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Patrizia Ceprini è stata confermata alla guida della sezione di Orvieto di Confindustria fino al 2024

Patrizia Ceprini, amministratore delegato di Ceprini Costruzioni, è stata confermata alla guida della Sezione Territoriale di Orvieto di Confindustria Umbria per il biennio 2022-2024. L’Assemblea, che si è riunita nella sede della Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto, ha inoltre eletto il Vicepresidente Michele Basili, di C.I.S.E. Costruzioni Idrauliche Stradali Edili, e rinnovato il consiglio direttivo.

Nel ringraziare l’Assemblea per la sua conferma, la Presidente Ceprini ha ripercorso l’attività svolta nell’ultimo biennio, caratterizzato dalle difficoltà causate dalla pandemia ma anche dal consolidamento di un percorso di maggiore conoscenza tra le imprese della Sezione e dal confronto costante con le istituzioni.  “In questi due anni – ha ricordato Patrizia Ceprini – le nostre aziende si sono trovate ad affrontare problematiche inedite, legate prima all’emergenza sanitaria poi all’aumento progressivo ed eccezionale dei costi delle materie, del gas, dell’energia, ma abbiamo sempre cercato di fare squadra, per rispondere alle esigenze delle imprese e della nostra comunità. Con questo spirito affronteremo le complesse sfide che ci attendono e continueremo ad impegnarci per potenziare sinergie che ci permettano di creare opportunità di sviluppo per il territorio”.    Centrale il confronto con la pubblica amministrazione: “abbiamo avuto – ha sottolineato la presidente Ceprini – numerose occasioni di dialogo con le istituzioni, sia locali che regionali, in merito a questioni legate alle infrastrutture, a tematiche economico-finanziarie con particolare riferimento all’impiego delle risorse del Pnrr e al rilancio turistico. Il nostro obiettivo è mettere a frutto le sinergie create sia in ambito istituzionale che territoriale, per favorire la crescita delle nostre aziende e lo sviluppo delle filiere produttive”.  Tra i temi portanti del prossimo mandato c’è anche quello della formazione: “le nostre imprese – ha evidenziato Patrizia Ceprini – hanno sempre più bisogno di personale qualificato. Lavoreremo quindi in questa direzione, rafforzando la collaborazione con gli istituti scolastici del territorio e promuovendo tra gli studenti le opportunità dei percorsi professionalizzanti di ITS Umbria, nell’ottica di rispondere alle esigenze delle aziende e contribuire al futuro professionale dei giovani”.

Alla parte pubblica dell’Assemblea sono intervenute l’assessore regionale a Programmazione europea, Bilancio, Turismo e Cultura Paola Agabiti, che ha affrontato il tema degli investimenti e delle politiche di sviluppo che la Regione intende portare avanti per il rilancio e la crescita del territorio, e il sindaco di Orvieto Roberta Tardani.

L’Assemblea ha eletto anche i componenti del Consiglio Direttivo della Sezione di Orvieto, che sarà formato da:  Roberto Biagioli, Gruppo Biagioli; Emanuele Stefano Carbonelli, Cassa di Risparmio di Orvieto; Sabrina Ceprini, Altarocca Wine Resort – Italy Lodge; Luciano Ciotti, Ciotti Luciano; Massimo Corneli, Corneli; Dominga Cotarella, Famiglia Cotarella; Riccardo Cristofari, Hotel Orvieto – Quattroluglio; Leonardo Fortinelli, Opificio della Seta; Andrea Giontella, Termopetroli; Francesco Lanzi, La Romana Farine; Fulvia Lazzarotto, Welcare Industries; Davide Mira, Mira Orvieto;  Raffaele Rook, Basalto La Spicca.




CNA Umbria, “imprese e crisi, tra strategie difensive e tutela del personale”

“In attesa di nuove misure urgenti di breve e lungo periodo da parte dello Stato per fronteggiare i rincari energetici e delle materie prime, le micro e piccole imprese dell’Umbria stringono i denti e adottano strategie difensive, ma senza ridurre posti di lavoro.”

A dichiararlo è Michele Carloni, presidente regionale della CNA, nell’introdurre la prima ricerca realizzata dall’Osservatorio economico messo in piedi dall’associazione, che ha indagato l’andamento e le previsioni della micro e piccola impresa dell’Umbria. La ricerca è stata illustrata alla stampa alla presenza dell’assessore regionale allo sviluppo economico, Michele Fioroni, e commentata da Luca Ferrucci, professore ordinario di economia e gestione delle imprese all’università degli studi di Perugia.

