Stefano Zamagni, “la riflessione sulla politica cattolica e il rischio della diaspora etica”

Secondo l’economista Stefano Zamagni, la discussione sulla politica cattolica in Italia deve andare oltre i confini tradizionali e concentrarsi sulla distinzione tra due concezioni del potere: come “influenza” e come “potenza”. Questa riflessione emerge come risposta a una tendenza che, secondo Zamagni, si è diffusa nel mondo cattolico italiano negli ultimi trent’anni.

L’economista osserva che nel variegato panorama cattolico del Paese si è affermata l’idea che la responsabilità del mondo cattolico dovrebbe limitarsi al momento prepolitico, ovvero all’esercizio del potere come influenza, mirato a incidere sui comportamenti umani. Questo fenomeno ha generato quella che Zamagni chiama “diaspora cattolica” con conseguente “adiaforia etica”, ovvero una posizione di indifferenza etica.

“È evidente che questo sta creando problemi seri”, afferma Zamagni. L’economista respinge l’idea di un ritorno al partito cattolico o a rivisitazioni della Democrazia Cristiana, sottolineando l’importanza di un soggetto che si occupi delle grandi questioni come la guerra o l’ambiente, questioni che non possono essere affrontate solo a livello strutturale.

Nel contesto della riflessione, Zamagni richiama un passato di cui si è perso il ricordo, citando l’espressione di “strutture di peccato” usata da Papa Giovanni Paolo II. Zamagni critica il fenomeno di auto-delegittimazione che sta vivendo il mondo cattolico, paragonandolo all’essere “lievito nella pasta” o al tentativo di cambiare le istituzioni agendo solo sui comportamenti individuali.

L’economista conclude affermando che sebbene possa essere vero che il cambiamento delle istituzioni avvenga nel lunghissimo tempo, è necessario considerare e affrontare le sfide immediate e urgenti, affinché il mondo cattolico possa recuperare un ruolo significativo nella sfera politica e sociale del paese.




I cattolici a orologeria, una razza strana di politico che si ricorda della Chiesa e dei suoi valori ogni 5 anni

Arrivano le elezioni e puntualmente i cattolici vengono tirati per la giacca, a destra e a manca e anche al centro. Ma i cattolici non sono sempre meno?, Sì, sono in calo e vengono anche spesso messi in discussione. Poi avviene il ricorrente miracolo delle elezioni e ogni 5 anni tornano i cattolici a orologeria, finché “il secondo turno non ci separi”.

Dopo la fine della DC è arrivata la fusione fredda tra DS e PPI/Margherita, con i riferimenti politici che si sono dissolti e mescolati. E’ praticamente sparito dal panorama politico la parola “cristiano” e questo ha permesso a chiunque di definirsi “cattolico”. Il rinnovato parlare alla “polis” e ai cittadini da parte del Papa ha erroneamente fatto credere a qualcuno di essere erede della DC. Addirittura a livello locale abbiamo un candidato potenziale che si ritira in buon ordine facendo appello ai cattolici di votare per un candidato sindaco in particolare. E gli altri? Perché non dovrebbero essere altrettanto rappresentanti del mondo cattolico? Quali sono i titoli?

Sì i cattolici sono cittadini e fanno parte della comunità e anche il Santo Padre sprona a un impegno concreto ponendo al primo posto l’amore per il prossimo, per la vita e la pace e soprattutto il rispetto per i più deboli. E poi ancora la dignità del lavoro, la dignità degli stipendi, l’accoglienza dei migranti, il rispetto per il creato. E la politica? E’ un servizio per la comunità, disinteressato. Non poco, per niente! E siamo proprio sicuri che qualcuno riesca a rappresentare tutti i principi?

Oggi il cattolico è libero di scegliere anche in politica, finalmente, senza strutture predeterminate. E il politico cattolico non può “predicare bene e razzolare male” o accendersi solo ogni elezione per poi dimenticarsi tutto per un altro lustro. Quindi meno appelli e più esempi concreti e più libertà e attenzione al prossimo, alla natura e al rispetto della dignità del lavoro e dei lavoratori.




Cattolici “in presenza”

Si intravedono segnali e movimentismo nel mondo del cattolicesimo democratico. La precedente frammentazione della presenza dei cattolici in politica si rianima e si impegna per concorrere a riformare la società. Dopo la decadenza del partito cattolico, la diaspora a sinistra e le tensioni del mondo politico stiamo assistendo ad un impulso affinchè la tela della politica si laceri.

