Approvato in giunta regionale piano per Case di Comunità, centrali operative e piano pandemico

La giunta regionale su proposta dell’assessore alla Salute, Luca Coletto, ha approvato nella seduta del 28 febbraio, tre atti di grande importanza per la programmazione sanitaria dei prossimi anni: si tratta della dislocazione delle case e ospedali di comunità, nonché delle centrali operative territoriali, nell’ambito del PNRR 2021 – 2026, del Piano strategico operativo regionale di preparazione e risposta ad una pandemia influenzale 2021-2023, nonché del Piano operativo regionale e le schede di intervento della Missione Salute 6, sempre inserita nell’ambito del PNRR.

 “Si tratta di un passaggio significativo – ha spiegato l’assessore Colettoche apre una nuova fase in un contesto, come quello sanitario, che è stato fortemente segnato dalla pandemia che comunque, rappresenta un’esperienza significativa anche per orientare le scelte future”. Relativamente all’atto sulla dislocazione delle case e degli ospedali di comunità e delle centrali operative territoriali, l’assessore Coletto evidenzia che “sostanzialmente si punta ad un vero e proprio potenziamento della sanità territoriale prevedendo all’interno delle case di comunità molti servizi che vanno dalla specialistica ambulatoriale, al servizio di prenotazione delle prestazioni, ambulatori di medici di medicina generale e pediatri di libera scelta, servizio infermieristico. Le centrali operative territoriali inoltre, – ha spiegato l’assessore – faranno sì che vengano evitati inutili accessi al pronto soccorso degli ospedali attraverso la presa in carico sul territorio di quei pazienti che per le cure possono essere indirizzati direttamente alle case di comunità”.

 Per quanto riguarda il Piano pandemico, Coletto dopo aver ricordato che “l’Umbria si dota di un nuovo Piano operativo a distanza di molti anni, visto che il Piano precedente porta la data del 2007”, – ha precisato che –  “lo schema approvato è in aderenza alle direttive nazionali che tratteggiano un percorso per affrontare una pandemia influenzale”. A livello regionale, quindi, è stata individuata la catena di comando in caso di pandemia con l’individuazione di una unità di crisi e di un comitato pandemico.

Infine, per quanto riguarda il Piano operativo regionale e le schede di intervento della Missione Salute 6 nell’ambito del PNRR, l’assessore ha spiegato che l’obiettivo del Piano regionale sarà come indicato a livello centrale, migliorare l’efficacia nel rispondere ai bisogni di cura delle persone, anche alla luce delle criticità emerse nel corso dell’emergenza pandemica, ed è articolata in due componenti fondamentali: la prima punta a potenziare le  reti di prossimità, le strutture intermedie e  la telemedicina per l’assistenza territoriale, la seconda  ha come priorità l’innovazione, la ricerca e la digitalizzazione del servizio sanitario.




La sanità pubblica sembra fermarsi a Narni-Amelia

Sanità, questa sconosciuta a Orvieto e comprensorio. Verrebbe proprio da dire che la sanità si è fermata a Narni-Amelia dove è prevista l’ultima struttura nuova della USL Umbria2. A Terni serve un nuovo ospedale a tutti i costi. Quello attuale non basta più, soprattutto perché ormai per qualsiasi operazione più complicata di un’appendicite quella è la destinazione o, in alternativa, Foligno.

La Regione ha approvato il piano delle opera e di Orvieto non vi è traccia se non tra le varie e eventuali. Sì, sappiamo di interventi di maquillage al pronto soccorso, necessari, dell’assurda decisione di investire soldi, tanti, all’ex-ospedale invece di costruire laddove stabilito con tanto di acquisto definitivo e vincolato. E poi? Tanti soldi destinati all’Umbria ma l’orvietano non è citato, neanche di striscio. Eppure ne servirebbero di infrastrutture, attrezzature e personale. Sul personale la questione è piuttosto complessa e assomiglia molto a un cane che si morde la coda; per il resto le responsabilità sono tutte in capo alla politica, solo alla politica. In consiglio regionale è stato approvato all’unanimità una mozione che obbliga la Regione a dotare di emodinamica l’ospedale di orvieto eppure di questo non si parla. Ci sono, invece, la piattaforma elicotteristica d’emergenza a Foligno, tre investimenti su eccellenze umbre riconosciute e poi un generico riferimento alla telemedicina, all’innovazione tecnologica per la medicina di territorio e poco più. Nell’ultima voce dovrebbero rientrare gli investimenti anche per l’orvietano.

