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Approvata mozione in Regione per la riattivazione delle sezioni distaccate dopo quella per il Tribunale di Orvieto

Soddisfazione per l’approvazione unanime della mozione da parte del Consiglio regionale dell’Umbria a sostegno della riattivazione delle sezioni distaccate del Tribunale nelle città di Assisi, Città di Castello, Foligno, Gubbio e Todi.
E’ quella che esprimono i Sindaci Stefania Proietti, Luca Secondi, Stefano Zuccherini, Filippo Stirati e Antonino Ruggiano per la presa di posizione compatta del massimo consesso regionale a favore del ripristino degli uffici giudiziari di prossimità soppressi dalla riforma del 2012 del Governo Monti.
“La revisione del sistema organizzativo attuale – sottolineano in una nota i Sindaci – diventa ora una richiesta non di singoli territori ma una rivendicazione dell’intera comunità umbra, avvalorando l’azione congiunta intrapresa nei mesi scorsi dai cinque Comuni”.
Una battaglia di civiltà quella di Assisi, Città di Castello, Foligno, Gubbio e Todi che si integra, ovviamente, a quella per la riattivazione del tribunale di Orvieto e che ricompone un quadro in grado di tenere conto dell’estensione e delle caratteristiche dell’Umbria”.
“Il passaggio ulteriore, già in atto – scrivono i primi cittadini delle città interessate – è quello di perorare le giuste ragioni di un’amministrazione della giustizia di prossimità a livello parlamentare e di governo affinchè la riforma delineata nel decreto legislativo accolga le nostre legittime richieste”.
I Sindaci Stefania Proietti, Luca Secondi, Stefano Zuccherini, Filippo Stirati e Antonino Ruggiano, a settembre, hanno avanzato richiesta di audizione alla Commissione Giustizia del Senato ed indirizzato una missiva anche al Capo dello Stato, ai Presidenti di Camera e Senato, e al Consiglio Superiore della Magistratura.




A capo della Procura di Terni come facente funzione al posto di Liguori, arriva il sostituto PG Claudio Cicchella

Lo scorso 12 gennaio il plenum del CSM aveva deciso di non confermare Alberto Liguori alla guida della Procura della Repubblica di Terni. Il 19 gennaio il Consiglio Giudiziario dell’Umbria ha votato all’unanimità la proposta del PRG presso la Corte d’Appello di Perugia, Segio Sottani, per l’applicazione del sostituto PG Claudio Cicchella come facente funzione alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Terni. La nomina è operativa dal 20 gennaio. Claudio Cicchella ha lavorato come Sostituto presso la Procura della Repubblica di Perugia sino al settembre 2017 per poi trasferirsi alla Procura Generale di Perugia, dove è stato facente funzioni dal settembre 2020 al maggio 2021.

La “mancanza” in capo alla Procura è stata quindi molto breve. Il plenum ha deciso di rinnovare l’incarico a Liguori con 11 voti favorevoli e 9 contrari e aveva come “sponsor” anche lo stesso ministro Nordio, Il CSM ha però deciso diversamente e Liguori alla fine ha dovuto pagare il conto per le chat risalenti al 2017 tra lo stesso giudice e l’allora presidente dell’ANM, Luca Palamara e in particolare per alcuni messaggi che riguardavano un particolare incarico alla sezione penale del tribunale di Cosenza.




“Informazione negata nella Provincia di Terni”, lettera di protesta di Odg e Asu al Procuratore Liguori

Fare informazione è sempre più difficile fra tutele, leggi, regolamenti e silenzi assordanti di chi conosce, di chi sa istituzionalmente e non perché ha visto qualcosa dal “buco della serratura”. Per i giornalisti anche la più piccola notizia di cronaca è un ostacolo quasi insormontabile così ci troviamo quasi del tutto ingessati per non incorrere, poi, in sanzioni, denunce o più semplicemente in errori che potrebbero anche colpire l’intimo di qualcuno. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la notizia delle donna rinvenuta senza vita nella propria abitazione di Osarella. Servivano poche informazioni, quelle classiche come l’età, le ipotesi, nulla di più. Niente da fare. Questo episodio, l’ultimo di una lunghissima serie, ha spinto l’Ordine dei Giornalisti dell’Umbria e il consiglio direttivo dell’Associazione Stampa Umbra a scrivere una lettera di vibrante protesta al Procuratore della Repubblica del Tribunale di Terni .

