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Fondazione CRO ha deciso, niente aumento di capitale per CariOrvieto

Il consiglio di amministrazione della Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto ha rotto gli indugi e ha preso la propria decisione sull’aumento di capitale della banca Cassa di Risparmio di Orvieto così come deliberato lo scorso 8 novembre dall’assemblea straordinaria dei soci. I consiglieri hanno deliberato di non aderire all’aumento di capitale. Come si legge nel comunicato emesso da Palazzo Coelli, “L’operazione che prevede l’emissione di 18.246.292 nuove azioni, prive di valore nominale, al prezzo di emissione di 1,4797 (di cui 0,2959 euro a titolo di capitale sociale e 1,1838 euro a titolo di sovrapprezzo), ammonta complessivamente a 26.999.038 euro, con un impegno richiesto alla Fondazione di 7.135.818 euro”.

Sempre nel comunicato si legge che il cda ha esaminato a fondo i “possibili scenari conseguenti all’operazione, ha ritenuto, con il parere del consiglio di indirizzo, di non procedere alla sottoscrizione della nuova emissione di azioni”. I vertici della Fondazione hanno ritenuto dirimente “la tutela del patrimonio dell’Ente, strumentale a garantire un adeguato livello di erogazione sul proprio territorio, sia il primario obiettivo della Fondazione che deve agire, con la dovuta prudenza, nel pieno rispetto degli obblighi statutari che richiedono una cura e una gestione del patrimonio dirette alla sua conservazione e crescita, destinandone – continua il comunicato ufficiale della Fondazione – i rendimenti ad azioni di utilità sociale”.




Aumento di capitale, CRO, Fondazione, Comune, Regione, MCC: tutti gli attori di un film corale senza regìa

Il prossimo futuro di Cassa di Risparmio di Orvieto e della Fondazione torna d’attualità visto che è stato pubblicato il prospetto di aumento di capitale della banca.  La capitalizzazione si è resa necessaria perché, nonostante il miglioramento dei fondamentali di bilancio che, secondo alcune indiscrezioni sarebbe in utile per il 2022, l’istituto orvietano è ancora sotto parametri e quindi l’indicazione di Bankitalia è rimasta attiva e ora da eseguire.  I tempi decisi sono piuttosto stretti, 45 giorni dall’8 novembre.

All’interno del documento, pubblicato sul sito di CRO, c’è una prima indicazione che ha sicuramente portato fibrillazioni nella Fondazione, azionista di minoranza, e riguarda l’annullamento del valore nominale delle azioni ad oggi a 2,50 euro.  Il compianto presidente della Fondazione, Gioacchino Messina, decise una forte svalutazione del titolo, manovra che non fu scevra da critiche ma sicuramente necessaria con l’allora controllante Popolare di Bari travolta dal ciclone Jacobini e con la mancata distribuzione di dividendi ormai da oltre un lustro da parte di CariOrvieto.  Nel documento di capitalizzazione le azioni sono valutate 1,4797, al netto del sovrapprezzo, in pratica una perdita secca di 1 euro circa.  Questo potrebbe portate a una nuova svalutazione de facto del valore della partecipazione della Fondazione.

Da Palazzo Coelli non è arrivata alcuna notizia ufficiale ma i rumors indicano che la Fondazione abbia votato “no” allo schema di aumento, fortemente penalizzante per il socio di minoranza.  A questo punto non rimane che attendere la decisione sull’aumento stesso.  La Fondazione si trova di fronte a un bivio cogente, aderire o no?  Ogni decisione rischia di trasformarsi in un apparente errore.  Votare sì significherebbe andare a impegnare fondi cash in attesa che poi si concretizzi il piano industriale che vede il ritorno alla distribuzione dei dividendi non prima del 2025.  E fino ad allora?  Niente di niente dalla partecipazione più importante della Fondazione che però deve continuare a impegnarsi nella missione di sostegno economico e sociale al territorio.  Votare no significherebbe uscire definitivamente dalla banca già di territorio ma senza incassare cash necessario per incrementare il fondo a disposizione della città.  L’alternativa sarebbe vendere la partecipazione ma a fronte di una valutazione che deve assolutamente prendere in considerazione gli sforzi affrontati dalla Fondazione nel recente passato quando ha aderito a due aumenti di capitale da circa 17 milioni di euro.  Il valore di libro è superiore ai 15 milioni di euro e da qui si potrebbe partire se c’è la volontà di aprire una trattativa seria.  Ma i tempi stringono e l’aumento di capitale si avvicina con la Fondazione che deve scegliere se continuare a stare dentro CRO o mollare gli ormeggi così come hanno fatto tutte le principali fondazioni di origine bancaria anche perché esempi virtuosi di quelle che hanno mantenuto o il controllo o percentuali importanti sono estremamente rari. Torniamo al confronto tra Regione, Comune e banca.  Il passaggio di CRO dalla Popolare di Bari a MCC ancora non è concluso ma in via di definizione.  La seconda notizia che arriva dall’incontro è la mancanza della Fondazione, azionista di minoranza della banca e importante attore economico del territorio, all’incontro. 

