1

Utile netto di 7,8 milioni nel 2023 per CariOrvieto alla vigilia dell’avvicendamento tra Carbonelli e Barnabè alla direzione generale della banca

I consigli di amministrazione di BdM Banca (ex Banca Popolare di Bari) e Cassa di Risparmio di Orvieto, entrambe controllate dal Gruppo Mediocredito Centrale, hanno approvato i rispettivi progetti di bilancio di esercizio al 31 dicembre 2023.

Il Consiglio di Amministrazione di BdM Banca ha confermato i risultati 2023 già approvati dal Consiglio e comunicati al mercato lo scorso 5 febbraio, che registrano un utile netto pari a 9,87 milioni di euro.

Il Consiglio di Amministrazione di Cassa di Risparmio di Orvieto ha approvato un utile netto pari a 7,81 milioni di euro, iin forte crescita rispetto ai 2,6 milioni di euro del 2022. La crescita dell’utile netto va di pari passo con un aumento del 3,6% nella raccolta totale e del 7% negli impieghi alla clientela, confermando il forte legame della Cassa di Risparmio di Orvieto con il territorio locale. Di particolare rilievo è anche l’incremento del 17% nelle erogazioni di finanziamenti a medio-lungo termine a famiglie e piccole/medie imprese, evidenziando un sostegno concreto all’economia locale.

Con questi risultati piuttosto positivi lascia la guida della CRO il direttore generale Emanuele Stefano Carbonelli a cui subentrerà, da inizio aprile, Maurizio Barnabè.




Cambio della guardia in CRO, nominato direttore generale Maurizio Barnabè

Il Consiglio di Amministrazione di Cassa di Risparmio di Orvieto, riunitosi l’8 marzo 2024, ha nominato Maurizio Barnabé Direttore Generale, con decorrenza 2 aprile 2024.
Emanuele Stefano Carbonelli, cui vanno i ringraziamenti della banca per il lavoro svolto in questi anni, assumerà, sempre con decorrenza 2 aprile 2024, la responsabilità della U.O. Marketing della Capogruppo Mediocredito Centrale.

Maurizio Bernabè è un manager bancario esperto che ha iniziato la sua carriera in Banca Sella a inizio anni ’90. Nel ’99 entra in Webbeg come responsabile Progetto Intesa Trade /Caboto
e responsabile gestione Partners internazionali. Rimane nell’orbita Intesa e nel 2001 passa a Zurigo Sim Bank. Segue una lunga strada lavorativa nel gruppo MPS. a partire dal 2002. torna in Piemonte nel 2007 per conto di MPS come capo delle operazioni di Biver Banca. L’esperienza in MPS si chiude a Siena nel 2013 quando Bernabè approva ad Aosta con direttore generale di BCC Valdostana. Con lo stesso ruolo arriva a Forlì in Solution Bank.

Entra in MCC nel 2020 come direttore corporate fino al prossimo 2 aprile quando prenderà il posto di Carbonelli come direttore generale della Cassa di Risparmio di Orvieto




Fondazione CRO ha deciso, niente aumento di capitale per CariOrvieto

Il consiglio di amministrazione della Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto ha rotto gli indugi e ha preso la propria decisione sull’aumento di capitale della banca Cassa di Risparmio di Orvieto così come deliberato lo scorso 8 novembre dall’assemblea straordinaria dei soci. I consiglieri hanno deliberato di non aderire all’aumento di capitale. Come si legge nel comunicato emesso da Palazzo Coelli, “L’operazione che prevede l’emissione di 18.246.292 nuove azioni, prive di valore nominale, al prezzo di emissione di 1,4797 (di cui 0,2959 euro a titolo di capitale sociale e 1,1838 euro a titolo di sovrapprezzo), ammonta complessivamente a 26.999.038 euro, con un impegno richiesto alla Fondazione di 7.135.818 euro”.

