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Riforma regionale della sanità, il consigliere Barbabella sottolinea, “niente di buono per Orvieto e sopravvivere non è detto che sia vivere”

Approvata la Riforma Regionale della Sanità che va a ridisegnare un modello che prevede l’ingresso dei privati in ambito pubblico, la chiusura di un reparto di cardiologia, la creazione del terzo polo tra Foligno, Trevi e Spoleto, il nuovo ospedale di terni e quello di Narni. Per Orvieto sono spese pochissime parole con la conferma di DEA di I livello con UTIC e dell’ospedale di Comunità con 20 posti letto extra-ospedalieri. La prima nota arriva dal consigliere Franco Raimondo Barbabella che riportiamo integralmente.

Ho fatto una prima analisi della DGR 1399 del 28 dicembre sulla programmazione della rete ospedaliera regionale e ne ho tratto le valutazioni che di seguito sintetizzo, con l’avvertenza che si tratta solo di prime valutazioni, richiedendo essa una lettura più approfondita e una valutazione delle sue implicazioni pratiche sia generali che relative al nostro territorio.

  1.  Si tratta di una piccola riorganizzazione, fatta di aggiustamenti vari, quasi un’operazione ragionieristica, per adeguamento ai parametri delle norme nazionali e regionali (D.M. 70/2015 e DGR 212/2016), con poche scelte di un qualche significato. Di fatto un’operazione funzionale a non muovere troppo le cose in vista dei prossimi appuntamenti elettorali. Nessuna scelta davvero coraggiosa, nessuna risposta all’esigenza di un servizio ospedaliero regionale ben coordinato, efficiente, moderno. Nessuna vera risposta alle esigenze dei territori, certo non per il nostro.
  2. L’operazione per l’ospedale di Orvieto non cambia sostanzialmente le cose, modifica qua e là, ma non dà risposte nemmeno (né per la logica seguita poteva darle) alle esigenze più urgenti, quelle che identificano una struttura che ha carenze ma che almeno funziona seppure con le carenze che ha. Sappiamo tutti quali sono: mancanza di personale e precarietà, lunghe attese e transumanza verso altri ospedali anche per servizi ordinari, servizi da tempo solo sulla carta (UTIC, ad es.), distretto, servizi organizzati anche in difformità del D.M. 70/2015, macchinari obsoleti, modernizzazioni solo annunciate, ecc.
  3. Dunque conferma che ci sarà un ospedale di comunità con 20 posti letto (quello che l’amministrazione comunale ha voluto in piazza Duomo) e che “L’Ospedale di Orvieto è un nodo della rete di emergenza-urgenza (DEA di I livello e Spoke della rete di emergenza-urgenza)”. Nel contempo nell’ambito della ASL Umbria 2 si crea il terzo Polo Foligno – Spoleto e si riorganizza la rete Terni – Narni – Amelia. Orvieto resta realtà debole, isolata, marginale.
  4. Si accenna di passaggio e in generale alla possibilità di lavorare all’aggregazione degli ospedali territoriali ai poli (nel nostro caso Terni), ma naturalmente non si sa che cosa può voler dire. Ed è evidente che questa logica di riorganizzazione non fa sperare niente di buono sia per l’immediato che per il futuro.
  5. Dunque non si è colta nemmeno di striscio questa occasione per vedere nel servizio ospedaliero regionale un ruolo di traino non solo per la sicurezza dei residenti e degli avventizi ma anche per lo sviluppo. Si sa, per il nostro territorio si tratta di partire dalla naturale collocazione territoriale in un incrocio interregionale e su una viabilità di grande comunicazione (la Roma – Firenze). Il nostro ospedale e il nostro servizio sanitario complessivo territoriale non possono essere pensati solo in termini numerici e burocratici, ma devono esserlo in termini di ruolo territoriale vasto e di sviluppo.
  6. Ho posto così tante volte la questione in Consiglio comunale (c’è anche una delibera di Consiglio approvata all’unanimità) che è stancante anche solo ricordarlo. Da Orvieto però non è partita manco uno straccio di iniziativa che andasse in questa direzione. Andava sempre tutto bene, la parola d’ordine è accontentarsi di ciò che passa il convento. Ed ecco il risultato: una sopravvivenza che ci porta ad un inevitabile declino.
  7. Converrà attrezzarsi per cambiare sul serio. Perché si possa sperare che con la nuova amministrazione regionale si faccia la riforma ospedaliera e di servizio sanitario già oggi necessaria che però ora non si ha il coraggio di fare. Per questo bisognerà avere, più che capacità di rivendicazione, che denota sempre debolezza, idee chiare e finalmente coraggio di lotta politica, non solo di Orvieto ma dell’intero territorio.



