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Omaggio a Immanuel Kant, che da 300 anni è tra di noi

Trecento anni fa, il 22 aprile 1724, nasceva Immanuel Kant, il filosofo che più di ogni altro ha influenzato il pensiero contemporaneo, cosicché oggi possiamo dire, come ha scritto Sebastiano Maffettone, che «le sue idee e le sue teorie sono parte integrante del nostro patrimonio intellettuale».

 È Kant stesso a dirci di che cosa si è occupato nella sua vita interamente dedicata alla filosofia: «Ogni interesse della mia ragione (così lo speculativo, come il pratico) si concentra nelle tre domande seguenti: Che cosa posso sapere?; Che cosa devo fare?; Che cosa posso sperare?». Sono le nostre stesse domande. Ad esse sono dedicate le tre grandi opere del suo “criticismo” (Critica della ragion pura, Critica della ragion pratica, Critica del Giudizio), un monumento del pensiero occidentale.

Un genio del pensiero. Per comprenderne la portata basta ricordare alcune delle sue più celebri affermazioni:

«Due cose riempiono l’animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto più spesso e più a lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale in me».

«Agisci in modo da considerare l’umanità, sia nella tua persona, sia nella persona di ogni altro, sempre anche al tempo stesso come scopo e mai come semplice mezzo».

«L’illuminismo è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a sé stesso…. Sápere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! Questo dunque è il motto dell’illuminismo».

Come ha scritto ancora Sebastiano Maffettone, il concetto che può farci da guida per capire la profondità della filosofia kantiana e la ragione della sua presenza come tratto essenziale del pensiero occidentale è quello di autonomia, che riguarda sia l’aspetto teoretico che quello della morale ed «è il vero faro che illumina il percorso della modernità».

Come ha scritto a sua volta la filosofa statunitense Susan Neiman, «la sua grande scoperta è la distinzione tra il mondo come è e il mondo come dovrebbe essere». Siamo esseri dotati di libertà e perciò responsabili delle nostre azioni. Possiamo cambiare il mondo, pur essendo e necessariamente restando un «legno storto».

Io aggiungerei che senza l’uso critico della ragione, fondamento della sua filosofia, non potremo né esercitare né difendere la democrazia. Anche quando siamo delusi, possiamo sempre agire «come se …» e avvicinarci alla mèta. A questi temi e ad altri del pensiero di Immanuel Kant abbiamo dedicato la “Decade kantiana”, in analogia con la “Kant decade” tedesca, il programma di riflessioni annuali dirette agli studenti delle scuole secondarie di secondo grado che quest’anno, all’inizio di dicembre, giunge appunto al decimo e ultimo anno




La deriva del sistema Orvieto la si allontana solo con una rimodulazione delle idee e delle persone

Una volta si sono concorde con quanto scritto da Dante Freddi e altri sui social in questi giorni, antecedenti il momento elettorale, per l’argutezza dei pensieri e per aver centrato il caso Orvieto.  Solo un sussulto culturale e un nuovo senso civico di questa comunità può condurci verso il futuro e un sentiment diverso dal solito impasse che oramai ci incatena da diverse legislature.

Solo uomini e donne forti e coraggiosi possono intraprendere il cammino.  Segnali ve ne sono ma purtroppo frenati da commistione di vecchi schemi e uomini che si sono incuneati nel nuovo approfittando della distrazione dei nuovi attori, in alcuni casi per inesperienza in altri per convenienze.  La crisi dei partiti ha favorito questa commistione, cosi come l’eccessivo civismo, evidenziando un ambito di proposte sinergiche ma disarticolate, allo stesso tempo, per troppo protagonismo e retroguardia di visioni.

La riproposizione del nome, in vari slogan, Orvieto fa riscontro e simmetria con il famoso progetto Orvieto di riferimento partitico, e alcuni stralci programmatici si affiancano, se non altro per argutezza, con quello di allora. Tutto sta agli attori propositori, una volta eletti, farne realtà.  Altro ammonimento riguarda i cittadini che una volta per tutte votino non per interesse o per pancia ma per aver individuato la vera alternativa per loro e le nuove generazioni.  Il fatto di aver voluto giocare la partita elettorale dall’interno, ovvero estrapolando le candidature ancora una volta dalla città, può essere un limite ma se prevarranno le poche idee rivoluzionarie si potrà lo stesso raggiungere il risultato. La riproposizione del già visto sta nelle cose ma ad esclusione dell’aver fatto funzionare la macchina amministrativa non evidenzia quel valore aggiunto da mettere in campo per essere protagonisti.  Le elezioni dovranno essere non una occasione di cambiamento ma un cambiamento reale.  Dobbiamo riscontrare una identità, una discontinuità, e essere una eccezione d’epoca.

Spero sarà possibile e accettabile concedersi la libertà di sperare, forse di sognare il risultato, certo sta agli elettori determinarlo.




Liste d’attesa, realtà a fake news?

Ciascuno di noi ha avuto a che fare negli ultimi anni con le crescenti difficoltà della Sanità pubblica nel garantire diagnosi e cura agli italiani in tempi adeguati.

Queste difficoltà si traducono in interminabili tempi di attesa per i cittadini che, di fatto, si trovano a non potere usufruire di un servizio pubblico fondamentale, a meno che non mettano mano al portafoglio rivolgendosi alle strutture sanitarie private o intramoenia.

Mentre le Regioni si affannano per far quadrare i conti sempre più sconquassati del settore con modesti interventi, stanno sottovalutando, volutamente o no, una situazione di fatto che sta mutando radicalmente l’organizzazione, facendo arretrare i servizi forniti dal pubblico.