Egregio Procuratore,

Odg Umbria e Asu esprimono sconcerto e indignazione per la carenza informativa, relativa a fatti di cronaca, che si registra da mesi sul territorio ternano.
L’episodio di ieri, riguardante una donna morta a Orvieto in dinamiche tuttora misteriose e in cui non si configura in alcun modo la ‘presunzione d’innocenza’, è solo la punta dell’iceberg di una lunga serie di fatti di cronaca le cui circostanze sono state negate alla stampa e con essa all’opinione pubblica. 
Nonostante le sollecitazioni e i confronti che da tempo si susseguono, dobbiamo purtroppo prendere atto di una situazione totalmente insostenibile, che mina alla radice il diritto di cronaca e il diritto della comunità ad un’adeguata informazione.  Auspichiamo, anche attraverso L’Osservatorio appositamente costituito e da Voi condiviso, un’immediata, netta e chiara inversione di tendenza. Siamo al punto in cui le notizie di cronaca ci vengono segnalate, inevitabilmente con giorni di ritardo, dagli stessi cittadini.
In mancanza di  evidenti segnali di ripristino di normali condizioni operative, ci riserviamo ulteriori iniziative di sensibilizzazione.

Cordiali saluti

Il Consiglio dell’Ordine dei Giornalisti dell’Umbria

Il Consiglio direttivo dell’Associazione Stampa Umbra




Mozione della consigliera Croce sulla riapertura del Tribunale di Orvieto, PrometeOrvieto attende di sapere

Giovedì 11 agosto dovrebbe essere discussa in consiglio comunale una mozione presentata dalla
consigliera Cristina Croce con la quale si chiede all’amministrazione comunale di “intraprendere iniziative concrete volte a sollecitare la Regione Umbria ad approvare un disegno di legge/voto ex art 121 della Costituzione finalizzato alla riapertura dei Tribunali minori, tra cui quello di Orvieto”.
Non possiamo che richiamare quanto già detto nelle scorse settimane in relazione alle iniziative di molte Regioni italiane che hanno deciso di presentare disegni di legge volti a far riaprire i tribunali soppressi con la riforma del 2012.
Ci si è accorti, infatti, che l’operazione non ha portato i risultati sperati in tema di risparmi.
Ci si è accorti che la Giustizia, come tutti i servizi pubblici, non può non essere prossima alle persone, anche fisicamente. Anche la Lombardia, locomotiva economica d’Italia, ha votato per la presentazione di un disegno di legge che disponga la riapertura dei tribunalini, con spese di gestione e manutenzione dell’immobile a carico della Regione e con spese del personale (magistrati ed amministrativi) a carico dello Stato. Ora la legislatura volge al termine, quindi non ci sarà tempo per approvare i disegni di legge menzionati, ma il dato politico che ci riguarda da vicino è capire se questa amministrazione comunale abbia intenzione o no di intraprendere in Regione una battaglia fondamentale per ripristinare un servizio pubblico essenziale per la nostra comunità. Non solo, la battaglia dovrebbe rappresentare un primo tassello dell’obiettivo di ridare ad Orvieto, più complessivamente, il ruolo di punto di riferimento per l’erogazione dei servizi pubblici dell’Umbria sud-occidentale: nella sanità, nell’istruzione, nella giustizia, ecc.. Certo, le dichiarazioni della Sindaca sull’impraticabilità dello “Sportello di prossimità” del Tribunale di Terni, che poteva essere aperto dal Comune di Orvieto, non evocano positivi presagi.
Prometeorvieto attende l’esito della discussione con grande interesse, come immaginiamo tutta la
cittadinanza.

Prometeorvieto – Florido Fratini




Cristina Croce, “Sportello di Prossimità: l’ennesima reazione scomposta della sindaca!”

Ancora una volta una reazione stizzosa, scomposta e priva di risposte quella della Sindaca alla mia ultima  interrogazione urgente, tipica di chi non ha argomenti e men che meno strumenti per nascondere le ormai evidenti assolute incapacità di governare anche i processi più elementari, come quelli che sarebbero richiesti per organizzare lo Sportello di Prossimità con il supporto dichiarato del Tribunale di Terni e, perché no,  anche dell’ Associazione degli Avvocati di Orvieto che sicuramente sarebbe disponibile a collaborare per la buona riuscita di un progetto che molti comuni virtuosi da tempo stanno già portando avanti con efficacia e soddisfazione da parte dei cittadini.

