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Le filiali di banca non sono gratis

Ho lavorato per decenni nelle filiali CRO nei vari comuni e borghi dell’orvietano.
Conoscevamo uno ad uno i clienti e i clienti conoscevano noi impiegati. Dopo il sindaco, il medico e il farmacista e il prete venivamo noi bancari come punto di riferimento per le famiglie e le piccole attività commerciali.
Il sistema delle filiali si reggeva su un semplice e automatico profitto ovvero pagavamo la raccolta qualche punto percentuale e la reimpiegavano a tassi triplicati in linea con l’inflazione del momento. Questo differenziale garantiva là copertura delle spese di funzionamento e il pagamento dei nostri stipendi automaticamente semplicemente alzando la saracinesca ogni mattina.
Man mano che questa forbice si restringeva per effetto delle politiche monetarie di contenimento dell’inflazione i guadagni per le banche si restringevano mentre i costi di esercizio restavano fissi con tendenza in aumento.
E’ stato agli inizi degli anni 2000 che le banche hanno iniziato a integrare i profitti da intermediazione tra raccolta e impieghi attraverso il collocamento di prodotti finanziari esterni alla banca sui quali percepiscono commissioni che mano a mano sono diventate la fonte primaria delle entrate con le quali far quadrare i bilanci.
L’operazione fu quella di prendere per mano la clientela fidelizzata da oltre un secolo di storia della CRO e traghettarla dai semplici depositi o dai BOT di stato agli strumenti finanziari a rischio come obbligazioni , fondi di investimento ecc… ecc..
A fronte di rendimenti allettanti questa trasformazione per lo più ha creato problemi e talvolta disastri fino, nel caso di CRO e di altre banche, nello scaricare sugli stessi clienti i propri problemi finanziari attraverso l’offerta di azioni del proprio capitale sociale.

Se non si è ancora capita questa lezione, ovvero che il mondo del credito non si mantiene attraverso qualche decina di euro da far pagare per la tenuta di un conto corrente allora il rischio è che la politica ( si vedano le iniziative della Tesei in Regione e i Sindaci dei Comuni interessati alle annunciate chiusure di alcune filiali di CRO) crei le condizioni per ulteriori crisi di impresa che le banche, in un modo i nell’altro finirebbero con lo scaricare ancora sui propri clienti.
Basta, lasciate che le banche si riorganizzino secondo il mercato e se serve lasciatele fallire in santa pace.

Massimo Gnagnarini




L’evoluzione digitale sia un’opportunità per i piccoli comuni, non un muro pericoloso e inutile

Ottobre sarà il mese nero per i piccoli comuni dell’orvietano che si ritroveranno, in qualche caso, senza sportello bancario, avanzato o tradizionale.  La CRO, infatti, come abbiamo anticipato più volte nei mesi scorsi, ha deciso di procedere con la politica di ottimizzazione dei costi.  Non si tratta, è bene sottolinearlo, di aderire all’obiettivo di taglio del 40% delle agenzie tradizionali che è stato posto a livello mondiale, no, qui si tratta di riuscire a far quadrare i conti della banca orvietana.

I sindaci coinvolti nell’operazione di “chiusura delle filiali” hanno provato a fare la voce grossa, hanno chiesto la mediazione della Fondazione CRO, senza alcun successo, e anche la presidente Tesei ha chiesto, durante un incontro con l’ABI, di porre attenzione alla situazione delle filiali che chiudono ad un ritmo preoccupante soprattutto per quanto riguarda l’occupazione.  Certamente anche i servizi ne soffrono, in particolare per quella popolazione anziana che ancora non riesce ad utilizzare il digitale.  I tempi sono maturi, però, per la “digital evolution” e non prendere questo treno per le banche significherebbe perdite pesanti e senza giustificazioni plausibili.