E’ un dato di fatto che nel territorio orvietano le prestazioni sanitarie concernenti esami strumentali e visite specialistiche siano erogate per circa l’80% da strutture private, che nel frattempo hanno avuto un rilevante sviluppo proprio per bilanciare le progressive difficoltà della Sanità pubblica.

Se consideriamo infatti che i pazienti che si rivolgono alle strutture pubbliche pagano il ticket, aspettano mesi per l’erogazione del servizio e magari devono percorrere anche più di cento chilometri per farsi visitare od eseguire l’esame strumentale, appare chiarissimo come l’offerta professionale ed economica delle strutture private in loco appaia più conveniente ed immediata.

Una situazione come quella descritta mina alla base quanto previsto dalla nuova organizzazione sanitaria, rendendo inefficace il fascicolo sanitario elettronico (strumento fondamentale per prevenzione e cura). Appare evidente a tutti che, se questo strumento – che può avere indubbi e decisivi vantaggi per la vita di tutti noi – viene adottato soltanto dalla sanità pubblica, non serve ad un bel niente perché privato dell’80% della storia del paziente.

Stando così le cose, Il dibattito sulle liste d’attesa nella sanità pubblica non ha più alcun senso, visto che i dati ufficiali che misurano le circa 70 prestazioni fornite da Ausl Umbria2, come abbiamo avuto modo di riscontrare nella nostra indagine del novembre scorso, sono inesorabilmente fermi al gennaio 2023.

Come si può gestire qualcosa che non si è in grado di misurare?

La Regione Umbria ci dica allora chiaramente quale percentuale di prestazioni vuole erogare nel territorio orvietano, ci fornisca i dati sul livello dei servizi forniti con trasparenza, dettaglio e rapidità, migliori la qualità dei suoi sistemi informativi che appare non adeguata, senza prenderci in giro con affermazioni generiche ed assertive di efficienza.

Il deterioramento nella fornitura dei servizi diagnostici e specialistici è evidente e la misura è nel portafoglio dei cittadini o nell’accresciuta rinuncia alle prestazioni da parte dei cittadini più fragili.

CHI E’ OGGI IL NOSTRO INTERLOCUTORE?

Forse dovremmo cominciare a considerare le strutture sanitarie private il nostro principale interlocutore e trattare e contrattare prestazioni e prezzi direttamente con loro.

Pensiamoci




Non usate quella “Caserma”…

Mancano sette settimane alla tanto attesa data del voto, voto che sancirà chi dovrà amministrare la città sulla rupe nel prossimo quinquennio e, come in ogni tornata elettorale che si rispetti, fioccano quotidianamente promesse e impegni a fare di tutto e di più da parte dei candidati in caso di elezione.
Una delle ultime voci messe in campo è stata quella relativa alla allocazione della caserma Piave.
Secondo questa voce la caserma sarebbe destinata a diventare una delle sedi della Scuola di Polizia.
Notizia pubblicata a titoli cubitali su tutte le testate locali e che, per tempistica e soggetto di chi l’ha messa in campo, ha fatto storcere il naso a una buona fetta dell’elettorato locale, destando dubbi e sospetti sulla sua effettiva realizzazione. Per tanti cittadini ha avuto il sapore della beffa il fatto che non si è mossa una foglia a riguardo negli ultimi cinque anni e che questa novità sia stata tirata fuori dal cilindro a sette settimane dal voto. I cittadini più arguti, e dall’intelletto abbastanza sveglio, parlano apertamente di una “trovata” elettorale tesa a “accalappiare” un po’ di voti. Infatti tutti a Orvieto sanno benissimo in quali condizioni assolutamente deficitarie, sotto ogni punto di vista, versa l’edificio che ospitava la caserma e, di conseguenza, sanno che diventa assolutamente complicato, visto gli esorbitanti costi che si dovrebbero sostenere, ricollocarla attuando una simile soluzione.
Inoltre i cittadini della rupe sanno benissimo che anche in questo settore, sempre per un discorso di contenimento e razionalizzazione della spesa pubblica, sono state chiuse in questi ultimi anni le sedi che ospitavano la Scuola di Polizia in importanti realtà cittadine come Foggia, Bolzano e Vicenza. E altre sedi sono previste in chiusura per rispettare i target imposti in questo settore dal risanamento dei conti pubblici.
Inoltre, sempre questi cittadini arguti che non si lasciano facilmente ingannare da propositi concepiti in periodo elettorale, sanno benissimo che esiste già una sede che ospita la Scuola di Polizia a Spoleto, che tanto distante da Orvieto non è. Quindi risulta più che lecito il pensare che, già dal giorno seguente la data del voto, più nessuno parlerà di Scuola di Polizia sulla rupe da allocare nella caserma Piave.




Spunti: nuovi outfit per Orvieto contemporanea

Primo cittadino o prima cittadina, sindaco biondo, moro, calvo o riccettino, giunta rossa, verde, nera o bigia… nuove soluzioni si dovranno trovare anche a Orvieto. Parliamone ora, non in funzione di questa o altre campagne elettorali, ma con chi le campagne elettorali le subisce. Viviamo un quotidiano privo di “visione”, le difficoltà non guadagnano respiro, le parole non producono senso. Richiamo alcuni punti, chissà che non diventino S-punti, piccole sollecitazioni a maturare scelte.

Spunto 1 – Efficientamento energetico.

