Due terne pronte per il cda della Fondazione Faina e il consigliere Barbabella chiede di controllarne i requisiti e rispettare le regole

Alla conferenza dei capigruppo dell’8 marzo si è discusso anche di nomine, quelle per la Fondazione del Museo Faina. Dopo il presidente Andrea Solini, nominato dal Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, è la volta dei due consiglieri di pertinenza del Comune di Orvieto. Secondo lo statuto, la Commissione Amministratrice della Fondazione propone due terne all’interno delle quali, con voto segreto, i consiglieri comunali scelgono un rappresentante per ognuna. Quindi un nome sarà eletto dalla prima terna e un altro dalla seconda.
Il consigliere Franco Raimondo Barbabella, chiede di controllare l’eleggibilità di tali nomi. Il presidente Garbini propone di stampare e leggere lo statuto della Fondazione e procedere al controllo. Secondo l’articolo 8 nelle lettere e) ed f) i consiglieri della Fondazione di competenza del Consiglio Comunale devono avere la residenza nel Comune di Orvieto, una spiccata moralità, competenza artistica e rispettare i requisiti di eleggibilità a consigliere comunale.
Ad una prima lettura si capisce che è preponderante la competenza artistica, cioè la conoscenza approfondita di arte, storia, archeologia, perché alla Fondazione si discute e si decide anche di queste materie. Tra l’altro è una disposizione testamentaria e come tale deve essere rispettata.
Sembrerebbe però che non tutti possiedano tale competenza. Il condizionale è d’obbligo perché i nomi dei componenti le due terne non sono stati fatti. Chissà perché? Eppure rappresentano il Comune, quindi la collettività.
Sembrerebbe poi che vi sia un’altra incompatibilità, perché una delle persone proposte è già membro di un altro organo della Fondazione Faina. Sembrerebbe perché per sapere i nomi bisognerà attendere la prossima riunione del consiglio comunale e se così fosse non sarebbe proprio una bella partenza per il presidente neo nominato.
E non sono questioni di lana caprina. Avere consiglieri competenti in materia e correttamente inseriti nella governance dell’ente significa presentarsi con un alto profilo professionale verso l’esterno e con una organizzazione conforme alle regole, cosa che sembra, a tratti e quando conviene, non interessare o passare in secondo piano.




Al Museo “Claudio Faina” dal 21 gennaio alle 17 in mostra le opere di Aurora Cela e Michele Bernardini

Lo spazio espositivo del Museo “Claudio Faina” – intitolato alla pittrice Giuseppina Anselmi Faina – ospita, subito dopo la mostra Oriente Occidente. Omaggio a Pier Paolo Pasolini con opere di Salvatore Ravo, l’esposizione Sperimentazioni curata dal prof. Stefano Ugolini (sino al 19 febbraio). Lungo il percorso espositivo si potranno osservare opere realizzate da Aurora Cela e Michele Bernardini. La ricerca di quest’ultimo, con laurea in Nuove Tecnologie dell’Arte conseguita presso l’Accademia di Belle Arti di Carrara, fonde una riflessione sulla natura dell’immagine contemporanea e una sperimentazione che unisce le tecniche tradizionali alle nuove tecnologie.
L’immagine è intesa come un materiale fluido in grado di migrare attraverso vari dispositivi e supporti sia digitali che analogici. Il percorso di Aurora Cela ha ugualmente, al centro dei suoi interessi, l’immagine e la sua funzione nel mondo contemporaneo. Un’attenzione che scaturisce da una conoscenza dell’arte antica, moderna e contemporanea e della filosofia e della letteratura del Novecento. Entrambi hanno partecipato già con loro opere a mostre allestite a Firenze, Perugia, Orvieto e Sarzana.
La cerimonia d’inaugurazione è prevista per sabato 21 gennaio, alle ore 17.00.




Il 19 e il 26 novembre il cinema racconta l’archeologia al Museo etrusco Faina

L’archeologia si presta bene a raccontare storie, miti, personaggi epici e a fornire ambientazioni di particolare suggestione. Il cinema, di conseguenza, con le sue esigenze spettacolari, narrative, emozionali ha guardato spesso nella nostra storia più remota. Il legame tra archeologia e cinema è affascinante e ne parlerà Valentino Saccà, giornalista e critico cinematografico, in due incontri che si terranno presso la Saletta delle Conferenze del Museo Etrusco “Claudio Faina”. I due incontri sono previsti per sabato 19 e sabato 26 novembre, con inizio alle 16,30. Per la partecipazione è necessaria la prenotazione (0763/341511, o all’indirizzo E-Mail: biglietteria@museofaina.it), sino a un massimo di 35 persone.

Nel primo dei due incontri il relatore prenderà in esame la presenza dell’archeologia nella storia del cinema, mentre nel secondo approfondirà la figura dell’archeologo e quale spazio è stato dato alla civiltà etrusca. Un percorso tematico originale e intrigante per coniugare la disciplina scientifica dell’archeologia al linguaggio audiovisivo della settima arte.