Anche in città abbiamo alcuni segnali che hanno destato interesse nella sinistra e nel mondo liberal-democratico verso il fenomeno. Credo, come è accaduto più volte, ad Orvieto si stia improntando una possibile alleanza per cominciare un nuovo capitolo. Lo scopo è quello di aggregare diverse culture, come esperimento riformista, per diluire l’influenza ideologica e di alleanze del partito democratico con i 5s. Contemporaneamente il richiamo al Centro di altri soggetti politici, sinergicamente, pone le condizioni per la creazione di un nuovo modo di fare politica in città.

Sostanzialmente abbattere il dibattito e la scelta per gli elettori di schierarsi o a destra o a sinistra.Italia viva sta facendo la sua parte dentro questo campo, e l’appello agli elettori e l’offerta di un contenitore ha un fondamento. 




27 febbraio, quel viaggio sull’IC 598 delle 18,15 da Roma

Ultimo martedì di febbraio. Roma Termini. Pochi minuti prima delle sei. Pioggia scrosciante…Avverto l’umidità nelle ossa, tra i capelli, sul viso.  Una classica serata romana di fine inverno. Con la non desiderata compagnia di una copiosa e fredda pioggia.  All’interno della stazione i viaggiatori sembrano tanti piccoli pulcini che cercano riparo dall’acqua.  Io affretto il passo.  Mi attende il treno Intercity delle sei e un quarto.
E’ pronto sul binario.  Meno male, penso tra me.  Stasera proprio non era la serata adatta per arrivare tardi a casa.  Sarà la stanchezza dopo una dura giornata di lavoro.
Sarà la fame che inizia a fare capolino dopo il frugale pasto pomeridiano.  Sarà anche questa pioggia battente che sembra voler inumidire anche la mente e i pensieri.  O forse sarà questo scorrere del tempo di vita da pendolare che mi ha reso più fragile e più debole nel riuscire a fronteggiare ritardi e disagi.  O sarà tutto questo messo insieme.
Non lo so. Stasera neanche voglio pensarci.  Per due ragioni.  Entrambe positive.
Prima, Il treno è dato in partenza in orario; seconda, mi ritornano alla mente le rassicuranti parole di addetti Trenitalia e politici regionali e locali.  I treni in Umbria funzionano non bene ma benissimo.  I ritardi sono irrisori sia come quantità accumulata che come treni coinvolti.  E soprattutto il grado di soddisfazione dei pendolari, di noi che viaggiamo, in questi ultimi anni è notevolmente aumentato.  A volte penso che tutti i disagi che quotidianamente vivo sui treni siano frutto della mia fantasia, della mia mente invecchiata e malata.  Comunque mi siedo sul treno, scacciando questi fastidiosi pensieri.
Il treno alle sei e diciotto chiude le porte e si incammina direzione Orvieto.
Me ne sto tranquillamente poggiato con la testa al vetro, a osservare la campagna preda del buio che sembra scappare via nella notte. Guardo lo schermo del cellulare.  Manca poco più di un quarto d’ora alle sette.  Mentalmente calcolo che tra poco più di dieci minuti sarò a Orte.  E tra tre quarti d’ora sarò accarezzato dal calduccio della mia casa e dei miei cari.  In procinto di una ristoratrice e indispensabile buona cena.  Poi improvviso un acuto fischio.  Il treno si ferma.  Intuisco dai contorni del paesaggio esterno, nonostante il buio, che siamo nei pressi di Passo Capena.
Passa qualche minuto.  E qui si manifesta la solita gestione “folle” di Trenitalia verso noi passeggeri.  Arriva una mail che annuncia che per problemi sulla linea il nostro treno maturerà trenta minuti di ritardo.  Più ottimista il gracchiante altoparlante della carrozza, che annuncia che arriveremo a Orvieto con un ritardo di circa venti minuti.  Più pessimista Viaggiatreno, che invece riporta che arriveremo a Orvieto con quaranta minuti di ritardo.
Mi verrebbe da sbattere la testa al vetro, ma mi trattengo.  E me ne resto immobile, con l’umidità e la stanchezza che ancora di più sembrano averla vinta.  Per ingannare il tempo, che sembra non voler passare mai, faccio un po’ di calcoli.  Se il gracchiante altoparlante del treno ha detto il vero sarò a Orvieto alle sette e quaranta.  Se invece a dire il vero è la mail inviata da Trenitalia ci sarò alle sette e cinquanta.  Se si realizzerà quanto riportato da Viaggiatreno, sarò alla mia stazione alle otto in punto.
Come sempre un terno al lotto.  Quella pallina della roulette che, a secondo di come gira, condiziona la nostra quotidianità, la nostra vita.
Ripenso alle tante chiacchiere sbandierate sulla stampa locale da esponenti di Trenitalia e politici regionali e locali sul funzionamento treni e sull’alto grado di soddisfazione della clientela umbra per il servizio offerto.
Vorrei che loro, i nostri amati politici orvietani e regionali e tutti quei papabili di Trenitalia fossero ora qui al posto mio, dopo una giornata di duro lavoro e con questa pioggia e umidità “appiccicata” addosso.  E non credo che racconterebbero le stesse storie.
Per la cronaca né la mail ufficiale inviata dalle FS che parlava di 30 minuti, né l’annuncio a bordo treno che invece parlava di venti minuti, né Viaggiatreno che parlava di quaranta minuti ha “centrato “il ritardo.
Il mio treno, il favoloso intercity 598 partito in questo piovoso ultimo martedì di febbraio alle sei e un quarto da Termini, è arrivato alla stazione di Orvieto alle otto e trentadue minuti, con un’ora e dieci minuti tondi di ritardo.