Non entro nel merito delle argomentazioni sostenute dalla Sindaca per giustificare l’ingiustificabile diniego anche solo a ragionare della possibilità di dare vita ad uno Sportello di Prossimità, visto che le stesse ripetono ancora lo stesso mantra della pandemia, mentre è del tutto strumentale l’aver voluto attribuire ad un tale servizio il ruolo di distaccamento del Tribunale cosa che solo una persona completamente avulsa dal settore avrebbe mai potuto ipotizzare, non certo la sottoscritta.

Colgo invece con soddisfazione nell’ultimo passaggio della maldestra arringa -che mal si addice al ruolo di una Sindaca, che dovrebbe invece fare tesoro delle interrogazioni dei consiglieri, uno spiraglio di luce che consiste nella dichiarata “disponibilità a trattare” (!!!) con l’Ordine degli Avvocati e le Associazioni Forensi, o meglio nella malcelata presa di coscienza di essere stata colta sul vivo della propria inadeguatezza ormai palesatasi anche ai cittadini più distratti.




Roberta Tardani, “lo sportello di prossimità scarica ogni responsabilità sui Comuni e non è un distaccamento del Tribunale”

In merito alle notizie di stampa relative alla sollecitazione della consigliera Cristina Croce sull’attuazione dello Sportello di Prossimità presso il Comune di Orvieto, il sindaco, Roberta Tardani replica: “sulla questione degli Uffici di Prossimità la consigliera Croce interviene con l’unico obiettivo di creare, ancora una volta, disorientamento tra i cittadini con informazioni equivoche e parziali. Crediamo sia poco informata viste le tante inesattezze che dichiara. Una su tutte: il tribunale di Terni non ‘offre’ alcuna opportunità, come lei impropriamente scrive, perché gli Uffici di prossimità dovrebbero essere sostenuti totalmente dai Comuni che dovrebbero mettere a disposizione personale proprio oltre che una sede adeguata.  Il ‘PON Governance e Capacità istituzionale’, proposto dal Ministero della Giustizia con la cooperazione delle Regioni, finanzia infatti solo la formazione degli operatori dei Comuni addetti agli Uffici di prossimità, la promozione e il coordinamento dell’azione informativa e l’allestimento base delle postazioni comunali.  Oggi il Comune di Orvieto, che da tre anni a questa parte e nel bel mezzo della pandemia è stato ed è impegnato a risolvere le annose carenze di organico, non può garantire il servizio che viene richiesto perché non può permettersi di sottrarre personale agli uffici che si stanno adoperando a cogliere tutte le opportunità legate alla ripartenza anche attraverso la gestione dei fondi Pnrr. E’ per questo che, come la stragrande maggioranza dei Comuni dell’Umbria, non abbiamo potuto aderire alla richiesta. Lo abbiamo comunicato subito a chi di dovere e lo abbiamo ulteriormente specificato nell’incontro cordiale che abbiamo avuto nel pomeriggio di oggi (7 giugno ndr) con la direzione del Tribunale di Terni”.“Nel corso del confronto – sottolinea – abbiamo ribadito la disponibilità dell’Amministrazione Comunale a individuare degli spazi dove eventualmente collocare l’Ufficio di prossimità a patto che il personale, almeno in questa fase di indisponibilità da parte dell’Ente, venga messo a disposizione dal Ministero della Giustizia. Tuttavia, la riflessione da farsi non è solo di carattere meramente organizzativo. Ci siamo battuti a suo tempo contro la riforma della geografia giudiziaria che nel 2013 ha portato alla soppressione del Tribunale di Orvieto, una riforma che prometteva risparmi che in realtà non si sono mai concretizzati come auspicato ma che nel corso degli anni ha invece creato disagi ai cittadini e ai professionisti, mitigati solo in parte dall’informatizzazione dei processi, peraltro accelerata solo dopo la pandemia. Occorre quindi interrogarsi se gli Uffici di prossimità, la cui funzione sarebbe principalmente di sportello informativo e limitata nell’operatività agli atti relativi alla volontaria giurisdizione, siano realmente la soluzione per risolvere i disagi dei cittadini derivanti dalla chiusura dei tribunali. Non si tratta dunque di un distaccamento del Tribunale come la consigliera Croce vuole far credere. Una cosa però è certa: non si può continuare a scaricare sugli Enti Locali gli effetti di una riforma sbagliata chiedendo ai Comuni di alleviare i disagi che ne sono derivati.  È su questo che siamo disposti a trattare e, insieme all’Ordine degli avvocati e alle associazioni forensi, confrontarci per valutare soluzioni concrete che riportino servizi sul territorio capaci anche di generare economia quotidiana come rappresentava una volta il tribunale per la città.  E su questo avremmo voluto che arrivasse un contributo dall’avvocato Croce che invece ormai ci ha abituati ad interventi completamente privi di proposte che non riescono nemmeno a nascondere la frustrazione per non aver inciso minimamente nei cinque anni in cui si è trovata alla guida della città lasciata impantanata nelle paludi dell’immobilismo”.