L’esordio della collana Letture Fainiane con “Una storia di brigantaggio” il 23 settembre all’Auditorium della Fondazione CRO

Una storia di brigantaggio. Il rapimento e l’uccisione del conte Claudio Faina è il titolo del primo numero di una nuova collana editoriale, denominata Letture Fainiane, e promossa della Fondazione per il Museo “Claudio Faina”. L’agile volume, corredato da un ricco e curato apparato di immagini, verrà presentato venerdì 23 settembre 2022, ad Orvieto, presso l’Auditorium “Gioacchino Messina” della Fondazione Cassa di Risparmio (Palazzo Coelli, Piazza Febei), alle 17.30. All’iniziativa
interverranno Daniele Di Loreto, Presidente della Fondazione per il Museo “Claudio Faina” e i due autori Giuseppe M. Della Fina e Luca Montecchi.
Nelle pagine del libro si ripercorre un episodio di brigantaggio del 1874, che ebbe un risalto notevole nel territorio orvietano per l’esito tragico e per le figure che vide coinvolte: un esponente di spicco di
un’importante e nobile famiglia umbra e il brigante David Biscarini. Quest’ultimo, nato a Marsciano, in seguito costituì una banda con Domenico Tiburzi, destinato a divenire uno dei briganti più noti della Maremma. La vicenda viene narrata gettando uno sguardo attento sulla società dei decenni centrali dell’Ottocento e sulle dinamiche che la caratterizzavano e, al contempo, esaminando la personalità dei protagonisti principali del tragico avvenimento.
L’iniziativa si svolge in collaborazione con l’UniTre Orvieto.




Pinturicchio a Orvieto, una storia molto particolare, anzi quasi un “giallo”

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Il quadro esposto, anzi, no l’affresco, perché in origine questo era il “Bambin Gesù delle Mani” di Pinturicchio, emoziona. Rapisce lo sguardo prima di riuscire a scattare un foto o a leggere la storia complessa, piena di intrighi e affascinante. Un solo quadro che racchiude tutto Pinturicchio, il suo stile, e si porta dietro il suo carico di storia, come quelle mani che “appaiono” intorno al Bambin Gesù o quell’oro che, andando a studiare, arriva direttamente dalle Caravelle di Colombo tornate dalle Americhe nel 1492.

L’audio della presentazione non è dei migliori per alcuni problemi tecnici ma è comunque molto interessante ascoltare il racconto di Andrea Margaritelli, presidente della Fondazione Guglielmo Giordano e di Franco Ivan Nucciarelli, docente all’Università di Perugia ma soprattutto colui che ha ricostruito il “giallo” dell’affresco diventato quadro per noi profani.




Pinturicchio “torna” a Orvieto Al Museo Faina con il “Bambin Gesù delle Mani” e la sua storia molto particolare

Dopo 500 anni dalla sua partenza, Bernardino di Betto detto Pinturicchio fa ritorno a Orvieto attraverso il capolavoro del “Bambin Gesù delle Mani” che dà il titolo alla mostra che verrà aperta al pubblico domani – Sabato 4 Dicembre 2021 – al Museo Etrusco “Claudio Faina”.La mostra, resa possibile dalla collaborazione fra la Fondazione Claudio Faina, Fondazione Guglielmo Giordano (proprietaria dell’opera) e il Comune di Orvieto, si protrarrà fino al 9 Gennaio 2022. L’opera “Bambin Gesù delle Mani” è protagonista di una storia incredibile. Infatti, il frammento smurato in mostra è parte di un affresco che raffigura Papa Alessandro VI Borgia che tiene i piedi del Bambin Gesù tenuto in grembo dalla Madonna che, secondo le ricostruzioni, avrebbe il volto di Giulia Farnese, considerata l’amante del Papa. Un dipinto che testimonierebbe l’origine del potere dei Farnese e dell’ascesa al soglio pontificio del fratello di Giulia, Alessandro, divenuto Papa Paolo III e profondamente legato alla città di Orvieto.

I Farnese e Orvieto. La famiglia Farnese fu una delle più influenti famiglie del rinascimento Italiano; tra i suoi membri più importanti si annovera appunto Papa Paolo III, un ritratto del quale, con apposta didascalia che ricorda le origini Orvietane della famiglia Farnese, è custodito dallo stesso Comune di Orvieto. Il primo personaggio della famiglia Farnese di cui si hanno notizie storiche è un certo Pietro, che fu console di Orvieto nel 984.A partire dal 1492, in molti fanno risalire l’origine del potere della famiglia Farnese alla relazione tra il Papa Alessandro VI Borgia e Giulia Farnese, a seguito della quale, il fratello della stessa divenne cardinale ed in seguito fu nominato Papa, Paolo III. Nel 1492 Bernardino di Betto detto Pinturicchio, incaricato di lavorare al Duomo di Orvieto, fu convocato a Roma da Papa Alessandro VI per affrescare i suoi appartamenti, e fu costretto a lasciare Orvieto senza aver compiuto il lavoro. Della relazione tra Alessandro VI e Giulia Farnese sussistevano molte e ricorrenti voci, ma a darne testimonianza fu il Vasari che parlando di Pinturicchio scrisse “Nel medesimo palazzo gli fece dipingere Alessandro Sesto tutte le stanze dove abitava, e tutta la Torre Borgia… In detto palazzo ritrasse, sopra la porta d’una camera, la signora Giulia Farnese nel volto d’una Nostra Donna; e nel medesimo quadro la testa di esso papa Alessandro che l’adora”. L’opera descritta dal Vasari rappresenta uno dei casi più intriganti e avvincenti della storia dell’arte Italiana e nessuno, oggi, entrando negli appartamenti Borgia può ammirarne la bellezza poiché l’opera venne asportata e sezionata nel 1655 per volere di papa Alessandro VII, al secolo Fabio Chigi, il quale volle cancellarne ogni traccia. Il frammento centrale di questa incredibile opera raffigurante il “Bambin Gesù delle Mani” è custodito dalla Fondazione Guglielmo Giordano e oggi, dopo 500 anni dalla sua partenza, si può affermare che il Pinturicchio torna a Orvieto attraverso il suo capolavoro. La mostra, infatti, vuole essere un omaggio alla città di Orvieto per essere stata privata dell’opera di Pinturicchio che, convocato a Roma da Alessandro VI, dovette abbandonare la fabbrica del Duomo per dedicarsi agli appartamenti Borgia._________________