Sempre nel comunicato si legge che il cda ha esaminato a fondo i “possibili scenari conseguenti all’operazione, ha ritenuto, con il parere del consiglio di indirizzo, di non procedere alla sottoscrizione della nuova emissione di azioni”. I vertici della Fondazione hanno ritenuto dirimente “la tutela del patrimonio dell’Ente, strumentale a garantire un adeguato livello di erogazione sul proprio territorio, sia il primario obiettivo della Fondazione che deve agire, con la dovuta prudenza, nel pieno rispetto degli obblighi statutari che richiedono una cura e una gestione del patrimonio dirette alla sua conservazione e crescita, destinandone – continua il comunicato ufficiale della Fondazione – i rendimenti ad azioni di utilità sociale”.




I sindacati di CRO, “la Fondazione continui a essere garante di dipendenti, famiglie e territorio”

Finalmente in questi giorni qualcuno ha squarciato il velo di silenzio che avvolgeva da mesi il destino della Cassa di Risparmio di Orvieto S.p.A., banca della cui sorte, essendo ritenuta “salva” con l’ingresso nel gruppo MCC, oramai non sembrava più occuparsi nessuno. Tutto ciò non è sufficiente: riteniamo che mai come ora debbano far sentire la loro voce tutti coloro che a livello istituzionale sono tenuti ad interessarsi al tema: Regione, Provincia, Comuni del Territorio ed Associazioni di categoria. Non sarebbe accettabile un loro disimpegno in un momento decisivo come l’attuale, tanto più che non risulta ancora perfezionata la più volte annunciata cessione del pacchetto di controllo della Cassa da Banca Popolare di Bari a MCC.

Tutto tace invece dal lato Fondazione CRO, che sta comprensibilmente riflettendo sull’opportunità o meno di sottoscrivere il corposo aumento di capitale preteso dagli Organi di Vigilanza per porre la Cassa orvietana in sicurezza, scelta dalla quale dipenderà la possibilità di mantenere il diritto di veto sulle operazioni straordinarie quali un’eventuale fusione, diritto che in passato ha più volte impedito alla CRO di intraprendere un futuro incerto e quindi potenzialmente pericoloso. Auspichiamo quindi che la Fondazione CRO continui a fare da garante, a tutela dei dipendenti e delle loro famiglie, dei clienti e del tessuto socio-economico del Territorio, e come tale maturi la giusta decisione relativamente  all’aumento di capitale previsto entro fine anno, poiché in caso contrario potrebbero palesarsi conseguenze importanti sul futuro stesso della CRO, nel ruolo di banca autonoma “commerciale retail”, unico e ultimo istituto di credito rimasto nella Regione Umbria a supporto delle comunità locali.

Altrettanto opportuno appare evidenziare e doverosamente ricordare come Il personale CRO ha sempre dimostrato nei fatti, anche in tempi difficili come quelli vissuti nell’ultimo decennio, di essere un presidio fondamentale per la stessa sopravvivenza della Cassa, ed ha contribuito fin dal 1852 alla costituzione ed alla salvaguardia del patrimonio della Fondazione stessa. Di fronte ad un conto economico della banca assolutamente positivo dal lato gestione caratteristica, sarebbe infatti inammissibile, da parte della nuova Capogruppo MCC, peraltro più volte sorda alle richieste di incontro delle OOSS di CRO, perseverare nel mantenere una gestione dei costi estremamente severa, con ricadute non solo sul Personale, ormai sotto organico da tempo, ma anche sull’aspetto esteriore delle Filiali, sul loro decoro e sulla qualità delle tecnologie a disposizione di clientela e dipendenti.

In qualità di rappresentanti dei lavoratori e come membri della comunità orvietana esigiamo che tutti facciano la loro parte: in un momento topico della storia della CRO è il tempo del coraggio e non del complice silenzio.