Quindi chi si ammala in maniera acuta a Orvieto e dintorni sarà quasi certamente di serie B nonostante tutto, cioè l’impegno profuso dal personale ospedaliero, dai medici di base, dai professionisti che già operano tramite la tecnologia come nel caso degli ictus. Tutto il resto è lasciato alla buona sorte e al buon cuore, alla volontà dei singoli e alla velocità dei trasferimenti verso Terni, Foligno o Perugia, se non fuori Regione.

L’ultimo capitolo riguarda i “corvi” che all’interno dell’ospedale non mancano assolutamente. Piccole invidie, ripicche, dispettucci, lettere alla direzione sanitaria abbondano. Se un reparto ottiene un’attrezzatura nuova non si festeggia, ma si cerca di minimizzare, di combattere contro e non si pensa al miglioramento della struttura o a combattere per il bene comune. Capita troppo spesso. Poi ci sono i “corvi” diffusi, quelli di città che denigrano a prescindere, che vanno direttamente fuori; infine ci sono i rassegnati, quelli che non combattono e non propongono o per disciplina di partito o perché timorosi di non si capisce bene quali possibili ripicche. Il risultato è sotto gli occhi di tutti ormai da decenni, dai tempi della chiusura della USL 4, quella nostrana. Nel tempo la sanità ha perso i pezzi nel silenzio o per un bene comune più alto che però non è mai passato per Orvieto. Ora la vittima sacrificale è il Distretto. tanti no, ma proposte? Già perché il solo no, generico, non basta ma serve la proposta anche per combattere meglio e tentare di convincere pur sapendo che il territorio è penalizzato da un sistema elettorale che di fatto impedisce ogni rappresentanza in Regione ma questa non può essere una scusa buona per ogni evento avverso.

Il risultato finale è che la Sanità pubblica si è fermata a Narni- Amelia con buona pace dei cittadini di un territorio vasto, con un’età media piuttosto alta, collegato malamente con il resto della regione ma che è ancora attrattivo dal punto di vista sanitario su parte della Provincia di Viterbo e Bassa Toscana. Proviamo, allora, a cambiare il titolo del libro, insieme!




Lettera aperta all’assessore Coletto dal presidente degli aritmologi umbri Andrea Mazza

Riceviamo e volentieri pubblichiamo una lettera aperta scritta dal dr. Andrea Mazza, presidente dell’Associazione Italiana di Aritmologia e Cardiostimolazione dell’Umbria e indirizzata all’Assessore regionale alla Sanità Luca Coletto

Nel recente Congresso Regionale AIAC (Associazione Italiana di Aritmologia e Cardiostimolazione) Umbria 2021 tenutosi a Foligno il 12 novembre ultimo scorso un argomento di rilievo al centro della discussione per la sua attualità e importanza è stato il monitoraggio remoto dei pazienti portatori di dispositivi impiantabili, pace-maker. Defibrillatori e dispositivi per la resincronizzazione cardiaca.