L’evento espositivo allestito al primo piano del Museo Etrusco “Claudio Faina dove vengono presentati il “Bambin Gesù delle Mani”e dei frame didattici, è stato presentato, in un’anteprima riservata alla stampa, questo pomeriggio presso il Museo Faina, dal Sindaco e Assessore alla Cultura Comune di Orvieto, Roberta Tardani, dal Presidente della Fondazione “Claudio Faina”, Daniele Di Loreto, dal Presidente Fondazione Guglielmo Giordano Andrea Margaritelli e dal Prof. Franco Ivan Nucciarelli dell’Università di Perugia e membro del comitato scientifico della Fondazione Guglielmo Giordano.“Conclusa l’Avventura affascinante di un quadro, quello di Dante ne iniziamo un’altra – ha esordito Daniele Di Loreto, Presidente della Fondazione ‘Claudio Faina’ sottolineando l’importanza del “binomio cultura ed economia” perché “la cultura rappresenta uno strumento di sviluppo industriale e di crescita della collettività. Partnership e committenza, creano valore. Sono grato al Presidente della Fondazione Guglielmo Giordano, Andrea Margaritelli per questa importante collaborazione. Con questa mostra di prestigio valorizziamo ulteriormente il nostro piccolo exhibition center affacciato sulla Grande Bellezza della Cattedrale di Orvieto”.“Nella Sala Unità d’Italia del Comune di Orvieto c’è un affresco che raffigura Papa Paolo III con una didascalia che ricorda le origini Orvietane della famiglia Farnese – ha detto il Sindaco, Roberta Tardani – la mostra è nata da un incontro fortunato con Emanuele Ferlicca e insieme abbiamo scoperto che c’è una storia e un legame affascinante fra la storia della nostra città e quella dell’affresco. Ho chiesto di vederlo e quando mi sono recata alla Fondazione Giordano me ne sono subito innamorata. E’ un’opera che suscita emozione di qui il desiderio di condividerla con la città. Così ho subito coinvolto la Fondazione Faina partner privilegiato. Il Comune di Orvieto è orgoglioso di partecipare alla realizzazione di questo evento importante per l’arte italiana e per la storia della nostra città che si riscopre e si rinnova ogni giorno” ha aggiunto. “La storia del Pinturicchio a Orvieto nel cantiere della fabbrica del Duomo e del suo allontanamento per lavorare agli appartamenti dei Borgia è davvero singolare come pure le peripezie del destino avuto dall’opera ‘Bambin Gesù delle Mani’ che miracolosamente direi è arrivato ai giorni nostri. Restituire al pubblico, proprio a Natale, la possibilità di ammirare quest’opera è qualcosa che sicuramente lascerà un segno in questa città e credo in ciascuno di noi. La mostra costituisce quindi un arricchimento culturale importante per noi tutti e per gli estimatori dell’arte”. “Come Comune – ha concluso – abbiamo sostenuto sin da subito e con entusiasmo questo progetto a cui hanno lavorato la Fondazione per il Museo Claudio Faina e la Fondazione Guglielmo Giordano, che ringrazio, consci che si tratta di una ulteriore occasione di valorizzazione della storia e del patrimonio culturale del nostro Paese che sicuramente cela ancora tante meraviglie da scoprire, anche solo come narrazione. Tutto questo è linfa per la conoscenza dei luoghi in cui abbiamo il privilegio di vivere ed è un patrimonio notevole che, come istituzioni, siamo impegnati a valorizzare”. Dopo aver ringraziato il Presidente della Fondazione Faina e il Sindaco “per le parole autentiche” e ricambiando di cuore l’accoglienza, Andrea Margaritelli Presidente Fondazione Guglielmo Giordano ha rivelato che “la scintilla è scoccata di fronte a una città così bella. Palazzo Faina ha il privilegio di affacciarsi sul Duomo e la mostra è un momento per fruire della bellezza che gratifica chi la vede ed è un ulteriore incentivo ad investire nella cultura”. Parlando dell’opera, Margaritelli ha detto che “la storia di questo affresco è quasi un giallo rinascimentale. Una storia vera e documentata che mostra il legame tra Orvieto e la famiglia Farnese. Il Duomo ospita anche Pinturicchio nel 1492, anno che è stato spartiacque tra Medioevo e modernità. In quel periodo vede la luce l’opera del Bambin Gesù delle Mani quando Papa Borgia chiama il pittore ad affrescare le sue stanze private a Roma. L’oro dell’aureola del Bambino, secondo gli storici dell’arte, è quello portato da Colombo dall’America e l’iconografia della Madonna una delle figure più splendide del Rinascimento”. Il Prof. Franco Ivan Nucciarelli membro del comitato scientifico della Fondazione Guglielmo Giordano ha ripercorso la storia della famiglia Farnese evidenziando i legami delle truppe orvietane che, uscirono dalla provincia per affacciarsi su Roma. “Il dominio temporale dei papi – ha detto – comincia con la donazione di Sutri. La Chiesa era di fatto una monarchia assoluta ma non aveva una continuità dinastica. Per assicurarsela si crea una potentissima nobiltà che assicura alla chiesa quella continuità. Una nobiltà nera che si accorge del potere di scorporare stati e create un principato autonomo. I Farnese sono una delle famiglie di capitàni delle truppe orvietane che escono dalla provincia per affacciarsi su Roma. Oltre all’entrata nel clan della nobiltà pontificia, tutto ruota intorno alla figura di ‘Giulia la bella” che sposa Orsino Orsini. Principessa 17enne divenne amante di Alessandro VI Borgia divenuto Cardinale a 25 anni. Il Ducato dei Farnese finisce con Unità d’Italia ma le tracce proseguono tanto che nello stemma della dinastia dei Borbone sono presenti i gigli farnesiani. Non esistono ritratti ufficiali di Giulia Farnese, ma ricorrono molte immagini di dame con l’unicorno, animale che, secondo le credenze dell’epoca, può essere domato solo da una donna illibata, a insistere quindi sulla purezza di Giulia. La Madonna che nell’affresco teneva in grembo il Bambino è considerata una delle figure più belle del Rinascimento. Resta l’interrogativo se il volto della Madonna sia quello di Giulia Farnese”.

