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CariOrvieto, semestrale positiva e solidità patrimoniale in crescita

Il Consiglio di Amministrazione della Cassa di Risparmio di Orvieto ha esaminato e approvato la Relazione Finanziaria Semestrale relativa al periodo 1 gennaio – 30 giugno 2023. Nonostante il contesto macroeconomico piuttosto incerto la Cassa ha registrato risultati positivi. La crescita degli impieghi alla clientela è pari a 4,5%, da 1,12 miliardi di euro al 31 dicembre 2022 a 1,17 miliardi di euro al 30 giugno 2023, grazie alla crescente propulsione commerciale a sostegno dell’economia reale (le erogazioni dei finanziamenti a medio lungo termine alle famiglie e alle piccole e medie imprese sono state pari a 80,6 milioni di euro, in incremento pari all’11,9% rispetto al primo semestre 2022). La raccolta diretta da clientela si attesta a 1,08 miliardi di euro al 30 giugno 2023 (1,10 miliardi al 31 dicembre 2022, -1,24%). La componente indiretta della raccolta si attesta, invece, a 525,51 milioni di euro registrando una crescita del 3,6% rispetto al dato di fine 2022 (507,49 milioni di euro).

L’incidenza percentuale dei crediti non-performing lordi rispetto al totale impieghi lordi (NPLs ratio lordo) si posiziona all’8,44%, in ulteriore calo rispetto al 9,27% di fine 2022. Analogamente, si riduce l’indicatore al netto delle rettifiche di valore (NPL ratio netto) pari al 2,98 (3,45% al 31 dicembre 2022). Ulteriormente in crescita, inoltre, il grado di copertura complessivo dei crediti deteriorati che passa dal 65,15% di dicembre 2022 al 66,83% al 30 giugno 2023. Si rafforzano anche i coefficienti di solidità patrimoniale (CET1/Tier1 ratio e Total Capital ratio) che si attestano al 12,79% (12,63% al 31 dicembre 2022), su un livello ampiamente superiore alle soglie minime regolamentari. La Cassa ha mantenuto elevati livelli di liquidità, con un indice LCR al 201,4% e un indice NSFR al 116,2%.

Complessivamente, i risultati del primo semestre riflettono la solida posizione finanziaria della Cassa di Risparmio di Orvieto con l’utile netto del semestre in crescita del 31,3% a 3,04 milioni di euro e un aumento del margine d’intermediazione del 10,8% a 25,92 milioni contro i 23,39 nello stesso periodo dello scorso esercizio.




Associazione Praesidium, “parteciperà la Fondazione all’aumento di capitale CRO?”

Abbiamo letto con attenzione le dichiarazioni del presidente della Fondazione CRO, Libero Mario Mari, dalle quali emerge la conferma di un imminente e rilevante aumento di capitale per la Cassa di Risparmio che potrebbe obbligare la stessa Fondazione ad intervenire con ingenti risorse. Dal nostro punto di vista, riteniamo doveroso chiarire alcuni aspetti di questo nuovo evento. Un aumento di capitale viene eseguito fondamentalmente per due motivi: perché c’è un piano di sviluppo e servono risorse per attuarlo o perché la situazione dei conti è tale che la gestione corrente richiede l’immissione di nuove risorse.

Leggendo il bilancio 2020 di CRO, recentemente pubblicato, appare evidente che la ricapitalizzazione annunciata dal Prof. Mari costituisca una necessità volta a mantenere i parametri della banca all’interno di quanto fissato dall’Autorità di vigilanza. D’altra parte, non abbiamo evidenze che ci suggeriscono di alcun piano industriale di sviluppo che preveda investimenti per la sua attuazione.

