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27 febbraio, quel viaggio sull’IC 598 delle 18,15 da Roma

Ultimo martedì di febbraio. Roma Termini. Pochi minuti prima delle sei. Pioggia scrosciante…Avverto l’umidità nelle ossa, tra i capelli, sul viso.  Una classica serata romana di fine inverno. Con la non desiderata compagnia di una copiosa e fredda pioggia.  All’interno della stazione i viaggiatori sembrano tanti piccoli pulcini che cercano riparo dall’acqua.  Io affretto il passo.  Mi attende il treno Intercity delle sei e un quarto.
E’ pronto sul binario.  Meno male, penso tra me.  Stasera proprio non era la serata adatta per arrivare tardi a casa.  Sarà la stanchezza dopo una dura giornata di lavoro.
Sarà la fame che inizia a fare capolino dopo il frugale pasto pomeridiano.  Sarà anche questa pioggia battente che sembra voler inumidire anche la mente e i pensieri.  O forse sarà questo scorrere del tempo di vita da pendolare che mi ha reso più fragile e più debole nel riuscire a fronteggiare ritardi e disagi.  O sarà tutto questo messo insieme.
Non lo so. Stasera neanche voglio pensarci.  Per due ragioni.  Entrambe positive.
Prima, Il treno è dato in partenza in orario; seconda, mi ritornano alla mente le rassicuranti parole di addetti Trenitalia e politici regionali e locali.  I treni in Umbria funzionano non bene ma benissimo.  I ritardi sono irrisori sia come quantità accumulata che come treni coinvolti.  E soprattutto il grado di soddisfazione dei pendolari, di noi che viaggiamo, in questi ultimi anni è notevolmente aumentato.  A volte penso che tutti i disagi che quotidianamente vivo sui treni siano frutto della mia fantasia, della mia mente invecchiata e malata.  Comunque mi siedo sul treno, scacciando questi fastidiosi pensieri.
Il treno alle sei e diciotto chiude le porte e si incammina direzione Orvieto.
Me ne sto tranquillamente poggiato con la testa al vetro, a osservare la campagna preda del buio che sembra scappare via nella notte. Guardo lo schermo del cellulare.  Manca poco più di un quarto d’ora alle sette.  Mentalmente calcolo che tra poco più di dieci minuti sarò a Orte.  E tra tre quarti d’ora sarò accarezzato dal calduccio della mia casa e dei miei cari.  In procinto di una ristoratrice e indispensabile buona cena.  Poi improvviso un acuto fischio.  Il treno si ferma.  Intuisco dai contorni del paesaggio esterno, nonostante il buio, che siamo nei pressi di Passo Capena.
Passa qualche minuto.  E qui si manifesta la solita gestione “folle” di Trenitalia verso noi passeggeri.  Arriva una mail che annuncia che per problemi sulla linea il nostro treno maturerà trenta minuti di ritardo.  Più ottimista il gracchiante altoparlante della carrozza, che annuncia che arriveremo a Orvieto con un ritardo di circa venti minuti.  Più pessimista Viaggiatreno, che invece riporta che arriveremo a Orvieto con quaranta minuti di ritardo.
Mi verrebbe da sbattere la testa al vetro, ma mi trattengo.  E me ne resto immobile, con l’umidità e la stanchezza che ancora di più sembrano averla vinta.  Per ingannare il tempo, che sembra non voler passare mai, faccio un po’ di calcoli.  Se il gracchiante altoparlante del treno ha detto il vero sarò a Orvieto alle sette e quaranta.  Se invece a dire il vero è la mail inviata da Trenitalia ci sarò alle sette e cinquanta.  Se si realizzerà quanto riportato da Viaggiatreno, sarò alla mia stazione alle otto in punto.
Come sempre un terno al lotto.  Quella pallina della roulette che, a secondo di come gira, condiziona la nostra quotidianità, la nostra vita.
Ripenso alle tante chiacchiere sbandierate sulla stampa locale da esponenti di Trenitalia e politici regionali e locali sul funzionamento treni e sull’alto grado di soddisfazione della clientela umbra per il servizio offerto.
Vorrei che loro, i nostri amati politici orvietani e regionali e tutti quei papabili di Trenitalia fossero ora qui al posto mio, dopo una giornata di duro lavoro e con questa pioggia e umidità “appiccicata” addosso.  E non credo che racconterebbero le stesse storie.
Per la cronaca né la mail ufficiale inviata dalle FS che parlava di 30 minuti, né l’annuncio a bordo treno che invece parlava di venti minuti, né Viaggiatreno che parlava di quaranta minuti ha “centrato “il ritardo.
Il mio treno, il favoloso intercity 598 partito in questo piovoso ultimo martedì di febbraio alle sei e un quarto da Termini, è arrivato alla stazione di Orvieto alle otto e trentadue minuti, con un’ora e dieci minuti tondi di ritardo.




La Regione studia i problemi dei pendolari e prepara un incontro con tutti i protagonisti “per migliorare”

“Da alcuni mesi prosegue il dialogo con il Gruppo FS Italiane per verificare la qualità dei servizi prestati, la puntualità dei treni, le percentuali di riempimento, la possibile introduzione di nuove corse soprattutto quando alcuni treni regionali gestiti da regioni vicine subiscono variazioni. Ma anche il passaggio di treni Frecciabianca a Frecciargento, la mitigazione dei disagi dei pendolari ogni qualvolta si effettuano lavori sulle linee per il loro miglioramento, come l’attuale introduzione della tecnologia ERTMS sia sulla FCU che sulla Orte-Falconara”. È l’assessore alle Infrastrutture e Trasporti, Enrico Melasecche, ad evidenziare le azioni messe in atto per migliorare e potenziare le prestazioni del sistema ferroviario nel territorio regionale. “In particolare – rileva – crea incertezza negli utenti e genera proteste l’ormai frequente fenomeno dei treni che partono da Roma Termini, sono fatti sostare a Roma Tiburtina per far passare i Frecciarossa, per poi incanalarli sulla linea ordinaria, in ragione  della saturazione delle tracce sulla linea ad Alta Velocità, causando ritardi significativi negli orari di arrivo”.

“Tutti questi problemi vengono sistematicamente trattati dalla Regione Umbria che di frequente – afferma – ha ottenuto miglioramenti significativi anche nell’introduzione di nuove corse”.

   “Tuttavia tali fenomeni, in attesa della consegna da parte di Trenitalia dal 2025 dei nuovi dodici treni, attualmente in fabbricazione, che raggiungono la velocità di 200 chilometri orari, vanno monitorati – sottolinea – per ridurre il disagio e accrescere l’efficienza del servizio agli utenti”.