La terza notizia riguarda il radicamento sul territorio.  Ma CRO è ancora una banca del territorio? E soprattutto c’è un territorio in senso economico della definizione?  E ancora, perché la Regione, magari tramite la sua finanziaria, non rileva le quote in CRO dalla Fondazione per dare un segnale forte di presenza del territorio umbro e di fiducia nei confronti delle imprese, e permettere alla Fondazione stessa di avere maggiore capitale per diversificare gli investimenti e continuare ad assicurare il proprio supporto economico nell’orvietano




Per “invito a Palazzo” la Fondazione CRO sarà aperta il 1° ottobre dalle 10 alle 17

In occasione dell’iniziativa “Invito a Palazzo 2022”, promossa dall’ABI – Associazione Bancaria Italiana – in collaborazione con ACRI – l’Associazione di Fondazioni e di Casse di Risparmio S.p.A. – la Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto aprirà al pubblico le porte di Palazzo Coelli per le visite che si svolgeranno sabato 1° ottobre 2022, dalle ore 10,00 alle ore 17,00, con ingresso libero. Sarà l’occasione per vedere da vicino e visitare lo storico palazzo, sede della Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto, che è stato oggetto di un attento e raffinato restauro nonché di un ampliamento con la creazione di una funzionale sala convegni. Lo storico Palazzo fu proprietà nel tempo di importanti famiglie come Coelli (1580), Febei, Lazzarini, Cialfi e per ultimi i Fumi. I locali museali di Palazzo Coelli attualmente ospitano i dipinti di Umberto Prencipe, le sculture bronzee di Paolo Pollidori, le opere del Maestro Orvietano Livio Orazio Valentini, le opere dello scultore Rupert Kreuzer e del pittore Markus Lehrmann. Il Palazzo a due passi dal Duomo si erge, in una posizione strategica e privilegiata, l’elegante e monumentale Palazzo Coelli, che prende nome dalla prima illustre famiglia che lo ha abitato. Nonostante la scarsità di fonti documentarie relative alla sua genesi, sembra che la paternità dello stabile possa essere attribuita a Ippolito Scalza o alla sua scuola. La facciata, con tre ordini di cinque finestre in basalto, presenta il portale decentrato, soluzione forse dettata dalla necessità di fondere unità preesistenti e disomogenee. Si suppone, infatti, che l’edificio, sorto su fondamenta medioevali, si sia sviluppato attraverso l’aggregazione, in epoche successive, di vari volumi e che gli ultimi interventi siano stati opera degli allievi del grande Simone Mosca. L’antica dimora gentilizia è appartenuta nel tempo ad importanti famiglie orvietane quali Coelli Febei, Lazzarini, Cialfi e Fumi. Nel 2000 Palazzo Coelli è stato acquistato dalla Fondazione per essere destinato a sede dell’Ente e messo a disposizione della collettività per finalità di interesse generale.

Patrimonio Artistico

La Fondazione ha beneficiato nel corso degli anni di importanti donazioni di opere d’arte da parte di soggetti che – al fine di conservare e valorizzare le opere e di perpetuare la memoria degli autori, nati o che hanno operato ad Orvieto – hanno ritenuto l’Ente un “custode” ideale in considerazione della qualificata operatività nel settore artistico-culturale.

Collezione Ciaurro Nel 2009 la Fondazione è stata destinataria di una donazione da parte della signora Maria Iole Colombini di 45 quadri del maestro Ilario Ciaurro. L’artista si trasferì a Orvieto agli inizi degli anni venti chiamato dall’amico e storico Pericle Perali a dirigere la sua fabbrica di ceramiche Arte de’ Vascellari; Orvieto, il suo Duomo, le sue campagne, i suoi vicoli e le sue case sono presenti nelle opere di Ciaurro testimoniando il fascino esercitato dalla nostra città.

Collezione Frittelli La Fondazione ha ricevuto nel 2004, a titolo di deposito, dagli eredi di Gino Frittelli alcune fra le opere più significative dell’artista fiorentino appartenente alla scuola dei Macchiaioli, che ha vissuto e operato a Orvieto dal 1922 al 1935.

