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La Cassa di Risparmio di Orvieto chiude il 2023 con un utile netto a 7,8 milioni di euro, +200% in un anno

Il Consiglio di Amministrazione della Cassa di Risparmio di Orvieto ha annunciato i risultati dell’esercizio finanziario 2023, che chiudono con un utile netto di 7,81 milioni di euro. Un notevole aumento rispetto all’anno precedente, quando si era fermato a 2,61 milioni di euro. L’utile netto di 7,81 milioni di euro rappresenta un incremento del 200% rispetto all’esercizio precedente, evidenziando una crescita notevole del margine di interesse (+35,6%) che si attesta a 35,82 milioni di euro. L’attività commerciale ha contribuito a un aumento del 17% degli impieghi netti verso la clientela, raggiungendo circa 78 milioni di euro.

Il margine di intermediazione, che include il margine di interesse e le commissioni nette, ha registrato un incremento del 19,9%, raggiungendo i 55,66 milioni di euro. Allo stesso tempo, il cost/income è diminuito dal 67,8% al 62,8%, sottolineando una gestione efficiente delle risorse finanziarie. Gli impieghi netti verso la clientela, che rappresentano 1.198,64 milioni di euro, sono cresciuti del 7%, sostenuti dalle nuove erogazioni di finanziamenti a famiglie e piccole/medie imprese, che ammontano a circa 163 milioni di euro. La raccolta totale ha registrato un aumento del 3,6%, con la raccolta diretta che ha visto un incremento del 1,5%, raggiungendo i 1.114,18 milioni di euro, e la raccolta indiretta che ha segnato un aumento del 8,1%, attestandosi a 548,48 milioni di euro.

Inoltre, la riduzione dell’NPL ratio lordo e netto al 6,1% e al 2,4%, rispettivamente, sottolinea la robustezza della gestione del rischio e l’impegno nel garantire la qualità del portafoglio crediti. Dalla Cassa di Risparmio di Orvieto viene sottolineata la solidità patrimoniale con i coefficienti di CET1, Tier1 e Total capital ratio che si attestano al 13,21%, recependo il computo dell’utile netto di esercizio nel capitale primario di classe 1 (CET1).

Il rinnovato logo, in linea con gli standard del Gruppo Mediocredito Centrale, sottolinea la volontà della Cassa di Risparmio di Orvieto di rafforzare la propria identità all’interno del gruppo. Gli sforzi per sostenere famiglie e piccole/medie imprese, insieme alla solida posizione finanziaria, confermano il ruolo centrale della banca nell’economia locale.




Il fatturato consolidato 2022 di Labomar chiude a 22 milioni, il 41,5% in più del 2021

Labomar SpA (Ticker: LBM), azienda nutraceutica italiana attiva a livello internazionale e quotata nel mercato Euronext Growth Milan, ha chiuso il 2022 con un fatturato consolidato preliminare pari a circa 92 milioni di euro[1], di cui il 46% realizzato nei mercati internazionali.  L’incremento rispetto al fatturato consolidato realizzato nel 2021, pari a circa 65 milioni di euro, è del 41,5%. Il dato 2021 includeva – oltre ai valori di Labomar Spa e Entreprises ImportFab Inc. – il fatturato delle società acquisite nell’anno (Gruppo Welcare, a partire dal secondo semestre e Labiotre Srl per il solo mese di dicembre).

Il confronto con i dati pro forma del 2021, che includono nel perimetro i ricavi realizzati dalle controllate acquisite nell’esercizio come se le operazioni di acquisizione si fossero perfezionate all’inizio dell’anno solare, mostra una crescita del fatturato di Gruppo pari al 24%. Il fatturato della capogruppo Labomar SpA, nel 2022, è stato pari a circa 71 milioni di euro, con una crescita robusta di 31,5 punti percentuali sul 2021, da attribuirsi in parte al ritorno della piena attività nelle vendite di probiotici e dei prodotti cough&cold, che avevano subito un rallentamento nel 2021 a seguito dell’utilizzo massivo degli strumenti di protezione Covid, e in parte all’importante crescita di fatturato dei principali key account internazionali, oltre ad un generale incremento della produttività, grazie anche ad un efficientamento delle operations.