   “A tal fine – rende noto l’assessore Melasecche – è in corso una analisi della situazione complessiva che, entro il mese di febbraio, porterà ad un summit fra tutti gli attori in cui si analizzeranno le richieste pervenute dai territori e le relative osservazioni in modo da migliorare tutto ciò che è possibile migliorare, prendendo ognuno i relativi impegni – conclude – per contenere i disagi nei casi in cui i lavori lungo le linee siano indispensabili ai fini della sicurezza, puntualità e velocità, a cominciare da alcune aree, come quella di Orvieto, ma altre ancora che, per ragioni geografiche, necessitano di particolare attenzione”.




Storiacce orvietane di treni, comitati e politicanti “lenti”

Reso pubblico il monitoraggio ufficiale relativo all’andamento dei treni che servono la stazione di Orvieto relativo al periodo 1 gennaio 31 gennaio 2024.
Questo ennesimo monitoraggio, solita soluzione inutile e propagandistica partorita a inizio anno nella riunione tenutasi tra autorità politiche locali e rappresentanti del comitato pendolari, era stato proposto come azione necessaria per valutare la qualità del servizio offerto e per migliorare la condizione di viaggio dei tanti pendolari del comprensorio orvietano.  Da questo monitoraggio emergono, come ovvio e scontato e come risaputo da chiunque utilizzi il treno, tutte le criticità e la precarietà del servizio offerto.
Analizzando i due treni maggiormente usati dai pendolari orvietani per il rientro serale,  l’Intercity 598 delle 18,15 e il regionale veloce 4106 delle 17,20 in partenza da Roma Termini, si evince per l’intercity un ritardo medio giornaliero di 20 minuti, con una punta di ritardo nel periodo considerato di tre ore e un minuto, mentre per il regionale veloce delle 17,20 il ritardo medio certificato giornaliero si attesta sempre sui 20 minuti,con una punta nel ritardo di due ore tonde tonde.
Più o meno la situazione non subisce vistosi cambiamenti per gli altri treni che nel corso della giornata transitano e fanno sosta nella stazione di Orvieto.  Ma il dramma quotidiano che vivono i pendolari e i viaggiatori locali non è solo una questione di freddi e amorfi numeretti racchiusi in una tabella.  E’ il disagio di non sapere mai se quel treno ci sarà, quale percorso seguirà e quanto ritardo accumulerà.
Martedì 6 febbraio. Stazione Termini. Il treno delle 18,15 è annunciato in orario. Serata fredda ma tranquilla. Nessuna criticità sulla linea. Il treno delle 18,02 per Perugia in orario e sulla Direttissima.  Stessa situazione per il regionale delle 18,31 per Ancona.  Grosso sollievo per tutti pregustando di arrivare, almeno questa volta, a casa in orario.
Un minuto prima della partenza il gracchiare degli altoparlanti annuncia che il treno Intercity 598 delle 18,15 percorrerà la linea lenta fino a Orte.  Così, senza una spiegazione, senza una motivazione chiara, con maggiore ritardo nella percorrenza del tratto di 35 minuti.  Ogni viaggio è un terno al lotto, è una pallina della roulette che condiziona, col suo girare a caso, la vita dei tanti pendolari.
Giovedì 1 febbraio. Regionale delle 17,20 fermo a Termini in attesa della partenza.  Alle cinque e mezza il treno ancora fermo sui binari, senza che venga dato nessun annuncio né dal capotreno né mediante gli altoparlanti.  Nel frattempo il regionale per Viterbo delle 17,27 viene fatto partire, in perfetto orario, percorrendo la linea direttissima.
Il regionale delle 17,20, il “carnaio” delle 17,20, alla fine partirà con 20 minuti di ritardo. Strapieno fino all’inverosimile, con i passeggeri in piedi abbracciati gli uni agli altri come tante sardine pressate nel loro barattolo.  Per la cronaca sarò poi istradato, come quasi sempre accade, sulla linea lenta, e arriverà a Orvieto, dopo il solito viaggio da film dell’orrore, con un’ora di ritardo.
Peggio era andata la mattina precedente, mercoledì 31 gennaio.  Il termometro vicino alla Torre del Moro segnava, in quella fredda ultima mattinata di gennaio, sei gradi sotto lo zero.  Buio, freddo e gelo da lupi.  Con nella mente un gran rimpianto del comodo e caldo piumone dovuto abbandonare troppo presto.
Alle cinque e tre quarti oltre 150 pendolari in attesa sul binario due della stazione, morti di sonno e percossi da brividi originati dalle folate di gelo.  A un tratto, dopo il solito gracchiare degli altoparlanti, una voce metallica annunciava che il regionale veloce 4095 delle 5,54 per Roma Termini era soppresso.
Cancellato.  Solito senso di frustrazione e rassegnata delusione dei presenti.
Un piccolo gruppo decideva di raggiungere la Capitale ricorrendo alla propria auto.
Un altro piccolo gruppo decideva di avventurarsi con treni successivi per recarsi al lavoro.  La maggioranza dei presenti decideva di ritornarsene a casa, ricorrendo al solito forzato giorno di ferie o permesso.  E situazioni simili si vivono quotidianamente ,in ogni fascia oraria.
Al di là dei freddi dati dei soliti inutili monitoraggi, la gravità e pesantezza della situazione è data da queste situazioni di continua precarietà, che generano rabbia, stress e insicurezza su chi si reca al lavoro.
Chi di dovere, politicanti locali in primis, dovrebbe confrontarsi con queste persone, con queste vittime di questo stato di cose.  E prima di perdere tempo in ridicoli e propagandistici tavoli per “partorire” i soliti inutili monitoraggi, comodamente seduti su rilassanti poltroncine con thè caldo e brioscina, dovrebbero chiedere scusa a chi quotidianamente vive da anni questi disagi, siano essi lavoratori, studenti, viaggiatori occasionali.  E dovrebbero almeno provare vergogna per quello che dovevano, e potevano fare e che non hanno saputo o voluto fare.  E dovrebbero anche un po’ vergognarsi per questo loro occuparsi dei pendolari con ciclicità prima di ogni tornata elettorale.  I pendolari non sono voti o numeretti che hanno vita solo quando c’è da raccattare qualche voto. 

Partono col buio e ritornano col buio non per andarsene a visitare musei o monumenti, ma per andare a lavorare .E meriterebbero attenzioni e rispetto sempre, non una volta ogni quattro anni.