Collezione Prencipe Nel 2006 Giovanna Prencipe, figlia dell’artista Umberto Prencipe (Napoli 1879 – Roma 1962), ha donato alla Fondazione una collezione composta da n. 87 opere (48 dipinti, 17 disegni e 12 incisioni). Il maestro ha vissuto ed operato ad Orvieto nei primi anni del ‘900, dove ha lavorato intensamente soprattutto a quadri di paesaggio, pervasi da una immensa dolcezza e serenità d’animo. Nel 2008 la Fondazione ha pubblicato la prima monografia dedicata all’artista ed inaugurato l’esposizione permanente della collezione nella sede di Palazzo Coelli, al fine di dare il giusto risalto alle opere d’arte e tramandare la memoria del valente pittore e incisore del Novecento italiano.

Collezione Pollidori Nel 2004 gli eredi dell’artista Paolo Pollidori hanno donato alla Fondazione una collezione composta da n. 21 gessi ed un bronzo, realizzati dallo scultore orvietano, vissuto tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Le opere riflettono il dominante mondo interiore dell’artista, nel quale l’esistenza umana è sentita come dolore incombente e profondo ed è contemplata da un pensiero costante e assorto. I gessi sono stati successivamente tradotti in bronzo e distribuiti nelle sale di Palazzo Coelli; è stato realizzato anche un catalogo che raccoglie le note biografiche sull’artista, nonché un saggio critico del prof. Renato Bonelli. Nel corso del 2005 una successiva donazione ha permesso di giungere all’esposizione nel Palazzo Coelli dell’intera collezione Pollidori.

Collezione Valentini Nel 2022, la Fondazione ha dedicato una sala espositiva ad alcune opere del Maestro Orvietano Livio Orazio Valentini (Orvieto 1920-2008), pittore, scultore, ceramista, per anni docente di disegno dal vero all’Istituto Statale d’Arte di Orvieto; le opere di Valentini, hanno impreziosito il patrimonio artistico esposto presso la sede della Fondazione.




L’esordio della collana Letture Fainiane con “Una storia di brigantaggio” il 23 settembre all’Auditorium della Fondazione CRO

Una storia di brigantaggio. Il rapimento e l’uccisione del conte Claudio Faina è il titolo del primo numero di una nuova collana editoriale, denominata Letture Fainiane, e promossa della Fondazione per il Museo “Claudio Faina”. L’agile volume, corredato da un ricco e curato apparato di immagini, verrà presentato venerdì 23 settembre 2022, ad Orvieto, presso l’Auditorium “Gioacchino Messina” della Fondazione Cassa di Risparmio (Palazzo Coelli, Piazza Febei), alle 17.30. All’iniziativa
interverranno Daniele Di Loreto, Presidente della Fondazione per il Museo “Claudio Faina” e i due autori Giuseppe M. Della Fina e Luca Montecchi.
Nelle pagine del libro si ripercorre un episodio di brigantaggio del 1874, che ebbe un risalto notevole nel territorio orvietano per l’esito tragico e per le figure che vide coinvolte: un esponente di spicco di
un’importante e nobile famiglia umbra e il brigante David Biscarini. Quest’ultimo, nato a Marsciano, in seguito costituì una banda con Domenico Tiburzi, destinato a divenire uno dei briganti più noti della Maremma. La vicenda viene narrata gettando uno sguardo attento sulla società dei decenni centrali dell’Ottocento e sulle dinamiche che la caratterizzavano e, al contempo, esaminando la personalità dei protagonisti principali del tragico avvenimento.
L’iniziativa si svolge in collaborazione con l’UniTre Orvieto.




Il 25 marzo ISAO presenta, “le affinità tra Italia e Slovacchia”, all’Auditorium della Fondazione CRO

Venerdì 25 marzo 2022, alla Sala Auditorium di Palazzo Coelli, sede della Fondazione CRO, Lamberto Ferranti, studioso di storia e letteratura ceco-slovacca, terrà una conferenza dal titolo: L’Umbria come culla della Repubblica Ceca e della Repubblica Slovacca. La Legione ceco-slovacca del 1918.

