Il “podere la Spicca” dal 16 marzo è sotto tutela perché d’interesse storico-artistico e culturale

La Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio dell’Umbria, con decreto n. 32 del 16 marzo 2022, ha dichiarato di interesse particolarmente importante e sottoposto a tutte le relative disposizioni di tutela, il PODERE SPICCA.

Una decisione quella della Soprintendenza, come è scritto nella relazione inviata anche al Comune di Orvieto, contro il “rischio di perdita per possibili lavori di ampliamento della limitrofa cava di basalto denominata ‘La Spicca’”, all’esito del relativo procedimento, ai sensi dell’art. 10 comma 3 lett. a) e comma 4 lett. l) del D. Lgs. 42/2004.

Il Podere in questione si trova proprio al centro del I° stralcio del nuovo progetto di ampliamento presentato dalla società La Spicca, che sarà a breve oggetto della Conferenza dei Servizi della Regione. Come sottolinea la Soprintendenza nella sua nota:

“L’immobile si caratterizza per la presenza di una torre seicentesca attorno alla quale si sono successivamente addossate in più fasi le abitazioni e le stalle. L’insieme ora appare come un casale agricolo di forma quadrata sul quale al centro svetta la torre seicentesca, che nella parte alta conserva i motivi tipici delle colombaie. Nell’insieme si ravvisa sia l’interesse artistico, per la presenza architettonica della torre, che l’interesse di architettura rurale di interesse storico quale testimonianza dell’economia rurale tradizionale”.

L’importanza storica-architettonica e culturale che riveste il Podere è peraltro confermata dalla presenza nelle immediate vicinanze delle cisterne romane, già sotto vincolo, a testimoniare la continuità secolare di coltivazioni in un territorio connotato da forte struttura identitaria.

Un’importante notizia, dunque, per gli abitanti del Botto e delle Velette che si stanno battendo da mesi per evitare un nuovo ampliamento della cava, che avrebbe creato un’orrenda voragine al posto dell’intera collina sulla quale è ubicato il Podere in questione, per fortuna adesso protetto.

Un progetto di ampliamento della cava, ricordiamolo, passato sotto silenzio e neppure sottoposto a VAS (Valutazione Ambientale Strategica). Motivo per cui è stato presentato un ricorso al Tar Umbria su cui è attesa a breve una decisione.




Comitato Amici del Botto, “rumore, tritolo e polveri, tutto questo portano la cava e l’impianto industriale”

Sono state depositate le osservazioni al progetto di ampliamento della Cava del Botto che verranno esaminate dalla Regione nei prossimi giorni in vista della Conferenza dei Servizi.

Il Comitato Amici del Botto insiste affinché le competenti autorità verifichino il rispetto della legge, che è condizione primaria di qualsiasi discussione seria sul futuro del nostro territorio. Infatti, non è stata effettuata la VAS (Valutazione ambientale strategica) che avrebbe dovuto valutare ogni impatto sull’ambiente. Ci domandiamo perché eludere una fase così rilevante del procedimento, fase prevista dalla legge proprio per consentire una pianificazione partecipata e trasparente dell’utilizzo di risorse pubbliche, e quindi di tutti. Vedremo cosa risponderà il Tar a questo nostro ricorso, in quella che a noi sembra una palese violazione della procedura prevista dalla legge.

Le amministrazioni coinvolte hanno dato motivazioni contraddittorie e insufficienti sulla non necessità della VAS. Ma per noi le analisi prescritte in sede di VAS e la partecipazione dei cittadini al momento pianificatorio sono elementi non sopprimibili di un processo decisionale destinato ad avere conseguenze durature sul  territorio e sulle future generazioni. Ne riparleremo non appena il Tribunale Amministrativo Regionale avrà esaminato le nostre ragioni.

Nelle osservazioni depositate abbiamo sostenuto che i dati contenuti nel progetto sono radicalmente carenti e che di conseguenza il PAUR (Provvedimento Autorizzatorio Unico Regionale) deve essere negato. O, comunque, che una valutazione attendibile dei presupposti per il rilascio di tale provvedimento richiede che la società proponente fornisca ulteriori informazioni alla Regione.

Dal report di misurazione del rumore è emerso un notevole superamento, di circa il doppio, dei limiti di legge, causato dall’impianto di frantumazione. Un impianto che sta proprio sotto l’abitato del Botto, attivo 8 ore al giorno per 5 giorni alla settimana per tutti i giorni lavorativi dell’anno e che adesso vorrebbero portare a 10 ore al giorno per 330 giorni all’anno.