Quel “carnaio” per Orvieto delle 17 e 20

Uno dei treni maggiormente usati (e odiati) dai pendolari orvietani per il rientro a casa è il regionale veloce 4106 in partenza da Roma Termini alle 17,20.
Dopo una partenza all’alba per il solito estenuante e sfiancante turno di lavoro, tantissimi sono i pendolari orvietani che terminata la giornata lavorativa si incamminano verso il binario sei della stazione Tiburtina per attendere questo treno per l’agognato rientro a casa. Tra i tanti ,in questa umida e uggiosa serata di metà gennaio ci sono anche io.
Mentre mi accingo ad entrare nello spiazzale antistante la stazione, giro lo sguardo meccanicamente verso il grande orologio rettangolare che accoglie i viaggiatori. Indica che mancano pochi minuti alle cinque . Mi lascio trasportare dalla prima e dalla seconda scala mobile che porta al piano superiore. Poi, dopo aver percorso i soliti cinquanta metri del piano dei negozi, mi lascio trasportare, stavolta in discesa, dalle due scale mobili che conducono al binario sei e al binario sette. Sul binario sei transitano i treni diretti al Nord, sul binario sette quelli diretti a Roma Termini. Abbandonate le scale mobili, mi incammino in fondo al binario. Per una ragione dettata dal mio inconscio viaggio sempre nella prima carrozza, quella che precede la carrozza motrice del treno. Con un cenno degli occhi saluto un po’ di persone che conosco, anche loro già in attesa. Scorgo parecchi orvietani. Più o meno sempre gli stessi. Costretti a dover deglutire giocoforza ogni santa sera questa amara cicuta denominata regionale veloce 4106, scelta obbligata per poter rientrare alle nostre abitazioni. Il momento più stressante e faticoso da gestire è questa mezz’ora che precede l’arrivo del treno. Con il notare che ad ogni minuto che passa aumenta la calca umana che si distribuisce sul lungo binario, annotazione mentale che ci fa pregustare quello che ci attende una volta saliti a bordo.
Sarà il freddo, sarà la stanchezza dovuta alla pesante giornata di lavoro, sarà l’umidità che ti entra dentro, ma ogni minuto sembra lungo come un’ora.
Alle cinque e dieci, come ogni sera, arriva il regionale diretto a Terni, partito da Roma Termini alle 17,02. Fino a qualche anno costituiva per i pendolari orvietani una fonte di gioia e di salvezza, il suo arrivo. Fermava a Orte. E i tanti passeggeri che dovevano scendere in quella stazione lo usavano.
E si sfoltiva di molto la folla in attesa sul nostro binario, rendendo il nostro rientro a casa più umano e tollerabile. Ricordo, come in un sogno, che c’erano delle volte che riuscivo persino a trovare posto a sedere e poter così dedicarmi alla lettura di un buon libro. Tanto tempo fa. Ricordi di un’altra vita.
Poi i viaggiatori ternani si sono lamentati per l’affollamento fino a Orte, e quella fermata al loro regionale è stata risparmiata. Da allora i tantissimi pendolari diretti a Orte in questa fascia oraria, sono costretti a usare il nostro regionale, primo treno utile per il loro rientro.
Come ogni sera da un po’ di anni a questa parte, sul regionale delle cinque e dieci diretto a Terni ,salgono non più di una decina di persone.  Alle cinque e venti il colpo d’occhio del nostro binario è da brividi . Il binario è affollato in tutta la sua lunghezza disponibile. Alle cinque e mezza in punto finalmente arriva il nostro treno per Orvieto. Arriva già pieno da Termini, con tutti i posti occupati e già un po’ di gente in piedi, distribuita lungo i corridoi.
Arresta la sua corsa, un fischio lacerante avverte che le porte si stanno per aprire e la fiumana umana, come disperati che in mare si aggrappano a una scialuppa di salvataggio, invade tutti i suoi spazi.
Io, come mio solito, salgo nella prima vettura davanti, quella “attaccata” alla cabina motrice. Neanche sono salito che mi ritrovo schiacciato in un angolo dalla marea umana, incastrato tra il finestrino laterale e la parete del bagno. Un robusto giovanotto, con una borsa di pelle dura dai bordi appuntiti tra le mani, sembra volermi perforare la milza. Provo a girarmi di fianco per evitare il doloroso contatto . Nello girarmi mi ritrovo faccia a faccia con lo sguardo impaurito di una bambina tenuta a fatica in braccio dalla madre. Avrà due o tre anni. Ha i capelli sul biondo e gli occhi con una spruzzatina di azzurro. Mi viene istintivamente da pensare che sarà una bambina del Nord Europa. Rifletto sul fatto che la madre non crolla a terra, vittima dello sforzo, giusto perché manca lo spazio fisico per poter cadere.
Appoggiato addosso, sul mio lato sinistro, un signore prova a sistemarsi alla meno peggio. Avrà poco più di sessant’anni. Indossa una tuta blu tipica di chi lavora in qualche officina meccanica, tuta coperta da un pesante giaccone di pelle color terra. Ha la barba un po’ incolta, il viso segnato da vistose rughe. Rimango colpito dal suo sguardo rassegnato e un po’ abbassato, di chi nella vita ne ha dovute passare tante. Al petto stringe una specie di marsupio, dal quale si scorge un contenitore in plastica, di colore arancione. Certamente un contenitore per mantenere caldo il cibo. Mi sembra quasi di vederlo mentre si accinge a uscire da casa di buon mattino, quando ancora la notte avvolge la rupe, con la moglie che con cura e amore sistema in quel contenitore il suo pasto quotidiano. Mi piacerebbe poter essere seduto, per alzarmi e cedergli il posto. Vago con lo sguardo nel corridoio e nello spazio che separa la prima vettura da quella seguente. Due signori di mezza età, ben vestiti e dal linguaggio forbito, apostrofano a malo modo i politici locali, che ancora una volta sembrano interessarsi a treni e pendolari solo quando si è in prossimità di tornate elettorali. Una signora dagli occhi vispi, un po’ appesantita nel fisico, impreca con tono alterato contro il mondo intero.
Un gruppo di studenti, beati loro seduti, inveisce contro un non ben definito comitato pendolari che ancora parla di incontri e monitoraggi da fare .
Mi viene da pensare che nessun monitoraggio può dare idea più veritiera della condizione di viaggio dei pendolari orvietani di questo treno. Osservando con più attenzione il senso di stanchezza e rassegnazione della gente che mi circonda, mi ritorna alla mente il quadro studiato al liceo. Nel quadro veniva raffigurato il viso sofferente e lo sguardo disperato di una marea di persone “appiccicate” le une alle altre, che venivano, senza soluzione di continuità e per l’eternità, punte con uno spillo per espiare non ricordo bene quale loro colpa . Noi che siamo costretti a viaggiare in queste condizioni, che di umano hanno poco, espiamo colpe che non abbiamo. Siamo vittime innocenti delle gravi mancanze di chi dovrebbe tutelarci e fa finta che non esistiamo. Un lacerante fischio di porte che si rinchiudono pone fine a queste mie riflessioni, fischio che segnala che il treno, dopo la solita attesa serale per dare la precedenza a tutti i treni dell’ Alta Velocità, è in partenza.
Neanche facciamo in tempo a uscire dalla stazione Tiburtina che si avverte un fastidioso “gracchiare” degli altoparlanti. Quel fastidioso gracchiare, così inviso a noi pendolari che ci perseguita anche durante le ore notturne . Infatti, per completare lo scenario da film horror del nostro viaggio, ecco che si manifesta (per l’ennesima volta) l’incubo ricorrente e più odioso per tutti noi. Incubo che ha la forma del tono gentile della voce di una giovane impiegata di Trenitalia, la quale con dire pacato e misurato annuncia che, causa il sovraffollamento sulla linea direttissima, il treno 4106 sarà istradato (per l’ennesima volta) sulla linea convenzionale (detta anche “linea lenta”), nel tratto Roma Tiburtina/Orte, con maggiore aggravio di percorrenza di circa 40 minuti.
Intorno a me le solite imprecazioni, le solite frasi piene di indignazione e i soliti sguardi di colpo diventati ancora più cupi e rassegnati .
Io me ne continuo a rimanere schiacciato tra finestrino e parete del bagno. La borsa di pelle dura del robusto giovanotto ha cessato, per fortuna, di essere come una dolorosa punta di spada poggiata sul mio fianco. Il signore con la tuta blu ancora di più ha abbassato lo sguardo e ancora più accentuate sembrano le rughe del suo viso. La bambina tra le braccia della madre inizia invece a piangere. Un piangere lamentoso, che sembra voler fare da sottofondo al nostro stato di disperati pendolari abbandonati al nostro infausto destino . Pianto che diviene sempre più acuto, che diventa la colonna sonora di questo viaggio di ritorno a casa dai tratti “non umani”, a bordo di questo treno che ogni sera fino a Orte diventa un vero e proprio “carnaio”.
Il “carnaio” per Orvieto delle cinque e venti che, sbuffando e fischiettando con il suo carico di disperazione e sofferenza umana, anche stasera scompare nella notte che avvolge la campagna della periferia romana.