Una domenica mattina seduto sugli scalini del Duomo….

Ultima domenica di febbraio.  Seduto sulle scale del Duomo.
Una fresca, bella mattinata d’inverno.  Nella piazza due bimbette dai capelli scuri e occhi chiari giocano con una palletta.  La rincorrono, la ributtano per aria, la riprendono…Gaie e spensierate. L’immagine della felicità.
Dal portone marroncino scuro, incastrato tra la cantina e l’hotel che si affaccia sulla piazza, un vecchietto viene fuori.  Si poggia a una stampella. Il viso segnato dall’età e da una leggera patina di stanchezza.  Passa davanti alle bambine che giocano con la palla, sempre più spensierate e sorridenti.  Immagine del ricambio generazionale che la vita, prima o poi, riserverà a tutti noi.
Valuto che il mio stato dell’essere è più vicino al simpatico vecchietto con le stampelle che alle due bimbette.  E un velo di malinconia mi attraversa la mente.  Ma è un attimo.
Guardo l’azzurro del cielo, il sole vistosamente colorato. Guardo il bar che mi sta di fronte. Già intravedo il gustoso caffè ristretto e il caldo cornetto che mi aspetta.  In piedi davanti alle scale tre persone del loco chiacchierano ad alta voce.  Uno dei tre parla del suo trascorso politico.  Parla di tempi in cui milita con la fiamma.  Poi dice che a un certo punto è stato veramente acuto nel saper cogliere l’onda e passare con la Lega.  Ora dice che la Lega non dà sicurezza o garanzie.  E dice di essere fiero del suo acume politico nell’aver saputo cavalcare di nuovo l’onda giusta e di essersi infilato nel gruppo locale di Fratelli d’Italia.  La seconda persona del ristretto gruppetto dice di apprezzare molto l’aver preso coscienza che con la sua avventura solitaria si era ritrovato in una palude.  Con fango, arbusti e liane al posto delle poltrone.  Esalta la sua saggezza nell’aver saputo capire e nell’attraversare il guado per buttarsi sul carro di chi si autoricandida a reggere l’Amministrazione cittadina per i prossimi anni.
La terza persona del gruppetto, che mi inquieta un pochino per l’alone che sprigiona. diviso a metà tra un che di tenebroso e un che di impositivo, gli fa notare che forse è stato un po’ frettolosa quella autocandidatura in pompa magna con quello sbandierare i difetti di questa Amministrazione ai quattro venti.  Accusandola di essere stata sonnambula per quattro anni e accusandola di aver portato Orvieto a questo brutto punto. Saggiamente afferma che adesso un po’ stona questo suo imbarcarsi con questa Amministrazione dopo tutte quelle frasi dette.  Cosi come stona questo suo definirla virtuosa quando solo tre mesi fa costituiva il peggior male possibile per gli orvietani
Tra me penso a quei tre individui, e deduco che costituiscono un rompicapo.  Non capisco bene quei tre con chi stavano fino a ieri e capisco ancora meno con chi stanno oggi.  E mi viene da ridere al pensare con chi staranno domani.  Quasi mi sembra di vederli, sempre persi nel loro rincorrere l’onda più loro conveniente.  Nuovo alone di malinconia nel pensare che con certi politicanti al governo locale si prospettano sempre tempi più bui per gli orvietani.
Cerco di osservarli con maggiore attenzione.  Poi osservo quel simpatico vecchietto che oramai, un po’a fatica, ha quasi terminato di salire i tre scalini che portano all’interno del bar.  Vorrei raggiungerlo per chiedergli di candidarsi.  Ci guadagnerebbe Orvieto e con lui candidato avrebbe un senso recarsi alle urne.
Poi osservo quelle due bambine che sprizzano serenità da ogni gesto.  E osservo i tre politicanti non distanti da me.  Ansiosi, con tic vari, anche se appena percettibili, nervosi anche nel loro gesticolare.
E mentre mi alzo per andarmi a sedere al mio solito tavolino del bar, provo per quei tre personaggi una infinita pena. Per loro e per la mia tanto amata Orvieto.