L’indagine sul campo ha coinvolto un campione di 1.200 imprese.

“Il campione intervistato – interviene il direttore regionale della CNA, Roberto Giannangeli – corrisponde al 4,5% delle 27mila micro e piccole imprese artigianali e industriali che operano in Umbria in 14 diversi settori produttivi, riconducili ai tre macro-comparti della manifattura, delle costruzioni e dei servizi. Nella composizione del campione abbiamo anche tenuto conto di 12 sistemi locali di lavoro che abbiamo individuato sulla base della nostra esperienza quotidiana. Rispetto alle dimensioni, oltre il 67% delle imprese intervistate ha meno di 10 addetti, mentre il restante 33% ne conta da 10 a 49. Quello che è emerso dalle risposte su quali siano i principali problemi che affliggono le imprese era abbastanza prevedibile: innanzitutto i forti aumenti delle materie prime e il caro energia, che ha visto schizzare gli importi delle bollette di luce e gas. Ma oltre il 30% delle imprese lamenta anche grosse difficoltà nell’approvvigionamento dei materiali. Permangono, inoltre, i problemi nel reperimento di manodopera specializzata, mentre si stanno allungando i tempi di pagamento da parte dei clienti, senza contare i problemi legati alla cessione dei crediti sui bonus edilizi. Nonostante ciò è ancora bassa la percentuale di chi denuncia difficoltà nell’accesso al credito, segno che il sistema bancario in questo frangente sta supportando anche le micro e piccole imprese. Per quanto riguarda le strategie messe in atto dalle imprese per fronteggiare la crisi – continua Giannangeli – ci sono innanzitutto l’aumento dei prezzi di vendita di prodotti e servizi, la riduzione delle voci di costo non essenziali, l’intensificazione della ricerca di nuovi clienti e il rinvio di investimenti già programmati. E questo, forse, è uno dei dati più allarmanti. Solo una parte del campione s’è detta in grado di confermare le risorse destinate allo sviluppo di nuovi prodotti e servizi. Il 33% delle imprese è intenzionato a investire in macchinari e energie rinnovabili, anche se con tempistiche diverse rispetto a quelle programmate. Il sondaggio ha anche evidenziato che, nonostante le difficoltà della situazione, oltre il 90% delle imprese prevede un fatturato stabile o in crescita anche nel secondo semestre 2022, sebbene la percentuale di chi prevedeva un rialzo sia diminuita rispetto all’inizio dell’anno, contro l’11% del campione che prevede un calo. Andando a guardare le previsioni per il 2023, il 47% degli intervistati si aspetta una crescita, il 25% prevede fatturati stabili, mentre la percentuale di chi prevede un calo sale al 28%: da qui la necessità di introdurre subito misure che aiutino le imprese a far fronte alle difficoltà di questo periodo.”

Un dato interessante emerso dall’indagine è quello relativo all’occupazione.

“Da evidenziare – sottolinea Giannangeli – che, nonostante la crisi, solo il 4% delle imprese prevede di dover licenziare il personale nei prossimi sei mesi, a dimostrazione che per gli imprenditori le risorse umane rappresentano un elemento strategico. Anzi, il 27% degli intervistati prevede nuove assunzioni. Le figure più ricercate sono gli operai specializzati e quelli generici, mentre è ancora bassa la ricerca di esperti in tecnologie digitali. Oltre il 30% delle imprese ha inoltre intenzione di organizzare corsi di formazione e aggiornamento tecnico per il personale.”