Per non parlare delle esplosioni: 500 kg di tritolo al giorno per 5 giorni alla settimana per tutti i giorni lavorativi dell’anno. Esplosioni che corrispondono a vibrazioni continue, sollecitazioni violente alle case, alle mura, alle pareti, alle fondamenta delle abitazioni: trent’anni di vibrazioni che hanno causato crepe alle case. Andremo anche a misurare le vibrazioni.

La cava è rimasta aperta tutto questo tempo perché le istituzioni (in primis il Comune di Orvieto ma anche la Regione dell’Umbria) hanno fatto questa scelta. Scelta che noi non abbiamo mai condiviso fin dall’inizio, come testimoniano gli esposti fatti in passato, in tempi diversi, agli Enti preposti.

Non vogliamo andare avanti così per altri decenni. Trent’anni di sfruttamento delle risorse naturali e di distruzione ambientale sono più che sufficienti. Gli abitanti hanno già contribuito abbastanza. Ora abbiamo diritto anche noi ad un po’ di pace e chi ci amministra dovrà ascoltare le nostre ragioni. Noi vogliamo che venga rispettata la legge. Che vengano effettuati tutti i passaggi necessari. Pensiamo che aver saltato a piedi pari la Valutazione ambientale strategica sia un fatto molto grave per la protezione dell’ambiente, per gli interessi comuni, per uno sviluppo durevole e sostenibile dell’uso del suolo.




Importante sentenza del Consiglio di Stato “no a impianti rinnovabili se i vincoli sono già esistenti prima del progetto”

Dal Consiglio di Stato arriva una sentenza che potrebbe avere ripercussioni anche in molte aree dell’Umbria. A chiamarlo in causa è stato GIS – Gruppo Impianti Solari con alcune aziende che si erano viste bloccare due impianti solari nel viterbese proprio dalla Soprintendenza ai Beni Culturali. C’era stato il via libera da parte di tutti gli enti coinvolti e superata la Valutazione di Impatto Ambientale ma questo non era bastato. Tutto fermo, 235 MW non disponibili. Le imprese non si sono fermate e hanno vinto prima al TAR e poi al Consiglio di Stato. Ovvia la soddisfazione e in un post sulla pagina Linkedin di GIS scrive, “queste sentenze segnano un momento positivo e speriamo rappresentino un vero cambiamento per il nostro Paese: la politica deve mettere da parte le contraddizioni secondo cui la transizione energetica è solo retorica volta a favorire i propri ritorni elettorali”. In estrema sintesi la sentenza indica che il Ministero della Cultura può bloccare gli impianti di energie rinnovabili solo se i progetti sono stati già approvati da altre amministrazioni possono apportare danni al patrimonio ambientale, paesaggistico o culturale e se sottoposto a specifiche misure di protezione. Se pannelli e pale eoliche sono previsti su terreni dichiarati idonei e senza vincoli già esistenti il MIC e i suoi uffici regionali, non possono intervenire bloccando l’iter e la partenza dei cantieri”.

E’ una sentenza molto chiara che potrebbe riaprire la discussione intorno a tanti progetti approvati e poi bloccati perché è stato posto un vincolo ad hoc successivo alla presentazione del progetto. La transizione energetica e lo sviluppo economico più in generale sono prioritari per evitare che una momento difficile diventi ancora più pesante. Tutto deve essere pensato e progettato senza violentare paesaggi veramente di pregio, siti archeologici e storici, parchi naturalistici. Certamente l’Italia e l’Umbria è disseminata di tesori più o meno famosi nel mondo ma anche il benessere generale, lo sviluppo economico hanno diritto di asilo e devono quindi convivere tutte le esigenze cercando, laddove possibile, punti d’incontro e la politica deve avere coraggio e guardare oltre il mero traguardo elettorale fornendo strumenti chiari e semplici per chi deve progettare, chi deve programmare e per chi deve controllare.