Ricordiamo che la Fondazione CRO è socio di minoranza qualificata della banca con il 26,47% del capitale e si trova a dover scegliere se aderire all’aumento mantenendo le sue attuali prerogative o veder diluita la sua partecipazione. La storia recente ha dimostrato che gli aumenti di capitale effettuati dalla Fondazione nella Cassa di Risparmio di Orvieto hanno prodotto perdite per circa 10 milioni di euro, che ricordiamo trattarsi di denaro della comunità amministrato pro-tempore da soci candidatisi a gestirlo. A noi appare sinceramente poco credibile che sino ad oggi la Fondazione sia stata tenuta totalmente all’oscuro di questa operazione e delle motivazioni ed obiettivi sottesi all’aumento di capitale. La scelta è tutt’altro che scontata, considerati i rischi connessi e la redditività pressoché inesistente della partecipazione, considerato che anche l’ultimo esercizio si è chiuso in perdita e con costi quasi pari ai margini. Considerato inoltre che la storia recente ci ricorda che sono stati bruciati circa 100 milioni di euro sul nostro territorio (peraltro, senza che amministratori pubblici e privati, così solleciti a intervenire contro ogni logica industriale per la chiusura di sei piccole filiali, alzassero la voce per chiederne le ragioni e le responsabilità), riteniamo assolutamente necessario e non rinviabile un ampio dibattito che ci faccia capire che fine potrebbero fare i nostri soldi.

La fiducia nelle decisioni delegate si guadagna con una storia positiva, la partecipazione e la trasparenza delle informazioni. Riteniamo nostro preciso dovere continuare a seguire la materia ed intervenire pubblicamente tenendovi informati.

Associazione Praesidium




Il Governatore Visco, “piccolo nel credito non è bello e conveniente”, e ora qual è il futuro di CRO?

Come ogni anno sono arrivate puntuali la “Considerazioni finali” del governatore di Bankitalia, Ignazio Visco.  Quest’anno, poi, erano particolarmente attese per molteplici motivi; si sta preparando una grande risiko bancario nel centro-nord Italia, la transizione verso la digital bank è stata accentuata con la pandemia, la risoluzione del problema MPS (mai nominata nella Relazione ndr), solo per citare i principali.  In fondo alla lista, ma più per campanilismo c’è anche la questione della nuova BPBari a conduzione pubblica e il nodo CRO.

Ignazio Visco ha di fatto definitivamente archiviato il modello di piccolo istituto di credito invitando quelli ancora esistenti a chiudere accordi commerciali ma, preferibilmente a convolare a giuste nozze, forse sarebbe meglio dire obbligate, con dei soggetti di dimensioni adeguate per assicurare competitività nel credito.  In poche parole i casi isolati, ormai, delle popolari “stand alone” come Ragusa o casse come Asti devono trovare il modo di ottimizzare i costi per non perdere nella grande corsa alla competitività.  E la CariOrvieto?  La situazione è apparentemente semplice, la banca orvietana è soggetta al coordinamento della capogruppo Bari ma ha un socio di minoranza, leggasi Fondazione, che può bloccare, ad esempio le ricapitalizzazioni.  Anche Bari, così da sola, rientra nelle “piccole dimensioni” indicate come in difficoltà da Visco.  Due debolezze, si sa, si sommano ed è quindi necessario un intervento che metta al fine chiarezza e interrompa quel gioco stucchevole che vede la CRO chiamata “banca di territorio” a fasi alterne e quando conviene.

La realtà sarà anche dura da accettare ma la banca è una SpA che risponde a logiche proprie di una società di capitali che deve cercare il guadagno prima di tutto.  E’ coordinata e controllata da un soggetto geograficamente lontano che a sua volta è controllato dallo Stato tramite MCC.  Bari potrebbe essere uscita dal “piccolo non è bello”, permangono i problemi di bilancio ma oggi l’azionista di riferimento non è più diffuso ma uno, solido e forte, lo Stato.  Orvieto è in un limbo e da tempo si rincorrono i rumors su un aumento di capitale da circa 16/18 milioni di euro per mettere in sicurezza i conti e in particolare gli indici patrimoniali.  La Fondazione, socio di minoranza, avrebbe diritto di veto, ma non assoluto.  E potrebbe tornare di moda la fusione anche per raggiungere quelle dimensioni che Visco indica come necessarie per competere sul mercato del credito nei prossimi anni.  Lo spiega in un passaggio il Governatore, “i bassi tassi d’interesse, i costi elevati e la più intensa concorrenza alimentata dall’applicazione delle tecnologie digitali all’offerta di servizi finanziari comprimono la redditività”.   Appare quindi ormai segnata la strada che vede CROrvieto destinata alle nozze o con Bari o direttamente con MCC e successivamente si potrà anche pensare al giusto ristoro per quegli azionisti/risparmiatori che negli anni passati hanno acquistato quote della vecchia BPBari, perché solo con un azionista forte e stabile si può contrattare ed ottenere un parziale storno oppure conservare le azioni sperando in un ritorno all’utile e quindi ai dividendi in tempi medi.