Per quanto riguarda le richieste al governo che uscirà dalle elezioni del 25 settembre, le imprese chiedono innanzitutto la riduzione dei costi energetici e dei carburanti per non essere costretti al blocco dell’attività; ma chiedono anche un taglio del cuneo fiscale sul lavoro, perché sono consapevoli delle difficoltà crescenti dei propri dipendenti a tenere testa ai costi delle bollette e dei generi alimentari con un’inflazione al 10%, ma impossibilitati a concedere aumenti visto l’elevato costo del lavoro. Dalle imprese arriva anche la richiesta di abbassare la tassazione perché, al di là delle promesse elettorali, se non si procederà a una revisione sostanziale della spesa pubblica improduttiva sarà impossibile una riduzione fiscale viste le emergenze che il paese sta affrontando, dalla pandemia non ancora finita all’emergenza energetica. Un’ulteriore richiesta riguarda l’adozione di politiche ad hoc per la micro impresa, a cui ricollegare una rivisitazione del Pnrr e del Superbonus. Con l’ultimo decreto Aiuti è stata imboccata la strada giusta, ma probabilmente saranno necessari interventi anche dal nuovo governo per far sì che le banche sblocchino l’acquisto massivo dei crediti oggi nelle mani di imprese e famiglie. Infine, le imprese chiedono la cancellazione o una riforma sostanziale del reddito di cittadinanza, che viene visto come il principale responsabile della difficoltà di trovare manodopera, mentre sono ancora pochi gli imprenditori che abbiano coscienza degli effetti derivanti dal calo demografico costante che affligge l’Umbria.”

“Il dato più significativo, che tuttavia non mi stupisce, è che le imprese, nonostante le difficoltà che stanno affrontando dimostrano la tenacia di fare impresa, confermano gli investimenti, nella consapevolezza che sono l’unico modo per restare competitive – ha affermato l’assessore Michele Fioroni -. La risoluzione dei problemi che ci troviamo di fronte, a cominciare dalla questione energetica o da quella fiscale, dipendono in gran parte da decisioni nazionali o europee. Per quello che è di nostra competenza, posso assicurare che le prime risorse della nuova programmazione dei fondi europei che la Regione avrà a disposizione le impiegherà per misure che incentivino fortemente l’autoproduzione di energia da parte delle imprese.”

“Quello che emerge da questa ricerca – ha commentato il prof. Ferrucci – è che le imprese non chiedono un mondo di sussidi ma un mondo di opportunità; non un mondo di «assenza» delle policies ma di policies «incentivanti», e non un mondo oberato dal fisco ma un mondo maggiormente equo.”

“Proprio partendo dalle esigenze delle imprese – interviene Michele Carloni – abbiamo organizzato un’assemblea che si svolgerà la mattina di sabato 17/09 al centro congressi dell’hotel Quattrotorri di Perugia, alla quale abbiamo invitato i candidati dei quattro principali schieramenti alle elezioni politiche. Nel corso dell’incontro porremo i quesiti che stanno a cuore al sistema produttivo e avanzeremo alcune proposte. Il titolo dell’incontro è “L’Italia ce la farà?” e la risposta è sicuramente sì. Perché le imprese non vogliono mollare e sono disposte a rimboccarsi le maniche, ma senza aiuti non ce la faranno. Oggi più che mai ci serve il sostegno di una politica con la P maiuscola e di uno Stato in grado di agire velocemente”, conclude il presidente regionale della CNA.




Laura Dimiziani, CNA, “allarme superbonus, nel ternano sono almeno 125 le imprese a rischio fallimento”

Il blocco della cessione del credito e di conseguenza lo stop al Superbonus sta facendo sentire i propri effetti anche nella provincia di Terni. In base all’indagine condotta dalla CNA nazionale delle oltre 33.000 imprese italiane a rischio fallimento almeno 125 sono ternane.

“Nel nostro territorio – afferma Laura Dimiziani – sarebbero devastanti gli effetti negativi oltre che sul sistema delle imprese, già messo a dura prova negli anni passati, anche sul fronte occupazionale con oltre 700 posti di lavoro a rischio. In questo momento le imprese più in difficoltà – continua Dimiziani – sono quelle che hanno rilasciato ai propri clienti e committenti lo sconto in fattura per tutti i lavori eseguiti in riferimento al superbonus e a tutti gli altri bonus edilizi.”

Le imprese hanno i cassetti fiscali pieni di crediti maturati a seguito dei lavori svolti ma purtroppo le tasche vuote per l’impossibilità, sopraggiunta improvvisamente di cedere il credito alle banche e alle Poste Italiane che fino a pochi giorni fa sono stati i principali interlocutori ai quali si sono rivolte le imprese per la cessione. Ora le banche hanno comunicato ufficialmente la loro indisponibilità ad acquisire nuovi crediti e stanno rallentando le acquisizioni dei crediti già concordati tra la fine del 2021 ed i primi mesi del 2022, L’ENEA annuncia che sono terminate le risorse disponibili per il 2022 e le imprese, che rappresentano l’anello debole della catena, rischiano di fallire perché hanno creduto e scommesso su un’opportunità prevista dalle norme statali. Non si possono far fallire tutte imprese che hanno scommesso sulla ripresa, realizzato investimenti importanti e assunto nuovo personale.