ENGLISH VERSION

THAT “CHAOS” FOR ORVIETO AT 5:20 P.M.

One of the most frequently used (and loathed) trains by Orvieto commuters for the journey back home is the fast regional train 4106 departing from Rome Termini at 5:20 PM. After a dawn departure for the usual exhausting work shift, many Orvieto commuters conclude their workday by heading towards platform six at Tiburtina station, eagerly awaiting this train for their longed-for journey home.

In the damp and gloomy mid-January evening, I find myself among the crowd. As I approach the station’s forecourt, my gaze mechanically turns to the large rectangular clock welcoming travelers, indicating just a few minutes until five. I let myself be carried by the first and second escalator leading to the upper level. Then, having traversed the usual fifty meters of the shopping floor, I let myself be carried, this time downhill, by the two escalators leading to platforms six and seven. On platform six, trains heading north pass, while on platform seven, those bound for Rome Termini.

Abandoning the escalators, I walk to the end of the platform. For some reason dictated by my subconscious, I always travel in the first carriage, preceding the train’s driving carriage. With a nod of the eyes, I greet some acquaintances also already waiting. I spot several Orvieto residents, more or less the same faces. Forced to swallow, night after night, this bitter cup called fast regional 4106, a compulsory choice to return to our homes. The most stressful and tiring moment to manage is the half-hour before the train arrives. Noting that with each passing minute, the human throng increases along the long platform, a mental note that anticipates what awaits us once on board.

Whether it’s the cold, the fatigue from a heavy day’s work, or the dampness seeping in, every minute feels as long as an hour. At five ten, as every evening, the regional train bound for Terni arrives, departing from Rome Termini at 5:02 PM. Until a few years ago, it was a source of joy and salvation for Orvieto commuters. It made a stop at Orte, and many passengers destined for that station used it. This significantly thinned the crowd waiting on our platform, making our journey home more humane and tolerable. I recall, as in a dream, there were times when I could even find a seat and devote myself to reading a good book. A long time ago. Memories of another life.

Then, Terni commuters complained about crowding up to Orte, and their regional train stopped making that stop. Since then, the many commuters bound for Orte during this time slot are forced to use our regional, the first available train for their return. As every evening for some years now, no more than a dozen people board the 5:10 regional train bound for Terni. At 5:20, the sight of our platform is chilling. The platform is crowded along its entire length. At precisely half-past five, our train to Orvieto finally arrives. It arrives already full from Termini, with all seats occupied and some people standing, distributed along the corridors.

It halts its course, a piercing whistle warns that the doors are about to open, and the human torrent, like desperate souls clinging to a lifeboat, invades all its spaces. As usual, I board the first carriage in front, attached to the driving cabin. Before I can even settle in, I find myself squeezed into a corner by the human tide, wedged between the side window and the bathroom wall. A robust young man, holding a hard leather bag with sharp edges, seems to want to pierce my spleen. I try to turn sideways to avoid painful contact. As I turn, I find myself face to face with the frightened gaze of a child held in the arms of her mother. She’s two or three years old, with blonde hair and eyes sprinkled with a touch of blue. I instinctively think she must be a child from Northern Europe. I reflect on the fact that the mother doesn’t collapse to the ground, a victim of effort, simply because there’s no physical space to fall.

Leaning against my left side, a man tries to find a somewhat comfortable position. He’s a little over sixty, wearing a typical blue jumpsuit of someone working in a mechanical workshop, covered by a heavy, earth-colored leather jacket. His beard is slightly unkempt, and his face is marked by noticeable wrinkles. I’m struck by his resigned and somewhat lowered gaze, someone who has had to endure a lot in life. He clutches a kind of pouch to his chest, revealing a plastic container, orange in color. Surely, a container to keep his food warm. I almost picture him leaving home early in the morning, when the night still envelops the cliff, with his wife carefully and lovingly packing his daily meal into that container. I’d like to be sitting, to stand up and offer him my seat.

