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L’interno del Duomo adibito a posti auto, no?

Si vivono tempi un po’ strani sopra e intorno alla Rupe, tempi nei quali se ne leggono e sentono di tutti i colori. Come oramai è ben noto a tutti, anche gli orvietani tra poco più di due mesi saranno chiamati alle urne per decidere da chi essere amministrati nella prossima legislatura.
E gli aspiranti sindaci e amministratori, sia uscenti che nuove leve, pur di conquistare quella agognata e ambita poltrona, rendono noti al popolo, amplificandolo mediante le tante testate locali, i loro progetti nel caso su quelle poltrone sarà permesso loro di potersi accomodare.
Rimane eterno l’amletico dubbio tra i popolani locali: ma cosa avranno quelle poltrone di tanto attraente e di tanto “calamitoso” per essere così tanto agognate e ambite?
Sorvolando sull’arcano quesito ecco che per magia, ma davvero una grande magia, l’Amministrazione uscente all’improvviso, come neanche un mago sarebbe capace di fare, dal cilindro estrae la prima, e non unica, bomba: il Tribunale cittadino, chiuso sepolto e dimenticato da anni, potrebbe di colpo essere riaperto. Senza sapere, Amministrazione al gran completo e aspiranti poltronisti (o poltronari), che il popolo è si sciocco e credulone, ma certamente non fino al punto da poter credere a certe “corbellerie”.
Capita anche che qualche aspirante novello candidato enunci  finalmente una idea vera, nuova, brillante, e anche utile, per provare a risollevare l’agonizzante economia del loco, tipo come ospitare un polo universitario nella caserma Piave. Ed ecco che dall’altra parte si definisce l’idea “un sogno”. Precisando che in campo politico coltivare sogni è cosa malsana e da malati di mente. Meglio coltivare idee pratiche. Dimenticando che simili, mal coltivate, idee pratiche hanno reso morente la cittadina sulla rupe. Da film horror la loro idea pratica a riguardo: trasformare l’enorme caserma Piave in mille spezzatini, con inutili, per l’economia locale e ricollocazione del luogo, uffici e ufficetti.

Ma la vera notizia bomba, che ha gettato nel terrore e nell’angoscia il popolo orvietano, ha preso forma e vita due giorni fa. La maggioranza attuale, che a detta di molti (ma molti assai) non ha realizzato o attuato nessuno dei punti del proprio programma redatto a inizio legislatura, in un sussulto di frenesia pre-elettorale, tra le mille, a volte grottesche e strampalate, trovate ha avuto la brillante idea di programmare la trasformazione in un gigantesco parcheggio dei giardinetti di San Giovenale.
Il quartiere San Giovenale è uno dei più affascinanti e visitato di Orvieto. Amato e venerato dai popolani locali e dai turisti che lo visitano da ogni parte del mondo. E i suoi giardinetti ne costituiscono l’essenza, la vita, l’anima. Qualsiasi Amministrazione, anche la più scadente e “screuza”, farebbe di tutto per riqualificare quei giardinetti, curandone e preservandone nel miglior modo possibile le piante secolari e le varietà erbacee, alcune delle quali risalenti a periodi molto antichi… Gli esponenti della attuale Amministrazione, per giustificare il loro assenso a questa idea a dir poco “disgraziata”, hanno detto che il tutto è nato percheé a San Giovenale i residenti hanno richiesto più posti auto. E hanno espressamente richiesto di ricavarli cementificando quei meravigliosi giardinetti. A queste parole un brivido ha percorso mente e schiena dei cittadini che sulla rupe vivono. Perché è venuto spontaneo pensare che anche i cittadini che abitano a ridosso del nostro amato e invidiato Duomo chiedono da tempo e con insistenza nuovi posti auto da adibire a parcheggio. E a questo punto non sarebbe una sorpresa se chiedessero alla attuale Amministrazione, approfittando del “bonario” periodo pre elettorale e imitando l’esempio dei cittadini di San Giovenale, di eliminare un po’ di scanni dall’interno del Duomo così da poter adibire quegli ampi spazi tra le navate a posti, parcheggio auto.
Ovviamente qualcuno potrebbe trovare l’idea a dir poco eretica e sconcia, e di conseguenza potrebbe chiedere lumi all’Amministrazione ancora in carica. Che avrebbe comunque la motivazione e risposta già pronta, come per i meravigliosi giardinetti di San Giovenale. “Cari signori, carissimi e amatissimi elettori, noi lo facciamo non perché lo vogliamo, ma perché ce l’hanno chiesto i cittadini che intorno al Duomo abitano.

E Cari miei, un saggio amministratore uscente che più di ogni altra cosa ambisca a rioccupare quella dorata poltrona, non può mai dire di no a chi tra due mesi dovrà recarsi alle urne”.