IL BAMBIN GESU’ DELLE MANI. Un inedito capolavoro del Pinturicchio svela affascinanti brani di storia rinascimentale (Fonte: Fondazione Guglielmo Giordano

Dal 2004, attraverso l’organizzazione di mostre ed eventi in tutto il mondo, la Fondazione Guglielmo Giordano promuove la conoscenza del dipinto “Bambin Gesù delle Mani” del Pinturicchio, proveniente da un affresco delle stanze vaticane poi scomparso.  La parte più preziosa dell’intera composizione – il Bambino Gesù benedicente – rientrata in Umbria dopo oltre cinque secoli e acquisita dal Gruppo Margaritelli, è stata affidata alla Fondazione affinché ne curi lo studio e la divulgazione. Quasi tutte le opere d’arte del passato, se studiate con cura nel contesto originario, sono di grande aiuto alla comprensione di alcuni dettagli della storia che spesso sfuggono alle grandi analisi, perché riposti oppure volutamente occultati. Se si volessero osservare le vicende di cui fu testimone sul palcoscenico della Storia l’affresco vaticano del Pinturicchio raffigurante la Madonna con il Bambino e papa Alessandro VI Borgia orante, ci troveremmo vorticosamente trasportati in piena epoca rinascimentale – precisamente negli anni immediatamente successivi al fatidico 1492 – e circondati da personaggi di indiscutibile fascino. Tra questi spiccherebbero alcune grandi figure e precisamente Alessandro VI Borgia, uno dei più discussi pontefici dell’intero percorso della Chiesa; Giulia Farnese, emblema della bellezza rinascimentale, malignamente soprannominata “sponsa Christi” per le sue note frequentazioni con il papa; Bernardino di Betto detto il Pinturicchio, artefice dell’opera in questione e pittore attivo alla Corte vaticana sotto ben cinque papi. Cardine di tutta la vicenda è dunque un affresco, di cui, attraverso i secoli, solo rare ma significative voci restituiscono la memoria. Prima fra tutte quella di Giorgio Vasari che nelle Vite, a proposito degli impegni vaticani del Pinturicchio, ricorda: “ritrasse sopra la porta di una camera [degli Appartamenti Borgia in Vaticano] la signora Giulia Farnese per il volto di una Nostra Donna e, nel medesimo quadro la testa d’esso papa Alessandro che l’adora”. Tale era la carica trasgressiva di una simile affermazione che la testimonianza di Vasari circa l’esistenza dell’affresco – indebolita peraltro dall’oggettiva mancanza di elementi di riscontro – fu per secoli ritenuta impossibile a credersi ovvero considerata frutto di confusione con altra scena, se non semplice ripetizione di popolari maldicenze riferite a papa Borgia.