Bolsena, Orvieto e Todi le città santuario di etruschi, umbri e della cristianità verso il Giubileo

Tra la Terra Santa, il Mediterraneo e l’Antico Continente europeo, le Culture e le Civiltà susseguitesi nel corso dei millenni hanno tracciato e lasciato un sentiero, edificato ponti e ospitali, ancora oggi visibili, tangibili e frequentabili. L’Umanità, entità conforme e difforme al contempo, ha cercato, selezionato, trovato e scelto nei secoli luoghi favorevoli allo stanziamento, dove metter saldamente radici, fino al momento – che sempre viene – di fare fagotto per le mutate condizioni e circostanze vitali e esistenziali e quindi rimettersi in cammino e gioco verso nuovi lidi, nuovi approdi appaganti e rassicuranti.

Lungo questo sentiero, questa rete di cammini che avviluppa le terre, si trovano dei punti particolari di contatto tra il cuore del Pianeta e il Cielo, dove le forze, le energie che gli elementi in eterno mutuo combinarsi e scombinarsi generano e spargono, si concentrano. In questi luoghi crogiuolo si sono via via nel Tempo manifestati e sviluppati ricchi filoni creativi di Cultura e Civiltà. È il caso del territorio tra Tuscia e Umbria con le antiche civite di Bolsena, Orvieto e Todi, legate – insieme anche a Acquapendente e Bagnoregio – da una comune Storia e dalla stessa Cultura che fondano le proprie radici nella concomitante origine geologica e nella medesima storia civica etrusco-umbra in continuo scambio simbionte con Roma. Le civiltà umane che hanno creato questi luoghi e vissuto questo territorio comune, hanno trovato qui il punto di contatto tra Terra e Cielo. Il Luogo Sacro. Il Luogo Celeste. Il Fanum. Il Santuario dove concentrarsi e celebrare le risorse e le ricchezze, naturali, ambientali, paesaggistiche anche nel nome dell’Essere Superiore, della divinità, del Dio.

Oggi l’umanità cosiddetta evoluta è sempre più estraniata da quei contesti di consapevolezza e fusione con la forza e l’energia del sacro. A fatica, quanti ancora riescano a discernere la capacità di poter star bene nel bene, facendo il bene e non pretendendo fugaci equivoci benesseri egoistici, emozioni transitorie caduche, volatili e volubili, si spendono per costruire ponti di sacralità; attingendo là dove il Sacro emerge e si diffonde. Come sui Cammini che passano per e portano a: Bolsena; Orvieto; Todi. Arriveranno Pellegrini per il Giubileo. Non facciamoci sorprendere.

Non distraiamoci. Saremo accoglienti e attenti se riconosceremo e rispolvereremo i nostri Santuari.




La conversione sulla via delle…elezioni dell’ex-candidato Stefano Spagnoli

Ma cosa è successo domenica 18 febbraio? Un candidato si ritira, diventa probabile capolista di un partito, a sua volta in confusione, e appoggia la candidata del centro-destra Roberta Tardani. Fin qui nulla di strano, si sa la politica è l’arte del possibile e a volte dell’impossibile. Ma il cronista tiene a memoria quello che è avvenuto tra il 10 ottobre del 2023 e domenica 18 febbraio 2024.