Palazzo dei Sette a magazzino, la Piave spezzatino

Non inganni la rima, non si tratta di poesia, si tratta invece di prosa elettorale. È ciò che accade quando, avvicinandosi le elezioni, la tendenza consolidata a fare di tutto occasione di perenne campagna elettorale si esaspera e diventa aperta caccia al voto.

Ieri (15 marzo ndr) in Consiglio comunale è andata in scena la commedia elettorale della maggioranza, ormai ridotta alla cerchia dei fedelissimi di Roberta Tardani. Di stretta misura infatti, con l’eccezione di Alessio Tempesta e di Umberto Garbini, è stata approvata una osservazione alla Variante al PRG, parte Operativa, all’apparenza strana ma in realtà rispondente ad una precisa logica politica, con cui si destina uno dei più importanti palazzi storici della città, tutto (come ha sottolineato con particolare precisione proprio il Presidente Garbini), a magazzino con la scusa che ogni attività che ci si svolge ha bisogno di almeno una parte a magazzino. Incredibile, si trasforma un’ovvietà in una presunta necessità, e ci dovremmo anche credere!

In realtà si tratta di un’operazione funzionale al trasferimento lì dei costumi del corteo storico, che non è progettata, come con ricorrente retorica si dice, per una musealizzazione e fruizione pubblica, che richiederebbe ben altro tipo di impostazione (un progetto espositivo di fruizione funzionale, un piano finanziario e di gestione, ecc.), ma semplicemente per una sede un po’ più dignitosa di quella attuale. Dunque non si risolve il problema, si pregiudica un palazzo storico e si mette anche con questo un tappo al futuro.

Analoga logica per ciò che riguarda l’ex Piave. Con la stessa osservazione (ma che strana coincidenza!) si modificano infatti le norme di PRG e si stabilisce che per l’ex caserma di Via Roma “venga espressamente prevista una percentuale ‘Servizi generali (Caserme, Protezione civile ecc.’”, e con ciò surrettiziamente si impone una logica programmatica di spezzatino (si dice spezzatino non perché si vorrebbe negare la possibilità di usi diversi, ma perché senza un disegno complessivo di senso e praticabile qualsiasi intervento parziale sminuisce e svalorizza tutto il resto).

Già c’è qualche precisa richiesta d’uso di un pezzetto del grande immobile? Già c’è qualche impegno in questo senso?. Difficile dire, ma il timore che si voglia procedere a tozzi e bocconi non avendo voluto impegnarsi su una proposta complessiva e organica di riuso che pure è stata più volte proposta, da ultimo quella del MOST (ricordiamoci, approvata peraltro all’unanimità dal Consiglio), e non essendo stati capaci di proporre nulla di alternativo, oggi magari si vuole anche qui dimostrare di essere capaci di fare qualcosa. Qualcosa di utile solo per la campagna elettorale però, ma di inutile e dannoso per il futuro dell’ex Piave e con essa della città.

Le minoranze, e le parti di maggioranza di cui abbiamo detto, si sono opposte con chiarezza di argomentazioni a quello che appare non solo uno spot elettorale, come ad esempio lo sono lavori che spuntano qua e là, fotografie e quant’altro di questi tempi dà corpo alla spettacolarizzazione della politica, ma anche e soprattutto il sacrificio di sane e lungimiranti strategie di governo al bisogno di catturare l’attenzione e il consenso di fasce e settori di opinione pubblica a danno dell’interesse generale.

Il tutto con una operazione davvero approssimativa e superficiale, un’osservazione impostata e scritta male, un mix di argomenti che fanno a pugni con la logica, carenze di normativa di cui si accorge non l’ufficio ma i privati incaricati di verifiche preventive di compatibilità di destinazione. Una cosa così non si può digerire. Abbiamo detto no, e come CiviciX Orvieto faremo tutto il possibile perché questo modo di amministrare la città finisca.