Oggi si sa invece che la testimonianza di Vasari, oltre a non risultare isolata, conta su inoppugnabili supporti documentari. Come dimostra la cronaca cinquecentesca di Stefano Infessura, e soprattutto il carteggio intrattenuto ai primi del Seicento dal duca di Mantova Francesco IV Gonzaga con il suo legato a Roma, attraverso cui si viene a conoscenza di un gustoso e singolarissimo episodio. Francesco Gonzaga, avuta notizia dell’esistenza dello scandaloso dipinto nel quale, secondo tradizione, Giulia Farnese – favorita di papa Borgia – appariva accanto a lui ritratta nelle sembianze di una Vergine Maria, trovò la cosa irresistibile occasione di scherno verso la famiglia Farnese e dunque incaricò immediatamente il pittore mantovano Pietro Facchetti di realizzarne una copia. L’intento, per nulla celato, del duca di Mantova era quello di screditare il nome dei Farnese, tramandando alla storia il ruolo, non propriamente protocollare, avuto da Giulia all’interno della corte vaticana e in particolare i grandi benefìci che tale situazione aveva apportato alla famiglia tutta. E’ infatti risaputo che fu proprio grazie all’intercessione di Giulia che suo fratello Alessandro potè essere nominato cardinale, per divenire poi memorabile papa con il nome di Paolo III. Da qui l’inizio dell’inarrestabile ascesa e affermazione del casato presso le più importanti corti europee. Il Facchetti, introdottosi quindi con uno stratagemma negli appartamenti vaticani – la cronaca ricorda per l’appunto come riuscì a corrompere un guardarobiere offrendogli “un paio di calze di seta” – si fece “svelare” il dipinto – prudentemente coperto con un “tafetà” inchiodato – e riuscì a riprodurlo in una tela, destinato a rimanere prima e unica testimonianza per i posteri dell’imbarazzante scena. Corre frattanto il tempo e si giunge al 1655, anno in cui sale al soglio pontificio Fabio Chigi assumendo il titolo di Alessandro VII. Questi è il primo pontefice che ha l’ardire di recuperare il nome già utilizzato in precedenza dal tanto discusso papa Borgia, ma proprio per questo tale atto si accompagna anche alla sua strenua determinazione a far scomparire, per quanto possibile, ogni ricordo di Alessandro VI e delle sue scelleratezze. Una delle prime vittime illustri di tale damnatio memoriae sarà proprio l’affresco “blasfemo” degli appartamenti Borgia, che, per suo volere, viene distaccato e frammentato, affinché nulla si tramandi. Il severo censore raggiunse sicuramente il suo scopo, dal momento che nei secoli successivi dell’affresco non si ebbe più notizia. Ma anche i segreti meglio custoditi sono soggetti all’imprevedibile volere del caso.

Nel novembre del 1940, la principessa Eleonora Chigi Albani della Rovere e suo figlio Giovanni Incisa della Rocchetta, appassionato storico dell’arte, invitati a visitare il palazzo di una famiglia patrizia mantovana, improvvisamente si trovano di fronte alla favoleggiata tela di Facchetti. Solo grazie all’irripetibile coincidenza di aver riunite in una sola persona memoria storica familiare e specifiche competenze artistiche, Giovanni Incisa della Rocchetta si ritrova improvvisamente in mano le chiavi per risolvere questo intricato giallo storico. Ai suoi occhi appare finalmente chiaro che i due dipinti raffiguranti un Gesù bambino benedicente e un volto di Madonna – da secoli in possesso della sua famiglia, ma di provenienza mai individuata – sono proprio le parti superstiti del leggendario affresco realizzato dal Pinturicchio per le stanze vaticane: la stessa scena segnalata, senza essere creduti, da Vasari ed altre fonti antiche! In seguito i due capolavori rimangono ancora per molti anni nella collezione Chigi, poi – è storia dei giorni nostri – ecco l’improvvisa comparsa del Bambin Gesù delle mani sul circuito antiquario internazionale e, da qui, il passaggio al nuovo curatore, lo stesso che oggi ha inteso far riscrivere per intero, e dunque offrire al pubblico, la storia del più misterioso capolavoro del Pinturicchio.

La mostra “Il Bambin Gesù delle Mani” si potrà visitare presso il “Museo Claudio Faina” di Orvieto con i seguenti orari di apertura al pubblico: dalle ore 09:30 alle 18:00 ad esclusione del Martedì.




“Diavolerie” del pittore Giuliano Baglioni, al Museo Faina il 6 novembre

Nell’ambito della mostra Il vero volto di Dante Alighieri. L’avventura di un quadro, aperta sino a domenica 14 novembre al Museo “Claudio Faina” di Orvieto, i visitatori potranno apprezzare nei prossimi giorni anche l’opera realizzata, in tecnica mista su tavola, dal pittore Giuliano Baglioni che si è ispirato al canto V dell’Inferno della Divina Commedia.

L’opera, realizzata in questo anno in occasione dei settecento anni dalla morte di Dante Alighieri, verrà presentata nell’evento dal titolo “Diavolerie”, che si svolgerà negli spazi del Museo “Claudio Faina” nel pomeriggio di sabato 6 novembre 2021: primo turno ore 17; secondo turno ore 17:30. Una vera performance artistica che suggerisce un approccio originale e suggestivo alla lettura di un quadro mediante voci, brani musicali e luci. Partecipano l’autore Giuliano Baglioni, il critico Aldo Lo Presti e l’attrice Nadia Tiezzi. L’accesso è gratuito, ma è necessaria la prenotazione (0763-341511 o 328-4742390) e il green pass.