Cristina Croce, Siamo Orvieto, “il Comune ignora l’offerta del Tribunale di Terni per aprire uno sportello di prossimità”

La consigliera comunale Cristina Croce ha presentato un’interrogazione urgente a risposta scritta riguardante lo sportello di prossimità da istituire presso il Comune di Orvieto.  Nell’interrogazione la consigliera Croce scrive, “sono venuta a conoscenza che il Tribunale di Terni ha sin dal mese di novembre dello scorso anno, richiesto alla sindaca di manifestare la disponibilità alla realizzazione presso il Comune di Orvieto dello Sportello di prossimità volto a venire incontro alle esigenze di tutti quei cittadini che necessitano occasionalmente e al di fuori della stretta attività giurisdizionali, di accedere agli uffici giudiziari per pratiche amministrative o semplice rilascio di certificati e/o attestazioni, dopo la nota soppressione del Tribunale di Orvieto”.  Lo scorso maggio sempre dal Tribunale, spiega nell’interrogazione Croce, il responsabile del progetto ha rinnovato al sindaco l’invito per organizzare un incontro per la definizione delle modalità di realizzazione dello sportello, ma “ancora una volta nulla ricevendo a riscontro, il Tribunale invitava nuovamente la sindaca a voler fornire una risposta ufficiale in merito alla disponibilità a meno, fissando un incontro da remoto per la giornata di domani (ndr il 7 giugno per chi legge).  La consigliera scrive ancora “al di la delle considerazioni di mera correttezza istituzionale che di per se avrebbero imposto una sollecita risposta da parte della sindaca, si evidenzia come lo Sportello di Prossimità potrebbe, sia pure in minima parte, sopperire ad alcune delle criticità create dalla chiusura del Tribunale di Orvieto in particolar modo per quei cittadini che vivono già in condizioni di fragilità”. Cristina Croce chiede direttamente alla sindaco se è “sua intenzione cogliere l’opportunità fornita dal Tribunale di Terni in merito alla possibilità di attuazione dello Sportello di Prossimità presso il Comune di Orvieto, fornendo, così come più volte sollecitato una risposta ufficiale e se, sempre la sindaco, ha intenzione di porre in essere le azioni necessarie per l’apertura dello Sportello presso l’Ente, recependo nell’interesse dei cittadini la disponibilità del Tribunale alla formazione del personale necessario”.




Importante sentenza del Consiglio di Stato “no a impianti rinnovabili se i vincoli sono già esistenti prima del progetto”

Dal Consiglio di Stato arriva una sentenza che potrebbe avere ripercussioni anche in molte aree dell’Umbria. A chiamarlo in causa è stato GIS – Gruppo Impianti Solari con alcune aziende che si erano viste bloccare due impianti solari nel viterbese proprio dalla Soprintendenza ai Beni Culturali. C’era stato il via libera da parte di tutti gli enti coinvolti e superata la Valutazione di Impatto Ambientale ma questo non era bastato. Tutto fermo, 235 MW non disponibili. Le imprese non si sono fermate e hanno vinto prima al TAR e poi al Consiglio di Stato. Ovvia la soddisfazione e in un post sulla pagina Linkedin di GIS scrive, “queste sentenze segnano un momento positivo e speriamo rappresentino un vero cambiamento per il nostro Paese: la politica deve mettere da parte le contraddizioni secondo cui la transizione energetica è solo retorica volta a favorire i propri ritorni elettorali”. In estrema sintesi la sentenza indica che il Ministero della Cultura può bloccare gli impianti di energie rinnovabili solo se i progetti sono stati già approvati da altre amministrazioni possono apportare danni al patrimonio ambientale, paesaggistico o culturale e se sottoposto a specifiche misure di protezione. Se pannelli e pale eoliche sono previsti su terreni dichiarati idonei e senza vincoli già esistenti il MIC e i suoi uffici regionali, non possono intervenire bloccando l’iter e la partenza dei cantieri”.