I wander with my gaze in the aisle and the space between the first carriage and the next one. Two middle-aged gentlemen, well-dressed and with refined language, berate local politicians who seem to show interest in trains and commuters only when elections are imminent. A lady with lively eyes, slightly heavier in physique, curses with an altered tone against the entire world. A group of students, lucky to be sitting, inveighs against an undefined commuters’ committee still talking about meetings and surveys to be done.

I think that no survey can provide a truer idea of the travel conditions of Orvieto commuters on this train. Observing more carefully the fatigue and resignation of the people around me, the image studied in high school comes back to my mind. The painting depicted the suffering faces and desperate gazes of a multitude of people “stuck” together, continuously and eternally pricked with a pin to atone for a fault I don’t quite remember. We, forced to travel in these inhumane conditions, atone for sins we haven’t committed. We are innocent victims of the serious shortcomings of those who should protect us and pretend we don’t exist. A piercing door closing whistle puts an end to my reflections, signaling that the train, after the usual evening wait to give way to all high-speed trains, is departing.

We barely have time to leave Tiburtina station when an annoying “crackling” of the loudspeakers is heard. That annoying crackling, so hated by us commuters, haunts us even during the night hours. In fact, to complete the horror movie scenario of our journey, the recurring and most odious nightmare for all of us manifests itself (for the umpteenth time). The nightmare takes the form of the gentle tone of a Trenitalia employee’s voice, calmly and measuredly announcing that, due to overcrowding on the direct line, train 4106 will be diverted (once again) onto the conventional line (also known as the “slow line”) in the Rome Tiburtina/Orte section, with an additional travel time of about 40 minutes.

Around me, the usual curses, the usual sentences full of indignation, and the usual glances suddenly become even darker and more resigned. I continue to be squashed between the window and the bathroom




16 gennaio 2024. Intercity 598, ancora una serata di  passione per i pendolari orvietani

Non di buon auspicio gli incontri che si sono tenuti in questi giorni tra amministrazione locale
e questo ancora misterioso ai piu’ comitato dei pendolari.
Una serata, quella del 16 gennaio, ancora ricca di passione per il rientro a casa dei pendolari orvietani con il treno intercity 598 in partenza da Roma Termini alle ore 18,15. Già alle sei si era capito che sarebbe stata una nuova serata complicata. Varie erano le voci a un quarto d’ora dalla partenza del treno. Chi vociferava che sarebbe partito dal binario tre, chi dal binario uno, chi dal binario due est, chi dal binario uno est. Ogni sera un terno al lotto capire il binario di partenza.
A un certo punto sui monitor si è risolto l’arcano. Il treno 598 sarebbe partito dal binario 2 est con cinque minuti di ritardo. La grande massa di pendolari del territorio orvietano si è incamminata di buona lena verso i binari uno e due est.
Con la consolazione che cinque minuti di ritardo non sono poi tanti. Anche se, dopo una giornata di duro lavoro, quando si arriva verso le sei stanchi e infreddoliti, ogni minuto di ritardo sembra diventare un’ora.
Il tempo di percorrere il chilometro che separa i binari principali dai binari uno e due est e come per magia i minuti di ritardo in partenza sono diventati quindici. Stanchi, disillusi, sconfortati, infreddoliti. Questi i sentimenti dei viaggiatori locali quando i minuti di ritardo in partenza sono passati da quindici a venticinque. Poi a trentacinque.
Poi a quarantacinque. A cinquanta. A sessanta. Rassegnazione e scoramento misto a un forte senso di rabbia tra i tanti pendolari orvietani. Tante le imprecazioni contro questa amministrazione che per anni non ha mosso un dito e che ora sembra voglia fare fiamme e fuoco.
Tanti i commenti inviperiti verso questo misterioso comitato pendolari che ancora parla di dover monitorare per annotare eventuali criticità. Alla fine, abbondantemente dopo le sette, l’intercity 598 è partito.
Doveva arrivare alla stazione di Orvieto alle 19,21. E’arrivato alle 20,26.Con un’ora e cinque minuti di ritardo. Scendendo dal treno il tabellone luminoso segnalava in arrivo l’intercity 594 delle 20,15 per Roma Termini con, anch’esso, un’ora pari pari di ritardo.
Insomma ,tutto si può dire tranne che definire monotone queste quotidiane giornate ricche di passione e sorprese per i pendolari del comprensorio orvietano in viaggio da e per la Capitale.

ENGLISH VERSION

JANUARY 16, 2024. INTERCITY 598, ANOTHER EVENING OF PASSION FOR ORVIETO COMMUTERS

The meetings held in recent days between the local administration and the still mysterious committee of commuters do not bode well. The evening of January 16 was once again filled with passion for the return home of Orvieto commuters on Intercity 598 departing from Rome Termini at 6:15 PM. By six o’clock, it was clear that it would be another complicated evening. Various rumors circulated fifteen minutes before the train’s departure. Some speculated it would depart from track three, others from track one, some from track two east, and others from track one east. Every evening is like playing the lottery to figure out the departure track.

At some point, the mystery was solved on the monitors. Train 598 would depart from track 2 east with a five-minute delay. The large mass of Orvieto commuters headed towards tracks one and two east with the consolation that a five-minute delay isn’t that much. Although, after a hard day’s work, when you arrive tired and chilled around six o’clock, every minute of delay seems to become an hour.

By the time they covered the kilometer separating the main tracks from tracks one and two east, as if by magic, the departure delay had turned into fifteen minutes. Tired, disillusioned, disheartened, chilled. These were the feelings of local travelers as the departure delay went from fifteen to twenty-five minutes. Then to thirty-five. Then to forty-five. To fifty. To sixty. Resignation and discouragement mixed with a strong sense of anger among many Orvieto commuters. Many curses were directed at this administration that had not lifted a finger for years and now seems to want to set everything ablaze.

There were many angry comments about this mysterious commuters’ committee that still talks about the need to monitor and note any issues. In the end, well past seven o’clock, Intercity 598 departed. It was supposed to arrive at Orvieto station at 7:21 PM. It arrived at 8:26 PM with an hour and five minutes of delay. Getting off the train, the illuminated board announced the arrival of Intercity 594 at 8:15 PM for Rome Termini, which also had an hour’s delay. In short, everything can be said except for calling these daily, passion-filled and surprising days for Orvieto commuters traveling to and from the Capital as monotonous




Il Comitato Pendolari Roma-Firenze, presenta la lunga lista dei disagi all’amministrazione comunale

Sabato 13 gennaio presso il Comune di Orvieto, si è svolto un incontro tra i rappresentanti del Comitato Pendolari Roma-Firenze, l’Amministrazione Comunale di Orvieto a cui ha partecipato anche il Coordinamento Comitati Pendolari Umbri, a cui il Comitato aderisce. In questa riunione il Comitato Pendolari Roma-Firenze ha presentato un documento, in cui sono state rappresentate le maggiori criticità relative ai collegamenti sulla tratta Roma-Firenze ed è stato, altresì, allegato un report sui ritardi dei treni in servizio nella Stazione di Orvieto nell’anno 2023.