“Dante barbuto” e non solo, Orvieto celebra i 700 anni della morte del Sommo Poeta

Nell’anno delle celebrazioni dei 700 anni dalla morte del Sommo Poeta, Dante Alighieri, nelle sale del Museo “Claudio Faina” è stata inaugurata la mostra “Il vero volto di Dante Alighieri – L’avventura di un quadro” che rimarrà aperta fino al 14 novembre 2021. L’esposizione organizzata dal Comune di Orvieto e dalla Fondazione per il Museo “Claudio Faina” ruota intorno al singolare dipinto raffigurante Dante Alighieri

Dante barbuto, il quadro esposto al Museo Faina

Con la barba, conservato da decenni nell’ufficio del sindaco della città e che è stato oggetto di un intervento di ripulitura ad opera di Chiara Munzi e Giuseppe Ammendola di Keorestauro. L’opera, di un autore ignoto, probabilmente realizzato alla fine del ‘500 nell’ambiente dei fratelli Zuccari, costituisce la fedele descrizione che del Sommo Poeta fa il suo primo biografo, Giovanni Boccaccio, nel Trattatello in laude di Dante scritto tra il 1351 e il 1355 («Il suo volto fu lungo, e il naso aquilino, e gli occhi anzi grossi che piccioli, le mascelle grandi, e dal labro di sotto era quel di sopra avanzato; e il colore era bruno, e i capelli e la barba spessi, neri e crespi, e sempre nella faccia malinconico e pensoso»).
Il quadroraffigura Dante Alighieri in maniera completamente diversa dall’iconografia ufficiale e rappresenta pertanto una rarità. Dante, infatti, viene immortalato con la barba solo in miniature presenti in alcune versioni illustrate della Divina Commedia mentre altre due immagini che lo ritraggono con pizzetto e baffi sono state rintracciate in un disegno di Tito Lessi (1858-1917) e nel “Ritratto di Dante” del pittore russo Il’jaRepin (1844-1930) esposto al Kostroma State Historical-Architectural and Art Museum. In mostra anche il dipinto di Francesco Petrarca attribuito alla stessa.

Statua di Bonifacio VIII

Mano del Dante, una versione del 1927 del “Trattatello di Boccaccio” e la cartolina tratta dal dipinto di Tito Lessi, entrambi provenienti dalla collezione privata di Aldo Lo Presti, e due statue di Papa Bonifacio VIII realizzate nel 1297 per essere posizionate sulle porte di ingresso alla città. Il pontefice, citato con parole durissime nella “Divina Commedia”, ebbe infatti un’influenza considerevole nella vita politica della città di Orvieto. Inoltre, per gentile concessione della Bonelli Editore, sono esposte anche la copertina e le tavole del racconto a fumetti “PapeSatànAleppe!”, inserito nello speciale n. 38 di Martin Mystère dell’agosto 2021, che s’ispirano al Dante con la barba di Orvieto. La visita alla mostra è possibile negli orari di apertura del museo (9.30-18.00, ultimo ingresso 17.30) e sarà compresa nel biglietto di ingresso del Museo Etrusco e Civico “Claudio Faina” (4,50 euro intero, 3 euro ridotto) mentre sarà gratuita per i residenti del Comune di Orvieto esibendo un documento d’identità alla biglietteria. Nei due mesi di svolgimento della mostra saranno organizzate una serie di iniziative collaterali, coordinate dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Orvieto, nell’ambito delle manifestazioni per celebrare i 700 anni dalla morte di Dante Alighieri. La società cooperativa Sistema Museo, in sinergia con l’Associazione delle Guide turistiche dell’Umbria, promuoverà la visita guidata tematica “Sulle tracce di Dante Alighieri a Orvieto” incentrate sulla figura di Dante e le connessioni con la città. Partendo dal Museo Faina, sede della mostra, si ripercorrerà il Viaggio del Sommo Poeta. E’ infatti possibile trovare un ponte con la Divina Commedia attraverso la visita dei principali attrattori turistici di Orvieto, come la Torre delMoro, il Duomo e il Pozzo di San Patrizio. Oltre alla mostra si visiterà dunque il Duomo di Orvieto, con un focus particolare alla Cappella di San Brizio, dove oltre ad essere presente un’altra immagine di Dante Alighieri si trova la massima espressione nella descrizione dell’Inferno e del Paradiso attraverso i dipinti di Luca Signorelli. Il tour proseguirà parlando delle nobili famiglie orvietane dei Monaldeschi e dei Filippeschi e della loro rivalità per la supremazia cittadina che vennero citate nel VI Canto del Purgatorio e i cui versi vennero riportati in una iscrizione presente su un lato della Torre del Moro. In conclusione la visita al Pozzo di San Patrizio che, secondo la tradizione, viene associato alla caverna di un isola del lago Lough Derg in Irlanda, custodita da San Patrizio, da dove si poteva accedere al Purgatorio. Le visite guidate (25 settembre – 3 e 30 ottobre – 6 e 14 novembre) saranno su prenotazione per piccoli gruppi o a data fissa (minimo 2) per individuali e famiglie. La durata del tour sarà di 2 ore e 30 minuti al costo di 20 euro a persona (compresi gli ingressi), gratuito sotto i 6 anni. Sabato 23 ottobre, alle ore 17, presso la Sala Digipass della Nuova Biblioteca Pubblica “L. Fumi” di Orvieto, si terrà invece l’iniziativa organizzata dall’Unitre di Orvieto “San Tommaso – Giotto – Arnolfo Di Cambio – Dante. Come cambiò il modo di comunicare” a cura dell’architetto Raffaele Davanzo. Tra le iniziative in programma anche “Dante, il poeta del Finimondo”, il video del giornalista e conduttore tv Guido Barlozzetti prodotto dalla Fondazione Centro Studi “Città di Orvieto” con la regia di Giovanni Bufalini e gli ex allievi del corso Filmaker Factory, e la produzione musicale-culturale a cura della Scuola comunale di musica “Adriano Casasole” che unirà due celebrazioni importanti quella dei 100 anni dalla morte di Luigi Mancinelli e quella dai 700 di Dante. Il legame sarà l’opera lirica Paolo e Francesca scritta dallo stesso Mancinelli per i versi di Arturo Colautti e riferita al V Canto dell’inferno della Divina Commedia.