Carissimo San Giuseppe, aiutaci tu…

Molto particolare e suggestiva l’ iniziativa di un gruppo di residenti orvietani che, disperati per l’andazzo preso dalla ennesima confusionaria e aleatoria campagna elettorale in vista delle prossime elezioni amministrative, ha pensato bene di rivolgersi e chiedere protezione e aiuto a San Giuseppe, Santo Patrono della affascinante e ridente cittadine sulla rupe.
Sono questi giorni frenetici, con mirabolanti promesse e proclami politici, con i candidati primi cittadini che, completamente ipnotizzati e assorbiti dalla corsa alla fin troppo ambita poltrona, sembrano facciano a gara a chi la spara più grossa. San Giuseppe, tu che tanto ami questa cittadina, non per nulla ne sei il Santo Protettore, ci devi aiutare. Noi cittadini non capiamo più nulla e non sappiamo come uscirne vivi. Questa campagna elettorale è per noi più “ubriacante” di una buona e sonora bevuta di vino .
Ci sono candidati che ieri si erano auto proposti alla carica di primo cittadino, per combattere questi ultimi cinque anni di amministrazione sventurata e di “jattura” (a loro dire), elencando tutti i peggiori difetti che una mente umana possa riscontrare nei confronti di una Amministrazione. Ebbene carissimo San Giuseppe, ora costoro, come folgorati sulla via per Damasco, con un mirabolante salto mortale, fanno marcia indietro per candidarsi proprio con la Amministrazione uscente, la stessa che fino a pochi giorni prima costituiva una sventura e una “jattura”.
San Giuseppe, ovviamente sappiamo che tu devi giocoforza credere ai miracoli. Ma queste conversioni, converrai con noi, sono più incomprensibili di un miracolo seppur grande . Poi, sempre Carissimo e Amatissimo Santo, devi aiutarci a capire una cosa. Era l’afoso, bollente luglio del 2019. L’attuale amministrazione uscente, da poco insediata, mediante il suo primo cittadino, in pompa magna stilava e condivideva con la popolazione il suo programma. In poco più di ottanta righe si enunciavano i lodevoli propositi da perseguire. In cima alla lista veniva enunciata una dura lotta alle liste di attesa nel campo sanitario pubblico. Nel tempo di vita di questa ultima legislatura, le liste di attesa si sono amplificate in maniera vergognosa, non dando la possibilità di curarsi in maniera dignitosa alla fascia più debole e fragile della popolazione. In seconda battuta venivano enunciati interventi risolutivi per migliorare l’economia locale e un piano di azione stringente per rendere il turismo meno “mordi e fuggi” e più consono a una cittadina elitaria del turismo. Con una lotta senza tregua alle strutture ricettive abusive. Ebbene, Carissimo, in questa legislatura il turismo è diventato da “mordi e fuggi” a solo “fuggi”, con ripercussioni economiche sulla economia locale ben note a tutti. Per non parlare del numero delle strutture ricettive, poco più di seicento consultando le offerte dei portali del settore. Ne risultano poco meno di trecento ufficialmente censite e registrate. Qui abbiamo assistito al miracolo non della trasformazione e moltiplicazione dei pani. Ma della trasformazione e moltiplicazione di garage e cantine in B&B. Ovviamente un numero di strutture ricettive non ufficiali così grande arreca un grande danno all’immagine della nostra cittadina e a chi fa questo lavoro rispettando le regole, oltre all’economia locale.
in quelle poco più di ottanta righe si parlava di importanti interventi sulle infrastrutture, con consolidamento del progetto di uscita autostradale casello Nord e inizio e completamento lavori della complanare. Sparito nella nebbia che sovente nelle mattinate invernali avvolge la rupe, la creazione uscita Casello Nord, altro mirabolante miracolo questo. Della complanare ancora di parla ma nulla di concreto si è visto.
In quelle ottanta righe si criticavano aspramente le amministrazioni precedenti per non essere tempestivamente intervenute nella riqualificazione e ricollocazione della caserma Piave. Oggi la caserma non è stata né riqualificata né ricollocata. E’ solo invecchiata di cinque anni, offrendo di se una immagine più decadente e più deprimente di allora. Si parlava in quel programma, di sostanziali e importanti interventi e finanziamenti alle voci “cultura”e “sociale”. A parte la strampalata e aratoria idea di proporre la nostra cittadina come Capitale della Cultura, non è stato fatto nulla di veramente rilevante per cultura e sociale.
Non parliamo poi di come Orvieto in questo ultimo quinquennio si è allontanata dalle grandi città. Collegamenti ferroviari sempre più ridotti e rallentati nei tempi di percorrenza ,hanno penalizzato e impoverito Orvieto sotto tutti i punti di vista. Hanno reso stressante e pesante la vita dei tanti pendolari, hanno reso più povera l’economia locale. Hanno scoraggiato chi voleva trasferirsi a vivere nel comprensorio.
Insomma,Carissimo San Giuseppe, avrai capito perché ci siamo rivolti a te. La nostra amata cittadina è in agonia, sta lentamente morendo. Se ne hai la possibilità, ogni tanto da lassù lancia una tua occhiata nel Corso principale in qualche serata non festiva. Vedrai un Corso vuoto, eccetto qualche gattino a caccia di cibo o qualche temerario cittadino locale che si avventura per un caffè in qualcuno dei bar del loco.
Non potrai non notare che i negozietti storici, vero cuore pulsante e anima della cittadina che proteggi, sono completamente spariti. Non ci rimane che affidarci e confidare in Te. Se puoi illumina le menti dei nostri aspiranti politicanti. E siccome siamo in confidenza, ti chiediamo una ulteriore tua intercessione, un ulteriore gradito miracolo.
E’ da più di un mese che siamo circondati e bombardati da cantieri. Dopo anni di assoluta inerzia, adesso è tutta una corsa a questo o a quel lavoro.
Se puoi, Carissimo San Giuseppe, liberaci, oltre che da quei politicanti di cui sopra, anche da un po’ di questi cantieri. Non ne possiamo più…
Ora ti salutiamo, scusandoci ancora una volta per il fastidio che Ti abbiamo arrecato. Ma non sapevamo cosa fare o a chi rivolgerci. Ci sei sembrata la nostra unica, estrema ancora di salvezza.
Un abbraccio da tutti noi, Carissimo San Giuseppe.