E’ ormai da anni che questa tecnologia è stata implementata sulla piattaforma dei dispositivi impiantabili consentendo un monitoraggio stretto dei pazienti, a cadenza programmabile. E tutto questo in modalità “wireless”, con il semplice ausilio di un comunicatore da porre sul comodino, delle dimensioni di una playstation, come un giocattolo per bambini.  I dati vengono trasmessi dal domicilio all’Ospedale in maniera del tutto automatica o a richiesta del paziente che può attivare autonomamente una trasmissione manuale. Moltissimi sono i parametri trasmessi, che possono per semplicità essere classificati in 2 gruppi: parametri clinici e parametri relativi all’integrità del sistema impiantato. I parametri clinici comprendono la frequenza cardiaca diurna e notturna, il livello di attività del paziente, il carico di aritmie, la frequenza respiratoria, il livello di fluidi nel torace, l’intensità dei toni cardiaci. I parametri elettrici monitorizzano tutta la parte elettronica del sistema, sensibilità, impedenza, soglie di cattura e longevità di batteria. E’ intuitivo quanto importante per il paziente e economicamente vantaggiosa per le Aziende Sanitarie sia questa tecnologia. I vantaggi sul versante clinico vanno da una identificazione precoce di aritmie che necessitano di terapia anticoagulante in prevenzione di ictus cerebrale, come la fibrillazione atriale, alla identificazione precoce di incipiente precarietà emodinamica con rischio di ospedalizzazione per scompenso cardiaco, che grazie a questo sistema può essere intercettata in fase iniziale, evitando l’ospedalizzazione del paziente con un tempestivo adeguamento della terapia diuretica. Anche sul versante più squisitamente strumentale l’identificazione precoce di un malfunzionamento del sistema impiantato ci permette di agire precocemente a difesa del malato, con una riprogrammazione dell’apparecchio o con una revisione dell’impianto. E molti studi clinici pubblicati su riviste scientifiche prestigiose a livello europeo e mondiale hanno confermato l’utilità di questa tecnologia anche in termini di economia sanitaria, offrendoci la possibilità di rendere efficiente il Sistema Sanitario, cioè centrando l’obiettivo di una cura efficace e tempestiva del malato con contenimento di spesa.

Quanto vale un ictus cerebrale o una ospedalizzazione per scompenso evitati grazie al monitoraggio remoto? Ed evitare il continuo impiego di taxi sanitari per il trasporto dei malati infermi ai controlli ambulatoriali? E quante visite si risparmiano quando i controlli in presenza si intensificano in prossimità dell’esaurimento delle batterie? Tutto ciò solo per citare alcuni esempi. Il monitoraggio remoto è efficace nel follow-up di questi pazienti non meno delle tradizionali visite di controllo in presenza, “in office”, ma con ovvi vantaggi clinici e di costi che sono ormai abbondantemente testimoniati in maniera chiara. Tuttavia, come è naturale, esistono standard operativi e modelli organizzativi per il corretto funzionamento dei sistemi di monitoraggio remoto. In estrema sintesi, benché l’organizzazione del follow-up in remoto possa essere declinabile in maniera individualizzata secondo le esigenze e le peculiarità di ogni singolo centro ospedaliero, i requisiti minimi per il suo corretto funzionamento consistono, per un centro a medio volume, di 2 infermieri dedicati, un tecnico anch’esso dedicato, e un medico di riferimento per il personale dedicato cui sottoporre i casi selezionati. Tutti con ruoli e responsabilità specifici. E con la prospettiva di ridurre significativamente altre prestazioni in presenza, i controlli ambulatoriali, rendendo l’implementazione del monitoraggio remoto una prestazione isorisorse, se non addirittura in risparmio. Ma per ottenere tutto questo è necessario il riconoscimento di un rimborso per ogni prestazione erogata, un “fee for service” che giustifichi l’impiego di personale dedicato.

Se non ci sarà al più presto permesso dalla Istituzione Regionale di produrre un DRG con relativo rimborso ufficializzando questa attività, tra non molto non riusciremo più a sostenerla. E’ impensabile delegare questo carico di lavoro, qualificato e di responsabilità, conseguente al follow-up di centinaia di malati, alla buona volontà dei singoli, in assenza di tecnici, con infermieri e medici che strappano ritagli di tempo alla loro routine lavorativa già satura di compiti impegnativi, per dedicarsi in maniera fugace a un’attività che merita ben altra considerazione. La situazione italiana al riguardo è “a macchia di leopardo”: dopo un primo riconoscimento di rimborso ottenuto dalla provincia autonoma di Trento nel 2016 si sono nel tempo affiancate altre 7 regioni, ultima in ordine di tempo la regione Puglia alcuni mesi or sono. Ma la regione Umbria ancora no, sebbene nel Centro Italia sia circondata da Regioni che hanno già ottenuto il rimborso, come il Lazio, le Marche, la Toscana.