Quindi siamo tornati al “piccolo non è bello e conveniente. via al grande risiko bancario, parola di Governatore”!




CariOrvieto, una provincia dell’impero MCC. Fratini, “c’è il rischio che diventi il bancomat per lo sviluppo del Sud”

La banca di territorio diventa parte di un gruppo, Banca del Mezzogiorno-MCC che ha al centro, citiamo testualmente il comunicato ufficiale “il sostegno delle famiglie e delle imprese con un focus ancora più forte sulle Pmi del Mezzogiorno”, queste sono le parole di Bernardo Mattarella, ad del Gruppo MCC.  Andando a leggere sempre nel comunicato, “il nuovo gruppo sarà attivo nel promuovere e incentivare la collaborazione e le sinergie tra banche e istituti finanziari del Sud Italia, abilitare gli investimenti evolutivi e collegare le comunità del Mezzogiorno mediante partnership pubblico-privato”.  Un progetto sicuramente di vasto respiro e ambizioso ma, molto focalizzato in una precisa area geografica, il Sud, che ha ben poco in comune con Orvieto e l’ambito di azione della CariOrvieto.  Molto netto, a tal proposito il giudizio di Marco Fratini, ex-consigliere d’indirizzo della Fondazione CRO, che ha lasciato l’incarico proprio per il piano industriale del gruppo e della banca dove chiaramente era scritto della chiusura delle filiali sul territorio; “direi che alla luce del comunicato mi dimetterei una seconda volta, se fosse possibile. Insomma, siamo andati a dormire in Umbria, a Orvieto, e ci siamo svegliati nel Mezzogiorno, a Bari.  Se si dovesse trattare di un mero abbaglio geografico basta correggere, ma temo che non sia solo questo”.

A parte l’errore geografico c’è la sostanza che preoccupa Fratini, ma dovrebbe preoccupare tutti.  I sindaci dell’orvietano hanno chiesto a gran voce un confronto per la chiusura delle filiali, ad esempio, ma anche gli operatori economici dovrebbero reagire per tanti motivi.  Sempre Fratini, “E’ lo scenario economico del gruppo che stona, tutto focalizzato con il Sud.  C’è il rischio potenziale che i capitali prendano strade lontane e che CariOrvieto diventi il bancomat dello sviluppo del Mezzogiorno”.  Basta poco, ci sono tante operazioni di finanza ordinaria e straordinaria per far pendere la bilancia da una parte o dall’latra secondo le necessità.  “E’ chiaro – spiega ancora Marco Fratini – che ci sia stata l’intenzione di dare maggiore enfasi al Sud ma nel comunicato non è citata mai Orvieto e se fossi un’istituzione chiederei una rettifica geografica, sicuramente, ma soprattutto un maggiore rispetto per la specificità del nostro territorio”.

Nel comunicato, sempre analizzandolo, le parole Sud e Mezzogiorno, appaiono quattro volte in poco meno di 15 righe, e l’unico manager titolato a parlare è Giampiero Bergami, ad della Banca Popolare di Bari, mentre l’altra e cioè CariOrvieto, sembra una sorta di Cenerentola, probabilmente perché ormai da gennaio è, di fatto, senza un direttore generale in carica, ma con un cda nuovo di zecca sempre molto silenzioso.  Verrebbe da pensare che CariOrvieto si trovi all’interno del gruppo per caso, come braccio operativo e, ancora un po’ di autonomia, almeno fino al prossimo aggiornamento del piano industriale.  Intanto, però arriva la web-radio corporate che può essere ascoltata da app, un palinsesto quotidiano con musica, news, promo aziendali e di prodotto.  Il commento di Fratini, non si fa attendere, “quel che è certo che si apre una web-radio e intanto si chiudono le filiali e altre si trasformano in cashless, una bella trovata”.