Il gran finale per “LOV100” il 18 e 19 settembre, la due giorni dedicata a Livio Orazio Valentini

Sono gli ultimi giorni per “LivioOrazioValentini100”, la mostra diffusa interamente dedicata al grande artista orvietano nel centenario della nascita. L’esposizione dislocata a Palazzo Coelli, sede della Fondazione CRO, Museo dell’Opera del Duomo, Museo Faina e Palazzo Negroni, sede del CSCO, è stata inaugurata lo scorso 19 giugno permettendo ai visitatori di ammirare le 150 opere in location espositive di grande rilievo e con interessanti contaminazioni tra moderno e classico. Alle opere in esposizione vanno poi aggiunte quelle presenti in città tutte censite nella monografia “Livio Orazio Valentini 100. Opere 1045-2004: figurativo-informale-postquaternario” curata da Massimo Duranti e Andrea Baffoni, il primo vero catalogo completo con circa 200 opere tra dipinti, ceramiche, sculture e opere seriali.
 
La mostra chiuderà ufficialmente il 19 settembre ma ci sono ancora due grandi appuntamenti per chi ancora non ha visitato l’esposizione.
Per sabato 18 settembre, alla vigilia della chiusura ufficiale del progetto avviato sul finire del 2019 dall’Associazione Livio Orazio Valentini, “Livio Orazio Valentini 100. Finissage e non…“.  Appuntamento alle 10 al monumento granatieri di Piazza Cahen per una visita itinerante nel centro storico, nei luoghi di Livio Orazio Valentini, “Orvieto Narrante. Livio Oravio Valentini: un secolo di storie” curata dal Touring Club Italiano del territorio di Orvieto. Alle 17,30 ci si sposta al MODO per “Riflessioni su arte pubblica, città d’arte e turismo”, introducono Laura Cicognolo, presidente FIDAPA BPW Orvieto, e Silvia Valentini, presidente dell’Associazione Valentini. Tra gli interventi Alessandro Bosi, docente all’Università di Parma, Mino Lorusso, giornalista e scrittore, Alessandra Cannistrà, curatrice del MODO. A condurre l’incontro sarà il giornalista e scrittore orvietano Guido Barlozzetti.

Per tutte le informazioni e le prenotazioni obbligatorie 348.2250432 – assliviooraziovalentini@gmail.com

 




Il Dante barbuto in mostra al Museo Faina dal 14 settembre al 14 novembre

Si terrà dal 14 settembre al 14 novembre 2021, al Museo “Claudio Faina” in piazza Duomo a Orvieto, la mostra “Il vero volto di Dante Alighieri – L’avventura di un quadro”. 
Al centro dell’esposizione il singolare dipinto di un autore ignoto, da almeno sessant’anni custodito nell’ufficio del Sindaco di Orvieto, che raffigura Dante Alighieri con la barba, una fedele descrizione che del Sommo Poeta fa il suo primo biografo, Giovanni Boccaccio, nel Trattatello in laude di Dante scritto tra il 1351 e il 1355 («Il suo volto fu lungo, e il naso aquilino, e gli occhi anzi grossi che piccioli, le mascelle grandi, e dal labro di sotto era quel di sopra avanzato; e il colore era bruno, e i capelli e la barba spessi, neri e crespi, e sempre nella faccia malinconico e pensoso»). L’iniziativa, organizzata dal Comune di Orvieto e dalla Fondazione per il Museo“Claudio Faina”, aprirà i battenti il 14 settembre, data della morte di Dante Alighieri di cui quest’anno si celebra il settecentesimo anniversario.