RR.SS.AA. CRO FABI  FIRST/CISL  FISAC/CGIL




Per CariOrvieto e l’aumento di capitale, Marco Ravanelli di Azione pensa all’intervento delle Fondazioni umbre

Entro la metà di dicembre la Fondazione CariOrvieto dovrà decidere se aderire o meno all’aumento di capitale della Cassa di Risparmio di Orvieto così come richiesto da Bankitalia e deliberato dagli organi della banca.  Marco Ravanelli, coordinatore di Azione a Orvieto e nel direttivo provinciale del partito di Calenda, indica una possibile strada per mantenere salde le radici della banca in Umbria senza che il sacrificio economico sia esclusivamente in carico alla Fondazione Cro.

Oggi ha senso parlare di banca di territorio anche per quanto riguarda l’orvietano?

Gli accadimenti globali ci insegnano che è necessario essere aperti e con territori coesi più ampi ma senza perdere il controllo su quegli assets fondamentali che possono garantire la sussistenza di un territorio e di un popolo. Certamente avere un sistema finanziario radicato sul territorio è un vantaggio significativo.  Il vero problema è capire se Orvieto è un territorio.  Economicamente non lo è ma se allarghiamo il discorso alla provincia o, ancora meglio, alla Regione allora il discorso cambia totalmente.  Come dicevo prima il territorio va considerato nella sua accezione più ampia e CariOrvieto è radicata sicuramente nella Provincia di Terni e ha basi solide per crescere nella Provincia di Perugia. 

Ma il sistema bancario in questi anni è mutato radicalmente…

Abbiamo sicuramente assistito a una mutazione del sistema bancario territoriale in favore di una globalizzazione dei servizi che da un lato ha portato un’offerta più moderna e sicuramente meno costosa ma dall’altro questo stesso sistema non assiste e non comprende pienamente le necessità di un territorio, più o meno vasto.  In Umbria, poi, siamo passati da una moltitudine di istituti bancari al nulla o quasi con l’eccezione di CariOrvieto.

Questo cambiamento cosa ha causato in Umbria?

La prima conseguenza è la difficoltà, delle Pmi in particolare, a rapportarsi con le banche anche perché a sua volta, un istituto globale fatica ad adattarsi alle peculiarità di un territorio.  La seconda riguarda la perdita di figure professionali che ricoprivano ruoli apicali nelle banche locali definitivamente sparite dal panorama del credito in Umbria.  E’ per tutti questi motivi che non possiamo rimanere a guardare con Cassa di Risparmio di Orvieto che, ricordo ha 41 punti operativi e di questi 22 sono in Umbria.

Certamente avere una banca serve ma il primo azionista è lo Stato quindi come si può decidere stando in minoranza?

Questo è un vecchio problema; Orvieto ha perso la banca quando è stata venduta la quota di controllo.  Poi ci sono una serie di contrappesi che hanno regolato fino ad oggi gli equilibri all’interno del cda e per questioni di rilevanza economica, come ad esempio un aumento di capitale.  CRO è un istituto di credito che ha radici, operatività nel territorio ma la testa pensante è altrove, oggi a Roma. Con il socio di controllo si può avere un dialogo e si può pensare di ottenere dei vantaggi per il territorio di vario genere.  Non solo, se ci si presenta con un progetto credibile e sostenibile si può andare anche oltre e convincere l’azionista di maggioranza dei vantaggi che un territorio come il nostro, inteso come Umbria, può avere per un istituto di credito.

Questo è il futuro ma per il presente e per l’aumento di capitale?

Tecnicamente la Fondazione è chiamata a valutare se sottoscrivere l’aumento di capitale di 27 milioni di euro per la sua quota di competenza di circa 7 milioni a fronte di una partecipazione del 26,43%. Cosa può decidere Palazzo Coelli?  Sottoscrivere l’aumento e così concentra ulteriormente nel capitale della banca, previa autorizzazione del Ministero.  Oppure non sottoscrive l’aumento perdendo tutti i diritti previsti dallo statuto e diluendo la sua quota di partecipazioni a livelli minimi.

Sono solo queste le opzioni in campo?

