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Signore/i consiglieri, ma siamo proprio sicuri che Orvieto riesca a rimanere “città viva” nel prossimo futuro?

Che cosa sta accadendo alla politica orvietana? Sono più o meno dieci giorni che si accapigliano intorno alle dichiarazioni del presidente Garbini sulla distanza tra realtà civile e politica, ora altri giorni sulla questione Sartini, tra l’altro sospesa dal partito e sfiduciata dal sindaco, e la minoranza battaglia con una mozione di sfiducia che, come già successo all’epoca di Gnagnarini a parti invertite, non può essere discussa in consiglio perché non competente in materia, tanto che quella effettiva è già cosa fatta. Però si scrivono post su post sui social, eccoli di nuovo i social, quelli al centro della polemica politica di questi giorni, anzi di queste settimane, diciamolo pure di questa consiliatura e in parte della scorsa.

L’ultimo post in ordine di apparizione riguarda la domanda retorica posta da un consigliere di maggioranza sul reale perché delle strade vuote, imputando la colpa alle politiche di contrasto al covid. E’ l’ultima esternazione di una lunga serie, ma alla domanda come rispondere? Questo dovrebbe essere il ruolo della politica, ma non sembrerebbe così e allora proviamo a darla noi da cittadini: probabilmente perché non ci sono soldi a disposizione, le bollette stanno arrivando e sono cresciute e i prezzi, nonostante i saldi, sono aumentati, un mix terrificante che rischia di far sbattere il Paese tutto in recessione se la bolla, in parte speculativa, dei costi energetici e della spirale dei rialzi generalizzati non verrà nel breve periodo arrestata e almeno parzialmente compensata da un aumento degli stipendi così da riconsegnare una parte di potere d’acquisto perso in questi ultimi tre mesi. L’appello che ci sentiamo di lanciare alla politica tutta, di destra, di centro, di sinistra e civica riguarda la reale situazione di Orvieto che non può essere racchiusa semplicemente nel jingle “città viva, esperienza unica”.

Ma è chiaro che, come ben evidenziato dall’ultimo report di Cittadinanza Territorio e Sviluppo curato da Antonio Rossetti su dati di Medicom043, Bollettino Economico del CSCO e Report sulle prime 20 aziende dell’area interna sempre di CTS, che Orvieto è in pieno declino, che non c’è “voglia di futuro” che s’investe poco ma soprattutto s’innova poco? E’ chiaro che il turismo è un settore importante ma che nelle prime 20 aziende dell’Area Interna sud-ovest, e di quelle dell’orvietano, non vi è alcuna realtà del comparto e che una delle aziende principali presenti nella classifica, Vetrya, appesantiva gli indici nel 2019 e ora è in liquidazione e, comunque vada, con alcune decine di lavoratori che avranno accesso alle tutele di legge ma senza lavoro? E’ chiaro che si moltiplicano le realtà imprenditoriali in crisi che chiudono, come nel caso di Michelangeli, storica bottega orvietana, o vengono messe in liquidazione e che le attività commerciali soffrono grandemente? E’ chiaro che c’è una questione ancora aperta riguardante la banca di territorio e il suo prossimo futuro con un aumento di capitale alle viste e le continue voci su nuovi tagli e soprattutto quelle mai sopite, di una possibile fusione con conseguente scomparsa del marchio e della sede legale? E’ stato compreso che a ogni chiusura, delocalizzazione e fusione corrisponde anche una perdita fiscale per il Comune che non si ritroverà più addizionali Irpef in bilancio? E i campanelli d’allarme non finiscono qui…

La crisi demografica che ci ha fatto scendere sotto i 20 mila è un male comune dell’Umbria ma, tra i centri più grandi, con una percentuale maggiore e rischia di scendere ancora, magari sotto i 18 mila il che significherebbe vedersi cancellare alcuni servizi ora presenti. E poi l’ospedale e la sanità di territorio con la Casa di Comunità prevista accanto al Duomo, scelta almeno discutibile, e non alla Piave, altra questione ancora scoperta, dove la USL ha un immobile di proprietà, pagato con soldi della collettività, e fermo lì a marcire. Si preferisce andare a spendere sicuramente di più, visto il pregio e i vincoli, oltre alle dimensioni e al sistema viario tutto da mettere a sistema e rendere fruibile, al Duomo invece di procedere così come a suo tempo fu definito, in un posto con parcheggi già disponibili, sistema viario già pronto, collegato con il resto della città grazie alla vicinanza della funicolare e nel centro storico…mah!