E’ una sentenza molto chiara che potrebbe riaprire la discussione intorno a tanti progetti approvati e poi bloccati perché è stato posto un vincolo ad hoc successivo alla presentazione del progetto. La transizione energetica e lo sviluppo economico più in generale sono prioritari per evitare che una momento difficile diventi ancora più pesante. Tutto deve essere pensato e progettato senza violentare paesaggi veramente di pregio, siti archeologici e storici, parchi naturalistici. Certamente l’Italia e l’Umbria è disseminata di tesori più o meno famosi nel mondo ma anche il benessere generale, lo sviluppo economico hanno diritto di asilo e devono quindi convivere tutte le esigenze cercando, laddove possibile, punti d’incontro e la politica deve avere coraggio e guardare oltre il mero traguardo elettorale fornendo strumenti chiari e semplici per chi deve progettare, chi deve programmare e per chi deve controllare.




Il GIP di Terni, archivia la querela di Sartini contro Gnagnarini e altri. Le critiche sono dure ma legittime, “errato partecipare alla manifestazione anti Ddl-Zan”

Lo scorso 15 febbraio il GIP del Tribunale di Terni, Simona Tordelli, ha disposto l’archiviazione per il procedimento che vedeva l’ex-assessore Massimo Gnagnarini e altre nove persone indagate per diffamazione su denuncia dell’allora assessore alle politiche sociali Angela Maria Sartini. Nel frattempo anche Sartini è stata “licenziata” dalla sindaco Roberta Tardani per il post tristemente noto che accostava il premier Mario Draghi a Hitler. I fatti risalgono al 26 luglio del 2020 nel pieno dibattito sul DDL Zan-Scalfarotto con i leghisti guidati dal Senatore Pillon fortemente contrari. Era un momento topico e anche in Piazza della Repubblica, in pieno solleone, un gruppo di manifestanti scese in piazza per un pacifico momento di protesta. Anche l’assessore Angela Maria Sartini, che non aveva mai fatto mistero di appartenere alla linea seguita da Pillon, ha partecipato alla manifestazione in piazza. Sui social si è aperto subito un feroce dibattito sull’opportunità o meno di presenziare a una manifestazione contro il Ddl Zan. I toni si sono immediatamente accesi e oltre Gnagnarini sono stati querelati dall’ex-assessore Sartini anche altri nove autori di post che il GIP riporta nelle motivazioni della sentenza con gli opportuni “omissis”.

Proprio il GIP, Simona Tordelli bacchetta Angela Maria Sartini, “…si osserva come i post censurati debbano essere contestualizzati alla luce del comportamento obiettivamente inopportuno tenuto dalla Sartini nella vicenda, la quale, dotata di una carica istituzionale, ben avrebbe dovuto astenersi dal partecipare, anche a titolo personale, ad una manifestazione politica espressiva di una ideologia indiscutibilmente antitetica rispetto alle funzioni dalla stessa esercitate in materia di prevenzione e contrasto alla discriminazione di genere”. In pratica il GIP spiega, nel seguito, che il diritto alla critica deve essere tutelato e può anche essere dai contenuti forti, apparentemente lesivi ma sempre con attenzione a non ledere “la sfera personale”.

Si conclude, quindi, con un’altra bocciatura di Angela Maria Sartini che non potrà ottenere soddisfazione in Tribunale per le frasi piuttosto dure scritte sui social e che, alla fine, è stata sfiduciata dal suo stesso sindaco così come già all’epoca era stato richiesto a gran voce dall’opposizione in consiglio comunale.