PrometeOrvieto, “débacle sanità. Quando la sede di governo è lontana”

Alcuni giorni fa, la sindaca Roberta Tardani ha illustrato in un post ciò che significherà per il nostro territorio l’attuazione del nuovo Piano Sanitario e le “magnifiche sorti e progressive” che ci toccheranno, quando l’attuazione della medicina territoriale (date le premesse tra una quindicina d’anni, forse) impedirà di “ingolfare” i servizi dell’ospedale, come augura Tardani.

Noi siamo con la sindaca e auspichiamo che le pressioni sulla Regione portino alle modificazioni necessarie del Piano regionale, d’altronde come avviene da vent’anni senza alcun risultato. Ora vorremmo che si riflettesse in maniera più approfondita sulla competenza e importanza territoriale dei futuri Distretti Sanitari, che è stata ampiamente sottovalutata e l’opposizione alla soppressione del distretto di Orvieto da alcuni è liquidata come un conato di campanilismo. La Regione deve ancora formalizzare le scelte e quindi siamo ancora in tempo per invertire la marcia, seppure tutto sembri già definito.

Il Distretto Sanitario avrà nella nuova organizzazione dei compiti importanti di programmazione, organizzazione, gestione, quindi dobbiamo insistere e chiedere con partecipata decisione una modifica al Piano Sanitario di prossima approvazione, certamente consci che non siamo il centro del mondo ma anche che è indispensabile avere il centro decisionale qui, per poter offrire risposte esaurienti e consapevoli alla popolazione, polverizzata su un territorio amplissimo e anagraficamente anziana.

I fatti pregressi supportano tale richiesta. E’ innegabile infatti che la risposta sanitaria nel nostro territorio è andata peggiorando ogni qual volta c’è stato un allontanamento della sede di governo. Prima con la soppressione della sola USL di Orvieto e l’annessione a Terni e per ultimo addirittura a quella di Foligno. Si è registrato un lento, inesorabile depauperamento dei servizi, sicuramente a livello territoriale, ma la criticità vera si è avuta nel presidio ospedaliero del Santa Maria della Stella, “ingolfato”, come sostiene la sindaca di Orvieto, e quindi incapace di garantire risposta adeguata alla necessità della popolazione. Ci risulta che vigano da tempo delle situazioni assurde, come quella della presenza del direttore sanitario per soli 2 giorni a settimana, oppure la copertura dei turni di reperibilità in Chirurgia e Pronto soccorso con sanitari a convenzione a 80 euro l’ora.

Come si pensa di far minimamente funzionare una struttura a corto di mezzi e personale qualificato? La presenza giornaliera del direttore sanitario è fondamentale, irrinunciabile data la carenza di dirigenti sanitari. Chi organizza, chi controlla? Sicuramente non è semplice reperire del personale disposto a lavorare in una struttura dove si respira aria di smantellamento, però se ci fosse sul territorio un governo sensibile e concentrato sulle problematiche del territorio, le sollecitazioni annose avrebbero più probabilità di essere recepite. Ci sembra che vadano individuate soluzioni nell’immediato, (ormai la pandemia sta finendo, così dicono) e non ci sono più scuse. Questi ultimi due anni è stata giustificata qualsiasi carenza in nome della sicurezza, ma ora dobbiamo pretendere esami specialistici, cure e interventi senza doverci rivolgere alla sanità privata o emigrare presso altri presidi a distanza di decine di chilometri.

Il Distretto è una leva fondamentale per dimensionare il servizio alle necessità del territorio. Chiediamo maggiore convinzione, ne va della nostra salute, e non siamo disposti a sopportare meline e giustificazioni efficientiste.