Alla base di questo interessantissimo episodio della Prima Guerra Mondiale c’è l’evidenza di quanta affinità legasse l’Italia alla Boemia – Moravia e alla Slovacchia: se non altro, entrambe le popolazioni si sentivano oppresse dal comune “padrone” asburgico. E infatti Lamberto Ferranti metterà in evidenza come l’Italia, nella Prima Guerra Mondiale, riuscì a costituire con i prigionieri cechi e slovacchi una Legione (nel Bollettino della Vittoria è citata come Divisione), che ricevette la sua bandiera nel maggio del 1918, quindi sei mesi prima che il nuovo Stato cecoslovacco vedesse ufficialmente la luce! L’Umbria, e specialmente la città di Foligno dove furono addestrate quelle forze armate, ebbe una notevole parte in questa rinascita nazionale. Infatti l’azione degli esponenti politici sia italiani, sia cechi e slovacchi, verso la fine della Prima Guerra Mondiale si stava facendo sempre più pressante per l’impiego di quanti, nei campi di prigionia, erano pronti ad impegnarsi, combattendo per il riscatto e la liberazione della loro patria. Nell’aprile del 1918, finalmente, il governo italiano fece affluire migliaia di prigionieri nell’Umbria, dove venne costituita una divisione, spesso definita anche legione. Che era forte di circa 10.000 uomini, con parte dei quadri e degli specialisti italiani, e composta da due brigate. A Roma il 24 maggio 1918, sul Campidoglio, furono consegnate le prime bandiere ai legionari, tutti in divisa da alpino ma con mostrine bianco-rosse e, sul cappello, il falco al posto dell’aquila. A metà giugno, sul Piave, un primo battaglione schierato sulla linea del fronte superava brillantemente la prova del fuoco nella battaglia di Fossalta di Piave, nonostante la forca o il plotone di esecuzione che attendevano i legionari caduti prigionieri: e se ne verificarono non pochi casi, simmetrici a quelli degli italiani Cesare Battisti e Fabio Filzi. La Legione fu poi anche impiegata sul fronte trentino, nella zona del monte Baldo, nella battaglia di Dosso Alto sulle pendici del Monte Altissimo di Nago, e nelle Battaglie dei Tre Monti, sull’altopiano di Asiago. Un importantissimo riconoscimento all’importanza dell’iniziativa è stato il conferimento del Patrocinio dell’Ambasciata della Repubblica Slovacca in Italia e dell’Istituto Slovacco a Roma.

Lamberto Ferranti farà dono agli intervenuti alla conferenza di un suo bel libro sull’argomento: L’onore di un uomo è la sua libertà. La Legione ceco-slovacca dall’Umbria a Praga e Bratislava, Perugia, Morlacchi, 2019. Ringraziamo di cuore il Presidente della  Commissione Amministratrice della Fondazione per il Museo Claudio Faina, Daniele Di Loreto, della preziosa segnalazione della possibilità di organizzare questa conferenza.  

Per motivi di contenimento della corrente epidemia, nella Sala Auditorium della Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto non saranno ammesse più di 60 persone (si raccomanda pertanto la puntualità!), munite di Green Pass rafforzato e di mascherina FFP2.




Praesidium, “gli arzigogoli di BPBari e il silenzio sul futuro di CariOrvieto”

Stiamo assistendo a dei veri e propri “contorcimenti” della Banca Popolare di Bari e, volendo essere buoni, potremmo dire che sta faticando per trovare la sua rotta: i numeri non quadrano, si accumulano e si accumuleranno perdite consumando il capitale, si dimettono Amministratori e componenti del Collegio sindacale, si fa fatica (se crediamo all’articolo di Repubblica) a trovare manager esterni che guidino il risanamento. A nostro avviso, permangono una serie di equivoci che devono essere sciolti.

E’ noto a tutti che la vecchia gestione ha accumulato perdite ingentissime, che per sopravvivere ha privilegiato la liquidità a breve compromettendo la marginalità futura, che non ha affrontato nei tempi giusti la ristrutturazione necessaria al nuovo modello di business delle banche, che non ha saputo o potuto allentare i rapporti con la Pubblica Amministrazione. La gestione commissariale ha poi determinato un anno di fermo operativo e organizzativo. Oggi, la Banca Popolare di Bari è uno strano Istituto in cui la P.A. centrale e locale è presente in modo importante e determina le scelte, ma, contemporaneamente, ha necessità di stare su un mercato che è in forte trasformazione. Il Fondo Interbancario, che ha messo soldi per evitare un disastro per lei più costoso, è uscito dal capitale sociale mettendo tutto in mano al Mediocredito Centrale. In tutto questo piano necessitava un “arzigogolo” amministrativo che desse una parvenza di continuità e, per questo motivo, sono stati tenuti in vita “virtualmente” a prezzi di saldo i vecchi azionisti. Diciamo “virtualmente” perché in nessun modo è stato tenuto conto della loro esistenza: 69.000 persone che non sono presenti negli organi di governo e di indirizzo della banca e che non hanno alcuna voce in capitolo. A ciò si aggiunga che, avendo perduto molti soldi a causa di pressioni e consigli sbagliati, sono giustamente arrabbiati. Sono, ricordiamo, anche clienti di una fascia mediamente importante per la stessa banca con un rapporto fiducia con la stessa quanto meno da ricostruire. Anche il misero valore di sei centesimi di euro per azione si è ormai ridotto a quattro centesimi, ma pure questo è virtuale perché in nessun modo il titolo è vendibile sul mercato ed è destinato ancora a diminuire.