La domanda rimane invariata: cosa è successo? Intanto c’è un partito, quello che dovrebbe essere l’azionista di maggioranza della coalizione, che è spaccato, commissariato e con la restaurazione del passato remoto. Si rivedono vecchie conoscenze e si rivedono anche quelli che da Fratelli d’Italia sono passati armi e bagagli con la Lega, per vincere, e ora tornano in Fratelli d’Italia convinti di replicare con successo. Lo spostamento più a destra è evidente nonostante a livello nazionale Giorgia Meloni si stia sforzando di apparire come rappresentante di una destra moderna, liberale e moderata con Salvini che si arrampica più a destra per rosicchiare voti all’alleato diventato grande e scomodo. C’era così tanta fretta che il commissariamento della sezione di Orvieto è arrivato quasi nottetempo e, secondo quanto spiegato in una lettera accorata e intrisa di delusione di Andrea Garbini, senza rispettare le regole e i tempi. Secondo attore è Stefano Spagnoli che con una specie di conversione sulla via…delle elezioni, si ritira, prende lo scettro del comando di Fratelli d’Italia, intanto, in attesa di possibili incarichi in caso di vittoria del centro-destra. E di conversione a “U” si tratta. Basta ricordare cosa è successo nel recentissimo passato e non dieci anni fa.

Ecco cosa scriveva Stefano Spagnoli candidandosi a sindaco a ottobre del 2023: “Ogni giorno, ci dobbiamo scontrare con una serie di problemi irrisolti, alcuni dei quali addirittura mai presi in considerazione e quindi mai affrontati dall’attuale amministrazione comunale, ed è innegabile che nella comunità questa situazione abbia generato un malcontento, andato crescendo in questi ultimi anni…l’attuale Sindaco si preoccupa unicamente di gestire l’ordinaria amministrazione che, peraltro, trova realizzazione solo grazie all’eccellente lavoro dei solerti impiegati dei vari uffici comunali.  In realtà, non esiste una maggioranza politica, l’attuale giunta dal suo insediamento sembra non aver mai governato…I problemi reali della comunità intanto sempre più sottovalutati ed inascoltati… Ho ascoltato e parlato con moltissime persone ed ho avvertito un senso di delusione, incertezza, ma anche di rassegnazione e questo, per me, nel tempo, è stato di stimolo per decidere di mettermi, nuovamente, in altra veste, al servizio della città, per profondere il massimo impegno, come ho sempre fatto, ed ottenere i migliori risultati possibili.  Da tempo sto lavorando ad una mia lista e ad un programma in cui i cittadini e i loro interessi sono posti in primo piano.”

Alla candidatura rispose duramente il consigliere di maggioranza Stefano Olimpieri, tanto che Spagnoli il 4 novembre 2023 replicò con durezza: “la fondatezza di quanto sostenuto da Stefano Spagnoli ha scatenato un attacco scomposto, offensivo e del tutto strumentale, basato su evidenti falsità nei confronti del candidato Sindaco…Chiunque può rilevare e rendersi conto che Stefano Olimpieri, avvezzo da sempre a così tanti salti con cambio di casacca ( anche in questa consiliatura ) da far invidia ad un canguro, tanto che ora lo troviamo nel gruppo misto, nel disperato tentativo di difendere l’indifendibile e sostenere strenuamente il Sindaco Tardani, con le sue invenzioni offende l’intelligenza di chiunque legga. Peraltro, l’uso del “plurale” da parte di Olimpieri, fa intendere che tali contenuti siano stati concertati anche con altri della maggioranza se non addirittura con il Sindaco Tardani, con la conseguenza che, in realtà, questo può solo portare discredito agli autori dell’attacco e non certo a Stefano Spagnoli, di fronte alla cittadinanza…l’amministrazione Tardani, dopo cinque anni, nel migliore dei casi è ancora ferma ai “progetti”. Il candidato Spagnoli ricorda, che nel prosieguo del suo cammino elettorale, sarà onorato di avere come alleati esponenti della politica, ma che saranno i singoli cittadini a decidere il risultato delle elezioni ad Orvieto, ed è a essi che ci appelliamo, affinché con il loro voto a Stefano Spagnoli, una persona integra, che mantiene le promesse e che non è ricattabile, consenta un vero e reale cambiamento per la città di Orvieto.”

Poi c’è stata l’intervista a Orvietolife (link all’intervista su You Tube) in cui Spagnoli ha ribadito più volte la delusione per l’attuale amministrazione.

Poi eccoci al presente con la conversione verso chi ha deluso le attese, chi non ha governato, chi ha lasciato i problemi della città irrisolti e che ora diventa la vera paladina e viene sostenuta. E Spagnoli sarà accanto al consigliere Olimpieri che viene ritenuto avvezzo ai cambi di casacca per difendere l’indifendibile a sostegno del sindaco Tardani. E la conversione sulla via…delle elezioni è compiuta.