C’è una terza opzione ed è quella che abbiamo proposto noi di Azione e cioè che le Fondazioni di origine bancaria umbre partecipino all’aumento di capitale insieme a quella orvietana facendo in modo che la quota di partecipazione rimanga la stessa e con il risultato che l’Umbria torni al centro.

Quindi la banca diverrebbe il presidio del territorio umbro?

Esattamente, le fondazioni e gli investitori privati umbri potrebbero svolgere un ruolo determinante nel favorire il mantenimento di una partecipazione locale nella banca e, magari, addirittura di rafforzarlo, ma qui torniamo nel futuro più lontano.  In questo modo la banca potrebbe divenire uno strumento di riqualificazione del territorio e dell’Umbria.

Insomma, una banca umbra a tutti gli effetti almeno nella compagine di minoranza, ma non si rischia di perdere l’orvietanità?

Andiamoci cauti. Una prima vittoria sarebbe quella di coinvolgere tutte le fondazioni umbre in una compagine di minoranza e con un socio, lo Stato, forte. Sull’orvietanità non penso si rischi nulla in particolare, ma una banca è un’azienda e deve assolutamente travalicare i confini del campanile per generare utili visto che in termini economici Orvieto assolutamente non basta. Il tema non ha una portata specificatamente orvietana ma investe più in generale l’intera provincia di Terni, e perché no, l’intera regione Umbria. Chiediamo pertanto alle Fondazioni Bancarie locali di valutare attentamente la possibilità di supportare la più piccola Fondazione orvietana in questa sfida che gioca un ruolo centrale nel nostro scacchiere.
Azione ancora una volta al fianco del Territorio con una proposta pragmatica.




Interrogazione in Regione di Paola Fioroni (Lega) sul futuro prossimo della CariOrvieto

“Nell’attuale processo di riorganizzazione e valorizzazione della Cassa di Risparmio di Orvieto la sfida sarà quella di massimizzare i vantaggi derivanti dall’essere parte di un grande gruppo bancario e conservare la vicinanza strategica di questa banca al territorio senza perderne l’identità”. Il consigliere regionale Paola Fioroni (responsabile regionale del Dipartimento economia della Lega, vicepresidente dell’Assemblea legislativa) annuncia di aver “depositato un’interrogazione rivolta alla Giunta regionale per conoscere quali iniziative, nell’ambito delle proprie competenze e del rispetto dei ruoli previsti dal legislatore nazionale, intende assumere o abbia assunto per monitorare l’evolversi complessivo delle vicende relativa alla Cassa di Risparmio di Orvieto, tenuto anche conto della presentazione del nuovo piano industriale”.

“La struttura del sistema bancario regionale – spiega Paola Fioroni – è mutata sensibilmente negli ultimi anni sotto la spinta di dinamiche di mercato e interventi regolatori che hanno determinato una riduzione del numero di banche attive sul territorio ed alimentato fenomeni di desertificazione degli sportelli bancari, creando disservizi e disagi agli imprenditori e cittadini dei comuni più piccoli della nostra Regione, ma soprattutto alle persone fragili e agli gli anziani costretti a percorrere decine di chilometri per arrivare al più vicino sportello bancario”.

“Sebbene il modello di community bank a cui molte banche, di varia dimensione, ambiscono è un concetto strategico ancora poco definito – illustra Paola Fioroni – la redditività e l’efficienza delle banche non dipende necessariamente dalla loro dimensione, pertanto, anche le banche piccole medie di comunità possono essere efficienti e redditizie, e certamente sono in grado di valutare e conoscere meglio le esigenze creditizie delle imprese del territorio e i bisogni dei risparmiatori locali, potendo assumere una funzione centrale per lo sviluppo di un sistema imprenditoriale dinamico e resiliente. In questo percorso è auspicabile che gli stakeholders abbiano una visione chiara per il futuro e la capacità di realizzarla, anche rinunciando ad una parte della propria indipendenza”.