Al di là delle belle parole, rivolgo un accorato appello alla Istituzione Regionale dell’Umbria affinché si faccia carico del problema, riconoscendo il rimborso per una attività che è ormai parte integrante del nostro lavoro. Una presa d’atto ufficiale che il monitoraggio remoto è un investimento e non un costo, nell’interesse reciproco del malato e delle Aziende Sanitarie. Non si chiede la luna. Noi tutti, medici e infermieri che operiamo fianco a fianco nel Servizio Pubblico Sanitario, aspiriamo solo a lavorare con efficienza e serenità dalla parte del malato.

Con osservanza

Andrea Mazza – Presidente Regionale AIAC Umbria     




Preadottato in giunta regionale il Piano Sanitario Regionale, meno distretti e sanità in rete

“Un Piano sanitario che arriva dopo 10 anni e che tiene conto di tutte le modifiche innovative introdotte dal decreto ministeriale n. 70 del 2015 che era stato recepito, ma non inserito in una programmazione scritta”: riassume così l’assessore alla Salute della Regione Umbria, il Piano sanitario 2021- 2025, preadottato dalla giunta regionale per poi avviare l’iter di partecipazione fino all’approvazione definitiva da parte dell’Assemblea legislativa.  
“Nel nuovo Piano dal titolo ‘Umbria, la salute al centro’ – ha spiegato l’assessore Coletto – non si parla solo del sistema sanitario, ma c’è un forte collegamento con l’ambito socio- sanitario, con l’obiettivo finale di migliorare le prestazioni erogate in ambito socio- sanitario, in particolare quelle legate ai Livelli essenziali di assistenza”.
Tra le novità introdotte di rilievo è la diminuzione del numero dei distretti sociosanitari, che da 12 diventeranno 5, “ma questo non va visto come una penalizzazione – garantisce l’assessore Coletto –  visto che i distretti saranno inglobati pur mantenendo la loro identità. Il cambiamento infatti, ha solo lo scopo di accorciare la catena di comando per rendere più agevole il governo”.
Le aziende ospedaliere invece rimarranno 2, così come due saranno ancora le aziende sanitarie territoriali, “anche se questa decisione – prosegue l’assessore –  è in mano al Consiglio regionale”.
I fondi del PNRR verranno utilizzati anche per la revisione e l’implementazione della rete territoriale, privilegiando la costituzione di Case e Ospedali di Comunità prioritariamente attraverso la riconversione di strutture esistenti, tenendo conto della distribuzione demografica della popolazione ed a seguito di processi di concertazione.
Tra le novità ci sono anche l’introduzione di servizio di verifica sia contabile che tecnico scientifico e la Commissione regionale per la valutazione degli investimenti che stabilirà l’opportunità degli acquisti per importi superiori a 200 mila euro.
La peculiarità di questo Piano come detto, è l’integrazione socio sanitaria che si articola negli ultimi 5 capitoli dedicati proprio a questo ambito.  
Storicamente – è scritto nel piano – il nostro sistema di welfare si è sviluppato su filiere parallele, separate per competenze (il sociale, il sanitario, educativo, lo scolastico, il lavoro, etc.), incentrate sulla logica del bisogno e sull’offerta di risposte diversificate per categorie, aree di intervento, età delle persone, livelli di gravità. Porre al centro della programmazione regionale i bisogni dei cittadini ed i loro diritti impone un suo ripensamento fondato sul protagonismo della persona, considerata nella sua unitarietà.
Di fronte a bisogni sempre più complessi e articolati, anche a seguito dell’emergenza Covid 19, è necessario rafforzare la governance complessiva, puntando sull’integrazione delle politiche, dei servizi, degli interventi, delle risorse e sulla valorizzazione del capitale relazionale, al fine di accrescere la qualità della vita nelle comunità locali.
Obiettivo strategico della nuova programmazione regionale è quello di superare l’attuale frammentazione e settorializzazione, attraverso un rafforzamento della programmazione integrata, del monitoraggio e della valutazione.
Il consolidamento ed il rafforzamento dell’integrazione sociosanitaria si inserisce, quindi, in un percorso virtuoso volto ad evitare duplicazioni di interventi, ad un uso più efficiente ed efficace delle risorse professionali e finanziarie, alla prontezza, appropriatezza e continuità delle risposte a vecchi e nuovi bisogni puntando, nel contempo, sulla prevenzione.
Per meglio orientare l’attuazione di politiche volte ad incentivare pratiche di innovazione sociale si rende necessaria una revisione dei percorsi di autorizzazione e di accreditamento delle strutture operanti nel sociale, con particolare riferimento alle prestazioni sociali a rilevanza sanitaria, cioè tutte le attività che hanno l’obiettivo di supportare la persona in stato di bisogno.
Gli ambiti del sociale e del sanitario, seppur distinti per settori di attività, andranno riallineati entro un quadro di integrazione e innovazione, così come anticipato nel documento del 2020 “Riorientare l’azione regionale nelle politiche sociali in Umbria”.