Il quadro, probabilmente realizzato nei decenni finali del Cinquecento, lo raffigura in maniera completamente diversa dall’iconografia ufficiale e rappresenta una rarità. Dante viene immortalato con la barba solo in miniature presenti in alcune versioni illustrate della Divina Commedia mentre altre due immagini che lo ritraggono con pizzetto e baffi sono state rintracciate in un disegno di Tito Lessi (1858-1917) e nel “Ritratto di Dante” del pittore russo Il’jaRepin (1844-1930) esposto al Kostroma State Historical-Architectural and Art Museum“Il primo accenno al quadro –  ha spiegato il curatore della mostra, Giuseppe Maria Della Fina – si trova in un articolo de L’Osservatore Romano del 22 novembre 1967 a firma di V. Presicci, recuperato e valorizzato di recente da Aldo Lo Presti. L’inquadramento cronologico e stilistico si deve allo storico dell’arte Michele Maccherini. Di certo la barba sul volto di Dante è autentica e non è stata aggiunta successivamente come hanno confermato le analisi effettuate dai restauratori del Consorzio Pragma, Valentina Romé, Davide Rigaglia e Massimiliano Massera. Il quadro, insieme ad altri – ha aggiunto – arrivò probabilmente in Comune nel 1927 trasferito dopo la soppressione della Sottoprefettura di Orvieto che a sua volta aveva acquisito opere d’arte provenienti almeno da due antiche nobili famiglie orvietane: Pandolfi Alberici e Gualterio. In mostra, insieme al quadro di Dante, interessato da un intervento di ripulitura ad opera di Chiara Munzi e Giuseppe Ammendola di Keorestauro, ci saranno anche un dipinto di Petrarca attribuito allo stessa mano del Dante, una versione del 1927 del ‘Trattatello di Boccaccio’ e la cartolina tratta dal dipinto di Tito Lessi, entrambi provenienti dalla collezione privata di Aldo Lo Presti, e due statue di Papa Bonifacio VIII realizzate nel 1297 per essere posizionate sulle porte di ingresso alla città. Il pontefice, citato con parole durissime nella ‘Divina Commedia’, ebbe infatti un’influenza considerevole nella vita politica di Orvieto. Per gentile concessione della Bonelli Editore, inoltre, saranno esposte anche la copertina e le tavole del racconto a fumetti ‘PapeSatànAleppe!’, inserito nello speciale n. 38 di Martin Mystère dell’agosto 2021, che s’ispirano  al Dante con la barba di Orvieto”.
“Il ritratto del Dante con la barba di Orvieto
 – ha sottolineato Michele Maccherini, storico dell’arte dell’Università degli Studi de L’Aquila – si presenta come un unicum e sembra essere ispirato dal frontespizio della ‘Comedia’ di Francesco Sansovino uscita a Venezia nel 1564 di cui si ebbero due riedizioni nel 1578 e nel 1596. La data del dipinto deve quindi essere successiva ad una delle tre edizioni del volume. Sempre nella stanza del Sindaco di Orvieto, accanto al ritratto di Dante con la barba e frutto di uno stesso progetto intellettuale e anche dello stesso pennello, si trova un ritratto di Petrarca. Quest’ultimo consente di formulare almeno un’ipotesi sul contesto artistico in cui venne creato. Una certa vivezza del ritratto, certe sottolineature epidermiche, la rotondità delle forme, una sorta di morbidezza neoraffaellesca, il tutto ancorato all’universo della maniera moderna, sembra indicare soluzioni nate nell’ambito dei fratelli Zuccari”. 
“Riscoprire
 – ha detto il sindaco di Orvieto e Assessore alla Cultura, Roberta Tardani – significa mostrare nuovo interesse verso qualcosa di dimenticato o scarsamente valorizzato e questo abbiamo fatto, osservando con uno sguardo diverso e con curiosità quello che avevamo avuto sempre sotto agli occhi. Ma determinante è stato poi il lavoro della Fondazione per il Museo ‘Claudio Faina’ e del presidente Daniele Di Loreto nell’andare a cercare se quella raffigurazione del Sommo Poeta, così distante dall’iconografia ufficiale, fosse in realtà diffusa o, al contrario, unica. Oggi si cercano storie e quel dipinto ne racconta una. La storia di un pittore che, con ogni probabilità negli ultimi decenni del Cinquecento, ha voluto dare vita alle parole con cui nientemeno che Boccaccio aveva descritto Dante Alighieri. In quel momento, magari inconsapevolmente, l’autore del nostro quadro ha scattato un’istantanea unica e oggi, sicuramente, inedita. Ma questo è solo la premessa del racconto perché il Dante con la barba non ci consente solo di ‘riscoprire’, ma anche di andare a rileggere un pezzo della storia della città. Quella dei capolavori di Luca Signorelli che dipinge la Cappella di San Brizio lasciando una delle raffigurazioni più iconiche del Sommo Poeta, quella del pozzo di San Patrizio così legato al concetto del Purgatorio dantesco narrato nella Divina Commedia, lo stesso dove Dante ‘incontra’ le nobili famiglie orvietane dei Monaldeschi e Filippeschi. Una lunga e bellissima storia, la nostra, che non dovremmo mai stancarci di guardare con occhi sempre diversi e curiosi”.
“Questa mostra nasce per caso
 – ha affermato il presidente della Fondazione per il Museo “Claudio Faina”, Daniele Di Loreto – dalla diversa curiosità con cui abbiamo osservato quel quadro nello studio del Sindaco che avevamo visto chissà quante altre volte senza mai coglierne l’aspetto più singolare, una rarità iconografica che ci era sempre sfuggita. Una mostra che nasce per caso ma con una grande passione per la cultura, questa non casuale, senza la quale nulla si potrebbe realizzare”. 
La mostra “Il vero volto di Dante Alighieri sarà compresa nel biglietto di ingresso del Museo Etrusco e Civico “Claudio Faina” (4,50 euro intero, 3 euro ridotto) mentre sarà gratuita per i residenti del Comune di Orvieto esibendo un documento d’identità alla biglietteria. Il catalogo della mostra, edito da Intermedia Edizioni, è a cura di Giuseppe M. Della Fina con testi di Aldo Lo Presti, Michele Maccherini, Francesco Federico Mancini e Teresa Nocita. 

Per informazioni www.comune.orvieto.tr.it – www.museofaina.it