Il sindaco incontra i lavoratori di Basalto La Spicca, “abbiamo ribadito la massima trasparenza nelle procedure a tutela di azienda, lavoratori e cittadini”

Nel pomeriggio di martedì 29 marzo il Sindaco di Orvieto, Roberta Tardani, insieme al Vicesindaco con delega all’Urbanistica, Mario Angelo Mazzi, hanno ricevuto in Comune una delegazione dei lavoratori dell’azienda Basalto La Spicca Spa accompagnata dal segretario regionale della Fillea Cgil, Claudio Aureli

“Abbiamo raccolto la richiesta di incontro dei dipendenti dell’azienda – commentano congiuntamente il Sindaco Tardani e il Vicesindaco Mazzi – e ascoltato le loro preoccupazioni. Dopo un confronto avuto con il vicepresidente della Regione con delega all’Ambiente, Roberto Morroni, avvenuto lunedì a margine di un incontro promosso dalla sezione di Orvieto di Confindustria Umbria, abbiamo aggiornato la rappresentanza dei lavoratori sull’iter dei procedimenti autorizzativi in corso. Da parte dell’Amministrazione Comunale – concludono – abbiamo ribadito la massima trasparenza nelle procedure nel pieno rispetto delle istanze dell’azienda, dei lavoratori e dei cittadini”.    




Il coordinamento delle associazioni contrario all’ampliamento della Cava del Botto

Ci siamo misurati in passato col problema delle cave a Benano ed Acquapendente: a Benano, nel 2008, in una memorabile assemblea il sindaco Mocio, pressato dagli ambientalisti, alla fine negò la cava alla SECE  attraverso una coraggiosa variante  al PRG;  circa  due anni dopo   il TAR dell’Umbria dà ragione al Comune di Orvieto. E la motivazione è storica:  Il rischio di compromettere le riserve di acqua potabile giustifica il rifiuto del Comune di Orvieto ad autorizzare la cava di basalto di Benano.  Orvietonews, che la pubblicò, la ritenne “una sentenza storica”. 

Fu il PD (Bracco e Pesaresi) che sconfessò una vecchia impostazione sulla crescita dell’Orvietano e tracciò un interessante quanto stimolante profilo di sviluppo orientato al turismo e alla conservazione di veri giacimenti inesauribili quali il paesaggio, la cultura e le tradizioni dei luoghi. Fu la contrapposizione, certamente non ideologica, ma reale e già in atto, fra le civiltà della pietra e quelle degli uomini, fra la concentrazione di grandi economie in poche mani e la diffusione di un reddito frammentato fra agriturismi, aziende agricole, attività legate alla cultura, strutture recettive finalmente rese possibili da apposite leggi di incentivazione.  Ad Acquapendente (Cava loc.Le  Greppe) andò meglio per gli ecologisti: il Tribunale di Viterbo diede ai cavatori la pena di 4 mesi di arresto, oltre alla ammenda di 20.000 euro ciascuno e al pagamento delle spese processuali.

Siamo contrari alla Cava del Botto per le riserve potabili e perché condividiamo il documento di Bracco e Pesaresi: sono giacimenti inesauribili il paesaggio, il turismo.   Nella seduta del 20 aprile 2021 il Consiglio Comunale di Orvieto ha ratificato (8 favorevoli, 3 astenuti, 1 contrario) l’adesione all’accordo di copianificazione del 25 marzo scorso relativo alla richiesta dalla Basalto La Spicca S.p.A., che costituisce approvazione della variante urbanistica al PRG ai sensi dell’Accertamento dei giacimenti di cava di cui alla L.R.  2/2000 “Norme per la disciplina dell’attività di cava e per il riuso di materiali provenienti da demolizioni”. Eventualmente il PD non era quello di Bracco e Pesaresi…

Oggi 30.03.2022 scadono i termini per la presentazione delle osservazioni, su cui poi deciderà la conferenza di servizi (questa sarà convocata successivamente): agli “Amici del Botto”   i migliori auguri.

Amelia Belli, Associazione Accademia Kronos-sezione di Orvieto, Orvieto; Filippo Belisario, Associazione WWF – sezione di Orvieto, Orvieto; Lucio Riccetti, Associazione Italia Nostra- sezione di Orvieto, Orvieto; Vittorio Fagioli,  Comitato Interregionale Salvaguardia Alfina (CISA), Orvieto; Mauro Corba, Associazione Altra Città, Orvieto;  Fausto Carotenuto, Comitato Difesa Salute e Territorio di Castel Giorgio, C. Giorgio; Annalisa Rohrwacher, Comitato di Castel Giorgio in massa contro la biomassa, C. Giorgio; Donato Borri, Comitato garanzie per la centrale a biomasse a Castel Viscardo, C. Viscardo; Marco Carbonara, Associazione sviluppo sostenibile e salvaguardia Alfina, Acquapendente; Piero Bruni, Associazione lago di Bolsena, Bolsena; Stefano Ronci, Comitato tutela e valorizzazione Valli Chiani e Migliari, Ficulle; Massimo Luciani, Associazione Il Ginepro, Allerona; Riccardo Testa, Associazione il Riccio, Città della Pieve; James P. Graham, RIPA (Rete Interregionale Patrimonio Ambientale), Tuscia.