Concludere un esercizio così complesso e delicato, contraddistinto da molti imprevisti e difficoltà di contesto, con deidati preliminari di fatturato per il gruppo Labomar così brillanti, mi riempie di grande soddisfazione” ha spiegato l’AD e fondatore Walter Bertin, “sono risultati che premiano le scelte strategiche compiute nell’anno appena concluso, anche in termini di revisione della struttura organizzativa, e che esprimono la nostra capacità di interpretare al meglio il mercato. Allo stesso tempo iniziano anche a mettere a frutto il potenziale legato alle acquisizioni realizzate nel 2021, che hanno completato e rafforzato il controllo della catena del valore di riferimento per il settore nutraceutico, affermandoci sempre più quale player globale. Il risultato, frutto dell’impegno del Management e di tutte le persone di Labomar, va ben oltre le più recenti stime degli Analisti, segnale di come anche l’ultimo trimestre abbia contribuito in misura importante al risultato complessivo”.

Il Consiglio di Amministrazione di Labomar approverà il progetto di bilancio al 31 dicembre 2022 il prossimo 29 marzo.




BPBari, nessun allarme obbligazioni ma incertezze sul futuro del gruppo

A poco più di due mesi dalla scadenza delle obbligazioni emesse dalla Banca Popolare di Bari tra il 2013 e il 2014 in un articolo apparso su “La Repubblica” Edizione di Bari, è stato lanciato un allarme sul pagamento delle stesse.  In realtà non è questo il problema; servono circa 228 milioni di euro per il 31 dicembre.  Ricordiamo che queste obbligazioni erano state emesse a latere degli aumenti di capitale propedeutici all’acquisto in particolare di Tercas da parte dell’istituto bancario allora guidato da Marco Jacobini.  Il resto è ormai storia.  La famiglia Jacobini accusata e sotto inchiesta per vari reati ha obbligato Bankitalia a nominare i commissari straordinari che hanno gestito la transizione verso il gruppo oggi controllato da MCC, cioè dallo Stato.  L’avvocato Augusta Dramisino, rappresentate ufficiale degli obbligazionisti ha sottolineato che “in realtà non vi è alcun allarme sul pagamento delle obbligazioni, si chiede da tempo una comunicazione più dettagliata sul rimborso che non è possibile desumere unilateralmente dalla lettura di una semestrale, documento contabile della banca, pubblico ma di non immediata comprensione per tutti”.  La semestrale di BPBari ha chiuso con un rosso da 101 milioni di euro con i vertici che hanno deciso di utilizzare una parte del capitale per restringere il debito.  Nel prossimo futuro sarà necessaria una nuova iniezione di liquidità con una ricostituzione del capitale e un suo rafforzamento.  Per quanto riguarda CariOrvieto, da quanto si evince dalla relazione al bilancio semestrale la banca locale opera sotto i ratios in deroga da parte di Bankitalia.  Per questo è previsto un aumento di capitale di “almeno 27 milioni di euro” oltre un drastico taglio dei costi generali come, ad esempio, alcune filiali.  Tornando alla capogruppo è chiaro, dal bilancio, che ci sia un’attività tipica debole a fronte di una voce cospicua di entrata per oltre 3 miliardi di euro derivante da fondi UE; di questi circa un miliardo sono stati destinati alla CariOrvieto. 

L’avvocato Dramisino spiega, “le perdite degli esercizi 2020 e 2021 erano previste dal piano industriale predisposto dai commissari anche se non se ne conoscono le previsioni perché il piano non è pubblico ma veicolare questa condizione come normale in un risanamento, a chi ha già perduto una fetta di capitale investito in azioni e chiede di ricevere dettagli e rassicurazioni sulle obbligazioni, che non si limitino a mere dichiarazioni è arduo; quindi non c’è alcun allarme ma è importante riuscire a comprendere dalla banca quali sia la sua politica per l’immediato futuro”.  Leggendo il bilancio, poi, non ci sono risorse congrue per quanto riguarda i contenziosi già passati in giudicato e per quelli in essere, un’altra voce che potrebbe appesantire nel giro di pochi trimestri il bilancio del gruppo.  Quella che manca è la comunicazione da parte dei vertici sia della capogruppo che della controllata CariOrvieto.  Niente si sa e niente trapela sui programmi futuri del gruppo.  Gli unici a parlare sono i numeri con un gruppo che fatica a crescere a fronte di un comparto in recupero.  Il progetto di creare un gruppo bancario dedicato al Mezzogiorno è chiaro tanto che si prospetta anche la possibile operazione sugli sportelli MPS nell’area e in parte dell’Umbria proprio per avere le dimensioni necessarie per essere presenti sul mercato visto che da tempo Bankitalia auspica nuove aggregazioni per snellire il sistema e renderlo più profittevole.  Anche questa eventuale operazione dovrà essere finanziata probabilmente tramite un aumento di capitale con MCC che dovrà mettere mano al portafoglio nonostante proprio BPBari abbia causato perdite per 48 milioni euro alla capogruppo. Il futuro è dunque complesso anche se il direttore generale Giampiero Bergami ha ribadito nelle rare interviste che “il piano banca del sud va avanti anche se abbiamo perdite per 101 milioni di euro”