La banca è quindi chiamata a scegliere se tentare di trovare dei meccanismi di ricucitura con i suoi clienti storici ed agevolarne la partecipazione alle decisioni o mettere in piedi una nuova organizzazione commerciale che reperisca altri clienti di pari disponibilità sul mercato. Crediamo che BpB debba aprirsi e comunicare più chiaramente cosa vuol fare senza voli pindarici, certamente non nelle stanze chiuse della Pubblica Amministrazione centrale e locale.

Tutto questo avrà necessariamente impatto sulla Cassa di Risparmio di Orvieto e la Fondazione CRO, che sarà chiamata a scelte importanti e dalla quale ci attendiamo una più trasparente comunicazione e apertura alla Città, nel suo e nostro interesse.

Associazione Praesidium




Il bando Scuola 2021 pubblicato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto

La Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto ha pubblicato sul proprio sito web il Bando Scuola 2021. Il bando conferma la vicinanza dell’Ente orvietano al territorio e, in modo particolare, al mondo della scuola. L’obiettivo è promuovere la crescita e l’innovazione in campo scolastico, con una particolare attenzione alle tematiche “green”, attraverso la realizzazione di progetti didattici e iniziative finalizzati all’acquisizione di competenze culturali, professionali e sociali, che migliorino le condizioni di apprendimento degli studenti e che permettano di sviluppare conoscenze legate alla sostenibilità ambientale del territorio; il bando prevede la possibilità di acquisto di strumenti didattici e di materiali, purché inseriti nell’ambito di progetti educativi e iniziative oggetto del bando.

I risultati dei progetti e delle iniziative ammessi al finanziamento saranno presentati presso la sede congressuale della Fondazione. Il bando è rivolto agli Istituti scolastici pubblici di primo (scuola media) e secondo (scuola superiore) grado con sede nel territorio di operatività della Fondazione Cassa Risparmio di Orvieto. L’importo massimo del contributo previsto per singolo progetto è di € 8.000.




Associazione Praesidium, “parteciperà la Fondazione all’aumento di capitale CRO?”

Abbiamo letto con attenzione le dichiarazioni del presidente della Fondazione CRO, Libero Mario Mari, dalle quali emerge la conferma di un imminente e rilevante aumento di capitale per la Cassa di Risparmio che potrebbe obbligare la stessa Fondazione ad intervenire con ingenti risorse. Dal nostro punto di vista, riteniamo doveroso chiarire alcuni aspetti di questo nuovo evento. Un aumento di capitale viene eseguito fondamentalmente per due motivi: perché c’è un piano di sviluppo e servono risorse per attuarlo o perché la situazione dei conti è tale che la gestione corrente richiede l’immissione di nuove risorse.

Leggendo il bilancio 2020 di CRO, recentemente pubblicato, appare evidente che la ricapitalizzazione annunciata dal Prof. Mari costituisca una necessità volta a mantenere i parametri della banca all’interno di quanto fissato dall’Autorità di vigilanza. D’altra parte, non abbiamo evidenze che ci suggeriscono di alcun piano industriale di sviluppo che preveda investimenti per la sua attuazione.

Ricordiamo che la Fondazione CRO è socio di minoranza qualificata della banca con il 26,47% del capitale e si trova a dover scegliere se aderire all’aumento mantenendo le sue attuali prerogative o veder diluita la sua partecipazione. La storia recente ha dimostrato che gli aumenti di capitale effettuati dalla Fondazione nella Cassa di Risparmio di Orvieto hanno prodotto perdite per circa 10 milioni di euro, che ricordiamo trattarsi di denaro della comunità amministrato pro-tempore da soci candidatisi a gestirlo. A noi appare sinceramente poco credibile che sino ad oggi la Fondazione sia stata tenuta totalmente all’oscuro di questa operazione e delle motivazioni ed obiettivi sottesi all’aumento di capitale. La scelta è tutt’altro che scontata, considerati i rischi connessi e la redditività pressoché inesistente della partecipazione, considerato che anche l’ultimo esercizio si è chiuso in perdita e con costi quasi pari ai margini. Considerato inoltre che la storia recente ci ricorda che sono stati bruciati circa 100 milioni di euro sul nostro territorio (peraltro, senza che amministratori pubblici e privati, così solleciti a intervenire contro ogni logica industriale per la chiusura di sei piccole filiali, alzassero la voce per chiederne le ragioni e le responsabilità), riteniamo assolutamente necessario e non rinviabile un ampio dibattito che ci faccia capire che fine potrebbero fare i nostri soldi.

La fiducia nelle decisioni delegate si guadagna con una storia positiva, la partecipazione e la trasparenza delle informazioni. Riteniamo nostro preciso dovere continuare a seguire la materia ed intervenire pubblicamente tenendovi informati.