Orvieto è città d’arte. Gli impianti fotovoltaici non appaiono compatibili col fascino della storica Rupe. Comunque sia, anche l’urbe etrusca non potrà a lungo respingere il “confronto” con le nuove tecnologie: questo matrimonio s’ha da fare. Vediamo un po’. Il parcheggio sul retro della stazione ferroviaria occupa circa un ettaro e mezzo di pianura. Se collochiamo le pensiline fotovoltaiche su appena la metà della superficie, non andiamo a consumare terreno agricolo; otterremmo di fatto una porzione di parcheggio coperto e guadagneremmo una potenza elettrica corrispondente al fabbisogno del centro storico. A Ciconia si potrebbe analogamente intervenire sui gradoni dell’ex discarica e nell’area attorno all’ospedale. A Sferracavallo, sarebbe interessante recuperare allo scopo i capannoni dismessi nella zona industriale. E ancora: i supermercati hanno un elevato fabbisogno energetico; illuminazione, celle frigorifere, congelatori, trattamento dell’aria, tutto richiede alte forniture di elettricità. Perché non emanare un bando, un invito, una qualche “ordinanza” che invogli i titolari dei centri commerciali del suburbio a realizzare impianti fotovoltaici sul tetto dell’immobile che occupano? La domanda straordinaria di approvvigionamento sarebbe soddisfatta in autonomia, nel punto stesso in cui nasce. Il panorama non ne uscirebbe ulteriormente “sfregiato”. L’espansione ai piedi del masso tufaceo risente di piani regolatori-sregolati, dagli esiti disfunzionali e disarmonici; la presenza d’impianti, distribuiti e mimetizzati, non aggiungerebbe e non toglierebbe nulla alle distonie già esistenti. Del resto, il nuovo deve sempre necessariamente integrarsi col vecchio. Come abbiamo imparato ad affiancare lo stile hi-tech agli arredi classici delle nostre case, così dovremmo imparare a valorizzare l’essenzialità di moderne strutture-impianto, inserendole in contesti compatibili. Certo non sarebbe come piazzare un parcheggio ai giardini di San Giovenale, zona medievale per eccellenza. Altri dettagli d’eccezione: alimentare i festoni natalizi con micro fotovoltaici che restituiscano di notte l’energia cumulata di giorno, sarebbe un segno di qualità, un’opzione originale ad alto gradiente simbolico e a impatto pubblicitario; convertire a Led il parco luci del centro storico, conservando la calda atmosfera dei lampioni, consentirebbe un risparmio di gestione pari a un 20- 50% della spesa attuale, con rapido rientro dei costi di allestimento.

Spunto 2 – Raccolta differenziata.

Incredibile, ma vero: l’Italia ha già raggiungo un livello di raccolta differenziata superiore a Inghilterra, Francia, Olanda e anche Danimarca. L’impegno “dal basso” di molte associazioni ha portato ben 276 comuni italiani al modello Zero Waste, Rifiuti Zero. Si tratta di una strategia-movimento civico – filosofia e stile di vita -, guidato in Italia da Rossano Ercolini, che nel 2013 ha ricevuto il Goldman Prize, una sorta di “Nobel per l’ambiente”. Rifiuti Zero significa spingere la raccolta differenziata porta a porta e, attraverso vari passaggi, affermare un diverso concetto di discarica: non più cumulo tombale di rifiuti, ma luogo di “stoccaggio provvisorio”: tutti i tipi di rifiuto potranno assumere nuova vita. Finita la storia degli inceneritori. Il modello è complesso, gli approfondimenti richiedono altri spazi. Ma è questa la via per ripulisce l’ambiente, creare nuove produzioni e ridurre le bollette. E poi ci sono i dettagli. A Orvieto, i furgoncini della raccolta percorrono, a velocità minima, tratti giornalieri inferiori ai quaranta chilometri; significa che si possono adottare mezzi elettrici che non inquinano l’aria. Inserire Orvieto tra le città virtuose significa esaltarne la cultura e lo spirito innovativo. E allora potremmo spingerci fino alla cura del dettaglio sottile. Pensiamo per un attimo all’impegno della colonna vertebrale degli operatori ecologici, costretti a una sosta ogni venti o trenta metri: devono sollevarsi dalla posizione seduta, scendere e rimontare sul mezzo un’infinità di volte. Perché non optare, collaudare e immettere sul mercato, una cabina semiaperta con sedile ergonomico girevole e adattabile alla postura eretta dell’operatore? Non sono sfizi, è il futuro possibile, tecnologia applicabile!

Spunto 3 – Spazi e verde pubblico.

L’incuria della città è sotto gli occhi di tutti: disordine, erbacce e seccume affliggono vie e aree giardino; i cestoni sono pochi e mal distribuiti, così lattine e plastiche, carta e vetro sono abbandonati a destra e a manca; graziosi sacchetti multicolore per deiezioni animali fioriscono sui muretti e davanti ai portoni … Niente di compatibile con la dignità dei cittadini, le tasse che sono chiamati a corrispondere, l’aspirazione di Orvieto a città turistica. Ci vuole immaginazione prima di subito. E’ possibile pensare d’investire in forza lavoro i proventi di tassa soggiorno e parcheggi cittadini. Si può ipotizzare una qualche associazione, cooperativa o società mista, che oltre a gestire i parcheggi si occupi ogni giorno della manutenzione di piazze e giardini.

Spunto 4 – Riqualificazione del sistema sanitario locale.