“In questo momento complicato per le nostre aziende ed i nostri cittadini, il nostro territorio ha necessità adesso più che mai di avere banche fatte anche di persone pronte all’ascolto – conclude Fioroni – ed in questo senso anche le BCC possono rappresentare il futuro modello vincente della banca del territorio ribadendo un ruolo del sistema bancario cooperativo come banche di territorio a mutualità prevalente, anche attraverso l’individuazione di interventi e progetti orientati a supportare e favorire la crescita e lo sviluppo sostenibile territoriale”.




MCC rilancia su CRO, pronti a prendere tutta la banca e la Fondazione cosa farà?

La Cassa di Risparmio di Orvieto non parla più il dialetto di Bari. MCC ha completato l’iter per l’acquisto del 73,57% di CariOrvieto in mano alla Popolare di Bari per un prezzo di circa 28 milioni di euro. Rimane la partecipazione del 26,43% in pancia alla Fondazione Cro a un prezzo di carico di circa 9,9 milioni di euro. Così MCC a guida Bernardo Mattarella ha definitivamente sistemato lo schema che prevede le due controllate separate con Popolare di Bari che dovrà continuare il difficile percorso di risanamento dei conti.

La vera notizia riguarda il prossimo futuro di CariOrvieto. Bernardo Mattarella nel cda del 13 giugno ha delineato le prossime mosse che vedono MCC pronto ad acquisire il controllo della banca orvietana anche della quota in mano alla Fondazione. E’ l’ipotesi in campo da tempo anche in virtù della ricapitalizzazione di CRO per circa 30 milioni di euro. Tutto è legato proprio a questa iniezione di liquidità per rafforzare i principali indici patrimoniali. Cosa farà la Fondazione? L’ente guidato da Libero Mario Mari potrebbe decidere di avviare immediatamente il dialogo con MCC per definire l’uscita con il pagamento del prezzo di carico, probabilmente con uno sconto, oppure aderire all’aumento di capitale pro-quota o ancora di non aderire e vedere la propria quota fortemente diluita senza ricevere in cambio denaro. Dal canto suo MCC con il 100% della banca orvietana in mano potrà poi decidere se proseguire con suo rafforzamento o metterla sul mercato, nonostante le piccole dimensioni la rendano poco appetibile, per concentrarsi sull’altra controllata proprio quella Popolare di Bari che ha portato in eredità CariOrvieto.

Sarà quindi un’estate molto calda tra Palazzo Coelli, Piazza della Repubblica e Roma con delle trattative che magari sono già in corso e una promessa fatta dal presidente della Fondazione, Libero Mario Mari, direttamente a OrvietoLife, “ribadisco che non abbiamo ricevuto alcuna comunicazione ufficiale e comunque quando arriverà coinvolgeremo tutti gli organi istituzionali preposti e anche la città perché l’impegno è importante e tutto verrà deciso nella massima trasparenza e nell’interesse della banca e della città”.  Il tempo del coinvolgimento della città, delle associazioni imprenditoriali e degli organi istituzionali è arrivato.




Il Comitato del Botto rischia di far fare il Botto. A chi? Alla politica orvietana e all’economia dell’orvietano.

L’economia orvietana è in crisi e tutto è certificato da alcune chiusure eccellenti, il default di Vetrya e altri segnali che vengono da settori importanti per il territorio.  Dal default Vetrya sono nate due nuove realtà ma il saldo netto occupazionale è passivo di circa 50 unità; la pandemia ha bloccato il turismo in uno stop&go insostenibile e ora la guerra rischia di dare il colpo finale a alcune realtà; il mercato immobiliare commerciale è fermo, fatte salve alcune novità, anche per il mantenimento dei prezzi delle locazioni piuttosto alti e sparametrati con la realtà finanziaria e economica attuale.  