Asfaltiamo gli elettori!

A tre mesi dalle elezioni comunali ci sono più cantieri aperti ad Orvieto che a Roma prima del Giubileo del 2000. Scavi, buche, piante, asfaltature, illuminazione rinnovata, appalti annunciati: da che mondo è mondo, ogni amministratore cerca di far vedere ai cittadini che le strade son pulite, le luci ripristinate, e l’immondizia raccolta puntualmente.  Quando ero giovane, un dirigente di partito attempato mi disse: “gli ultimi sei mesi non si decide più nulla, si asfaltano le strade, e si riparano le fontanelle, insomma si fa normale amministrazione”.

Se dicessimo che la sindaca uscente è la prima ad usare i lavori pubblici per fare campagna elettorale mentiremmo. Tardani non è la prima e non sarà l’ultima. Certo, forse qui si è persa la misura. I Tardani boys vogliono stravincere, asfalta qua, asfalta là, vogliono asfaltare anche gli elettori.

I video celebrativi dei lavori alla scuola di Sferracavallo, la gigantografia su bancale a Piazza della Repubblica, i manifesti elettorali “Niente slogan, solo Orvieto nel cuore” ricordano tanto l’assessore alle varie ed eventuali Palmiro Cangini, il quale esclamava “fatti, non pugnette!” In effetti anche noi siamo senza parole dopo la prova mozzafiato dell’amministrazione uscente. Estasiati, ammirati, entusiasti, inebriati, soddisfatti, e rimborsati. Ah, no, quello no… mi dicono che le aliquote ad Orvieto sono tutte al massimo. Vabbè, però vuoi mettere, quelli che c’erano prima mettevano tutti i loro amici sulle poltrone che contano. La Tardani invece premia le competenze. Ah, no… mi dicono che anche da questo punto vista siamo messi peggio di prima.

Ma insomma, gigantografie a parte, la giunta comunale non poteva fare i miracoli. Eppure, le elezioni il miracolo lo hanno portato. In cinque anni la Tardani non ha cambiato una lampadina, asfaltato una strada, riparato un muretto, avviato un’opera importante. Adesso Orvieto sembra Manhattan ai primi del Novecento.

Se invece confrontassimo il programma elettorale con quello che è riuscita a realizzare la sindaca, l’assessore Cangini (quello di “fatti, non pugnette!”) sarebbe alquanto deluso. Nell’ordine la Tardani promise: incremento economico attraverso la creazione di una holding delle eccellenze del territorio (non, non è la app…. quella sono buoni tutti a farla). Poi ancora: “adeguate politiche fiscali” per favorire la nascita di imprese (avete visto le agevolazioni fiscali e le imprese?).

Ma continuiamo. La sindaca scriveva: “La città è un insieme di componenti che convivono: turismo, attività produttive, famiglie residenti. Se una di queste viene a mancare si rompe proprio quell’equilibrio che anima la città…”. Ditelo a chi non riesce a trovare una casa in affitto, e ai gestori di Bed and Breakfast abusivi. E poi parcheggi per i residenti, spazi di accoglienza per il turismo di massa, e servizi igienici! Si, col binocolo. Ma non potevano mancare i pendolari, eh no. E allora la Tardani scriveva che avrebbe chiesto di potenziare i collegamenti ferroviari, anzi diceva con fermezza: “Riprenderemo inoltre il progetto Alta Velocità e ne faremo uno degli obiettivi della nostra amministrazione.” Ci puntava così tanto la sindaca che cinque anni fa lo scrisse anche in grassetto. E anche questo obiettivo non è stato centrato. Qui non riusciamo nemmeno a prendere i regionali e gli Intercity, figuriamoci.