Appello del SITI agli azionisti BPBari, costituitevi parte civile nel procedimento penale contro i collaboratori degli Jacobini

Banca Popolare di Bari naviga ancora in acque piuttosto mosse e in audizione alla commissione parlamentare d’inchiesta sulle banche, Giampiero Bergami, ad del gruppo BPB, ha spiegato che il rapporto cost income è molto alto e la strada da percorrere è ancora lunga.  La presidente della commissione, Carla Ruocco, ha assicurato che l’obiettivo primario è un ristoro per gli azionisti.  E proprio questi ultimi, infatti, sono per ora rimasti drammaticamente alla finestra in attesa dell’evolvere degli eventi sia societari che giudiziari.  Domenico Bacci, presidente del sindacato SITI, Sindacato Italiano per la Tutela dell’Investimento e del risparmio di Milano, che rappresenta gli interessi degli azionisti Popolare Bari, e l’avvocato Paola Cagossi del Foro di Bologna, che li assiste, ci hanno tracciato un quadro definito proprio dell’andamento giudiziario per gli azionisti.  Bacci ci tiene a sottolineare che “siamo fiduciosi per i prossimi appuntamenti giudiziari, questa è la strada attraverso la quale gli azionisti potranno avere finalmente un ristoro”.  Ma a che punto siamo con i procedimenti giudiziari?  Paola Cagossi spiega, “attualmente i procedimenti avviati nei confronti degli Jacobini e dei loro collaboratori sono due.  In un primo filone, quello che vede protagonisti gli Jacobini, in particolare, gli azionisti sono stati ammessi come parte civile, ma e’ stata esclusa la chiamata del responsabile civile, la Stessa Banca.  In un secondo procedimento contro i collaboratori più stretti della famiglia Jacobini è ancora possibile aderire alla richiesta di costituzione di parte civile fino all’udienza dibattimentale che sarà fissata all’esito dell’udienza preliminare tutt’ora in corso innanzi al GUP dr. Galesi.  Voglio sottolineare come la Popolare di Bari sia, a nostro parere, responsabile del malfatto dei suoi esponenti, ma nel primo procedimento il Tribunale ha ritenuto non praticabile la sua chiamata in causa,  perché la  Procura di Bari, dopo aver estratto la copia forense del materiale ivi reperito, ha riconsegnato i device ed i supporti elettronici agli indagati, sicché al l Tribunale non è rimasto altro che constatare che il dissequestro ha reso irripetibile la prova rispetto al responsabile civile Banca Popolare di Bari che nella fase delle indagini non era stata avvertita dell’operazione. La rigida interpretazione dell’art. 96 cpc, peraltro caldeggiata strenuamente dalla Procura in udienza, ha determinato l’esclusione del responsabile civile da quel procedimento, con buona pace degli azionisti”.  Sempre Cagossi spiega, “gli azionisti di BPBari sono stati e continuano ad essere trattati in maniera diversa da quelli delle banche venete e delle altre con insolvenza dichiarata nel medesimo periodo.  In estrema sintesi l’azionista pubblico ha acquisito il controllo del gruppo bancario pugliese perché la politica ha scelto di non farlo fallire, caricando il costo in primis sulla collettività ma sicuramente anche sui piccoli azionisti che non hanno visto un euro a differenza degli altri delle banche sopra citate che invece hanno ricevuto e stanno ricevendo i ristori”.