Associazione Praesidium




CRO, il presidente della Fondazione Libero Mario Mari, “aumento di capitale in programma ma decideremo nella massima trasparenza”

Cassa di Risparmio di Orvieto è di nuovo al centro della cronaca economica e finanziaria regionale. Dopo il previsto taglio delle filiali dal prossimo 8 ottobre, ora si torna a discutere su un aumento di capitale piuttosto importante. OrvietoLife aveva anticipato a marzo 2021 che si sarebbe trattato di circa 16/20 milioni di euro con un impegno della Fondazione che ritenevamo già pesante. Oggi le cifre che circolano sono di una decina di milioni più alte anche se non confermate ufficialmente.

Il presidente della Fondazione Cro, Libero Mario Mari, raggiunto telefonicamente, ha spiegato che “l’aumento di capitale è confermato ma non abbiamo contezza dell’ammontare né dei tempi visto che ancora ufficialmente non ci è stato comunicato nulla dall’azionista di controllo. E’, questa, una manovra conservativa su sollecitazione di Bankitalia e ritengo sia positivo che lo Stato decida di investire su CariOrvieto, è un segnale di fiducia nel futuro della banca”. Per quanto riguarda l’impegno della Fondazione il presidente è stato altrettanto chiaro, “ribadisco che non abbiamo ricevuto alcuna comunicazione ufficiale e comunque quando arriverà coinvolgeremo tutti gli organi istituzionali preposti e anche la città perché l’impegno è importante, circa 7 milioni di euro, e tutto verrà deciso nella massima trasparenza e nell’interesse della banca e della città”. Il presidente Mari è tornato anche sulla questione delle filiali che verranno chiuse il prossimo mese di ottobre, “come Fondazione abbiamo ascoltato i sindaci e anche il dg della banca. Oggi tutto sta cambiando e il taglio delle filiali è un problema comune a tutti i gruppi bancari, piccoli medi e grandi. Provare ad ottenere un rinvio non avrebbe certamente risolto i problemi che i sindaci dei piccoli comuni hanno manifestato, d’altra parte la banca non può non accogliere la sfida digitale e soprattutto non può continuare a sopportare i costi di gestione in un momento delicato per l’intero comparto non solo per CRO”.




Valentini100, una grande occasione per ricordare l’artista e visitare i tesori di Orvieto

Un pomeriggio intenso quello di sabato 19 giugno dedicato all’inaugurazione delle mostre LIVIO ORAZIO VALENTINI100 Opere 1945-2004: figurativo-informale-postquaternario curate da Massimo Duranti e Andrea Baffoni ed allestite per iniziativa dell’Associazione “Livio Orazio Valentini” in occasione del centenario della nascita dell’artista, nato il 24 dicembre 1920 a San Venanzo (VIDEO dell’inaugurazione all’aperto). L’evento celebrativo già programmato nel 2020 ma slittato di un anno a causa dell’emergenza sanitaria, ha subito un cambiamento di programma che tuttavia non ha tolto nulla al progetto originario che, anzi, è stato rimodulato passando da un’unica location espositiva alla ri-distribuzione in vari luoghi significativi della città: Palazzo Coelli sede della Fondazione Cassa di Risparmio, la sede del Museo Archeologico “Claudio Faina”, Palazzo Negroni sede del Centro Studi Città di Orvieto, il Museo e i Sotterranei MODO / Museo Opera del Duomo, quest’ultima a cura di Alessandra Cannistrà. Un percorso espositivo che fa riaffiorare e riunisce un importante e vasto patrimonio collettivo, attualmente frammentato e diviso in spazi privati e pubblici. Sono circa 150 opere tra lavori pittorici, sculture in ceramica e metallo, disegni e grafiche realizzate da Livio Orazio Valentini a partire dalla fine degli Anni ‘40, di cui numerose opere inedite, mai pubblicate ed esposte, frutto di una capillare ricerca sul territorio effettuata dalle figlie dell’artista orvietano: Silvia, Cristiana e Francesca all’interno di numerose collezioni pubbliche e private che rappresentano la vasta e variegata produzione artistica di Valentini. Non manca il ciclo di opere pittoriche da lui eseguite durante i suoi numerosi soggiorni negli Stati Uniti, nella Città di Aiken gemellata con Orvieto dagli anni ’90 che è esposto, con proiezioni multimediali, nella sede della Fondazione Centro Studi per la Città di Orvieto, in collaborazione con l’Università di Aiken (South Carolina – USA).