La mancata comunicazione ha comunque generato molti malumori proprio tra quegli azionisti-obbligazionisti che ritengono di non assistere a un’inversione di tendenza nei rapporti con la banca che continua a rifiutare le sentenze dell’arbitrato bancario e non spiega le modalità di rimborso dei titoli in scadenza il prossimo 31 dicembre.




Nessun allarme sul bilancio consuntivo del Comune, è tutto rinviato al 31 luglio in attesa di conoscere le decisioni del governo

Abbiamo verificato quello che ha scritto l’ex-assessore Massimo Gnagnarini sul bilancio del Comune di Orvieto.  Niente commissariamento perché c’è una legge dello Stato che prevede ben altro.  Ma il pasticcio arriva da lontano, proprio dall’uscita anticipata dal pre-dissesto fortemente voluta proprio da Gnagnarini, allora assessore.  fu utilizzata una norma che permetteva, di fatto, di spalmare i debiti in circa 30 anni.  Dopo poco più di un anno dalla definitiva adozione della norma la Corte Costituzionale dichiarò la norma illegittima.  Il governo decise di intervenire nuovamente con una seconda stesura della cosiddetta “Legge salva Napoli” ma la Corte Costituzionale l’ha nuovamente bocciata e quindi più di 1800 Comuni italiani si sono ritrovati improvvisamente sull’orlo del precipizio, fra questi Napoli, Torino, Lecce e, naturalmente Orvieto.  Sempre l’esecutivo è intervenuto con una norma-tampone in attesa di riscrivere nuovamente l’intero impianto con l’articolo 52 intitolato “Misure di sostegno all’equilibrio di bilancio degli Enti Locali, proroga di termini concernenti i rendiconti e bilanci degli enti locali e fusione dei comuni”.

Riportiamo qui di seguito il testo dell’articolo, “è istituito, presso il Ministero dell’interno, un fondo di 500 milioni di euro per l’anno 2021, in favore degli enti locali che hanno peggiorato il disavanzo di amministrazione al 31 dicembre 2019 rispetto all’esercizio precedente a seguito della ricostituzione del fondo anticipazioni di liquidità se il maggiore disavanzo determinato dall’incremento del fondo anticipazione di liquidità è superiore il 10 per cento delle entrate correnti accertate, risultante dal rendiconto 2019 inviato alla BDAP.  Il fondo è destinato alla riduzione del disavanzo ed è ripartito con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il MEF, d’intesa con la Conferenza Stato città ed autonomie locali, entro 30 giorni dalla data di conversione del presente decreto 3

Per gli enti locali che hanno incassato le anticipazioni di liquidità di cui al decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, e successivi rifinanziamenti, è differito al 31 luglio 2021:

• il termine per la deliberazione del rendiconto di gestione relativo all’esercizio 2020 di cui all’articolo 227, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267…”.

In realtà, quindi, il Comune di Orvieto non è assolutamente in ritardo, avendo tempo per la presentazione e l’approvazione del consuntivo fino al prossimo 31 luglio.  Il bilancio non può essere completato da parte dei tecnici perché manca ancora la norma effettiva che autorizzi gli Enti Locali e proprio lo Stato ha autorizzato questi Comuni ad allungare i tempi per la presentazione del bilancio.

Altra questione è l’ammontare delle risorse messe a disposizione dal MEF, 500 milioni di euro.  Il solo Comune di Napoli ha un deficit di bilancio monstre e Torino non è messa meglio.  Orvieto nel suo piccolo potrebbe anche guadagnarci la definitiva uscita dalle sabbie mobili del deficit e soprattutto lo potrebbe fare in maniera definitiva.  Ma si deve attendere cosa decideranno il governo e in particolare il Viminale e il MEF.  Al netto della polemica politica, quindi, un punta di diritto nulla da eccepire se non che il Comune, con qualsiasi amministrazione, non riesce a comprimere le spese a fronte dell’erogazione di molti servizi e al contemporaneo calo demografico fattosi ormai preoccupante con la discesa netta sotto i 20 mila abitanti.