Ricordiamo che per gli azionisti delle banche venete, di Banca Etruria di CariFe è intervenuto il FIR (Fondo Indennizzo Risparmiatori) istituito con la legge 145 del 30 dicembre 2018 e successive modificazioni, con una dotazione iniziale di 525 milioni annui per il 2019, 2020 e 2021.  L’obiettivo è quello di indennizzare i risparmiatori danneggiati da quelle istituzioni bancarie poste in liquidazione coatta amministrativa dopo il 16 novembre 2015 e prima del 2018, a causa delle violazioni massive degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza e buona fede oggettiva e trasparenza previsti dal TUF (testo Unico in materia di intermediazione finanziaria).  Domenico Bacci, segretario del SITI, interviene sottolineando come proprio il sindacato avesse “presentato una petizione per portare all’attenzione della politica la questione dei piccoli azionisti della Popolare di Bari ( che e’ ancora possibile sottoscrivere ) visto che il crac finanziario è del tutto assimilabile a quello delle banche venete, ad esempio.  Nel  gennaio 2020 – prosegue Bacci – abbiamo organizzato una riunione con oltre 500 azionisti della POPOLARE BARI presso la Fiera del Levante, proprio per spiegare la necessità, a latere dei procedimenti penali, di introdurre anche per loro una forma di ristoro diretto, e tra queste il Fir,  ma per evitare la procedura c’è stata una forte opera di disinformazione basata sul fatto che agli azionisti delle banche che hanno aderito al FIR è stato riconosciuto il 30% del valore perduto, mentre per quelli di Bari si poteva ottenere molto di più!.  Ad oggi gli azionisti di Bari sono ancora senza ristoro mentre agli altri stanno arrivando i soldi”. Ci sono però le sentenze dell’arbitrato bancario ma anche in questo caso, continua Bacci, “la banca continua a non pagare le ingiunzioni arbitrali.  L’unica proposta messa in campo è quella risibile dei 2,38 euro per azione che presuppone la rinuncia al contenzioso ed è riservata solo ai cosiddetti soggetti fragili, veramente poca cosa”.   Le prossime mosse, dunque, sono fondamentali per i piccoli azionisti, a partire dalla richiesta di costituzione di parte civile nel secondo procedimento penale a carico dei collaboratori più stretti degli Jacobini.  Spiega Bacci, “siamo fiduciosi che questo secondo processo vada a sanare la situazione degli azionisti di BPBari.  Se qualcuno non si è attivato è possibile farlo aderendo al SITI e seguendo tutte le indicazioni sulla documentazione necessaria per la costituzione di parte civile.  I tempi sono stretti perché si può agire fino alla data dell’udienza dibattimentale che potrebbe essere fissata per i primi mesi del nuovo anno”.  Nella pagina internet per la costituzione di parte civile del SITI sono presenti i modelli e l’elenco dei documenti con tutte le deleghe.  “E’ una procedura semplice – sottolinea l’avvocato Paola Cagossi – ma necessaria se si vuole combattere.  Tra i documenti c’è anche un modulo di auto-valutazione per le modalità di vendita delle azioni da parte dell’intermediario.  Questa è una possibile seconda strada da seguire presentando il dossier all’arbitrato bancario”.  Sempre l’avvocato Cagossi spiega che “le modalità illecite di collocamento in questo caso, riguardano non soltanto le cosiddette operazioni baciate ma il fatto che nella documentazione non è chiaramente spiegata l’illiquidità del titolo, questo riguarda quasi il 99% dei casi che abbiamo fin qui esaminato”.  Ribadisce Domenico Bacci, “basta la dimostrazione della non chiara indicazione di illiquidità per poter agire”.  E’ bene ricordare che il valore delle azioni di BPBari, così come quella di molti istituti di credito simili, veniva deciso “in house”.  Poi è arrivata la quotazione all’Hi-MTF “che è un sistema di scambio – sottolinea Bacci – un S.S.O. multilaterale che si differenzia da quello precedente denominato bilaterale.  Diciamo che hanno dovuto farlo e cambiando il sistema si è compreso che c’era tanta offerta e poca domanda, cioè il titolo era del tutto illiquido: Informazione non fornita ai sottoscrittori”. 

Prima di concludere due domande, ci sono rapporti con il nuovo azionista di controllo ed è comunque un vantaggio avere come controparte lo Stato?

Domanico Bacci interviene subito, “assolutamente, il SITI non ha avuto rapporti con la nuova proprietà ma posso assicurare che la linea di condotta non è mai cambiata.  Non c’è un tavolo di trattativa serio, e i fondi FIR sarebbero lì disponibili per essere eventualmente destinati agli azionisti della BPBari, ma la politica non si muove”. 

Sulla stessa lunghezza d’onda l’avvocato Paola Cagossi, “si ha la netta sensazione che la politica si sia mossa per tutelare la partecipata BPBari a spese del piccolo azionista e che la Procura abbia commesso una leggerezza quando ha riconsegnato gli apparati elettronici agli indagati invalidando qualsiasi prova per i procedimenti successivi per sua stessa ammissione”

Ambedue rimangono comunque fiduciosi del fatto che questa nuova possibilità di costituzione di parte civile è un’opzione da non sprecare da parte dei piccoli risparmiatori e una strada aperta, la piu’ diretta e semplice, per ottenere il giusto ristoro.