Poi ci sono altri quattro indicatori che volgono al brutto e cioè la crisi della principale banca del territorio, che ha tagliato alcune importanti filiali e che, così come avviene nell’intero comparto, nelle operazioni relative al risanamento già in atto e con buoni risultati, potrebbe andare a toccare anche i lavoratori; la sanità pubblica ospedaliera che viene lentamente depotenziata in un’agonia che rischia di seguire la stessa strada di altri servizi pubblici, come per esempio il Tribunale, che poi porta alla chiusura totale o quasi; stiamo assistendo a un calo demografico che ormai è decennale, salvo qualche piccola fiammata fatua, che impoverisce ulteriormente il territorio; i servizi ferroviari si sono rarefatti e rallentati andando a colpire una fascia di popolazioni numerosa, quella dei pendolari, che vede la propria qualità di vita peggiorata negli ultimi cinque anni in particolare.  Infine, c’è la stretta attualità, la guerra, con un futuro economico certamente non roseo e che un territorio come il nostro già provato e fragile potrebbe non riuscire a sostenere.

In una situazione così da tempesta perfetta arriva il solito comitato del “no” a tutto, questa volta in cachemire, animato soprattutto da pochi ma “pesanti” proprietari di casali dell’ultima ora e peraltro non-residenti, che vuole bloccare lo sviluppo di un’attività estrattiva, quella di “Basalto La Spicca” sull’onda di non ben specificati timori. Risulta ad OrvietoLife, anche se l’azienda da noi contattata si è trincerata dietro un glaciale e infastidito “no comment”, che tra i dipendenti serpeggi più di qualche timore rispetto alla possibile chiusura del sito estrattivo. La cava è lì da circa mezzo secolo, ha sempre operato in quell’area e ora il rischio concreto è che 20 famiglie, quelle dei dipendenti, rimangano senza lavoro. Tutto ciò poi senza contare l’indotto che potrebbe coinvolgere anche i dipendenti dell’Azienda Agricola Le Velette, collegata e in sinergia con la proprietà del sito estrattivo e le imprese orvietane del trasporto del materiale. Un indotto di altri 45/50 dipendenti e relative famiglie

E’ vero, non fa piacere avere due/tre botti a settimana ma sono realtà, lo ribadiamo, da mezzo secolo.  In una situazione di crisi e di guerra, con l’edilizia che sta provando a ripartire fra mille difficoltà, c’è chi preferirebbe vedere aumentare i costi per le forniture dei materiali per quali motivi?  Forse per aumentare i valori di terreni e immobili nell’area?  E intanto le famiglie dei lavoratori? E le infrastrutture produttive? Che fine dovrebbero fare?  

Se il Turismo, con le sue numerose micro realtà produttive, soffre il commercio non sta certo meglio e in questa situazione il territorio non può che fare appello all’Agricoltura e all’Industria. La prima è seriamente messa a rischio dall’ondata dei rincari e la seconda nel nostro territorio non brilla certo per presenza. Eppure c’è chi ancora ritiene sacrificabile il territorio e soprattutto la sua forza produttiva fatta di Imprese e lavoratori. L’Italia ha pagato un caro prezzo ai mille “Comitati del no” e oggi se ne vedono i risultati drammatici. L’assurdo poi, nel caso specifico, è che a dover essere sacrificata sia una realtà produttiva tutt’altro che in crisi e che rispetto alle altre imprese paga retribuzioni maggiori di quelle pagate in media ad Orvieto e nell’intera Area interna (Dati di Infocamere su rielaborazione di Cittadinanza Territorio Sviluppo). Infatti se la retribuzione media nell’Area interna è pari a 35mila euro e ad Orvieto 40mila, la retribuzione media pagata da Basalto La Spicca è pari a 51mila euro. Ad averle aziende così, capaci di ridistribuire ricchezza e garantire lavoro in momenti storicamente così difficili. L’impresa si colloca tra le prime 20 dell’Area interna Sud-Ovest orvietano e tra le prime 5 imprese per Margine Operativo Lordo.

Alle domande che ci siamo posti deve rispondere la politica che fino a oggi è stata piuttosto timida e che rischia di vedersi esplodere nelle mani una nuova crisi occupazionale che il territorio non può permettersi assolutamente in un momento storico così complesso e tempestoso.