Se ne parla ogni giorno: la città è in grave apprensione per la progressiva perdita dei servizi, e ora esposta al rischio di veder trasformare l’ospedale in una struttura di facciata. Non aggiungo lamenti. Mi piace immaginare una rivolta, un colpo di coda dei cittadini, tanto utopistico quanto auspicabile. Vista la politica mortifera della Regione, l’indifferenza di fatto delle istituzioni di rappresentanza, perché non mobilitarci? Una volta tanto, tassiamoci spontaneamente per qualche mese e creiamo un fondo autonomo per il rinnovo di attrezzature e sale mediche. L’ipotesi è impopolare, ma lo scatto d’orgoglio sarebbe inequivocabile e trascinante. La notizia rimbalzerebbe sulle reti nazionali, sulla stampa e sui social. Dunque: si può sperare che la prossima amministrazione, rossa, verde, nera o bigia che sia, si faccia carico di una riscossa civile? Sarebbe difficile per qualsiasi sindaco – biondo, moro, calvo o riccettino – ritrarsi nel piccolo steccato partitico, neutralizzare l’energia mobilitata e disperdere la cospicua raccolta. Non riesco a immaginare la faccia di un primo cittadino o cittadina che se ne lavi ancora le mani, rimandando gli impegni per l’adeguamento dei servizi di tac e risonanza, il centro di rianimazione, le sale operatorie. Non credo si potrebbe continuare a nicchiare sulla realizzazione del servizio di emodinamica, deliberato da anni in Consiglio regionale per l’Ospedale di Orvieto.




La sindaca Tardani a fine mandato se le inventa di tutti i colori. Ecco perché non c’è nulla di reale sulla Scuola di Polizia alla Piave.

Chiedo scusa se abuso della pazienza dei colleghi, ma questa volta mi sento di dover chiedere la cortesia di pubblicare questo mio sfogo. E’ molto lungo, lo so. Ma a volte è opportuno che le promesse impossibili di Roberta Tardani vengano in qualche modo corrette per evitare di ammaliare gli elettori con ipotesi impossibili e false promesse unite a informazioni nascoste o “viziate”.

Non vorrei, infatti, che la proposta arrivata in queste ore sulla possibilità che ad Orvieto venga una delle scuole di polizia fosse l’ulteriore frutto di quei meccanismi di distrazione di massa che sono per Roberta Tardani ormai normali di fronte all’avvicinarsi della scadenza elettorale. Lo dico perché non riesco a capire come tutte le mirabolanti ricette per il futuro della città arrivino sul finire del suo mandato. Per questo penso che si debba avere almeno il buon gusto di non prendere in giro gli elettori.

IN UMBRIA LA SCUOLA DI POLIZIA E’ A SPOLETO

Una scuola di Polizia in Umbria già c’è. All’avanguardia, su 50mila metri quadrati che in oltre 40 anni ha formato 25.000 fra agenti, sovrintendenti e personale della polizia di Stato. E’ dotata di tutto e continua ad effettuare questi corsi. Sta a Spoleto, in Umbria.

Nel 2013 qualcuno immaginò un suo spostamento ma a dicembre del 2023 a Spoleto venne convocato un Consiglio comunale, in forma solenne alla presenza di autorità nazionali e regionali, civili e militari, per la Cerimonia di conferimento della Cittadinanza onoraria all’Istituto per Sovrintendenti della Polizia di Stato “Rolando Lanari” di Spoleto. Quella scuola aprì nel 1998. Ma pensate, questa è la ricostruzione degli anni che servirono per arrivare all’inaugurazione e si cominciò dagli anni ’80.

L’excursus storico legato alla nascita della scuola di polizia venne fatto del vicepresidente del Consiglio comunale Sergio Grifoni e del consigliere Giancarlo Cintioli, che nel corso dei rispettivi interventi in quel consiglio comunale hanno voluto ricordare la nascita dell’Istituto, ripercorrendo i passaggi politici ed istituzionali avvenuti a cavallo tra la fine degli anni ‘80 e gli anni ‘90 e che hanno avuto come protagonisti gli ex Presidenti della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro e Giorgio Napolitano (Ministri dell’Interno, rispettivamente, dal 4 agosto 1983 al 29 luglio 1987 e dal 1996 al 1998), il Ministro Antonio Gava (all’Interno dal 13 aprile 1988 al 16 ottobre 1990), l’ex sindaco di Spoleto Pietro Conti e Mons. Ottorino Pietro Alberti (Arcivescovo di Spoleto dal 1973 e, successivamente, Arcivescovo di Spoleto-Norcia tra il 1986 e il 1987).

Insomma, la scuola nacque dopo un lavoro istituzionale durato una quindicina di anni che mise insieme istituzioni locali, provinciali, regionali, nazionali, ministri e vescovi. E noi la presentiamo come una cosa che può essere certa? Degna di nota? Ma sulla base di quale ipotesi di lavoro e di quali operazioni di lobby?

Queste.

CHI VIENE AD ORVIETO IL 17 APRILE A VISITARE LA PIAVE

Il 17 di aprile verrà una delegazione ad Orvieto. Istituzionale? No. Un ministro dell’Interno? No. Un Vescovo? No. Viene un sindacato di polizia, il Coisp. E la sindaca afferma che si tratta del sindacato di polizia più rappresentativo in Italia, quasi per dire: “se dietro c’è il più grande sindacato di polizia, beh…

E’ vero? Non sembra davvero così.

E non perché lo dico io ma perché lo dice il Viminale, Dipartimento della sicurezza. Sono dati ufficiali che il Ministero definisce per assegnare la ripartizione dei permessi sindacali fino alla fine del 2024. Dati contenuti in una circolare del Ministero che vi allego.

Questa è la rappresentatività dei sindacati della polizia di stato al 31 dicembre 2022

Siulp 26.048, sul podio anche il SAP a quota 17.391 adesioni e il SIAP a 13.028. Seguono Federazione COISP MOSAP a 12.515 poi Federazione FSP-ES-LS–CONSAP- M.P. a 12.195, ed infine SILP CGIL a 8.199.

