzione anche per le continue segnalazioni da parte dei nostri lettori. Riguarda il cantiere interno all’Albornoz, ai giardini. Lì il tempo sembra essersi fermato. Sulla pista centrale detriti, elettrodomestici, filo di ferro e attrezzature di cantiere. E proprio quelle attrezzature sono l’unico segno tangibile che in quell’area c’è un cantiere aperto. Di lavoratori neanche l’ombra e la recinzione è così malmessa che anche per un bambino è facilissimo raggiungere quell’ammasso di detriti vari che si vedono nelle foto e nel breve video che sempre un nostro lettore ci ha inviato.

E’ vero, l’area di cantiere è vietata “ai non addetti ai lavori” ma si sa la curiosità e più forte della cautela e così non sono pochi i ragazzi, i bambini e i semplici cittadini che, incuriositi, entrano per cercare di capire quando sarà la fine dei lavori. Anche i turisti si aggirano nei dintorni e un po’ delusi riprendono la strada di Piazza Chaen. Non è una bella cartolina ma loro, per fortuna, non sanno che quei laterizi, quelle attrezzature, quei detriti sono lì da molto tempo senza che nessuno si sia interessato a una pulizia almeno sommaria, almeno dei boiler e dei detriti che restituiscono un’immagine di degrado, di disattenzione e di scarsissimi controlli. Già, i controlli, un altro punto dolente. Lì c’è un cantiere e l’area non è recintata a dovere, le attrezzature sono in stato di semi-abbandono e le probabilità che qualcuno si faccia male crescono di giorni in giorno. Di chi sarà la responsabilità? Sarà della ditta (quale)? Sarà del Comune? L’unica certezza è che una zona verde che potrebbe essere utilizzata anche per spettacoli è inservibile da troppo tempo purtroppo e della fine dei lavori non c’è ombra, almeno nel breve periodo.




Bandiere a mezz’asta al Comune di Ficulle per solidarietà con il popolo ucraino

Si è svolta domenica 27 febbraio la cerimonia con cui il sindaco di Ficulle, Gianluigi Maravalle e i consiglieri comunali sia di maggioranza che di minoranza, ha esposto a mezz’asta la bandiera del Comune di Ficulle. E’ un segno di unione e di vicinanza alle popolazioni colpite dalla guerra in Ucraina. “Un gesto – ha affermato il sindaco Maravalle – che non ha carattere politico ma una forte valenza umanitaria in favore di tutte le persone coinvolte, anche in considerazione di tutte le famiglie ficuellsi che negli anni hanno costruito forti legami con il popolo ucraino”.




La spada di Damocle della variante omicron sulle feste e i veglioni

Ci siamo. Il Natale è all’uscio e Capodanno è subito dietro l’angolo e ecco che arriva puntuale la variante covid-19, si chiama omicron. L’alfabeto greco in chi ha fatto il liceo classico evoca versioni e ore di studio, pronunce a volte improbabili, oggi indica l’orologio della pandemia. Omicron è la variante che fa paura in questo Natale 2021. A mano a mano in Europa tutti tornano a chiudere, torna a riecheggiare la parola “lockdown” che ormai sembra un lontano e drammatico ricordo e invece…Irlanda, Belgio, Gran Bretagna, Olanda e Germania uno dopo l’altro impongono restrizioni sempre maggiori. A Londra la “Premier League” è nel dramma, troppi giocatori contagiati ma il tradizionale boxing day sembrerebbe salvo, per ora. In Austria il 2022 porterà l’obbligo vaccinale e in gran parte d’Europa s’inizia a discutere dell’argomento e del lockdown “riservato” agli irriducibili no-vax. E in Italia? Fino a due settimane fa tutto sembrava filare abbastanza liscio, poi sono tornate a salire le positività, i ricoveri e le terapie intensive. Non sono numeri drammatici ma l’attenzione è alta, anzi altissima anche perché le feste tradizionalmente più da assembramenti sono alle porte. Il 23 dicembre il governo prenderà una decisione definitiva ma intanto le ripercussioni già si fanno sentire. Le indiscrezioni, poi, non aiutano il settore della ricettività ad uscire dalla crisi profonda legata alla pandemia. Lo stesso discorso vale anche per la ristorazione. Intanto post sui social ci invitano a veglioni e feste, concerti con cene, come nel caso di UJW e poi c’è il tam-tam delle feste private, dei veglioni in casolari di campagna senza alcun controllo. E il virus non attende altro che trovare un posto comodo dove potersi replicare in tutta tranquillità.

I tecnici stanno raccomandando prudenza e soprattutto una stretta, forte, proprio sui grandi eventi, sui veglioni, sugli eventi sportivi, insomma su tutto quello che raduna troppe persone in un luogo magari al chiuso e senza mascherina per ovvi motivi. Gli stessi tecnici hanno anche raccomandato un’ulteriore stretta sui resistenti al vaccino proprio per tentare di arginare questa nuova ondata guidata dalla variante “omicron”. Che il clima sia totalmente cambiato nel giro di poche settimane è chiaro. I vacanzieri convinti ora lo sono molti meno e aumenta il numero delle disdette, così come confermato dal presidente di Federalberghi Umbria, Simone Fittuccia. Il pacatissimo Presidente della Repubblica Sergio Mattarella è intervenuto con insolita durezza stigmatizzando le televisioni che danno troppo spazio ai no-vax e alle loro teorie non supportate dalla scienza ufficiale. Nelle scuole si torna a discutere di eventuale DAD dopo le feste e di protocolli più stringenti per mettere in quarantena le classi e il sottosegretario Sileri ha aperto la strada al prolungamento delle vacanze natalizie.

La variante omicron rischia di essere il vero convitato di pietra di queste festività di fine anno. I numeri dei contagi nella piccola Umbria sono repentinamente cresciuti così come nel resto del Paese e tornano i divieti, gli obblighi, le mascherine all’aperto sempre, riaccendendo nella memoria collettiva paure e insicurezze che non fanno bene all’economia del divertimento, dello svago, del turismo, dell’enogastronomia, insomma in quei settori che ora dovrebbero tirare e che rischiano di finire nel tritacarne delle restrizioni sia nazionali che regionali. E allora non resta che attendere il 23 dicembre per conoscere le decisioni del governo sperando che venga premiato chi ha rispettato tutte le regole e ha ascoltato la scienza.