Sarà praticamente impossibile riuscire a bloccare questo apparente processo di desertificazione bancario che in Umbria è acuito dalla necessità di CariOrvieto di tagliare velocemente i costi.  Il risultato è sotto gli occhi di tutti con alcuni piccoli comuni che si ritroveranno ad avere come unico sportello bancario Poste Italiane, tra l’altro spesso quasi obbligate a mantenere in funzione alcuni uffici che sono anti-economici solo in virtù degli obblighi derivanti dal servizio pubblico, ma fino a quando? Fino a quando sarà sostenibile anche per lo Stato mantenere alcuni servizi in presenza?  L’esperienza del covid, che ancora non si è conclusa, ha fatto intendere come il digitale sia entrato nelle case degli italiani per istruzione, lavoro a distanza, divertimento, intrattenimento, socialità ma ancora non del tutto per i servizi al cittadino, spesso per responsabilità ascrivibili agli enti che ancora non dialogano tra loro.  Anche i servizi bancari oggi sono fruibili in digitale e nei prossimi anni, complice anche la necessità di tagliare e ottimizzare i costi, ci sarà un’ulteriore accelerazione di un processo ormai irreversibile. 

Il ruolo dei piccoli comuni sarà sempre più quello di riuscire ad agganciarsi alla “evoluzione digitale” facendo in modo che i cittadini ne comprendano le potenzialità e i vantaggi e senza innalzare muri che rischiano di isolare ulteriormente chi già soffre di mancanza di servizi anche di primaria importanza per i propri residenti.  I privati tra l’altro, continueranno a tagliare laddove non hanno convenienza economica e sarà praticamente impossibile invertire tale processo.  L’evoluzione digitale, spinta anche dal PNRR, sia dunque considerata un’opportunità per i piccoli comuni, in primis di nuova residenzialità proveniente dalle grandi città, e non un nemico perché si è destinati a soccombere ineluttabilmente e con conseguenze gravi per i già residenti, in particolare anziani.




BCC Toscana-Umbria, approvato il bilancio 2020 con raccolta a 2,15 miliardi e massima attenzione alle esigenze della clientela

Si è svolta il 4 maggio l’assemblea dei soci di Banca Centro Credito Cooperativo Toscana-Umbria per l’approvazione del bilancio 2020 e la nomina di due consiglieri. In ragione dell’emergenza epidemiologica da “COVID-19” l’Assemblea si è tenuta, per il secondo anno consecutivo, senza la presenza fisica dei soci, ma esclusivamente tramite il conferimento di delega e relative istruzioni di voto al rappresentante designato: oltre 1100 soci hanno approvato il bilancio presentato dal presidente Carmelo Campagna.  Nonostante gli effetti economici correlati alla pandemia l’utile a fine 2020 risultava superiore ad un milione di euro, in crescita anche la raccolta totale – che si attesta ad oltre 2,15 miliardi di euro-, mentre le erogazioni di nuovo credito ammontano a oltre 175 milioni di euro.  Infine uno sguardo agli indicatori patrimoniali che si mantengono nelle medie alte del sistema in linea con il piano industriale e i parametri del Gruppo Bancario Iccrea di cui Banca Centro Toscana-Umbria fa parte.

Il presidente Campagna, subentrato dal 1 gennaio 2021 all’ex presidente Palmiro Giovagnola, ha ringraziato il suo predecessore per il contributo dato in questo primo anno di attività di Banca Centro e tutto il personale per i risultati ottenuti nell’anno 2020.  “Banca Centro Toscana –Umbria ha garantito ulteriore sviluppo delle comunità locali e creato valore aggiunto per i soci e clienti rispondendo in modo organico e sollecito ai nuovi bisogni delle famiglie e delle aziende travolte dalla pandemia da Covid-19 – ha commentato Campagna -.  Una circostanza tanto inaspettata quanto drammatica alla quale la Banca ha risposto adottando tutte le misure necessarie per garantire la continuità operativa nel rispetto della sicurezza del personale e dei clienti e sostenendo immediatamente le comunità di riferimento con tutti gli strumenti necessari: abbiamo messo a disposizione 70 milioni di euro di plafond erogando oltre 43 milioni di euro di finanziamenti fino a 30.000 euro e sospendendo più di 4.500 mutui. A questo – ha concluso il presidente – va sommato l’importante contributo economico alle realtà sanitarie di Toscana e Umbria impegnate in prima linea contro la pandemia“.  Il presidente Campagna ha infine ha voluto rivolgere un pensiero a tutti i soci che sono venuti a mancare ai loro cari, in modo particolare a quelli che scomparsi a causa della pandemia.

L’assemblea dei soci ha anche nominato due nuovi amministratori, già cooptati in seguito alle dimissioni per motivi personali di altrettanti esponenti avvenute nel corso del 2020: si tratta di Cristian Giardini e Roberto Paolini.