Pertanto come CNA stiamo chiedendo un intervento urgente del governo che abbia come obiettivo principale quello di riattivare la cessione del credito almeno per tutti i lavori già avviati e per quelli per i quali sono stati già rilasciati i permessi a costruire. Poi dovranno essere affrontate, per evitare l’insorgere di contenziosi tra i committenti, i tecnici e le imprese, tutte quelle situazioni per le quali sono già stati stipulati contratti d’appalto o realizzati progetti di fattibilità. Solo successivamente magari in sede di discussione della nuova legge di bilancio si potrà ragionare sul futuro rispetto al quale, una volta messe in sicurezza tutte le imprese, siamo disponibili ad un ampio confronto.

Nell’immediato per la nostra associazione le migliori soluzioni potrebbero essere rappresentate dalla possibilità di trasformare i crediti d’imposta in BTP direttamente acquisibili anche dalle imprese, oppure di allungare le tempistiche entro le quali gli intermediari finanziari possono usufruire delle detrazioni portandoli da cinque a dieci anni ampliando così i loro plafond disponibili permettendo di fatto il riavvio della cessione del credito. Quello che è certo è che la cessione del credito nei prossimi mesi costerà molto di più sia ai committenti privati che alle imprese; d’altronde l’inflazione galoppante, l’incremento degli spread e gli annunci della BCE già stanno provocando l’innalzamento dei tassi d’interesse per tutte le tipologie di finanziamento. Ad oggi le nostre continue sollecitazioni a livello nazionale e regionale hanno indotto il Senato della Repubblica ad adottare un atto di indirizzo che impegna il Governo a trovare una soluzione accettabile per tutte le parti in causa a partire dalle imprese e dalle banche, ma il tempo non è una variabile indipendente per cui è necessario fare presto. Da ultimo, ma non per ordine d’importanza, è opportuno un occhio di riguardo soprattutto nei confronti dei cittadini, a partire da quelli meno abbienti, che credendo nelle leggi dello Stato italiano si sono avventurati nella riqualificazione delle proprie abitazioni, senza avere le necessarie risorse finanziarie personali e tantomeno capienza reddituale per portare i crediti in detrazione.

Bene la lotta alle frodi – conclude Dimiziani – ma da parte del governo ora servono tutele per i più deboli: le imprese ed i cittadini, anche quelli ternani.




Antonio Rossetti, CTS, “tanto risparmio ma pochi investimenti così le imprese orvietane soffrono, quali soluzioni?”

In un Rapporto appena uscito l’impresa sociale Cittadinanza Territorio Sviluppo prende in esame l’economia del territorio orvietano attraverso l’analisi congiunta di più studi. In particolare si fa riferimento, nel documento appena pubblicato, al Bollettino socio-economico 2019 del CSCO, all’Analisi dei depositi bancari dell’Umbria a cura di Mediacom043 e al recente Osservatorio permanente delle prime 20 imprese di capitali dell’Area interna Sud-ovest Orvietano proprio a cura di Cittadinanza Territorio e Sviluppo. I dati analizzati restituiscono un’ipertrofia dei depositi bancari tipica dell’orvietano e un livello del credito bancario alle imprese molto più basso ad Orvieto rispetto al dato umbro. Nel nostro territorio per ogni euro di deposito bancario solo 0,75 centesimi si trasformano in prestiti contro 0,95 della media umbra.

Un dato preoccupante che rappresenta un’ulteriore spia di allarme rispetto all’andamento economico stagnante del nostro territorio. 

Abbiamo così voluto rivolgere qualche domanda in più al curatore del rapporto, Antonio Rossetti, presidente del Comitato Scientifico di Cittadinanza Territorio Sviluppo.

Presidente Rossetti in soldoni cosa sta accadendo alle imprese del nostro territorio?

I dati ci restituiscono una situazione di stasi dei prestiti bancari consolidata da diversi anni. Tutto ciò in particolare nell’orvietano. Nonostante la mole dei depositi bancari ad Orvieto sia importante, il livello dei finanziamenti effettivamente erogati è molto inferiore al credito potenzialmente erogabile. In un sistema bancocentrico, ovvero dove le banche costituiscono con gli affidamenti il principale canale di finanziamento degli investimenti delle imprese, questa stasi del credito è uno dei fattori che inducono un peggioramento della redditività delle aziende orvietane.