Di seguito le esigenze avanzate dal Comitato durante l’incontro:

  • Riduzione dei tempi di percorrenza e rispetto degli orari soprattutto per i treni che presentano maggior  criticità secondo i dati del report, con particolare attenzione ai treni maggiormente frequentati dai pendolari.
  • Risoluzione delle problematiche del treno IC 598 verificatesi con il cambio di orario di dicembre e precisamente:
    • Posizionamento al binario 2 est;

    • Ritardo medio in partenza di 15 minuti che si traduce in un ritardo complessivo su Orvieto che va dai 20 ai 50 minuti al giorno.

  • Garantire l’instradamento in DD dei RV4104 e RV4106 anziché, come avviene pressoché quotidianamente, sulla linea convenzionale tra Settebagni e Orte, con conseguente aumento dei tempi di percorrenza di circa 30 minuti.
  • Istituzione di un collegamento nei giorni feriali verso Roma nella fascia oraria compresa tra le ore 07.45 e le 08:15.
  • Instradamento in DD del RV4099 tra Orte e Settebagni.
  • Istituzione di un collegamento verso Roma la domenica mattina, resosi necessario con il cambio orario di dicembre.
  • Reintroduzione dei treni IC581 e IC598 nell’elenco dei treni garantiti in caso di sciopero.
  • Miglioramento in termini di qualità dell’offerta attuale.
  • Mantenimento della Carta Tutto Treno.

Inoltre si è parlato anche di:

  • Riqualificazione del parcheggio di Piazza della Pace:
    • Illuminazione

    • Pavimentazione

  • Maggior presidio delle forze dell’ordine nel piazzale della Stazione (via Antonio Gramsci) e nella Stazione anche in orario serale.

L’incontro si è svolto in un clima che possiamo definire costruttivo e l’amministrazione comunale ha preso atto delle esigenze rappresentate dal Comitato.

Per quanto riguarda le questioni relative ai ritardi, soppressioni, carenze di servizio, ecc.. l’amministrazione ha dichiarato che un tavolo di confronto con Regione Umbria e Trenitalia – Direzione Regionale Umbria si è aperto martedì 09 gennaio e si è impegnata ad organizzare nei prossimi giorni un incontro cui parteciperanno, Regione Umbria, RFI, Trenitalia – Direzione Regionale Umbria, Trenitalia – Direzione Regionale Toscana (cui dipendono la maggior parte dei RV che passano per Orvieto), Trenitalia – Divisione Intercity. Per quanto riguarda la riqualificazione del parcheggio di Piazza della Pace l’amministrazione comunale ha affermato che a partire da metà febbraio inizieranno gli interventi di sostituzione degli impianti di illuminazione pubblica con lampade a led in tutte le frazioni del Comune e che sarà interessata anche l’area di Piazza della Pace, mentre per quanto riguarda il piazzale di Stazione ha affermato che si sta lavorando con RFI ad un progetto di riqualificazione dell’intera area e che sarà sollecitato un maggiore presidio delle forze dell’ordine in orario serale.

Come Comitato continueremo a monitorare la situazione e solleciteremo l’amministrazione affinché si svolga quanto prima l’incontro. Vi terremo per questo aggiornati sui successivi sviluppi.

Fonte: Comitato Pendolari Roma-Firenze




Ciro Zeno, Filt-Cgil Umbria, “l’assessore Melasecche non conosce le esigenze dei pendolari vorremmo sapere chi li rappresenta nelle riunioni”

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Dopo la durissima replica dell’assessore regionale Enrico Melasecche alle dichiarazioni rilasciate in conferenza stampa da Ciro Zeno, segretario generale della Filt-Cgil Umbria, non poteva mancare una nuova risposta, altrettanto dura. Zeno, ai nostri microfoni, ha sottolineato i tanti punti deboli e le innumerevoli, a suo dire, inesattezze, dell’assessore Melasecche. “Dal 2000 ad oggi molto è cambiato per Orvieto e per i lavoratori e le lavoratrici che devono prendere quotidianamente i treni. Ritardi, percorsi sulla cosiddetta linea lenta e cambi di convoglio, per non parlare dei buchi orari anche e soprattutto nei week-end”. Ma le critiche del segretario della Filt non si fermano a Melasecche, “vorremmo conoscere chi rappresenta i pendolari orvietani negli incontri con le istituzioni. A Orvieto c’era un comitato, con un presidente e un direttivo, oggi non c’è nulla, o almeno non ne abbiamo contezza. Noi saremmo ben lieti di confrontarci ma non sappiamo chi chiamare. Mi viene il dubbio che questo fantomatico comitato sia quasi creato ad hoc in vista delle scadenza elettorali di quest’anno”.

Altre critiche anche sulle sceltye derivanti dal PNRR che non è stato pienamente utilizzato e soprattutto in alcuni casi sono stati presentati progetti che avevano già risorse accantonate dall’azienda. “Manca un punto fondamentale per unire Orvieto al resto dell’Umbria che è il cosiddetto braccetto che avrebbe dovuto bypassare Terontola con circa 5 chilometri di nuova linea ferroviaria a Borghetto permettendo un risparmio di tempo di quasi 25 minuti e un vera metropolitana di superficie dell’Umbria che rendesse anche l’aeroporto di Perugia appetibile per tutti i cittadini e non solo per quelli dell’area metropolitana del capoluogo e di Foligno”.




Incontro tra giunta e comitati pendolari, “nuovi collegamenti e attenzione ai treni più utilizzati”

Si è tenuto l’annunciato incontro tra l’amministrazione comunale di Orvieto – presenti il sindaco, Roberta Tardani, e l’assessore ai Trasporti, Gianluca Luciani – e i rappresentanti del Comitato pendolari Roma-Firenze e del Coordinamento dei comitati dei pendolari umbri.

