Chiesa in Umbria: nel cuore di una crisi

Il cristianesimo, oltre che un’istituzione da conservare, è una realtà che riguarda il futuro. Duemila anni la chiesa ha continuato ad esistere, cercando di mantenere vivi il suo messaggio e la sua esperienza. La perennità è assicurata dal sentirsi responsabile del suo futuro, il quale è profondamente legato alla storia umana e alle sollecitazioni dello spirito. Ma nessuno può negare che attualmente piovono critiche ovunque, dall’esterno e dall’interno. Le frecce più appuntite vengono dai giovani: “La chiesa? Un ostacolo alla libertà, c’impedisce d’essere noi stessi, come un terreno sul quale tutto è già costruito, dove non c’è più nulla da fare. Non siamo dei neonati!”. Secondo l’Istat, durante gli ultimi due decenni nella nostra regione i ‘praticanti regolari’ sono scesi di oltre un quarto, altrettanto quelli saltuari. Di un quarto sono diminuiti i preti diocesani in servizio. Oggi, in Umbria, i preti diocesani in servizio con al massimo 40 anni di età, sono 31. I matrimoni celebrati con rito religioso sono calati di quasi il 40% e sono oggi meno della metà del totale. Nel frattempo, separazioni e divorzi hanno conosciuto un incremento notevole. Di quasi il 10% è calato il numero dei giovani che alle superiori si avvalgono dell’IRC (Insegnamento di religione). Di quasi il 20% è calata la quota di umbri che firma per destinare alla Chiesa cattolica l’8/1000(MEF).

In breve, non solo si partecipa meno alla messa ed alla vita ecclesiale in genere, ma cala anche la quota di coloro che si dicono ‘cattolici’. Questa tendenza, certamente non solo umbra, ha però nella nostra regione ritmi ancora più elevati della media nazionale. Aspettare che passi la crisi senza fare nulla è come cercare di ripararsi da un uragano con l’ombrello! Purtroppo nessuno ne parla: occhio non vede, cuore non duole. La chiesa sembra assomigliare a un vecchio che pensa di avere sempre ragione, mentre i giovani se ne vanno via di gran carriera.

Anche la cattolicissima Italia che un tempo era nota per essere patria di santi e missionari si sta avviando ad assomigliare sempre di più alla Francia o alla Germania, dove la religione è ormai un elemento quasi marginale nella vita delle persone.

Sempre più si fa strada una visione della ‘pietas cristiana’ legata alla dimensione spirituale e non morale dell’esistenza. È diffusa l’idea che questa chiesa appartenga a un’altra epoca, con il suo linguaggio, i suoi riti, i suoi ‘ornamenti’, una realtà rimasta al medioevo, sebbene c’è chi ancora si augura che rimanga tale e quale come l’ha conosciuta un tempo.

Il tipo di atteggiamento di molti cattolici appare giuridico, moralista e autoritario, quando invece ci si dovrebbe ispirare in ogni momento alle parole di Cristo: “I cristiani si riconosceranno dall’amore”. Si registra così un crollo della fede tra gli italiani; uno su due non crede più e gli atei sono quasi raddoppiati, senza contare che la partecipazione alla messa è in picchiata. Cosa si può fare per una chiesa che tarda a rinnovarsi di fronte all’attuale sviluppo e progresso nel mondo? Così si esprime Gilbert Cesbron, scrittore e filosofo contemporaneo: “Dobbiamo ammettere d’aver indotto il mondo a credere che le nostre mani giunte erano il contrario di quelle aperte, di quelle attive, di quelle tese”.

Una chiesa dunque che si deve aprire al mondo, deve vivere nel mondo per allargarsi fino ai confini del mondo.