Questo Comunicato è approvato anche dall’Associazione Val di Paglia Bene Comune.




Il Comitato, “abbiamo già dato, il Botto ne ha abbastanza di botti, dinamite e caterpillar”

Riceviamo e volentieri pubblichiamo una nota del Comitato Amici del Botto che prende una posizione netta sulla questione della cava “La Spicca”

Nasce il Comitato Amici del Botto di Orvieto: un organismo che si sta costituendo e che intende fermare un ulteriore prolungamento dello sfruttamento della cosiddetta Cava del Botto. Dopo oltre 30 anni di sfruttamento, e con dei lavori di ripristino a dir poco discutibili, ora si profila un ulteriore scempio di oltre 30 ettari che si prolungherà, nuovamente, per decenni. L’attività estrattiva è andata avanti in modo quasi ininterrotto nonostante diverse segnalazioni degli abitanti, sia per i rumori prodotti dai processi di lavorazione, che per le vibrazioni indotte dal brillamento delle mine alle abitazioni private.

Il Comitato, che sta raccogliendo adesioni, non è disposto a stare in silenzio di fronte a questa nuova e grave distruzione di un territorio vocato all’ambiente, alle attività enogastronomiche, al turismo, alla cultura, al paesaggio.  Una distruzione che non interessa solo i residenti della zona in cui insiste la “Cava La Spicca”, ma tutto il territorio di Orvieto e della regione in generale. Va oltretutto tenuto conto “che sarà abbattuto – è scritto del documento di costituzione del Comitato – anche un antico casale che rappresenta una testimonianza storica del nostro territorio e che si trova nelle vicinanze di un’area già soggetta a vincolo archeologico per ritrovamenti di epoca romana”. Il Comitato fa presente che per questo nuovo sfruttamento ultradecennale, oltre ad un piano Cave fermo al 2005 e ad un PRG approvato da una maggioranza a dir poco risicata si deve rilevare l’assenza di una Vas (Valutazione ambientale strategica).  Il tutto con un’inchiesta giudiziaria in corso che coinvolge funzionari regionali proprio dell’Ufficio Cave.

Il Comitato rivolge un appello a tutti i cittadini, forze politiche, associazioni per fermare questo nuovo scempio. Con lo slogan “Abbiamo già dato: il Botto ne ha abbastanza di botti, dinamite e caterpillar”, i cittadini si preparano a questa battaglia. Anche perché di soluzioni alternative, che possono sostituire il basalto nei suoi attuali utilizzi con altri materiali non inquinanti, ce ne sono diverse.

Dopo il 30 marzo ci sarà la Conferenza dei servizi alla quale verranno presentate le osservazioni dei cittadini in merito al nuovo piano per il prolungamento dello sfruttamento della Cava La Spicca: per questo motivo c’è ancora tempo per bloccare questa nuova operazione di distruzione ai danni del territorio di Orvieto.

In allestimento anche il sito Internet www.amicidelbotto.it. Mentre l’indirizzo di posta elettronica è il seguente:  info@amicidelbotto.it. Oltre, naturalmente, alla pagina Amici del Botto e al gruppo Amici del Botto di Orvieto su Facebook (https://www.facebook.com/Amici-del-BOTTO-103397688843240/).




Ance Umbria ai parlamentari umbri, “se il governo non interviene a rischio i cantieri pubblici e privati”

Con una lettera aperta, Ance Umbria, l’associazione dei costruttori edili di Confindustria, si appella ai parlamentari umbri per sensibilizzare il governo affinché adotti già dalle prossime ore misure straordinarie che possano arginare e poi risolvere una situazione definita ormai fuori controllo. Senza congruità dei prezzi di appalto – denuncia Ance – si rischia il blocco di tutti i cantieri, pubblici e privati, non si potranno utilizzare le risorse europee per realizzare le opere previste dal PNRR e rischia di fermarsi anche la ricostruzione nelle zone del terremoto.

“Siamo in una vera e propria difficilissima emergenza, purtroppo destinata a durare a lungo – spiega Albano Morelli, presidente di Ance Umbria – Non siamo di fronte solo a una momentanea fiammata dei prezzi delle materie prime e dei principali materiali. Riteniamo siano necessarie misure straordinarie capaci di intervenire subito per riequilibrare i contratti in essere e così evitare il rischio di fermo cantieri, contenzioso, risoluzione unilaterale dei contratti e fallimenti. Per tali ragioni ci siamo rivolti ai Parlamentari eletti in Umbria”.