Quindi mi sta dicendo che l’alta propensione al risparmio degli orvietani sta minando la salute del nostro sistema imprenditoriale?

Il risparmio delle famiglie finito nei depositi ha determinato nel tessuto produttivo minori flussi di cassa gestionali, così le imprese per finanziare i loro piani di sviluppo avrebbero avuto necessità di un maggiore  ricorso ai fidi bancari. Nel medio periodo, visto il basso livello di credito bancario del territorio, le nostre imprese hanno di fatto dovuto ridurre i loro piani di espansione. In generale quando il risparmio acquista depositi e non vi sia un parallelo incremento dei prestiti, vi è un ridimensionamento dei piani industriali, con meno investimenti fissi e più rimanenze di magazzino indotte dalle minori vendite. E’ quello che sta accadendo ad Orvieto, un eccesso di risparmio.

Eccesso di risparmio significa così crollo degli investimenti produttivi?

Proprio così. Aggiungerei che se non si vuole che anche l’aggiornamento del capitale produttivo già impiantato declini, bisogna necessariamente fare in modo che all’aumento dei depositi corrisponda un aumento degli impieghi bancari verso le imprese del territorio.

Quali sono le cause di tutto ciò?

Mi permetta un’espressione poco tecnica ma che rende bene l’idea, c’è uno “sciupio” di risparmio. Ovviamente, come sempre in economia, vi è pluralità di fattori. In primo luogo, la stasi demografica e la distribuzione del reddito concentrata sulle fasce più alte sono entrambi elementi importanti che certamente determinano questa situazione. In secondo luogo, non va trascurata però la contenuta dimensione delle imprese e anche la natura “familiare” di molte aziende del territorio, fattori che incidono sensibilmente sulla redditività e la crescita delle imprese orvietane.

Le imprese dell’orvietano sono molto più a rischio di altre?

Dall’ultimo Osservatorio permanente sulle prime 20 imprese di capitali elaborato dal CTS, anche escludendo il caso Vetrya, emerge che nel 2019 il MOL (margine operativo lordo) rapportato al fatturato è stato, per le imprese di Orvieto, poco al di sopra del 5% e il MOL per addetto si è attestato attorno ai 20mila euro. Le imprese fuori dal comune di Orvieto si sono attestate rispettivamente all’8,6% e attorno ai 56 mila euro per addetto. In conclusione, vi sono molte cause che determinano una contenuta redditività delle imprese, ma molte di esse sono evidentemente correlate al deficit d’investimento.

Perchè secondo lei vi è nel nostro territorio questa mancata crescita del credito alle imprese da parte delle banche?

Il fatto che il credito effettivo rimanga molto al di sotto rispetto a quello potenziale, garantito dall’alto livello dei depositi, può dipendere sia dalla domanda che dall’offerta di affidamenti. Probabilmente la spiegazione sta in un mix tra domanda e offerta, per cui la contenuta redditività aziendale corrente induce, se proiettata nel futuro, aspettative non ottimistiche aumentando così il rischio d’insolvenza percepito dalle banche. Allo stesso modo gli imprenditori possono sviluppare una visione pessimistica sull’andamento del futuro e procrastinare così i loro piani di sviluppo.

Quali le soluzioni perseguibili e in che tempi?

Le linee d’intervento, sono riassumibili secondo tre approcci: in primo luogo, il miglioramento tecnologico, in secondo luogo un cambiamento organizzativo, in terzo luogo una rivisitazione del ruolo funzionale dell’imprese dell’orvietano all’interno della «catena del valore», con la finalità di svolgere, in luogo delle attuali, quelle fasi del ciclo di produzione a più alto valore aggiunto. Da ultimo, un cambiamento nelle relazioni tra imprese (integrazione, deverticalizzazione, partnership, accordi di rete) e nei mercati del lavoro (un nuovo “modo di produzione” maggiormente volto al digitale e sfruttando anche le nuove possibilità dello smart working). Occorre innovazione! Il che richiede tempo, pianificazione e investimenti. Per questi ultimi vi sarebbe già lo stock di risparmio accumulato, investito in depositi e pertanto trasformabile in impieghi, in cerca di idee innovative.

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