Regole certe e valide per tutti nei rapporti con la stampa

Per domenica mattina alle ore 11 Fratelli d’Italia annuncia una iniziativa politica ad Orvieto, ma lo fa con una comunicazione inviata ad uno solo giornalista della città. Un metodo singolare ed incomprensibile così come inconsueto e non concordato appare giorno ed ora. I giornalisti orvietani hanno da tempo fissato regole chiare per lo svolgimento di conferenze stampa ed incontri che devono tenersi, tranne eventi straordinari, la mattina dalle 11 alle 13, evitando gli orari pomeridiani e i festivi

Anche chi opera nella comunicazione ha le proprie esigenze di organizzazione cosi come ogni altro lavoratore.

Alessandro Maria Li Donni, Monica Riccio, Claudio Lattanzi, Sara Simonetti




Una “normale” settimana da incubo di un pendolare orvietano..

Lunedì 12 febbraio 2024.  Solito sciopero dichiarato da non si capisce bene quale categoria sindacale.
Per noi pendolari queste giornate di sciopero sono deleterie perché, a prescindere da treni cancellati o ritardati, l’insicurezza sul viaggio che ci attende non è facile da gestire sia da un punto di vista emotivo che di stress.  Non sappiamo se e a che ora arriveremo al lavoro.  Così come non sappiamo a che ora potremo rientrare a casa.
Martedì 13 febbraio 2024. Martedì Grasso. Solitamente il martedì rientro a Orvieto con l’Intercity 598 delle 18e15. Ma oggi ho promesso “solennemente” alla figlia di accompagnarla a una festa in maschera ad Allerona Scalo.  Deve essere lì per le 19e30.  Per mantenere fede alla “solenne” promessa ho preso un’ora di permesso al lavoro. Così da poter rientrare con il regionale veloce 4106 delle 17e20 con arrivo a Orvieto alle sei e mezza, minuto più minuto meno.  Alle cinque in punto sono nella stazione.  Il treno è già pronto sul binario 2 est.  Trovo anche un posto nel quale sedermi.  Serata fortunata, penso tra me. Il bip del telefonino segnala un messaggio in arrivo.  E’ la figlia che vuole rassicurazioni. Le dico di stare tranquilla, che già sono sul treno, che per le sette sarò sulla rupe in perfetto orario per accompagnarla.  Neanche faccio in tempo a riporre il telefonino nella giacca che il solito gracchiare dell’altoparlante in fondo alla carrozza indica comunicazioni in arrivo. Un brivido mi percorre la schiena. L’annuncio è breve ma per me è come una pugnalata al cuore.  Causa affollamento sulla linea Direttissima il treno regionale veloce 4106 oggi 13 febbraio sarà istradato sulla linea convenzionale, ovvero sulla linea lenta.  Tutti i passeggeri diretti a Orte quasi si “buttano” dal treno, incamminandosi di corsa come un popolo in esodo, verso il binario del “Viterbetto” delle 17e37, che invece percorrerà la linea Direttissima.  Partiamo insieme, il “Viterbetto” istradato sulla linea Direttissima, il nostro sulla linea lenta.  I misteri inafferrabili e incomprensibili di Trenitalia.
Mentre nella notte attraversiamo, con continui rallentamenti, stazioni e stazioncine, rifletto su quali parole usare per comunicare alla figlia che non potrò accompagnarla, perché non arriverò a Orvieto alle sei e mezza ma abbondantemente un’ora dopo.
Giovedì 15 febbraio.  La figlia ha uno stage di scherma a Ciconia. Alle sei.  Mi ha detto che mi ridà una possibilità di riconquistare la sua fiducia.  Devo assolutamente accompagnarla entro le sei a Ciconia.
Per non rischiare, pianifico tutto al millesimo.  Riprendo un’ora di permesso al lavoro cosi da poter prendere il regionale veloce 4156 per Ancona in partenza da Roma Termini alle 15e58. Cambio a Orte, con arrivo a Orvieto 17e25 con trenino diretto a Chiusi delle 16e55.
Alle quattro meno un quarto risono ai binari est.  Stavolta al binario dove il treno è già pronto.  Mi metto seduto. Solito messaggino della figlia.  Solita mia risposta. Può stare tranquilla. Sono già sul treno in orario.  E tiro un forte sospiro di sollievo nel non sentire quel gracchiare dell’altoparlante da incubo.
Alle quattro e dieci arriviamo a Tiburtina.
E l’incubo stavolta si manifesta qui.  Il treno si ferma ma non riparte dopo i canonici due minuti di sosta.  Dopo dieci minuti di attesa al cardiopalma, arriva quell’inconfondibile gracchiare di altoparlante.  Causa affollamento treni Alta Velocità sulla linea Direttissima il treno percorrerà la linea lenta.  Ovviamente arriverò a Orte con tre quarti d’ora di ritardo.  Ovviamente non potrò prendere il trenino per Chiusi delle 16e55. Ovviamente non arriverò a Orvieto prima delle sette.
Ovviamente ennesima forte delusione data alla figlia.  Ovviamente ennesima litigata.  E ovviamente ennesima ora di permesso presa al lavoro sprecata.
Questo nostro destino dipendente dai treni sembra governato completamente dal caso, affidato a una monetina lanciata in alto. Croce, il treno percorre la linea Direttissima, Testa, il treno percorre la linea lenta .,
Venerdì 16 febbraio. Un po’ intontito e assonnato mi ritrovo confuso tra i tanti passeggeri in attesa al binario due dell’intercity 581 delle sette e venticinque.
Anche se il tabellone lo indica in orario il treno non si vede. Cinque, dieci, quindici minuti.  Tutti con lo sguardo rivolto verso Firenze, a osservare i binari in lontananza, ma dell’intercity nessun avvistamento. Poi l’annuncio.  Il treno arriverà con mezz’ora di ritardo per problemi sulla linea nella tratta tra Chiusi e Orvieto.
Quindi a Roma arriveremo pochi minuti prima delle nove.
Ennesima chiamata al lavoro.  Stavolta l’ora di permesso sono costretto a prenderla in entrata, non in uscita.  Fortuna che è venerdì. E che anche questa settimana da incubo con i treni sta per finire.