Il programma elettorale della Tardani era un crescendo di promesse. Per esempio, al punto Innovazione si leggeva: “Adotteremo i più moderni sistemi informatici per gestire tutti i servizi della pubblica amministrazione e per organizzare in modo intelligente la vivibilità della città. Applicazioni informatiche saranno impiegate per gestire i parcheggi, verificarne le disponibilità e pagare il ticket. Analogamente, per i servizi di trasporto urbano e tutti i servizi a domanda. Puntiamo ad una città digitale, tecnologicamente avanzata e culturalmente preparata per affrontare anche questa sfida”.

Che dire, a tutti verrebbe spontaneo esclamare “Me cojoni!” (Cit. Rocco Schiavone). Ma anche qui purtroppo siamo rimasti al palo, anzi coi computer impallati.

La chicca finale, ovviamente, riguardava la sanità. Ecco, qui secondo me il programma elettorale della Tardani raggiungeva livelli di rivendicazione che nessun rivoluzionario ha mai osato sognare: “Sulla sanità svolgeremo una forte azione di stimolo per il miglioramento dei servizi e denunceremo con forza quelle carenze che dipendono da scelte politiche e non certo dalla capacità e competenza degli operatori sanitari, i quali vivono quotidianamente, sulla propria pelle, le conseguenze di mancati investimenti e di scelte sbagliate. Non temiamo certo le logiche degli equilibri politici regionali, al contrario rivendicheremo con forza i diritti della nostra collettività.” Verrebbe da ridere, se non ci fosse da piangere. Ho fatto solo alcuni esempi, ma la lista dei fallimenti dell’amministrazione uscente potrebbe continuare. Per pietà dei lettori la chiudo qui. Alla luce dei fatti (Cangini, si calmi!), è piuttosto chiaro il motivo per cui anche alla Meloni del manifesto elettorale viene da mettersi una mano sul cuore e pensare tra se e se: “Gli slogan li abbiamo finiti tutti. Le chiacchiere stanno a zero. Ora non rimane che asfaltare gli elettori.”




Il Centro non è un trattino

Il Centro è un’area politica che esiste in natura. Ci sono due modi però di interpretarlo da parte delle forze politiche che vi si collocano ovvero tra quelle che lo intendono come stabile baricentro del quadro politico oppure quelle che lo intendono come variabile all’interno di un sistema bipolare utile a far vincere le elezioni o alla sinistra o alla destra.
Inutile spiegare che la versione autentica, storicamente e politicamente , è solo la prima. Tutto il resto per lo più è costituito da tatticismi, calcoli personalistici, convenienze minute, insomma da un tirare a campare da parte dei soggetti politici o civici #diconsidicentro che in questo modo finiscono con il restare funzionali a un sistema politico bipolare il cui motore e cuore pulsante rimangono gli estremi opposti.
I fallimenti del Centro in questi 30anni di seconda repubblica, dall’UDC di Casini al Terzo Polo fino a FI (2.0) di Tajani, sono tutti figli di quel trattino interposto tra le due sigle centro-sinistra e centro-destra buono per descrivere una formula di governo frutto di mediazione tra le forze politiche, ma pessimo e del tutto inadeguato per costruire una offerta politica riconoscibile e alternativa.
Ciò non sfugge all’intelligenza collettiva dell’elettorato che non si appassiona certo a un trattino ma va immediatamente al sodo scegliendo quello che viene dopo il trattino.
Essere centristi oggi per costruire e offrire agli elettori una alternativa di Centro a ogni livello dalle elezioni europee a quelle comunali presuppone di essere liberi. Liberi dalle convenienze del momento, liberi da antichi pregiudizi ideologici, liberi persino dal voler portare a casa risultati ad ogni costo.
E’ una strada lunga e complicata, ma è la sola possibile ed è quella che Italia Viva sta faticosamente percorrendo in Umbria.




TIC TAC/13…di sanità, colpi di teatro e di libertà d’informazione trasformata in disfattismo

Il primo confronto tra candidati sindaco si è svolto il 5 marzo. E’ stato un confronto tematico sulla sanità interessante, pacato se non con qualche eccezione e che ha evidenziato come le criticità nel settore vengono da lontano, molto lontano. Bene PrometeOrvieto seppure con qualche sbavatura, in particolare per la mancata opportunità di rivolgere domande ai candidati e per i due interventi in coda al dibattito di rappresentanti di Nova e Abitare Orvieto che non hanno candidati ufficiali nella competizione elettorale.

TICA TAC/1: c’è stato fair-play tra i tre candidati con qualche eccezione da parte dell’attuale sindaca che ha tacciato di disfattismo chi critica.

TIC TAC/2: Liste d’attesa, un problema mai risolto. Lo ha spiegato Stefano Biagioli elencando i tempi medi di attesa per tante prestazioni. Roberta Tardani ha sottolineato come la situazione sia peggiorata anche a causa della pandemia che ha bloccato tutto e ora si sta recuperando il tempo perduto anche se c’è un forte aumento delle prescrizioni da parte dei medici di famiglia. Roberta Palazzetti ha puntato il dito sui tempi. In pratica ha evidenziato come nel 2016 l’allora opposizione guidata proprio da Tardani abbia chiesto l’istituzione di una commissione sulle liste d’attesa. Quindi almeno da allora i partiti, tutti, non sono riusciti a trovare una soluzione.