Torna la sperimentazione sulle offerte liberali al clero e don Luca Conticelli spiega, “più risorse alla comunità per chi è in difficoltà”

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Torna la sperimentazione sulle offerte liberali per il clero e ancora una volta una delle Parrocchie scelte è quella di Sant’Andrea con don Luca Conticelli che spiega come funziona e perché si vuole spingere sulla liberalità. “Bisogna liberare risorse per poi spenderle per aiutare le famiglie in difficoltà che sono sempre di più”, sottolinea don Luca che ricorda il numero sempre maggiore di persone che si recano al centro Caritas di Orvieto per chiedere aiuto. “vediamo un costante aumento delle persone che vengono per necessità e iniziano a essere molti gli anziani soli”. Solitudine, povertà, mancanza di lavoro, dignità sono le parole che più ricorrono e anche sobrietà da parte dei sacerdoti che sono guida della comunità, parola che non può e non deve essere vuota e superficiale ma di sostanza soprattutto nei momenti di grande difficoltà e di crisi.




8xmille, la Chiesa umbra in sofferenza nel 2020 cala il numero dei contribuenti che decidono di donare

La Conferenza Episcopale Umbra (CEU) ha presentato la rendicontazione dell’8xmille e la pubblicazione che monsignor Luciano Paolucci Bedini, delegato al Sovvenire, ritiene “uno strumento agile, semplice ma molto significativo.  Abbiamo la necessità di comunicare in maniera trasparente come questi denari che arrivano dallo Stato alla Chiesa Cattolica, vengono spesi bene”.  Il 2020 è stato un anno molto particolare e i fondi sono stai impegnati in “opere di carità, culto, educazione, catechesi e formazione della comunità cristiana”.  Per Paolucci Bedini, “la Chiesa ha bisogno di crescere, andando a intercettare finanziamenti che vadano oltre l’8xmille. La tutela dell’arte ha costi molto elevati ma è uno degli elementi indispensabili alla vita della comunità cristiana e in generale alla comunità sociale”.  Sempre Paolucci Bedini ha poi lanciato l’idea-provocazione di una sorta di “art-bonus” curato dalla Chiesa Cattolica così come è stato pensato dalla Stato, in pratica, “una raccolta di fondi dedicati alla custodia dei beni culturali, storico-artistici e spirituali che nella gran parte dei casi sono di proprietà della comunità ecclesiale”.  

Il vero problema di questi ultimi anni riguarda l’ammontare dell’8xmille, in progressiva diminuzione.  Il 2020 è stato un anno da questo punto di vista piuttosto negativo anche se gli effetti saranno ritardati di alcuni anni e si toccheranno con mano nel 2023 e più segnatamente nel 2024.  Quali sono le mancanze del Sovvenire?  Da una parte il calo è dovuto a due fattori, uno riguarda gli oltre 10 milioni di cittadini che non hanno l’obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi e quindi non firmano per l’8xmille; dall’altra c’è un progressivo distacco degli italiani dalla Chiesa come punto di riferimento.  In parole povere c’è una crisi di credibilità dovuta spesso alla comunicazione filtrata dai media.  Ma è colpa dei giornali e dei giornalisti in particolare?  In parte sicuramente fa più notizia un fatto negativo che una “buona notizia”, dall’altra c’è un deficit comunicativo da parte della Chiesa, della Cei, che non riescono a far filtrare il corretto utilizzo dei fondi derivanti dall’8xmille e non solo.

Per l’Umbria come vanno le cose?  Non bene; la media di contribuenti che firmano è del 34% mentre in Italia è del 40% con una flessione del 7,7%, anche questa superiore alla media nazionale che è del 7,1%.  L’aumento dei contributi è dovuto al parallelo crescere degli imponibili medi e ha tamponato l’emorragia dovuta anche agli esenti dalla dichiarazione è qui a soffrire sono soprattutto le diocesi dove il numero di coloro che sono senza obbligo di dichiarazione è più alta.  In totale la Chiesa cattolica italiana ha ricevuto dallo Stato 1.135.000.000 una cifra apparentemente ampia ma in costante calo dal 2016 e che nel 2020 ha subito una frenata del 5,5%.

E’ un quadro in chiaroscuro quello che esce dal resoconto 2020 dell’8xmille, con alcune note che fanno ben sperare per il prossimo futuro, in particolare per quanto riguarda le donazioni liberali, una sperimentazione che ha dato ottimi risultati soprattutto in Umbria e in particolare nella Parrocchia di Sant’Andrea a Orvieto.