Sono in atto – è scritto nella lettera – pregiudizievoli fenomeni inflattivi e difficoltà di approvvigionamento delle materie prime e dei materiali, che stanno producendo straordinari incrementi dei prezzi di acquisto praticati dalle aziende fornitrici su acciaio, cemento, prodotti petroliferi, rame, materiali plastici e loro derivati. Parallelamente, si è verificato un rincaro eccezionale dei costi dell’energia elettrica, del gas e del petrolio. Si è inoltre determinato un restringimento delle importazioni delle principali materie prime dai mercati esteri di riferimento che sta causando la sostanziale irreperibilità di alcuni materiali di cruciale importanza, come i prodotti derivanti dalla lavorazione del petrolio e del ferro.

“Il risultato di tutto questo – aggiunge Morelli – si traduce in un micidiale effetto domino, tale per cui fornitori e subappaltatori stanno revocando gli impegni contrattuali a suo tempo assunti, perché non più in grado di onorarli alle condizioni stabilite, se non aumentando enormemente i preventivi. A queste condizioni le aziende del settore non tra qualche mese, ma tra qualche giorno, rischiano di abbandonare i cantieri e, immediatamente dopo, di cessare la propria attività. È in gioco, quindi, la sussistenza delle nostre imprese, e questa è certamente la nostra prima preoccupazione, ma è in gioco anche la realizzazione degli obiettivi fissati con il PNRR, il Superbonus 110% e la ricostruzione post terremoto. In questo frangente – conclude Morelli – è addirittura offensivo e ridicolo paventare una speculazione da parte del mondo delle costruzioni. Le nostre imprese sono le vittime di una situazione ormai insostenibile”.




Lettera dei gestori di agriturismi al sindaco di Ficulle, “con la tassa di soggiorno si colpiscono gli operatori e il turismo”

In qualità di proprietari e gestori di due agriturismi del Comune di Ficulle vogliamo esprimere la nostra forte preoccupazione per l’introduzione dell’imposta di soggiorno nel nostro Comune.  Tale imposta è stata approvata dal consiglio comunale alla fine del 2021, ed entrerà in vigore il prossimo 1° aprile.  Purtroppo, le strutture ricettive interessate non sono state coinvolte e non abbiamo avuto la possibilità di esprimere il nostro parere in merito prima dell’approvazione.

Solo la settimana scorsa l’amministrazione ha organizzato una riunione informativa in merito, ma siamo stati convocati ufficialmente solo 5 ore prima, cosa che probabilmente non ha aiutato la partecipazione vista la presenza di sole 7 strutture sulle 29 attive sul territorio.  Per questo vorremmo esprimere pubblicamente le nostre valutazioni che ci portano ad essere contrari all’introduzione dell’imposta di soggiorno nel Comune di Ficulle:

• è inopportuno introdurla in un momento storico come questo, con 2 anni di pandemia Covid alle spalle che ha causato una profonda crisi economica generale, ma che ha colpito particolarmente, per ovvie ragioni, il settore turistico

• da ormai più di 2 settimane tutto il mondo è sconvolto da una crisi di proporzioni inimmaginabili sul piano economico, energetico e umanitario. Basta dire che siamo sull’orlo della terza guerra mondiale e di una catastrofe nucleare, situazione che ci sta spingendo in un periodo di forte recessione economica

• in particolare, in questi tempi di crisi l’offerta turistica, in Umbria come in tutta Italia, è decisamente superiore alla domanda del mercato, il che comporta una competizione aggressiva tra strutture e territori. Ficulle e le sue strutture ricettive si devono confrontare con l’offerta media delle località turistiche italiane: la nostra bella campagna, la quiete e la mancanza di traffico devono competere con le località turistiche che offrono mare, laghi, montagne, e parchi nazionali; dal punto di vista artistico culturale non possiamo competere con le città d’arte: non abbiamo musei, cattedrali, siti archeologici, palazzi storici; inoltre il nostro centro storico, anche se piccolo, avrebbe bisogno di un parcheggio degno di questo nome.

• A fronte di una modesta entrata si caricano le strutture ricettive dell’ennesima incombenza burocratica nonché di obblighi anche pesanti: l’elenco degli adempimenti burocratici, delle responsabilità e delle relative sanzioni sia penali che amministrative è un incubo per noi gestori, che diventiamo per legge responsabili del corretto ed integrale versamento dell’imposta dovuta dal cliente con l’unica possibilità del diritto di rivalsa sul turista-ospite, siamo responsabili della presentazione alla Corte dei Conti della “resa del conto dell’agente contabile”, delle dichiarazioni al comune, della conservazione per 5 anni delle ricevute e della documentazione giustificativa delle esenzioni applicate, nonché soggetti alle sanzioni per omessa o infedele dichiarazione e per omesso, ritardato o parziale pagamento!