TIC TAC/3: Ospedale e Casa di Comunità sono state il tentato colpo di teatro della sindaca che ha esordito proprio con la comunicazione dell’avvenuta assegnazione dell’appalto integrato. Rimangono scoperte tante criticità a partire dalla viabilità. Ma c’è molto di più. Stefano Biagioli ha sottolineato come in Veneto e Lombardia le strutture esistenti siano scatole vuote perché manca il personale medico e infermieristico. Roberta Palazzetti, confermando il problema relativo al personale, ha puntato il dito sui fondi stanziati e i tempi ristretti. I fondi sembrano, visti i prezzi attuali in edilizia, bassi e non andranno a coprire anche le attrezzature mediche e gli arredi. Poi c’è la questione tempi; molto ristretti e i ritardi sulla tabella di marcia del PNRR, come certificato dal sito ufficiale del ministero.

TIC TAC/4: l’elisoccorso è stato presentato come la panacea delle patologie tempo-dipendenti e come esempio virtuoso. A parte gli alti costi di gestione la verità è semplice. Bisogna sperare che la fase acuta avvenga di giorno e con il bel tempo altrimenti si torna alla cara e vecchia ambulanza e addio intervento rapido. Basterebbe fornire l’ospedale di Orvieto di un’emodinamica ma…

TIC TAC/5: ecco l’emodinamica, la chimera per i cittadini orvietani. Il servizio, che ha un costo, eviterebbe i viaggi della speranza durante le urgenze nella quasi totalità dei casi. Ma la politica è sorda, anzi il governo regionale è sordo visto che in consiglio regionale è stata approvata una mozione che impegnava la giunta a prevedere nel Piano Regionale un’emodinamica a Orvieto. Anche il consiglio comunale, ma solo nel 2023, ha approvato all’unanimità una richiesta simile nonostante i tentennamenti di parte della maggioranza in consiglio.

TIC TAC/6: disfattismo, sembra essere questo il nuovo mantra della sindaca. Accusa chi critica, chi evidenzia un problema di essere disfattista e di essere contro la città. Assolutamente, disfattista è chi denigra la città e chi finge che non ci siano problemi per poi ritrovarsi a gestire emergenze e risultati pessimi che arrivano dalle analisi dei numeri, questi sì, certi. Sembra essere di moda non accettare le critiche e il pensiero libero…”La libertà non è star sopra un albero. Non è neanche il volo di un moscone. La libertà non è uno spazio libero…La libertà è partecipazione”, scrisse l’immenso Giorgio Gaber.




La Waterloo dei servizi, Orvieto e la disfatta dei diritti di cittadinanza

Riceviamo e volentieri pubblichiamo una lettera a firma Fausto Tenerelli riguardante la sua esperienza all’Ufficio Anagrafe del Comune di Orvieto alla ex-Caserma Piave.

E’ il 5 marzo del 2024. Mi reco all’Ufficio Anagrafe del Comune di Orvieto perché ho smarrito la carta d’identità e, denuncia alla mano, devo ottenerne una nuova.  Mi affaccio sul piazzale antistante all’ex-Infermieria della ex- Caserma Piave, ora deputata a sede di servizi comunali, e sono subito colpito dalla vista delle persone in attesa: una piccola folla di cittadini aspetta il turno fuori, in piedi. E’ una giornata fredda e c’è un po’ di vento che aumenta la percezione sgradevole. Del resto, la sala d’attesa al coperto conta solo quattro sedie, rigorosamente occupate. Per fortuna non piove! Mi dico.   Prendo l’ordine di fila dalla macchinetta distributrice e mi unisco agli altri. Sono le 10,30 del mattino e ho guadagnato un numero buono per giocare a tombola: 23, dicono che porti fortuna! Su consiglio di un amico ho già con me tutti i documenti necessari per il rinnovo della carta d’identità; non ci vorrà tanto.