Qualcuno dice: il dato “risale al 31 dicembre del 2022”. Vero, ma è l’unico dato ufficiale. Però posso aggiungere che il Coisp sulla propria pagina istituzionale afferma che “nasce nel 1992 ed in breve tempo ha acquisito consenso e forza rappresentativa tali da essere, già dal 1994, (addirittura già due anni dopo ndr) Sindacato maggiormente rappresentativo a livello nazionale”.

Cioè, alla faccia dei dati del Viminale, dicono, nei fatti, di avere più di 46mila iscritti. Tendenzialmente io darei ragione ai dati ufficiali del Ministero dell’Interno.

IL COMUNICATO STAMPA CHE DA’ LA SCUOLA QUASI PER FATTA, ARMA DI DISTRAZIONE DI MASSA PER COLPIRE L’ELETTORATO

Ma veniamo alla boutade sulla scuola di polizia, perché questo è.

Nell’altisonante comunicato stampa che annuncia la visita si leggono argomentazioni fumose e, in rosso se permettete, io ci metto la spiega:

“Nell’ambito della ricerca di una possibile sede idonea da destinare ad una nuova Scuola di Polizia,

(la ricerca la effettua il Coisp che non mi risulta stia facendo altre ricerche in Italia o forse si ma allora significherebbe che Orvieto non è l’unica possibilità)

da sottoporre al Ministro dell’Interno, in un’ottica di condivisione e collaborazione”.

(Noi la vediamo, poi fissiamo un incontro con il Ministero – quando non si sa perché non c’è un tavolo aperto per discutere della cosa – andiamo dal funzionario che ci viene assegnato, parliamo con lui dicendo che abbiamo visto la Caserma Piave di Orvieto e che potrebbe essere la possibile sede di una Scuola di Polizia perché è grande, spaziosa e bella anche se servono almeno 50 milioni di Euro per sistemarla)

“L’iniziativa del sindacato maggiormente rappresentativo della Polizia di Stato, che ha avuto origine dal segretario nazionale del Coisp, Stefano Spagnoli,

(Il sindacato non è il più rappresentativo ma è il quarto però non lo diciamo. Però è il sindacato a cui aderisce chi è fra i candidati per le prossime elezioni ed ha preso in mano le redini di Fratelli d’Italia dopo lo strappo di Garbini e Ceci con Roberta Tardani)

è stata condivisa dalla Segreteria Nazionale, rappresentata dal segretario generale Pianese, si allaccia ad un progetto più ampio per la riqualificazione del complesso.

(Quindi non ci sarà solo la scuola di Polizia ma forse anche quei teatri di posa cinematografici di cui in passato la sindaca Tardani aveva parlato. Vuoi vedere che allora stiamo parlando delle riprese di “Scuola di polizia 7”…).

“Se la scelta, come si auspica, vista la strutturazione e l’ampiezza del sito, dovesse ricadere sull’ex Caserma Piave, già Centro Addestramento Reclute – affermano dalla Segreteria – la nuova Scuola potrebbe accogliere circa mille allievi agenti, oltre al personale della Polizia di Stato e al personale da impiegare, a vario titolo, nelle attività della Scuola”.

(che significa: se riusciamo a fissare un incontro con il Ministero, se sarà possibile fare un’altra scuola di polizia in Umbria visto che ce ne è già una all’avanguardia a Spoleto, se poi convinceremo il Ministero a venire dopo di noi ad Orvieto in delegazione per vedere la struttura, se il Ministero la giudicherà idonea, se poi individuerà le risorse necessarie – almeno 50 milioni di euro – per ristrutturare la Caserma, se la futura legge di bilancio stanzierà i fondi, se, se, se se,,,)

Insomma, questa è la realtà delle cose. Se poi, ancora una volta, gli elettori si vogliono fare buggerare dai fuochi d’artificio di fine mandato, beh. Io non so che dire.

No, anzi, una cosa la dico.


GLI UNICI VERI PROGETTI PER LA PIAVE NON SONO DEL SINDACO TARDANI MA LEI NON LI HA MAI VOLUTI VEDERE

Sulla Caserma Piave come associazione Orvieto Città Aperta, della quale ho l’onore di far parte insieme a tanti amici, abbiamo presentato un progetto che vi allego nuovamente e che sarebbe bello pubblicare in qualche modo sui portali locali:

E’ un progetto che, tra l’altro, potrebbe anche essere integrato con l’affascinante idea progettuale del MOST, approvata dal Consiglio comunale, ideata e proposta da Franco Raimondo Barbabella. Un progetto a quel punto complessivo davvero utile non solo per la rifunzionalizzazione dell’ex caserma Piave ma per la città e per l’intera area orvietana.

Quel progetto sulla Caserma Piave che abbiamo proposto per prima proprio a Roberta Tardani, ha gambe progettuali, (uno studio di ingegneria internazionale ha elaborato il progetto preliminare) ha gambe economiche (c’è un fondo disponibile a investire 80 milioni di euro), ha contenuti di gestione per la disponibilità di primarie università italiane ed estere a farne il college di riferimento in Italia.

E’ un progetto integrato perché oltre al college, le residenze per gli studenti, la mensa, le aule propone spazi per la promozione del prodotto tipico Orvietano, ha un auditorium, prevede un albergo capace di dare una risposta alla ricettività per rispondere alle esigenze del turismo congressuale legato al Palazzo dei Congressi, può contenere il Most.