Ci domandiamo se sia opportuno appesantire il già gravoso carico burocratico a cui siamo sottoposti noi gestori per una cifra quasi irrilevante rispetto al bilancio comunale Ci sono poi due aspetti che ci stanno particolarmente a cuore riguardo al regolamento approvato:

• l’applicazione dell’imposta senza l’introduzione di un limite massimo di pernottamenti

• l’imminente entrata in vigore dell’imposta di soggiorno senza un adeguato preavviso

Mancata introduzione di un limite massimo di notti:

Premesso che la legge di indirizzo nazionale non prevede alcun limite, facendo una semplice ricerca in rete appare evidente che la totalità dei comuni a noi vicini pongono un limite al numero di pernottamenti da pagare, da un minimo di zero (nessuna imposta) a un massimo di cinque: Allerona e Fabro zero notti, Parrano e Terni 2 notti, Assisi, Bolsena e Perugia 3 notti, Todi 4 notti, Orvieto, Città della Pieve 5 notti.  Ed anche alcune tra le località turistiche più famose hanno comunque un numero massimo di pernottamenti da pagare: Venezia 5 notti, Firenze, Rimini e Riccione 7 notti, Roma 10 notti.  Cerchiamo di spiegare meglio con un esempio calcolando quanto dovrebbe pagare una famiglia di 4 adulti che soggiorna per 2 settimane in un agriturismo o bed&breakfast nei Comuni del nostro territorio:

Ad Allerona e a Fabro non c’è l’imposta di soggiorno, quindi non paga nulla.

A Parrano 8 euro, stesso importo da 2 notti in su

A Bolsena 12 euro, stesso importo da 3 notti in su

Ad Assisi 18 euro, stesso importo da 3 notti in su

Ad Orvieto, 44 euro, stesso importo da 5 notti in su

A Ficulle 56 euro

Quindi a Ficulle questa famiglia pagherà più del 300% dell’imposta di soggiorno che pagherebbe ad Assisi. Ovviamente il divario aumenta all’aumentare della lunghezza del soggiorno e al numero degli ospiti.  Esprimiamo la nostra forte preoccupazione che questa imposta non sia un bel biglietto da visita per il turismo ficullese, con il rischio di mettere in crisi la tenuta economica delle strutture ricettive del nostro piccolo paese.

Entrata in vigore dell’imposta di soggiorno il prossimo 1 Aprile:

Il problema nasce dal fatto che normalmente le strutture ricettive ricevono le prenotazioni (direttamente o dalle agenzie di viaggio sia fisiche che online) con largo anticipo, anche dell’ordine di un anno rispetto al soggiorno stesso.  Visto che siamo stati informati dell’introduzione dell’imposta di soggiorno solo dieci giorni fa, ci troviamo nella spiacevole situazione di dover chiedere al cliente di pagare una imposta di cui non era stato informato al momento della prenotazione.  C’è anche la possibilità concreta che il turista si rifiuti di pagare l’imposta, soprattutto se ha prenotato e pagato il soggiorno tramite Booking o Airbnb visto che il loro contratto impone che tutte le voci di costo, compreso le tasse, debbano essere incluse al momento della prenotazione, e il gestore non può chiedere altri soldi dopo l’accettazione della stessa (tra l’altro se si aggiunge l’imposta di soggiorno nei loro portali ci si ritrova a pagare le commissioni anche sull’imposta stessa).  L’unica alternativa per evitare una brutta figura è che noi gestori ci si faccia carico in proprio del pagamento dell’imposta: soprattutto nell’epoca delle recensioni online un cliente che si sente aggirato da un’informazione poco trasparente può creare un grosso danno di immagine per la singola struttura, e di riflesso per tutta Ficulle. 

In conclusione, suggeriamo di valutare la possibilità di approvare in un prossimo consiglio comunale una modifica al regolamento allo scopo di

• posticipare l’entrata in vigore all’anno prossimo in considerazione del delicatissimo momento storico, oltre alla difficoltà in cui ci troviamo noi gestori ad applicare questa nuova imposta con la stagione turistica ormai già quasi del tutto prenotata

• introdurre un limite di pernottamenti per adeguarsi agli altri Comuni del territorio ed eliminare l’evidente svantaggio competitivo che si verrebbe a creare con il regolamento già approvato.