In realtà la fila non scorre e l’attesa si prolunga. Sono in piedi da oltre un’ora, ho freddo e comincio a sentire un dolorino alla schiena (L5-S1, il punto debole di chi arriva alla terza età!). Non mi lamento: siamo in parecchi ad attendere e, a occhio e croce, qualcuno è più anziano di me. Ma il tempo si fa interminabile. Ora so che avrei dovuto attendere più di un’altra ora prima che arrivasse il mio turno. Ho avuto tutto il tempo di annoiarmi di pensare. Alle 12,40 l’impiegato può ricevermi e assolvere con diligenza il suo lavoro. Osservo che mantiene una compostezza degna di rilievo. Sarà stata la noia dell’attesa, ma mentre giravo i fogli tra le mani per ingannare il tempo, la mente ha cominciato a giocare coi numeri: 5 marzo, è oggi … 5 aprile, passata Pasqua: nostro figlio sarà ancora con noi?… 5 maggio, sarà già primavera … 5 maggio, Cinque Maggio: la morte di Napoleone!… Sarà stata l’età, lo stress o la suggestione delle reminiscenze scolastiche, ma ho finito per indugiare in fantasie sull’agonia di Napoleone e mi è venuto automatico associare l’immagine all’evidente morte dei pubblici servizi, in questo caso servizi di ordine amministrativo. Più di 2 ore d’attesa all’aperto, in compagnia di un oscuro esercito di contribuenti, mi hanno evocato il senso della disfatta, il crollo definitivo di tutti i nostri napoleoni. “Ei fu. Siccome immobile/ Dato il mortal sospiro/ Stette la spoglia immemore/ Orba di tanto spiro …”. Ci sta: finisco a ridere per non piangere.

Ricapitoliamo:

1. l’Ufficio Anagrafe del Comune di Orvieto (servizio base, essenziale) apre al pubblico solo due giorni a settimana;

2. non è consentito prenotare appuntamenti per via telefonica; i numeri del Comune squillano tutti a vuoto, non c’è nemmeno il conforto di una risposta;

3. nei giorni addetti, si accede al servizio previa acquisizione del famoso “numeretto” dalla macchinetta distributrice, ma all’esterno non c’è schermo o altro che renda visibile il numero di chiamata raggiunto;

4. gli sportelli anagrafe aperti sono solo due, gli impiegati rispondono a funzioni diverse e se uno manca, l’altro è sommerso da un esubero di richieste.

Prendo atto che la pandemia si è trasformata in una Waterloo senza fine: dalla gestione aperta ed efficiente della fase pre-Covid, siamo precipitati in una progressiva chiusura. La fine della pandemia non ha contemplato inversioni di rotta, più razionali modalità di gestione per un accesso pieno. Al contrario, si è preferito optare per l’agonia dei servizi, condannare alla disfatta i cittadini e il diritto di cittadinanza.

Ing. Fausto Tenerelli




Le coincidenze da campagna elettorale

La parola coincidenze in campagna elettorale è fra le più utilizzate. E’ successo due volte in due giorni, quasi un record.

5 marzo, c’è il primo confronto tra candidati alla carica di sindaco sulla sanità. A poche ore dall’incontro ecco che arriva in soccorso dell’attuale sindaca la notizia che è stato assegnato l’appalto integrato sull’ex-ospedale. Un colpo di teatro non da poco visto che gran parte delle domande erano proprio sull’argomento spinoso e controverso. Ma non è finita qui.

9 marzo, è il giorno in cui Intermedia, Cogesta e Club Amici della Stampa hanno organizzato un convegno su formazione, università e opportunità di sviluppo per la città. Fra gli invitati la sindaca. E d’improvviso proprio il 6 marzo arriva la convocazione per l’8 marzo della conferenza dei capigruppo dove sono previste delle comunicazione della sindaca sul consiglio di amministrazione del Centro Studi. Già, ormai da ottobre il cda non può operare nel pieno delle funzioni perché scaduto. Proprio al convegno è stata invitata la presidente del CSCO che però ha declinato molto probabilmente proprio perché praticamente senza autonomia in quanto in carica solo per l’ordinaria amministrazione.

Due coincidenze in due giorni fanno una certezza. Probabilmente per tirare fuori dalle sabbie mobili dell’amministrazione progetti, piano annunciati serve organizzare un confronto o un convegno. Le elezioni fanno spesso miracoli, sempre, per lavori, sistemazioni stradali e autorizzazioni varie. E allora proviamo a ricordare qualche altro progetto annunciato e poi lasciato nel dimenticatoio. Torniamo all’ex-ospedale. Quando fu spiegato con grande enfasi che si era trovata la soluzione con la USL fu anche detto che la parte frontale dell’edificio veniva messa a disposizione del Comune. Poco tempo dopo la sindaca spiegava che aveva grandi progetti e lì avrebbe esplicati di lì a poco. Da allora è calato il totale silenzio. Ma ora, magari grazie anche allo sblocco dei lavori potrebbe anche venir fuori qualcosa di questi progetti, anzi “grandi progetti”.