Eppure quel progetto la sindaca Tardani non lo vuole, non lo ha mai preso in considerazione, ha surclassato gli incontri. Lo ha bocciato perché immaginato e perseguito da chi non la pensava come lei.

Non solo. Alla recente iniziativa “L’economia della conoscenza per il futuro di Orvieto. Quali strategie per il polo universitario e l’alta formazione” organizzata il 9 settembre scorso per iniziativa della casa editrice Intermedia Edizioni e di Cogesta Servizi Orvieto in collaborazione con il Club Amici della Stampa e del neo costituito comitato “Universitas studiorium” se ne è andata stizzita proprio perché quel progetto è stato nuovamente presentato in quella sede, ricevendo tra le altre cose consensi da parte di tutti coloro che a quel convegno hanno partecipato.

Noi di Orvieto Città Aperta ringraziamo Roberta Palazzetti e Stefano Biagioli, i due candidati presenti a quell’iniziativa, che quel progetto invece non solo lo hanno apprezzato ma lo hanno considerato degno di approfondimento per la prossima amministrazione che, io personalmente, auspico vedrà lei, Roberta Tardani sedere tra i banchi dell’opposizione.Inoltre personalmente la sfido. Da cittadino, da giornalista che deve raccontare la verità delle cose, da persona che tiene all’orvietano, da elettore di questo territorio. Se veramente ha altre idee “reali e sostanziali” e non semplici boutade sul futuro della Caserma ce le dica. Ma la prego, eviti di gettare continuamente fumo negli occhi agli Orvietani che, davvero, non se lo meritano.




Questa “crepuscolare” (mala) politica orvietana…

Era un mercoledì, esattamente mercoledì 17 ottobre 2018.  Nell’aria uggiosa e umida di quella mattinata di inizio autunno, sulla rupe già si respirava un clima pre-elettorale, anche se ancora mancavano una manciata di mesi alla conclusione della Amministrazione a guida Germani.  L’opinione corrente che andava per la maggiore tra il popolo orvietano, era che con le nuove elezioni ci sarebbe stato un cambio a trecentosessanta gradi nella guida amministrativa della cittadina sulla rupe.
In quella umida e uggiosa mattinata, la aspirante candidata maggiormente accreditata come futuro primo cittadino, sulla sua pagina facebook, poneva in bella evidenza un post che testualmente recitava: “a sette mesi dalla fine della consiliatura, dopo quattro anni di torpore, l’Amministrazione si sveglia e comincia a parlare di rifacimento di strade, illuminazione, impianti sportivi, promozione della città, valorizzazione del patrimonio pubblico e chi più ne ha più ne metta.  Persino qualche nastro è stato già tagliato in queste ultime settimane.  Io un’idea sul perché me la sono fatta…Voi?”.
Erano piaciute queste belle parole da parte della candidata sindaca, parole che esprimevano rabbia e risentimento per questa moda malsana di cancellare gli anni di inerzia e assenza amministrativa dando vita a una miriade di lavori e cantieri negli ultimi mesi di legislatura. Spargendo fumo e cenere negli occhi e nella mente dei cittadini, bombardandoli con mirabolanti promesse di milioni di euro in arrivo, incredibili finanziamenti pronti a entrare dalla finestra per costruire piccole e grandi opere, appalti già predisposti per sistemazione di vie pubbliche e rifacimento di strade, con la sempre ammaliante promessa di aver già pronto nel cassetto un validissimo piano per valorizzare al massimo il patrimonio pubblico locale, senza tralasciare la sempre attraente proposta di costruire impianti sportivi per tutti i gusti.  Qui il banale e “normale” cittadino una domanda spontanea se la porge: “ma perché tutte queste belle cose non sono state fatte nei soporiferi e “dormienti” quattro anni e mezzo di amministrazione già ”trascorsi?”
Sorvolando su questo arcano e non facilmente spiegabile (più che legittimo) dubbio,
osservando quello che sta accadendo nel territorio orvietano in questo periodo che precede la data del prossimo voto, non si può non aver contezza di quanto l’attuale primo cittadino ben abbia appreso e fatta propria quell’arte, esercitando quello stesso “mestiere” ancora di più, e meglio, dei suoi predecessori.  Manifestando pubblicamente, sotto un punto di vista politico, un pessimo esempio di onestà e coerenza intellettuale.  E un sempre non facilmente comprensibile attaccamento a quella dorata poltrona.
I nuovi candidati potrebbero mettere in pratica un saggio detto antico, “chi di spada ferisce di spada perisce”, evidenziando sulle loro pagine facebook lo stesso post, con una semplice opera di copia incolla. E il post di quel lontano mercoledì 17 luglio del 2018 risulterebbe attualissimo e “azzeccatissimo” anche oggi, cinque anni dopo.  Cambierebbe solo l’oggetto e il soggetto.  Quel post la aspirante sindaca (sarà poi effettivamente eletta), lo usava per mettere in cattiva luce quell’agire, quel modo di fare non rispettoso nè della politica nè degli elettori.
Oggi gli attuali aspiranti primi cittadini potrebbero tranquillamente imitarla, mettendo in luce la piena similitudine del comportamento del sindaco a fine legislatura di cinque anni fa con l’attuale.  Nel caso questa pratica funzionasse e venissero eletti, dovrebbero però ben ricordarsi, tra cinque anni, in prossimità della fine della propria legislatura, di non commettere lo stesso errore, di non ricorrere a loro volta a queste tecniche fumose e “distraenti” , poco rispettose dell’intelligenza e capacità critica dei cittadini e mortificanti per la politica vera, quella con la “P” maiuscola, che dovrebbe essere asservita al bene supremo del popolo e della Comunità e non alle proprie ambizioni o interessi personali.