Non importa a nessuno di cosa comporti questo stato di cose per le nostre vite, per la nostra salute, per la nostra integrità mentale.
Viviamo così, noi pendolari.  Affidati quotidianamente all’esito di quel lancio di quella monetina.
Con politicanti locali e comitati pendolari vari che ancora parlano di organizzare degli incontri per pretendere da Trenitalia dei monitoraggi per valutare le condizioni di viaggio dei pendolari orvietani.
Della serie “mazziati e cornuti”…




Questa urticante “mala politica” orvietana…

Tra poco più di cento giorni gli orvietani saranno chiamati nuovamente alle urne per rieleggere il proprio primo cittadino e i propri amministratori.
Come in ogni periodo che precede una tornata elettorale che si rispetti, anche in questa occasione è iniziata la solita trafila di sipari e siparietti che in alcuni casi sembrano denotare più che attaccamento al bene della “res publica” un attaccamento a poltrone e poltroncine.
Giorno dopo giorno, come funghi in autunno, spuntano nominativi di candidati che si auto propongono a poter occupare una di quelle poltrone, facendo passare il loro atto pubblico di candidarsi(o ricandidarsi), come un atto di estremo sacrificio personale finalizzato esclusivamente al bene della Patria e della comunità orvietana.
I soliti malignetti (che sulla rupe non mancano mai), attori comprimari in questa opera teatrale che ci accompagnerà al voto, fanno notare che forse ci sono più pretendenti rispetto alle elezioni precedenti per un discorso legato al vorticoso giro di finanziamenti pubblici collegati al PNNR. “Pecunia olet” erano soliti commentare gli antichi.
Accantonando questo pensiero malizioso (con la speranza che sia del tutto campato in aria), a saper osservare col dovuto e sano distacco questa opera teatrale, c’è da divertirsi molto di più del guardare una brillante commedia proiettata in una sala cinematografica
Pur di raccattare qualche voto che “avvicini” quella poltrona, tutti i candidati, uscenti e novelli, siano essi di destra, centro o sinistra, cercano di volgere al proprio tornaconto elettorale ogni contesto o situazione.
Che questa grande opera teatrale abbia avuto inizio lo si nota dai cantieri di lavoro spuntati come funghi.  Si può tranquillamente affermare che se ne stanno vedendo più in questo ultimo mese che negli ultimi cinque anni messi insieme
Se negli ultimi anni alberi e arbusti hanno invaso le strade cittadine, con lamentele e proteste spesso inascoltate, ecco che all’ improvviso, ovunque si giri la testa, si incontrano operai addetti a ripulire anfratti e cunette da erbacce e sterpaglie.
Se per anni ci si è lamentati, senza avere grande ascolto, di luce e lucine dei lampioni pubblici malfunzionanti, ecco che all’improvviso non vengono sostituite solo le luci e lucine rotte, ma anche quelle funzionanti.
Se per anni si è fatto ripetuta richiesta di asfaltare una strada malmessa, ecco che all’improvviso vengono asfaltate anche le strade e stradine che non sono malmesse più di tanto.  Il popolo orvietano assiste e parla di un vero miracolo, il Miracolo del Santo Voto.  Il miracolo delle imminenti elezioni.
Per anni i pendolari, vittime di un servizio ferroviario che a definire da terzo mondo sarebbe da ottimisti avanzati, hanno richiesto incontri e sostegno alle autorità locali per cercare di migliorare in qualche maniera le loro condizioni di viaggio e di vita, senza ottenere alcuna risposta. ed ecco che all’improvviso, contagiati anche loro dal Miracolo del Santo Voto, sono quotidianamente inseguiti da tutti, amministratori attuali e aspiranti amministratori futuri, con promesse in caso di conquista di quella ambita poltrona di far fermare a Orvieto treni ultraveloci e ultracomodi.