La USL Umbria2, l’ortopanoramica a Orvieto funziona regolarmente, operativa dal 2 luglio dopo i lavori

Riceviamo e volentieri pubblichiamo una lettera della USL Umbria2 che precisa la situazione per le ortopanoramiche e sul nuovo punto vaccinale di Sferracavallo. Dopo la lettera una nostra breve replica.

Cortese attenzione ALESSANDRO LI DONNI

Direttore Responsabile ORVIETO LIFE

Buongiorno Alessandro, per opportuna conoscenza tua e dei tuoi lettori, in relazione all’editoriale “Lettera all’assessore regionale alla sanità Luca Coletto, prima gli Umbri…” ed in particolare al passaggio sulla impossibilità di prenotare una semplice ortopantomografia, sentiamo il dovere di precisare quanto segue:

l’ortopantomografo in dotazione alla Radiologia del P.O. di Orvieto è perfettamente funzionante e non corrisponde al vero sia che, da oltre un anno, non venga riparato sia che non si possano prenotare ed eseguire, da oltre un anno, ortopanoramiche ad Orvieto.

Confermiamo invece che, a seguito dei lavori interni alla Radiologia stessa, lavori propedeutici all’installazione di una seconda Tc 64 strati, l’apparecchio è stato spostato in altro locale e successivamente costruita una paratia piombata a protezione degli operatori sanitari che eseguono l’esame. È evidente che, per la durata delle operazioni suddette, l’apparecchio non poteva essere utilizzato e pertanto sono stati sospesi temporaneamente gli appuntamenti.

Informiamo che, al momento in cui scriviamo, ci sono posti liberi a CUP per prenotare una OPT a far data dal 2 luglio 2021.

Come detto, sarà a breve attiva ad Orvieto una nuova Tc di ultima generazione, a dimostrazione dell’attenzione dell’Azienda sanitaria nei confronti del “Santa Maria della Stella” e del territorio Orvietano.

Abbiamo infine dettagliato le ragioni del trasferimento del Punto Vaccinale Territoriale, da Bardano a Sferracavallo, anche in questo caso rendendo ben evidente che non si è trattato assolutamente di un depotenziamento. Motivazioni che hai correttamente riportato in forma integrale, e di questo ti ringraziamo, nel sito web di informazione che dirigi.

Un cordiale saluto

AZIENDA USL UMBRIA 2

All’Azienda USL Umbria2

Prendiamo atto di quanto ha scritto la USL Umbria2 per quanto riguarda l’ortopantomografo. Ci piacerebbe conoscere la data da cui è partito il momentaneo fermo per i lavori. Da esperienze quasi dirette e certificabili, però, nel mese di maggio non era possibile effettuare a Orvieto tale esame, e da fonti vicine all’ospedale tale problema sussiste da tempo. Riteniamo però che la risposta sia stata esaustiva dei nostri dubbi e soprattutto una bella notizia è che dal prossimo 2 luglio tornerà operativa l’attrezzatura radiologica. Sul punto vaccinale ribadiamo che il problema non è assolutamente della USL, che anzi ha fatto tutto il possibile per risolvere i tempi brevissimi il problema, ma di Regione e Sviluppumbria che non hanno comunicato fin da subito il possibile problema e la possibile sospensione per inagibilità del servizio a Bardano.