Massimo Gnagnarini, “i conti del Comune di Orvieto ancora in bambola”

Riceviamo e volentieri pubblichiamo la nota di Massimo Gnagnarini, ex-assessore al Bilancio del Comune di Orvieto, sulle prossime scadenze per la presentazione del consuntivo relativo al 2020.  Secondo Gnagnarini il Comune è fuori tempo massimo e ora rischia il commissariamento e i cittadini rischiano un vero e proprio salasso…ma in realtà non è proprio così e lo spieghiamo in un secondo articolo.

Dalla mezzanotte di oggi 31 maggio 2021 il Comune di Orvieto scivola di nuovo tra i Comuni cosiddetti deficitari. Pertanto da domani 1 giugno scattato sia il blocco delle assunzioni sia il blocco della spesa finanziata con l’applicazione dell’avanzo di amministrazione dell’anno precedente. Inoltre scatta pure l’obbligo di copertura al 100% dei costi dei servizi e di conseguenza l’adeguamento delle tariffe per lo smaltimento rifiuti e di tutti i servizi a domanda individuale quali mense scolastiche, trasporti, ecc..

Il motivo?  La mancata approvazione, da parte del Consiglio comunale di Orvieto, del Rendiconto della gestione finanziaria 2020 entro il termine del 30 aprile 2021 poi prorogato al 31 maggio.  I suddetti pesanti effetti permarranno fin quando questa grave irregolarità non sarà sanata.   Ma a sanare, ormai,  ci dovrà pensare il Prefetto di Terni il quale accerterà se alla data del 31 maggio almeno la Giunta abbia  predisposto o meno lo schema del bilancio consuntivo e nel caso intimerà al Consiglio, con lettera indirizzata a ogni singolo consigliere comunale, di provvedere alla Deliberazione sul Rendiconto 2020 entro i successivi venti giorni. Nel caso invece che neanche la Giunta avesse predisposto lo schema del rendiconto da deliberare in Consiglio allora il Prefetto dovrà nominare un Commissario con il compito di provvedere e, nel contempo, dare inizio alla procedura per lo scioglimento del Consiglio comunale.  Gli orvietani devono augurarsi che, seppur in “zona cesarini”, il Comune di Orvieto trovi la bussola per uscire da questa impasse confidando nella tolleranza e comprensione del Prefetto visto che i tempi supplementari per l’approvazione del Rendiconto sono assai stringenti dovendo rispettare, peraltro, i termini di trasmissione degli atti e quelli di convocazione del Consiglio fissati dal Regolamento comunale di contabilità. 

Rimane la domanda , a fronte di nessuna comunicazione resa a tutt’oggi da parte dell’Amministrazione circa il fatale ritardo accumulato,  sui motivi per i quali ci si sia (di nuovo) infilati in questa grave e imbarazzante situazione nonostante la comprovata professionalità e scrupolosità degli Uffici finanziari del Comune di Orvieto e con essi del Collegio dei Revisori.  Si può supporre delle due l’una: c’è stata trascuratezza o lassismo da parte degli Uffici nella predisposizione tecnica della documentazione necessaria per poter deliberare in tempi utili lo schema del rendiconto, oppure, più verosimilmente nella gestione del PEF 2020,  o piano delle risorse assegnate dalla Giunta a ciascun Dirigente responsabile dei vari Settori e Servizi comunali, si è verificato uno o più problemi di corretta imputazione e contabilizzazione sia delle entrate che delle spese effettuate e periodicamente trasmesse alla Ragioneria Generale del Comune tali da generare, eventualmente,  apparenti difformità che poi andrebbero accertati in forma di debiti fuori bilancio.

La Ragioneria Generale ha il compito, insieme ai Revisori dei Conti, di verificare la congruità, la legittimità e la conformità al bilancio di tali operazioni.  In altre parole sono loro che devono assumersene la responsabilità apponendo il famoso “bollino” o parere di legittimità che dir si voglia.

Massimo Gnagnariniex assessore al Bilancio del Comune di Orvieto