Siamo fiduciosi che la sensibilità e la lungimiranza dell’amministrazione porti a valutare le nostre proposte.

Francesco De Ninno e Serena Rosati, Agriturismo Frallarenza

Mario Montevecchi, Agriturismo Fattoria Walden




Paolo Maiolini, Confagricoltura, “l’aumento dei costi dei prodotti e dei carburanti è ormai insostenibile per gli imprenditori agricoli”

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Iniziamo una serie di interviste per Zoom – speciale guerra Ucraina, l’aumento dei prezzi con Paolo Maiolini, vice-direttore di Confagricoltura Umbria.  Il settore primario è fra i più colpiti e i prodotti dell’agricoltura stanno aumentando velocemente, ma senza che i produttori ne traggano profitto, o quasi. 

Qual è la situazione in questo momento per gli agricoltori e gli imprenditori agricoli italiani, per esempio, per quanto riguarda i carburanti?

La situazione è drammatica. A partire da dicembre le aziende stanno effettuando tutti i lavori che sono prodromici alla semina e tutte prevedono l’utilizzo di macchine agricole con forti consumi di carburante e gli aumenti hanno colpito duramente come è succede e sta succedendo per famiglie e imprese.   Ma a preoccupare ancora di più sono i rincari dei prodotti in genere.  Ad esempio, il concime che costava € 37 al quintale solo 18 mesi fa ora nel costa € 102 in media con una crescita vertiginosa pari al 300% e il concime è necessario a ogni tipo di coltivazione.  Oggi l’imprenditore agricolo paga ma non sa quanto potrà riprendere a fine stagione.

Vorrei entrare a gamba tesa sull’argomenti dei prezzi dei prodotti agricoli.  I cittadini hanno notato a loro spese la crescita dei prezzi di frutta, verdura e pane, in particolare e in molti sostengono che la “colpa” sia proprio degli agricoltori.  E’ veramente così?

Il costo della produzione che rimane in carico all’agricoltore è pressoché invariato, sono gli altri fattori che portano poi il prodotto finale sul banco con forti aumenti per il consumatore finale.   Quindi certamente non c’è un maggior lucro da parte del dell’agricoltore, lo ripeto sono altri che fanno parte della catena di distribuzione e che hanno determinato un maggior costo finale del prodotto insomma

Mi ha colpito l’aumento dei costi dei concimi ma è stato costante nel tempo o c’è stata un’impennata negli ultimi mesi?

Il vero decollo dei prezzi c’è stato a partire dallo scorso novembre, ma volevo sottolineare che il concime è solo un esempio.  Per chi vuole rinnovare un vigneto, sempre per far comprendere meglio la situazione, un palo di testata da 12 è passato a 22 euro, i pali da filare da 5 a 8 euro mentre i tutori da 0,35 sono passati a 0,60 con aumenti che vanno dal 58 al 95% che incidono in maniera pesante sul prezzo a ettaro.  Noi abbiamo chiesto che venga aggiornato il prezzario regionale di riferimento ma i tempi non saranno sicuramente brevi.

Per ascoltare l’intera intervista clicca sull’immagine….




Signore/i consiglieri, ma siamo proprio sicuri che Orvieto riesca a rimanere “città viva” nel prossimo futuro?

Che cosa sta accadendo alla politica orvietana? Sono più o meno dieci giorni che si accapigliano intorno alle dichiarazioni del presidente Garbini sulla distanza tra realtà civile e politica, ora altri giorni sulla questione Sartini, tra l’altro sospesa dal partito e sfiduciata dal sindaco, e la minoranza battaglia con una mozione di sfiducia che, come già successo all’epoca di Gnagnarini a parti invertite, non può essere discussa in consiglio perché non competente in materia, tanto che quella effettiva è già cosa fatta. Però si scrivono post su post sui social, eccoli di nuovo i social, quelli al centro della polemica politica di questi giorni, anzi di queste settimane, diciamolo pure di questa consiliatura e in parte della scorsa.