Grazie, come sempre, per l’attenzione e la puntualità nell’informare i cittadini.




Lettera all’assessore regionale alla sanità Luca Coletto, “prima gli umbri…”

In questi ultimi giorni è andato in onda, e ancora è in onda, l’ultimo sgarbo di una infinita serie nei confronti della sanità orvietana. Da domenica 20 giugno il nuovo punto vaccinale di Orvieto sarà momentaneamente trasferito a Sferracavallo nella palestra della scuola primaria. In poche ore l’amministrazione comunale ha individuato la soluzione all’improvvisa inagibilità di Bardano e ha messo in campo tutte le forze disponibili per rendere concreto il trasloco e la sistemazione. Dalle parole scritte dal sindaco si evincono gli sgarbi della Regione. Niente, di niente, neanche una parola per avvisare con congruo anticipo della necessità di trovare una nuova location. Improvvisamente i cittadini, non il sindaco, sono stati avvertiti con due sms successivi che si sarebbero dovuti recare all’ospedale prima, alla palestra del Liceo Scientifico o a Fabro, poi, per vaccinarsi. E questa è l’ultima scortesia per il territorio e allora proviamo a scrivere una lettera aperta all’assessore regionale Luca Coletto per capire se e quanto ancora dovrà subire l’orvietano, oppure se finalmente si potrà guardare oltre con fiducia.

Egregio Assessore regionale alla Sanità Luca Coletto,

è vero che l’orvietano è una marca di confine, piuttosto isolata dal resto dell’Umbria, ma di questa Regione fa parte a tutti gli effetti. Da troppi anni, però, quest’appartenenza fa rima con dimenticanza. La sanità è sicuramente il settore più colpito in tal senso. In tempi remoti, con l’allora PDS al governo è stata tagliata una sola USL, la numero 4 dell’orvietano in virtù di una riforma che aveva come obiettivo il risparmio. Altre erano in lista ma l’unica ad essere sacrificata, nonostante i bilanci positivi, fu proprio la USL4. Di punto in bianco Orvieto non solo perse la sua USL, non ne facciamo una questione di campanile, ma anche un cespite di grade pregio e rilievo, quello che oggi tutti chiamiamo tristemente ex-ospedale, proprio su piazza Duomo. Nel giro di pochi anni è stato inaugurato il nuovo nosocomio, dopo oltre vent’anni di gestazione complicata, e già allora con evidenti debolezze concettuali e operative. Ma lo specchietto per le allodole ha fatto centro almeno per alcuni anni. Del resto la sanità pubblica in tutta l’Umbria, funzionava a pieno regime, le liste d’attesa non erano contemplate nel vocabolario degli utenti umbri. A piccoli passi ma inesorabilmente la sanità di territorio è stata smantellata dalla politica e da interessi che poco hanno a che fare con quelli dei cittadini. Il partito che ha guidato ininterrottamente la Regione fino a ottobre 2019, il PCI-PDS-DS-PD e alleati misti, porta questa colpa in solitudine, come unico responsabile. Le liste d’attesa erano già un problema nel 2015 a Orvieto e una commissione guidata proprio dall’attuale sindaco Roberta Tardani, mise in evidenza le debolezze strutturali della sanità territoriale e ospedaliera.

Da allora a Orvieto è continuato l’impoverimento, passo dopo passo. I primari cambiano a velocità da Formula1, i pensionamenti non sono stati rimpiazzati, un male comune questo al resto della Regione a cui si è posto parziale riparo con l’ultimo concorso, i macchinari fuori uso vengono riparati con lentezza ingiustificabile e chi più ne ha più ne metta. Intanto il servizio al cittadino è notevolmente peggiorato. In Regione vince per la prima volta il centro-destra; potrebbe essere la svolta.