L’esposizione ricorda la figura umana ed artistica di Livio Orazio Valentini, artista certamente significativo per l’Umbria ma anche per la sua proiezione a livello nazionale ed internazionale, avendo realizzato una produzione molto elevata che è stata diffusa in tutta Europa, in Africa e negli Stati Uniti d’America. La sua caratteristica è stata quella di una grande versatilità linguistica attraverso la pittura, anche a soggetto sacro, e poi la ceramica e la scultura, senza dimenticare la raffinata grafica. Una trasversalità che si è riflessa anche nella produzione di opere molto impegnative. L’allestimento esplora le origini della creatività dell’artista e poi le più corpose esperienze informali, quando il suo linguaggio si avvicina alle formule del Gruppo di Spoleto che con l’informale si stava evidenziando a livello nazionale, con numerose opere inedite. Poi le successive stagioni “astratte”, delle “Germinazioni”, degli “Uccelli” e del “Quaternario”. La grande mostra Livio Orazio Valentini100 è stata presentata presso l’Auditorium della Fondazione Cassa di Risparmio in cui si sono ritrovati accanto ai familiari dell’artista, rappresentanti di Enti e tanti amici che hanno costituito la seconda famiglia del Livio Orazio.

“Mi piace ricordare che a pochi passi da qui, in via Maitani, c’è ancora lo studio di Livio Orazio Valentini di cui la mostra non è solo un ricordo, ma è realtà artistica – ha detto Guido Barlozzetti – Livio Orazio è stato una presenza radicata nella città ma inevitabilmente contraddittorio con essa, affermando valori e visioni con spirito indomito, orgoglioso di esserlo ma nella responsabilità di essere artista. Si è trovato a passare dalla II Guerra Mondiale al dopoguerra fino alla soglia degli anni 2000. Un arco di tempo segnato da sconvolgimenti ed esperienze drammatiche come la prigionia nel campo di concentramento di Buchenwald. Ma Livio Orazio non si è mai arreso, né appiattito. Ha attraversato tutte le vicissitudini della sua vita e della storia con questa qualità profonda di non soccombere e di non arrendersi mai. Ha ricostruito sempre il suo tratto, raccontando personaggi e paesaggi orvietani. Le sue opere, le tecniche e i linguaggi artistici utilizzati dicono di questa evoluzione. Samo felici di aprire, finalmente, questo percorso espositivo,  che 101 anni dopo riporta Livio a Orvieto e rende conto di questo suo cammino che lo ha e che ci ha caratterizzato. Perché una città è fatta non solo di condivisione geografica, non solo delle sue memorie, ma di una appartenenza di senso”. “Oggi – ha detto Silvia Valentini, Presidente dell’Associazione “Livio Orazio Valentini” – io rappresento la famiglia Valentini, le mie sorelle Cristiana e Francesca e i sei nipoti di Livio Orazio, insieme al ricordo di nostra madre Flora che quest’anno avrebbe compiuto anche lei cento anni e che ha raggiunto Livio Orazio pochi mesi fa. Quando nel 2018 abbiamo iniziato questo progetto lei però era con noi e ci sosteneva convinta. Il progetto ‘Livio Orazio Valentini100’ e la mostra itinerante che oggi inauguriamo sono la sintesi di una ricerca di tante piccole e grandi opere di nostro padre ma anche la volontà di valorizzare un patrimonio cittadino che appartiene a soggetti privati e pubblici” che ha ringraziato, ovvero: la Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto e il suo Presidente, Libero Mario Mari, il Comune di Orvieto e il sindaco, Roberta Tardani, il Gal Trasimeno-Orvietano che ha sostenuto e patrocinato nell’ambito della Misura 19.3 “Umbria Lasciati Sorprendere”, la Regione Umbria, lo Stato del South Carolina (USA), la Provincia di Terni, il Comune di San Venanzo, l’Opera del Duomo di Orvieto, la Fondazione per il Museo “Claudio Faina”, la Fondazione per il “Centro Studi Città di Orvieto”, l’Accademia delle Belle Arti di Perugia. E ancora: il Rotary Club Orvieto e il Lion’s Club Orvieto, l’Istituto di Istruzione Artistica Classica e Professionale di Orvieto, l’Istituto Comprensivo Orvieto-Baschi, l’Università della Terza Età di Orvieto, l’Istituto Storico Artistico Orvietano, la FIDAPA BPW Italy Orvieto, le Associazioni ApertaMente Orvieto, Arte e Fede, Custodi del Territorio Orvietano, il Comitato Cittadino dei Quartieri, Bottega Michelangeli, Hotel Duomo e gli operai dell’Opera del Duomo e tutti coloro che hanno aderito al comitato promotore, le associazioni culturali del territorio e i tanti collezionisti che hanno accordato il prestito di opere mai esposte e mai pubblicate.