C’è poi la questione ventennale della Caserma Piave. Sono passati Cimicchi, Mocio, Concina e Germani e tutti hanno sempre annunciato progetti, programmi, imminenti svolte. NOn ha fatto eccezione Tardani che ormai sei mesi fa, giorno più o giorno meno, ha annunciato pubblicamente di avere offerte di vario genere che avrebbe svelato di lì a poco. Non solo alla conferenza di fine anno ha spiegato che avrebbero proceduto con il cosiddetto “spacchettamento” dell’edificio per ospitare più progetti ormai in dirittura d’arrivo. Ecco la dirittura d’arrivo della consiliatura e di possibili soluzioni neanche l’ombra. Forse con l’avvicinarsi dell’annunciato incontro sulla Piave magicamente uscirà fuori una soluzione da attuare nel futuro…

Coincidenze elettorali…forse capitolo uno.




Stefano Zamagni, “la riflessione sulla politica cattolica e il rischio della diaspora etica”

Secondo l’economista Stefano Zamagni, la discussione sulla politica cattolica in Italia deve andare oltre i confini tradizionali e concentrarsi sulla distinzione tra due concezioni del potere: come “influenza” e come “potenza”. Questa riflessione emerge come risposta a una tendenza che, secondo Zamagni, si è diffusa nel mondo cattolico italiano negli ultimi trent’anni.

L’economista osserva che nel variegato panorama cattolico del Paese si è affermata l’idea che la responsabilità del mondo cattolico dovrebbe limitarsi al momento prepolitico, ovvero all’esercizio del potere come influenza, mirato a incidere sui comportamenti umani. Questo fenomeno ha generato quella che Zamagni chiama “diaspora cattolica” con conseguente “adiaforia etica”, ovvero una posizione di indifferenza etica.

“È evidente che questo sta creando problemi seri”, afferma Zamagni. L’economista respinge l’idea di un ritorno al partito cattolico o a rivisitazioni della Democrazia Cristiana, sottolineando l’importanza di un soggetto che si occupi delle grandi questioni come la guerra o l’ambiente, questioni che non possono essere affrontate solo a livello strutturale.

Nel contesto della riflessione, Zamagni richiama un passato di cui si è perso il ricordo, citando l’espressione di “strutture di peccato” usata da Papa Giovanni Paolo II. Zamagni critica il fenomeno di auto-delegittimazione che sta vivendo il mondo cattolico, paragonandolo all’essere “lievito nella pasta” o al tentativo di cambiare le istituzioni agendo solo sui comportamenti individuali.

L’economista conclude affermando che sebbene possa essere vero che il cambiamento delle istituzioni avvenga nel lunghissimo tempo, è necessario considerare e affrontare le sfide immediate e urgenti, affinché il mondo cattolico possa recuperare un ruolo significativo nella sfera politica e sociale del paese.




I cattolici a orologeria, una razza strana di politico che si ricorda della Chiesa e dei suoi valori ogni 5 anni

Arrivano le elezioni e puntualmente i cattolici vengono tirati per la giacca, a destra e a manca e anche al centro. Ma i cattolici non sono sempre meno?, Sì, sono in calo e vengono anche spesso messi in discussione. Poi avviene il ricorrente miracolo delle elezioni e ogni 5 anni tornano i cattolici a orologeria, finché “il secondo turno non ci separi”.

Dopo la fine della DC è arrivata la fusione fredda tra DS e PPI/Margherita, con i riferimenti politici che si sono dissolti e mescolati. E’ praticamente sparito dal panorama politico la parola “cristiano” e questo ha permesso a chiunque di definirsi “cattolico”. Il rinnovato parlare alla “polis” e ai cittadini da parte del Papa ha erroneamente fatto credere a qualcuno di essere erede della DC. Addirittura a livello locale abbiamo un candidato potenziale che si ritira in buon ordine facendo appello ai cattolici di votare per un candidato sindaco in particolare. E gli altri? Perché non dovrebbero essere altrettanto rappresentanti del mondo cattolico? Quali sono i titoli?

Sì i cattolici sono cittadini e fanno parte della comunità e anche il Santo Padre sprona a un impegno concreto ponendo al primo posto l’amore per il prossimo, per la vita e la pace e soprattutto il rispetto per i più deboli. E poi ancora la dignità del lavoro, la dignità degli stipendi, l’accoglienza dei migranti, il rispetto per il creato. E la politica? E’ un servizio per la comunità, disinteressato. Non poco, per niente! E siamo proprio sicuri che qualcuno riesca a rappresentare tutti i principi?

Oggi il cattolico è libero di scegliere anche in politica, finalmente, senza strutture predeterminate. E il politico cattolico non può “predicare bene e razzolare male” o accendersi solo ogni elezione per poi dimenticarsi tutto per un altro lustro. Quindi meno appelli e più esempi concreti e più libertà e attenzione al prossimo, alla natura e al rispetto della dignità del lavoro e dei lavoratori.