Nel confronto sono state analizzate le principali problematiche relative ai collegamenti nelle tratte Firenze-Orvieto-Roma e Roma-Orvieto-Firenze sulla scorta di un puntuale monitoraggio relativo all’ultimo anno. I rappresentanti dei pendolari hanno illustrato le principali esigenze e soluzioni per migliorare la situazione a partire da una riduzione dei tempi di percorrenza e dal rispetto degli orari soprattutto per i treni che presentano maggiori criticità con particolare attenzione ai treni più frequentati dai pendolari, nello specifico IC596, IC598, RV4096, RV4104 e RV4106.

L’abbattimento dei tempi di percorrenza passa anche dalla risoluzione delle criticità del treno IC 598 da Roma Termini (18.15) che con il cambio di orario di dicembre parte dal binario 2 est e accumula “un ritardo medio in partenza di 15 minuti che si traduce in un ritardo complessivo su Orvieto
che va dai 20 ai 50 minuti al giorno“, così come “l’instradamento pressoché quotidiano dei treni RV4104 e  RV4106 in linea convenzionale tra Roma e Orte” provoca “un conseguente aumento dei tempi di percorrenza di 30 minuti“.

È stata inoltre sottolineata la necessità dell’istituzione di un collegamento verso Roma nella fascia oraria compresa tre le 7.45 e le 8:15 e di un collegamento . “Non esiste infatti – hanno spiegato – un collegamento verso Roma tra il treno IC 581 delle 7:25 e il RV 4099 delle 8:57 che comunque termina la corsa a Roma Tiburtina ed ha un tempo di percorrenza di circa 2 ore e per il quale si auspica un instradamento in direttissima tra Orte e Roma, al fine di ridurne i tempi di percorrenza”. È stato infine richiesta l’introduzione di un collegamento verso Roma la domenica mattina, necessario dopo il buco creatosi con l’orario invernale, la reintroduzione degli IC581 e IC598 nell’elenco dei treni garantiti in caso di sciopero e il mantenimento della Carta Tutto Treno.

Nell’incontro è stato discusso anche degli interventi di riqualificazione del parcheggio di Piazza della Pace e di un maggiore presidio del piazzale della stazione in orario serale.

È stato un incontro molto positivo – commentano il sindaco Roberta Tardani e l’assessore ai Trasporti Gianluca Luciani – nel quale abbiamo condiviso le esigenze che avevamo già discusso nel tavolo aperto martedì scorso con la Regione Umbria e la direzione regionale Umbria di Trenitalia ma che serviranno nel successivo confronto con la divisione Intercity e con la direzione regionale Toscana dalla quale dipendono la gran parte dei convogli sovraregionali che attraversano il nostro territorio, a partire dai RV4104 e RV4106. Quello che abbiamo apprezzato – sottolineano – sono stati i toni e l’approccio costruttivo da parte dei rappresentanti dei pendolari. La legittima rivendicazione di centinaia di viaggiatori che chiedono di migliorare la propria qualità di vita, infatti, è la battaglia di una città intera. È la battaglia di un territorio che lavora per avere migliori collegamenti per essere più attrattivo e che non può essere esasperata e strumentalizzata dalle scadenze elettorali. Sul tavolo ci sono dunque proposte concrete e operative da portare avanti con forza insieme. Quanto agli interventi su Piazzale della Pace – aggiungono – da febbraio partirà la sostituzione degli impianti di illuminazione pubblica con luci a led che interesserà anche la zona in questione e migliorerà la situazione. Sul piazzale della stazione è in corso un lavoro congiunto con Rfi per un progetto complessivo di restyling dell’area e nel frattempo solleciteremo anche un maggiore presidio delle forze dell’ordine nelle ore serali“.




Questo insostenibile atteggiamento kafkiano nei confronti dei pendolari orvietani

La tematica che ruota attorno al mondo dei pendolari orvietani sta assumendo caratteristiche a dir poco kafkiane. L’assessore ai trasporti regionali, nei giorni scorsi, ha pubblicamente affermato sulla stampa locale  che negli ultimi cinque anni la condizione degli orvietani che usano  il treno è migliorata, grazie al proficuo impegno del suo assessorato in collaborazioni con gli amministratori della città sulla rupe e in costante sinergia con il comitato pendolari. Ha affermato che negli ultimi anni sono aumentati i servizi offerti. E che di conseguenza i pendolari del comprensorio orvietano sono tra i più fortunati del Bel Paese per quanto riguarda il discorso treni e dintorni.
A queste parole ha fatto seguito l’ovvio compiacimento e pacche sulle spalle da parte degli attuali amministratori orvietani e, qui il termine grottesco non descrive bene la situazione, da parte del comitato pendolari. Due pensieri istantanei sorgono a questo punto.
Il primo punto è che certamente l’assessore regionale non usa il treno come mezzo di trasporto  per assolvere i suoi impegni (beato lui). Il secondo punto è che gli appartenenti a questo comitato dei pendolari non ben conoscono la condizione di viaggio dei treni da e per Orvieto. Qualcuno dovrebbe fare osservare all’assessore regionale, alla amministrazione orvietana e a questo non semisconosciuto comitato dei pendolari, che negli ultimi cinque anni le cose non sono proprio andate così.
Cinque anni fa c’era un treno alle 8,02 che collegava in meno di un’ora Orvieto con la Capitale.
Sparito senza nessun collegamento sostitutivo previsto. Cinque anni fa c’era un collegamento diretto alle 19,14 da Termini, con arrivo a Orvieto pochi minuti dopo le otto. Sparito pure quello.
Analizzando il trasporto regionale si ha attualmente un buco di 4 ore la mattina, dalle 7,25 alle 11,20 (tanto vale non considerare il regionale delle 7,57 che impiega un tempo biblico per percorrere il tratto Orvieto/Roma).
Situazione non rosea neanche per il rientro a casa dopo una pesante giornata di lavoro.
Dopo il regionale delle 17,20 (costituisce l’incubo di tutti i pendolari orvietani  che devono rientrare a casa per le inumane condizioni di sovraffollamento che comporta), occorre attendere le 20,02 per un collegamento regionale senza cambio Roma/Orvieto (c’e’un collegamento alle 19,02 con treno per Perugia e cambio a Orte).
Inoltre, rispetto a cinque anni fa, il collegamento con intercity delle 18,15 costituiva una garanzia per un sereno ritorno a casa. Attualmente è perennemente in ritardo e non si capisce mai se parte dai binari principali o dai binari 1 e 2 est.
Per non parlare della domenica. Rispetto a cinque anni fa poco o nulla è rimasto. Se una famiglia vuole fare una passeggiata nella Città Eterna o deve rinunciare al sonno notturno e prendere un intercity che ferma alle 5,10 la mattina, o ricorrere, come unica alternativa di viaggio, a quell’improponibile regionale (non si capisce per quale misteriosa ragione denominato “veloce”) delle 8,57 che permette di arrivare a Roma per l’ora di pranzo. Inoltre qualcuno dovrebbe ricordare all’assessore regionale, alla amministrazione locale e a questo non ben definito comitato pendolari, che cinque anni fa solo in casi di emergenza o di criticità oggettive i regionali e intercity che servono Orvieto venivano “dirottati”sulla linea lenta. Oggi è l’opposto. Solo in casi eccezionali i regionali e intercity rispettano il loro tracciato sulla linea direttissima.