E ancora la partita dei rifiuti e del sistema viario su ferro e su gomma che ci lascia ancora isolati dal resto della Regione e ci vede testimoni passivi dell’Alta Velocità. Qualcuno ha mai provato a stendere una lista della spesa da chiedere come parziale risarcimento per l’impatto ambientale, per i danni d’immagine e per le difficoltà che ogni giorno i cittadini orvietani devono superare per raggiungere Tribunale, Regione, Provincia, Camera di Commercio, Ospedali, università e altro?

Le stesse domande le poniamo anche ai rappresentanti delle categorie produttive, ai sindacati e a chi più in generale si occupa di impresa. La politica ha un ruolo primario e il consiglio comunale non può scollarsi dalla realtà del quotidiano, intervenendo laddove ha possibilità e capacità concrete e individuando le strade per interloquire e fare pressioni sugli organi competenti quando non si ha capacità di incidere direttamente. Il teatro della politica è parte integrante del sistema ma non può essere il protagonista assoluto per gran parte del tempo, salvo alcune eccezioni. Orvieto vuole essere viva ma per farlo ha necessità di avere gli strumenti adatti e politica, impresa e sindacato, insieme possono tentare questa battaglia, anche nelle differenze, ma con l’obiettivo comune del benessere dei cittadini tutti.




Tornano gli studenti della University of Arizona. Claudio Bizzarri, “Chi la dura la vince!”

Contro tutti i pronostici e tenendo le dita incrociate (anche quelle dei piedi) siamo riusciti a far partire il Summer Program della University of Arizona. Di certo i numeri pre-pandemia sono un lontano ricordo ma va anche detto che pure Orvieto pre-pandemia era ben diversa. E comunque quello che è importante è il segnale, da questa parte dell’oceano e dall’altra. Il tentativo di riempire un po’ le strade e le piazze che per troppo tempo hanno sofferto una desolazione devastante, soprattutto a livello del morale. Di certo è stata una scommessa, per ora vinta (e si tocca ferro …) che s’è concretizzata attraverso protocolli e raccomandazioni, facendo concentrare gli studenti su
voli covid-free che hanno permesso di bypassare una quarantena che non avrebbe di certo reso appetibile un programma di 5 settimane.

A seguire ci sono state le riorganizzazioni degli spazi didattici e delle modalità di accesso presso il CSCO, la scelta di attività comuni che potessero avere luogo in massima parte all’esterno, il disegnare Orvieto in un modo nuovo, non necessariamente costretto e costringente, facendo tesoro di quello che in quasi 20 anni è stato studiato, ragionato, permesso, evitato. Il covid19 ha messo a dura prova un sistema che si riteneva ormai consolidato ma che tale non era: sembra così lontano quel triste 8 marzo 2020 nel quale gli studenti dello Spring Semester furono costretti (e “costretti” è il termine corretto!) ad abbandonare i loro appartamenti, la scuola, la città e far ritorno negli USA. Bisogna anche dire che da parte dello Study Abroad Office della casa madre la scelta di far tornare in Italia studenti è stata coraggiosa. Non sono molti gli atenei che hanno adottato questa filosofia, soprattutto in quanto il CDC (Centers for Disease Control and Prevention: https://wwwnc.cdc.gov/travel/notices/covid-4/coronavirus-italy) ancora ci tiene sul livello 4, quello della massima allerta per il quale sconsiglia qualsiasi ipotesi di viaggio non necessario (“Travelers should avoid all travel to Italy”). Ma per ragioni di studio si può ignorare questa indicazione e, ad oggi, possiamo affermare che la University of Arizona c’ha visto lungo, guardando oltre la burocrazia dei numeri che spesso è lenta ad aggiornarli e ad aggiornarsi di conseguenza. Sta di fatto che i ragazzi che sono venuti – un piccolo gruppo di sette – seguono le regole che sono vigenti nel nostro paese, non si lamentano e guardano, con lo stesso stupore che trasudava dal volto dei loro colleghi di un paio d’anni or sono, quello che la città ed il Paese offrono.

Sarà magari più difficile capirlo a primo acchito, data la mascherina sul viso, ma gli occhinon mentono!!! Così come non mentono i ricordi: una studentessa che ha frequentato i nostri corsi in passato ha acquistato il libro di Erika Bizzarri “Orvieto as it was …and is: A Personal Journal” e ci scrive: “l’ho letto tutto d’un fiato e ad ogni pagina sfogliata ho dovuto reprimere lacrime di ricordi e nostalgia. Sono stata in grado di camminare con lei per Orvieto, ritornando in luoghi che avevo visitato con il professor Soren, con voi e con i miei nuovi amici. Tutto quello che ho fatto dopo aver lasciato Orvieto è stato fatto nella speranza di poter trovare un modo per tornare, e di portarci mio figlio. A parte le ginocchia di mio nonno, Orvieto è stato l’unico posto nel quale mi sia sentita al sicuro”.
Se non è promozione della città questa ……

Claudio Bizzarri