Passano pochi mesi, che però non fanno presagire nulla di buono, e arriva la pandemia a spazzare via ogni progetto. “E’ emergenza!” e con questo mantra si giustifica tutto. “L’ospedale di Orvieto è blindato”, così scrivemmo a fine febbraio attirandoci le critiche furiose di molti politici ma era la semplice e drammatica realtà. Siamo stati destinati ad essere “no-covid”, ma i servizi sono rimasti praticamente cristallizzati a febbraio 2020. Le liste d’attesa sono letteralmente esplose in tutta l’Umbria, è vero, con punte di “eccellenza” a Orvieto e con dipendenti USL che suggeriscono neanche molto sommessamente, di rivolgersi al privato per “saltare l’attesa”. Il tutto avviene alla luce del sole con il polo ospedaliero di Narni-Amelia che conclude un accordo con Terni; Foligno che marcia a pieno regime; le distanze che non valgono per tutti…e la lista potrebbe continuare a lungo.

In consiglio regionale sembra aprirsi uno spiraglio per la sanità orvietana con il voto unanime per la costituzione di un’emodinamica in ospedale. Ecco un’eccellenza che potrebbe far ripartire una sanità “seduta” e dare una risposta alla domanda di cura per le patologie tempo-dipendenti , quelle che preoccupano il cittadino medio. E’ passato poco più di un anno da quell’impegno e ancora non si è mossa paglia. Nel frattempo provi a prenotare una semplice ortopanoramica. Dovrà assolutamente scegliere Amelia o Terni perché qui la macchina è rotta e non si ripara da oltre un anno. Torniamo all’emodinamica. Certamente l’investimento è importante, ma per un territorio isolato della resto della Regione ma che serve anche aree extra-regionali, potrebbe essere il simbolo della rinascita. Campanilismo? Assolutamente, no! La sanità orvietana tornerebbe ad essere attrattiva professionalmente perché un giovane di belle speranze qui oggi non cresce, o meglio non può andare oltre il livello minimo, mentre con reparti funzionanti, strumentazioni all’avanguardia e potendo offrire un servizio completo per l’emergenza-urgenza, a questo ci è stato sempre spiegato serve l’ospedale Santa Maria della Stella, le occasioni di accrescimento medico sarebbero molteplici. Ci ritroviamo, invece, con un maquillage, l’ennesimo specchietto per le allodole, programmato; la creazione di un indefinito centro medico-assistenziale a due passi dal Duomo, laddove sarebbe stato assai più giusto vederci servizi per il turismo; last but not least torna di moda l’elisoccorso, giustissimo visto che da qui passano autostrada, ferrovia lenta e ferrovia veloce, che dovrebbe dare risposta alla tempo-dipendenza. Ma con quali costi fissi? E perchè gli orvietani devono essere pendolari anche per la sanità?

Assessore, il Piano Sanitario Regionale è “in costruzione” e non vorremmo ritrovarci, all’improvviso, con la demolizione di un presidio necessario come la sanità di territorio e l’ospedale. Non vorremmo ritrovarci con il privato come unico referente per le esigenze del cittadino, creando una diseguaglianza che mal si accorda con lo slogan “Prima gli umbri”, mancherebbe un pezzo, “che possono pagare”. La Costituzione dice altro, però, e il voto del 2019 ha voluto indicare con forza che Orvieto vuole essere la “porta dell’Umbria” mentre troppo spesso rimane come piccolo uscio, entrata di servizio e come conseguenza c’è il progressivo spopolamento, l’impoverimento economico e la chiusura o il ridimensionamento di servizi essenziali per una popolazione sempre più anziana. Per un volta smentiamo la vulgata e puntiamo su Orvieto, sulla sanità, investendo in servizi, strumentazioni, personale, professionisti e infrastrutture anche in virtù di quel decongestionamento che richiedono i due grandi ospedali regionali, Perugia e Terni.