Le lettere di ringraziamento ai medici in realtà ci segnalano una crisi profonda

Da qualche anno i giornali online hanno preso l’abitudine di pubblicare lettere di persone assistite nel nostro ospedale. Di solito si tratta di messaggi di encomio per qualche medico o per l’intero reparto in cui il paziente ha ricevuto le cure. La cosa in sé non desterebbe grande attenzione se non fosse per il fatto che ormai da diversi anni il servizio sanitario locale è al centro di controversie rimaste irrisolte.

Mentre le prestazioni e l’efficienza del servizio pubblico sono in netto calo ovunque, sul nostro territorio assistiamo alla crescita di strutture private che in ambito diagnostico sopperiscono alle lunghissime liste di attesa ed offrono visite specialistiche di buon livello, spesso non accessibili negli ospedali territoriali. Per ogni lettera di encomio che viene pubblicata con enfasi e con altrettanta enfasi viene rilanciata dai partiti che amministrano la città, vi sono centinaia di persone che rinunciano addirittura a curarsi, o a fare visite indispensabili al fine di prevenire l’insorgere di malattie anche gravi. Chi può pagare si rivolge al privato, e chi non è in grado di farlo si rassegna e soccombe.

In tutti questi anni privati cittadini ed associazioni hanno rivolto le critiche maggiori al “sistema” sanitario, e meno frequentemente si sono lamentati dell’incompetenza dei singoli operatori, spesso costretti a lavorare sottorganico ed in condizioni difficili. La voce di questi ultimi si ascolta di rado. Ecco io credo che ai medici, agli infermieri, ed a tutti gli operatori sanitari che compiono il loro dovere, farebbe più piacere poter assistere al meglio i loro pazienti, piuttosto che veder pubblicate lettere di ringraziamento.

Le lettere di ringraziamento esprimono gratitudine, certamente, ma anche la grande fragilità di pazienti che affidano le loro speranze di guarigione ai medici che li curano. In parte questo è assolutamente comprensibile, non lo è invece la strumentalizzazione che se ne fa in ambito politico, soprattutto da parte di chi vorrebbe sostenere—contro ogni evidenza—che in fondo non ci possiamo lamentare, che i sindaci non hanno poteri decisionali in materia di sanità, e che altrove le cose vanno peggio.

Per esempio, nell’ultimo incontro organizzato dalla giunta comunale a Ciconia il 3 aprile, la sindaca uscente Tardani ha ripetuto per l’ennesima volta che “i sindaci non fanno bandi di concorso, non assumono infermieri, e non gestiscono ospedali” ma devono avere la consapevolezza dei problemi che esistono e riportarli nelle sedi opportune. Mi pare poco, e francamente in queste parole sento rassegnazione mista a incompetenza. Io credo che un sindaco abbia certamente l’obbligo di rappresentare i bisogni dei cittadini, ma debba anche fare proposte concrete per migliorarne i servizi, altrimenti che ci sta a fare? La definitiva rinuncia da parte della sindaca a lottare per avere finalmente il servizio di emodinamica presso il nostro ospedale è l’emblema di questo atteggiamento remissivo. Saremo mai in grado di svolgere un ragionamento complessivo su cosa c’è da cambiare e su come farlo alla luce dei problemi reali dei pazienti invece di minimizzarli e limitarsi a dire “di più non possiamo fare”?




Un ospedale da sogno (e che esiste solo nei sogni…)

Mancano due mesi alle elezioni che sanciranno chi dovrà amministrare la cittadina sulla rupe per il prossimo quinquennio.  Consolidati i nomi di tre duellanti alla carica di primo cittadino.  Nella realtà i duellanti a primo cittadino dovevano essere quattro.
Ma in politica si sa, quello che oggi è bianco domani può essere nero.  E viceversa.
E la politica locale non sfugge questa realtà.  Il primo aspirante primo cittadino, che in pompa magna si era auto candidato anticipando tutti e sparando a zero contro la attuale amministrazione, accusandola di aver provocato solo danni e sciagure per il territorio, a un certo punto, per una ragione a tutti sconosciuta, ha annunciato, sempre in pompa magna, che ritirava la propria candidatura a primo cittadino per candidarsi proprio con la amministrazione uscente.  Una delle solite, poco edificanti e non rispettose dei cittadini, storielle di convenienze reciproche per la Santa Poltrona.  Gli antichi, sempre saggi coi loro proverbi, avevano ben ragione quando dicevano che tira più un pelino di quelle poltrone dorate che….
In questa campagna elettorale corbellerie grossolane e miranti ad “accalappiare” qualche voto in più se ne sono dette tante e ancora tane se ne diranno.  Promesse di opere con investimenti milionari, promessa di benessere e tanta ricchezza per tutti.  Il tutto in cambio di un semplice, banale voto.  Tutti ricordano il luglio di cinque anni fa, a ridosso dell’insediamento della attuale amministrazione.  In circa ottanta righe venivano enunciate tutte le cose che sarebbero state fatte.  Tutte cose belle e utili per il popolo orvietano.  Sistemazione caserma Piave. Abbattimento liste di attesa sanitarie. Impegno per casello Orvieto Nord. Impegno costante con FS per ampliamento e velocizzazione offerta ferroviaria. Costruzione della Complanare. Investimento continuo sul Sociale e Cultura.  Ovviamente non ne è stata realizzata una.  Con una eccezione.  Molti soldi sono stati spesi alla voce “Cultura”, per la “strampalata” e irrealizzabile idea di far eleggere la Città sulla rupe Capitale della Cultura.
In ordine cronologico l’ultimo avvenimento che ha lasciato interdetto il popolo orvietano è stata la visita della Presidente Regionale all’ospedale di Orvieto.  Nel corso della sua visita, che molti vista la tempistica temporale hanno definito “elettorale”, ha affermato che i reparti di Ortopedia e Ortopedia pediatrica sono un fiore all’occhiello a livello nazionale.  Ha continuato affermando che Riabilitazione offre cure riabilitative di eccellenza.
Ginecologia è un reparto imitato e invidiato da parte delle altre strutture ospedaliere, il Nido e Pediatria sono da dieci e lode, il reparto di Cardiologia è riconosciuto una eccellenza a livello europeo.  Eccellente il reparto di Medicina interna, così come Chirurgia e Oculistica.  Insomma, una struttura ospedaliera da sogno, da dieci e lode.