Per la cronaca il13 febbraio ennesimo viaggio da incubo per il rientro a casa dei pendolari orvietani con il “carnaio” delle 17e20 , “ributtato” per l’ennesima volta sulla linea lenta senza una apparente valida ragione e arrivato nella stazione di Orvieto con la solita oretta di ritardo.
Ritornando alla nostra opera teatrale, recenti decisioni a livello europeo e nazionale hanno portato i trattori in strada, in segno di disperata protesta del mondo agrario contro una penalizzante legislazione.  Ed ecco che gli amministratori del loco, ancora in carica o aspiranti, li ritroviamo sulle strade alla testa di questa sfilata intenti alla guida di qualche trattore.
Negli ultimi anni per i cittadini del comprensorio è diventata una impresa ardua riuscire a disporre di una Sanità presente e dignitosa.  Liste di attesa per prescrizioni necessarie a dir poco vergognose hanno costretto la fascia più debole e fragile della popolazione a rinunciare a curarsi in maniera adeguata ed efficace.  Queste persone hanno protestato, ma fino a ieri il loro è stato un inutile abbaiare alla luna. Adesso, graziati anche loro da questa atmosfera miracolosa del Santo Voto, tutti sembrano voler dare loro ascolto e appoggio.
E tutti gli attori di questo teatrino assicurano che, sempre che riescano a sedersi su quelle comode poltrone, sarà per tutti un ricordo il termine “liste di attesa”.
Il Miracolo del Santo Voto, ovvero questa insopportabile, urticante “Mala Politica” orvietana (e non solo orvietana, ovviamente).  Questo non proporre alla comunità proposte o strategie concrete e che poggino su fondamenti possibili e reali, sensate e necessarie per rendere migliore e più giusta la vita comunitaria.  Questa urticante Mala Politica che suscita nel popolo la sensazione che si tenda a sfruttare ogni occasione, ogni criticità per “raccattare” più voti possibili.
Che negli anni ha spinto Orvieto in un continuo, irrefrenabile stato di declino, di decadenza.
Questa urticante Mala Politica che suscita nel popolo orvietano la deprimente e “scorante” sensazione di un atteggiamento dormiente e riposante una volta arrivati a occupare quelle poltrone, per poi di colpo svegliarsi e interessarsi di tutto e di tutti per il terrore di vedersela sfuggire (quella poltrona), quando si riavvicina il tempo di doversi sottomettere alla riconferma popolare.

Unico aspetto positivo di questa realtà è che per i prossimi cento giorni tutti potremo, a titolo completamente gratuito, continuare ad essere spettatori di questa opera teatrale.

Un’ opera teatrale che a saperla osservare con la giusta dose di distacco e attenzione non può non suscitare un ampio senso di ilarità, con in aggiunta il piacere per gli occhi e la mente prodotto dalla location magica e coinvolgente della cittadina sulla rupe .
Un’opera teatrale che con le sue quotidiane sfaccettature grottesche non può non suscitare tra gli spettatori un riso spontaneo.  Un riso comunque accompagnato da un sempre presente senso di amarezza.
Perché protagonista non comprimario di questa opera teatrale a cielo aperto è anche questa “Mala Politica”, che da anni oltraggia e ferisce Orvieto.
“Mala Politica”, dicevano gli antichi, che si crea quando il raggiungimento o mantenimento di “quelle poltrone” sembra a volte venire prima del cercare e del saper agire in nome della “Res Publica”, in nome e “per” la comunità che si dovrà poi amministrare.