Oggi si inaugura la sintesi di un lavoro impegnativo che è stato possibile – ha affermato il sindaco, Roberta Tardani – grazie alla determinazione e alla forza delle sorelle Valentini. Un percorso complesso che, a seguito della pandemia, ha dovuto modificare le condizioni per l’utilizzo di alcune location espositive per mettere in mostra un patrimonio enorme e importante che prevedeva il coinvolgimento generale della città. Sempre a causa dell’emergenza il progetto e l’esposizione hanno subito il differimento di un anno tutta il lavoro è stato rimodulato e soprattutto è proseguito forse in maniera . Un progetto che coinvolge l’intera città e per questo come Comune abbiamo voluto valorizzare, illuminandolo, il grande monumento ‘Orvieto Città Unita’ collocato nella grande rotonda di Orvieto Scalo all’ingresso della città, realizzato da Livio Orazio Valentini agli inizi degli anni Duemila, in modo analogo abbiamo concesso la Sala ‘Unità d’Italia’ del Palazzo Comunale per esporre nella quadreria che la caratterizza, il grande quadro intitolato ‘Camorena’ realizzato da Livio Orazio Valentini in ricordo del drammatico evento che ha segnato profondamente la storia della città. Il progetto espositivo che inauguriamo è inserito a pieno titolo nel calendario ‘OrvietoEstate’ degli eventi culturali della nostra città, per mettere in luce un patrimonio artistico importante che merita di essere conosciuto e messo a valore”.  Liliana Grasso, presidente della Fondazione “Centro Studi Città di Orvieto” ha espresso il “plauso alla tenacia e all’insistenza dell’Associazione ‘Livio Orazio Valentini’ che ha portato avanti la volontà di mettere insieme e la capacità di costruire, dando forma al metodo della collaborazione tra enti che è una grande ricchezza da non disperdere. Ho conosciuto Livio Orazio nel 2003 quando lo invitai ad una collettiva di artisti emergenti. Mi colpì perché senza alcuna remora mi disse cosa pensava di ogni creazione artistica; in seguito era sempre presente. Il percorso della mostra a lui dedicata prevede all’interno di palazzo Negroni, sede della Fondazione ‘Centro Studi Città di Orvieto’, una parte tecnologica, una sorta di camera immersiva in cui, attraverso dei video, si ripercorre la personalità e l’opera di questo artista. Sono onorata per essere stati coinvolti”. “

Il Covid non ha vinto! – ha esordito Massimo Duranti, curatore dell’esposizione – la mostra ha avuto un iter lungo e travagliato. Dopo il prologo svoltasi a Sangemini alcuni anni fa, abbiamo iniziato a progettare la vera grande esposizione di Orvieto. Poi è arrivato il Covid e la conseguente interruzione. Ma oggi, finalmente, ci siamo arrivati direi alla grande, presentando con le ‘ragazze Valentini’ un lungo e ricco allestimento. Livio avrebbe detto ‘bella, complimenti, grazie’ poi avrebbe aggiunto ‘quanto avete esagerato!’. Da una piccola cosa è nato un progetto gigantesco: non avevo ma curato una mostra diffusa sul territorio in cinque spazi disponibili per circa 150 opere ed altre sedi permanenti. Una mostra da non sottovalutare, fatta di assonanze e dissonanze incredibili come le contaminazioni, uniche nel suo genere, delle opere visibili nello spazio museale del Museo dell’Opera del Duomo di Orvieto o nei sotterranei del Duomo; e poi le opere su carta al Museo Faina. Un risultato strepitoso. Io stesso ho scoperto opere che non conoscevo come quelle a sfondo sacro. In Italia Livio Orazio Valentini è un artista ancora troppo sottovalutato. La mostra compendia tutto l’arco artistico della sua vita dove egli si è misurato con i vari linguaggi dell’arte e persino con l’arte orafa di cui, alcuni esempi di gioielli sono esposti in una bacheca accanto alle oreficerie sacre presso il MODO. E’ una occasione data alla città per apprezzare, da qui a settembre, una produzione artistica notevole nella qualità, nei messaggi culturali e nelle quantità delle opere pubbliche e private, alcune delle quali sono di grandi dimensioni e si trovano in sedi permanenti come la grande stele ‘Città unita’ alla rotonda di Orvieto Scalo o nell’Aula Magna della Scuola Media ‘Luca Signorelli’ o in piazza Cahen solo per citarne alcuni”.

Il vice-sindaco di San Venanzo, Stefano Posti ha aggiunto “è un momento di gioia che condivido con voi tutti. Livio Orazio è stato un grande uomo molto legato ad Orvieto ma altrettanto legato a San Venanzo dove era nato e questo ci rende orgogliosi e felici. Con questi sentimenti partecipiamo a questo evento e auguriamo alla mostra tutto il successo che le opere esposte meritano”.