Non si spiega perché con la fortuna di avere una struttura sanitaria cosi all’avanguardia tanti orvietani siano costretti a costosi, e continui, viaggi verso Terni o Perugia o altrove per poter ricevere cure adeguate.  Non si capisce perché, al cospetto di una struttura cosi brillantemente organizzata e gestita, i cittadini del comprensorio orvietano debbano quotidianamente patire i danni provocati dalle umilianti, lunghissime e spesso inaccessibili liste di attesa che limitano la possibilità di prevenzione e di cura.  Non si riesce a capire il perché il personale della struttura quotidianamente si trova al cospetto di innumerevoli difficoltà nel poter garantire e offrire le prestazioni necessarie per un bacino che deve servire di oltre centomila persone, molte delle quali anziane e fragili.
Gli orvietani conoscono la professionalità e l’ottimo approccio umano con i pazienti di tutto il personale che lavora nell’ospedale e a quali sacrifici essi siano quotidianamente chiamati ad assolvere per far funzionare al meglio la struttura.  E tutti sono consci che a essi siano costantemente negate, per le tante mancanze e criticità presenti, migliori condizioni di lavoro e di crescita professionale.
Ecco perché le tante ammalianti e stonate parole della presidente Regionale sono apparse in questa occasione più uno spot elettorale che un’analisi precisa, attenta e utile a individuare le tante, per molti versi drammatiche, criticità che nel settore sanitario locale esistono.  E non sono poche o a impatto leggero per la popolazione.
In campagna elettorale, soprattutto se a essere presenti sulla scena politica ci sono (purtroppo per i cittadini) tanti politicanti e pochissimi politici, ci può stare tutto.  Ma trattare temi e realtà che investono così direttamente la salute e il benessere dei cittadini per avvicinarsi un po’ di più a quelle tanto agognate poltrone, no. Lasciatecelo gridare: questo no!




Il leviatano elettorale

Quando una maggioranza ha stabilito la sovranità di una persona chi dissente deve accettare la volontà della maggioranza fino a nuove elezioni. Dove l’interesse pubblico e quello privato sono conviventi, quello pubblico ad essere più avanzato, in quanto la prosperità pubblica non coincide con quella privata.I politici vengono istituiti con il potere dei partiti, i privati vengono costituiti dai cittadini tra loro o da autorità derivate. I responsabili e rappresentanti nel pubblico sono coloro che sono stati eletti con il voto, il dissenso è possibile con una assemblea rappresentativa sovrana. L’assenza di opposizione si esplicita attraverso impedimenti esterni o interni, l’opposizione nasce dalla necessità di esprimere la propria libertà.

Si può obbiettare il rappresentante eletto solo per questioni privatistiche.l’assemblea degli organi di governo, a cui sono affidate le decisioni, dipende dai voti di maggioranza. Lo stato di natura deve essere riportato ad uno stato di sovranità:

-nel governo di molti (democrazia) 

-nel governo di pochi (aristocrazia)

nel governo unico (monarchia)

Il sovrano deve procurare ai cittadini ciò per cui è stato eletto: sicurezza, protezione, uguaglianza, prosperità materiale, lavoro, salute. Riconducendo il tutto sul nostro status di democrazia; dobbiamo evidenziare che siamo alla soglia di dare il giudizio finale al governo in essere.Pertanto partiti, associazioni e cittadini singoli sono chiamati a esprimere giudizi e organizzarsi per programmare una alternativa. Creare le condizioni per andare avanti o fare una alternativa! Un indicatore dei numerosi appelli e prese di posizione danno la reale esigenza di un’alternativa. Sui quotidiani e network online si sovrappongono attenzione di varia natura, su sanità, pendolari, emergenze pubbliche, disagi, insomma un panorama vasto di persone insoddisfatte. Sicuramente, analizzando anche le uscite di partiti e associazioni, un humus di rinnovamento si esalta piuttosto che una riedizione del già visto.Il metodo di approccio di questo nuovo ha valenze di novità e sostegno di valori umani e professionali ma unitamente (ahimè) a riedizioni di merito e di persone già sperimentate. Comunque prevale il sostegno e il segnale del “Nuovo” che sta animano quel famoso sopito verso un rinnovamento.  Altrettanto la resistenza del retrò in cui siamo convissuti si esprime con acclamazione di azioni e di valenze programmatiche risonanti, ivi compresi il raggiungimento di risultati, emerge molto però una rappresentazione più di immagine che di risultato. Allo stato (presente) si esprime con notevoli interventi ad effetto materiali ed immateriali.

Speriamo che questo mostro marino o di drago (leviatano elettorale) venga usato e trafitto dalla buona volontà degli elettori che useranno il suo scampo per un sacrificio e la sua immagine come una tenda in cui festeggiare la rinascita.