L’ultimo post in ordine di apparizione riguarda la domanda retorica posta da un consigliere di maggioranza sul reale perché delle strade vuote, imputando la colpa alle politiche di contrasto al covid. E’ l’ultima esternazione di una lunga serie, ma alla domanda come rispondere? Questo dovrebbe essere il ruolo della politica, ma non sembrerebbe così e allora proviamo a darla noi da cittadini: probabilmente perché non ci sono soldi a disposizione, le bollette stanno arrivando e sono cresciute e i prezzi, nonostante i saldi, sono aumentati, un mix terrificante che rischia di far sbattere il Paese tutto in recessione se la bolla, in parte speculativa, dei costi energetici e della spirale dei rialzi generalizzati non verrà nel breve periodo arrestata e almeno parzialmente compensata da un aumento degli stipendi così da riconsegnare una parte di potere d’acquisto perso in questi ultimi tre mesi. L’appello che ci sentiamo di lanciare alla politica tutta, di destra, di centro, di sinistra e civica riguarda la reale situazione di Orvieto che non può essere racchiusa semplicemente nel jingle “città viva, esperienza unica”.

Ma è chiaro che, come ben evidenziato dall’ultimo report di Cittadinanza Territorio e Sviluppo curato da Antonio Rossetti su dati di Medicom043, Bollettino Economico del CSCO e Report sulle prime 20 aziende dell’area interna sempre di CTS, che Orvieto è in pieno declino, che non c’è “voglia di futuro” che s’investe poco ma soprattutto s’innova poco? E’ chiaro che il turismo è un settore importante ma che nelle prime 20 aziende dell’Area Interna sud-ovest, e di quelle dell’orvietano, non vi è alcuna realtà del comparto e che una delle aziende principali presenti nella classifica, Vetrya, appesantiva gli indici nel 2019 e ora è in liquidazione e, comunque vada, con alcune decine di lavoratori che avranno accesso alle tutele di legge ma senza lavoro? E’ chiaro che si moltiplicano le realtà imprenditoriali in crisi che chiudono, come nel caso di Michelangeli, storica bottega orvietana, o vengono messe in liquidazione e che le attività commerciali soffrono grandemente? E’ chiaro che c’è una questione ancora aperta riguardante la banca di territorio e il suo prossimo futuro con un aumento di capitale alle viste e le continue voci su nuovi tagli e soprattutto quelle mai sopite, di una possibile fusione con conseguente scomparsa del marchio e della sede legale? E’ stato compreso che a ogni chiusura, delocalizzazione e fusione corrisponde anche una perdita fiscale per il Comune che non si ritroverà più addizionali Irpef in bilancio? E i campanelli d’allarme non finiscono qui…

La crisi demografica che ci ha fatto scendere sotto i 20 mila è un male comune dell’Umbria ma, tra i centri più grandi, con una percentuale maggiore e rischia di scendere ancora, magari sotto i 18 mila il che significherebbe vedersi cancellare alcuni servizi ora presenti. E poi l’ospedale e la sanità di territorio con la Casa di Comunità prevista accanto al Duomo, scelta almeno discutibile, e non alla Piave, altra questione ancora scoperta, dove la USL ha un immobile di proprietà, pagato con soldi della collettività, e fermo lì a marcire. Si preferisce andare a spendere sicuramente di più, visto il pregio e i vincoli, oltre alle dimensioni e al sistema viario tutto da mettere a sistema e rendere fruibile, al Duomo invece di procedere così come a suo tempo fu definito, in un posto con parcheggi già disponibili, sistema viario già pronto, collegato con il resto della città grazie alla vicinanza della funicolare e nel centro storico…mah!

E ancora la partita dei rifiuti e del sistema viario su ferro e su gomma che ci lascia ancora isolati dal resto della Regione e ci vede testimoni passivi dell’Alta Velocità. Qualcuno ha mai provato a stendere una lista della spesa da chiedere come parziale risarcimento per l’impatto ambientale, per i danni d’immagine e per le difficoltà che ogni giorno i cittadini orvietani devono superare per raggiungere Tribunale, Regione, Provincia, Camera di Commercio, Ospedali, università e altro?

Le stesse domande le poniamo anche ai rappresentanti delle categorie produttive, ai sindacati e a chi più in generale si occupa di impresa. La politica ha un ruolo primario e il consiglio comunale non può scollarsi dalla realtà del quotidiano, intervenendo laddove ha possibilità e capacità concrete e individuando le strade per interloquire e fare pressioni sugli organi competenti quando non si ha capacità di incidere direttamente. Il teatro della politica è parte integrante del sistema ma non può essere il protagonista assoluto per gran parte del tempo, salvo alcune eccezioni. Orvieto vuole essere viva ma per farlo ha necessità di avere gli strumenti adatti e politica, impresa e sindacato, insieme possono tentare questa battaglia, anche nelle differenze, ma con l’obiettivo comune del benessere dei cittadini tutti.