Unico segno più in questi cinque anni è l’incremento del costo di biglietto e abbonamento. Oggi occorrono, per raggiungere la Capitale, poco meno di dieci euro con il regionale, poco meno di venti euro con l’Intercity e oltre 1500 euro per abbonamento annuale abbinato a carta tutto treno. Ma questo segno più, cresciuto anno per anno, non è stato annoverato e citato dall’assessore e altri convenuti. Quindi nel presentare la questione in certi termini qualcosa non torna e qualcuno dei soggetti sopra citati evidentemente parla senza abitare su questo pianeta.
Che per i pendolari orvietani, al netto dell’isola felice decantata pubblicamente, non è un bel pianeta.
Viaggiano in treni sempre affollati, viaggiano con l’ansia e l’angoscia di non avere garanzia su rispetto ora di arrivo e su rispetto ora di rientro a casa.
E, soprattutto, con certi soggetti a tirare le file delle loro condizioni di viaggio non possono nemmeno cullare l’illusione che un domani anche per loro possa apparire una piccola luce in fondo al loro tunnel.




Ciro Zeno, Filt-Cgil, “Orvieto, città con tante infrastrutture ferroviarie ma con pochi treni”

Pendolari e più in generale i trasporti ferroviari a Orvieto sono stati al centro della conferenza stampa che Ciro Zeno, segretario generale della Filt-Cgil Umbria, ha tenuto proprio all’esterno della stazione ferroviaria della città.  Un primo simbolo della realtà di Orvieto, la città con più infrastrutture ma con meno treni.  Ricorda immediatamente Zeno che la biglietteria è fra le più attive in Umbria ma nonostante questo a Orvieto “mancano i treni”. La realtà che in troppi non hanno voluto vedere e che si continua a non vedere con la giusta attenzione, la restituiscono i numeri che vedono un tracollo dell’offerta di collegamenti tra Orvieto e Roma a sud e Firenze a nord.  Tera il 2000 e il 2023 Orvieto ha perso anche i collegamenti internazionali, ad esempio con Vienna e Monaco.  Oggi “coloro che hanno necessità di recarsi a Roma, Arezzo, Perugia, Firenze Terni hanno possibilità veramente limitate.  I servizi interregionali sono forniti all’80% dalla Regioni Lazio e Toscana e i treni sono talmente rari da non rispondere più alle esigenze dell’intero comprensorio”.  Proprio il bacino d’utenza è dirimente per poter discutere con istituzioni e aziende.  Circa 40mila sono gli abitanti dei comuni limitrofi, mentre basta allargare il raggio d’azione poco oltre i confini regionali che si arriva ad oltre 80 mila. Zeno affonda ilo colpo, “non abbiamo visto grinta da parte delle istituzioni e negli anni i risultati sono davanti ai nostri occhi.  Ci sono intere fasce orarie scoperte, gli IC dal 2000 sono stati tagliati di oltre il 75%, e questi sono solo alcuni esempi”.  Il segretario della Filt-Cgil ha ricordato che erano ben 14 gli IC utilizzabili dagli orvietani e dai turisti, mentre oggi ne sono rimasti ben pochi e spesso in ritardo.

C’è poi il capitolo dell’alta velocità, un vero e proprio nervo scoperto per Orvieto da dove passano oltre 600 treni al giorno ma senza fermarsi mentre la Regione ha puntato su Orte e Creti, dimenticandosi addirittura di Orvieto come parte dell’Umbria nel proprio comunicato ufficiale. Zeno sottolinea come Orvieto sia una vera e propria Cenerentola tanto che “l’adeguamento dei marciapiedi è realtà in tante stazioni mentre qui ancora non si sa nulla.  Avere i marciapiedi più alti significherebbe essere pronti per i nuovi treni a velocità più alta e per i Frecciarossa.  Ora si sta adeguando Pontassieve me qui niente di nuovo”. Ciro Zeno passa poi alla proposta portando esempi che potrebbero divenire concreti per la fermata dei terni AV a Orvieto visto che la città è dotata del bivio più breve di ingresso e uscita dalla linea direttissima. “Nel dettaglio si potrebbe pensare al treno per Milano FR 9504 partenza da Roma alle 5.10 con arrivo a Milano alle 8.50 ad Orvieto fermerebbe alle 5.50 circa. Oppure il 9608 che parte da Salerno alle 5.16, Roma 6.50 Milano 10.00 con fermata ad Orvieto alle 7.30 circa. Mentre verso il sud il Fr 9505 con fermata ad Orvieto alle 8 20 e arrivo a Roma 9.04, Napoli 10.28.  Per il ritorno, la sera, il Fr 9592 da Salerno alle 17.53, Milano 23.50 con fermata a Napoli alle 18.40 e Roma 19.55, Orvieto 20.30 circa. Oppure FR 9568 che parte da Napoli 19.40, Roma 20.55, Firenze 23, a Orvieto fermerebbe alle 21.35 circa”.

Rompere l’isolamento ferroviario di orvieto con l’Umbria e cambiare il paradigma dell’alta velocità come servizio solo commerciale, Per Ciro Zeno, “si deve uscire fuori dalla logica che l’AV sia solo commerciale e diventi, invece, un servizio che sia fruibile da tutti e non solo a una determinata fascia, anche perché l’infrastruttura è stata pagata da tutti gli italiani.  Orvieto può e deve uscire dall’isolamento – continua il segretario della Filt-Cigil – connettendola a Perugia e all’aeroporto ma soprattutto al resto del Paese”. 

Secondo la Cgil avere una connessione tra Orvieto e Roma da una parte e Milano dall’altra significa far tornare attrattiva la città, ma soprattutto “avere rispetto per i pendolari che altrimenti vivono il territorio esclusivamente come un dormitorio fino a quando non trovano una soluzione migliore e più comoda, abbandonando Orvieto”.