Storiacce orvietane di treni, comitati e politicanti “lenti”

Reso pubblico il monitoraggio ufficiale relativo all’andamento dei treni che servono la stazione di Orvieto relativo al periodo 1 gennaio 31 gennaio 2024.
Questo ennesimo monitoraggio, solita soluzione inutile e propagandistica partorita a inizio anno nella riunione tenutasi tra autorità politiche locali e rappresentanti del comitato pendolari, era stato proposto come azione necessaria per valutare la qualità del servizio offerto e per migliorare la condizione di viaggio dei tanti pendolari del comprensorio orvietano.  Da questo monitoraggio emergono, come ovvio e scontato e come risaputo da chiunque utilizzi il treno, tutte le criticità e la precarietà del servizio offerto.
Analizzando i due treni maggiormente usati dai pendolari orvietani per il rientro serale,  l’Intercity 598 delle 18,15 e il regionale veloce 4106 delle 17,20 in partenza da Roma Termini, si evince per l’intercity un ritardo medio giornaliero di 20 minuti, con una punta di ritardo nel periodo considerato di tre ore e un minuto, mentre per il regionale veloce delle 17,20 il ritardo medio certificato giornaliero si attesta sempre sui 20 minuti,con una punta nel ritardo di due ore tonde tonde.
Più o meno la situazione non subisce vistosi cambiamenti per gli altri treni che nel corso della giornata transitano e fanno sosta nella stazione di Orvieto.  Ma il dramma quotidiano che vivono i pendolari e i viaggiatori locali non è solo una questione di freddi e amorfi numeretti racchiusi in una tabella.  E’ il disagio di non sapere mai se quel treno ci sarà, quale percorso seguirà e quanto ritardo accumulerà.
Martedì 6 febbraio. Stazione Termini. Il treno delle 18,15 è annunciato in orario. Serata fredda ma tranquilla. Nessuna criticità sulla linea. Il treno delle 18,02 per Perugia in orario e sulla Direttissima.  Stessa situazione per il regionale delle 18,31 per Ancona.  Grosso sollievo per tutti pregustando di arrivare, almeno questa volta, a casa in orario.
Un minuto prima della partenza il gracchiare degli altoparlanti annuncia che il treno Intercity 598 delle 18,15 percorrerà la linea lenta fino a Orte.  Così, senza una spiegazione, senza una motivazione chiara, con maggiore ritardo nella percorrenza del tratto di 35 minuti.  Ogni viaggio è un terno al lotto, è una pallina della roulette che condiziona, col suo girare a caso, la vita dei tanti pendolari.
Giovedì 1 febbraio. Regionale delle 17,20 fermo a Termini in attesa della partenza.  Alle cinque e mezza il treno ancora fermo sui binari, senza che venga dato nessun annuncio né dal capotreno né mediante gli altoparlanti.  Nel frattempo il regionale per Viterbo delle 17,27 viene fatto partire, in perfetto orario, percorrendo la linea direttissima.
Il regionale delle 17,20, il “carnaio” delle 17,20, alla fine partirà con 20 minuti di ritardo. Strapieno fino all’inverosimile, con i passeggeri in piedi abbracciati gli uni agli altri come tante sardine pressate nel loro barattolo.  Per la cronaca sarò poi istradato, come quasi sempre accade, sulla linea lenta, e arriverà a Orvieto, dopo il solito viaggio da film dell’orrore, con un’ora di ritardo.
Peggio era andata la mattina precedente, mercoledì 31 gennaio.  Il termometro vicino alla Torre del Moro segnava, in quella fredda ultima mattinata di gennaio, sei gradi sotto lo zero.  Buio, freddo e gelo da lupi.  Con nella mente un gran rimpianto del comodo e caldo piumone dovuto abbandonare troppo presto.
Alle cinque e tre quarti oltre 150 pendolari in attesa sul binario due della stazione, morti di sonno e percossi da brividi originati dalle folate di gelo.  A un tratto, dopo il solito gracchiare degli altoparlanti, una voce metallica annunciava che il regionale veloce 4095 delle 5,54 per Roma Termini era soppresso.
Cancellato.  Solito senso di frustrazione e rassegnata delusione dei presenti.
Un piccolo gruppo decideva di raggiungere la Capitale ricorrendo alla propria auto.
Un altro piccolo gruppo decideva di avventurarsi con treni successivi per recarsi al lavoro.  La maggioranza dei presenti decideva di ritornarsene a casa, ricorrendo al solito forzato giorno di ferie o permesso.  E situazioni simili si vivono quotidianamente ,in ogni fascia oraria.
Al di là dei freddi dati dei soliti inutili monitoraggi, la gravità e pesantezza della situazione è data da queste situazioni di continua precarietà, che generano rabbia, stress e insicurezza su chi si reca al lavoro.
Chi di dovere, politicanti locali in primis, dovrebbe confrontarsi con queste persone, con queste vittime di questo stato di cose.  E prima di perdere tempo in ridicoli e propagandistici tavoli per “partorire” i soliti inutili monitoraggi, comodamente seduti su rilassanti poltroncine con thè caldo e brioscina, dovrebbero chiedere scusa a chi quotidianamente vive da anni questi disagi, siano essi lavoratori, studenti, viaggiatori occasionali.  E dovrebbero almeno provare vergogna per quello che dovevano, e potevano fare e che non hanno saputo o voluto fare.  E dovrebbero anche un po’ vergognarsi per questo loro occuparsi dei pendolari con ciclicità prima di ogni tornata elettorale.  I pendolari non sono voti o numeretti che hanno vita solo quando c’è da raccattare qualche voto. 

Partono col buio e ritornano col buio non per andarsene a visitare musei o monumenti, ma per andare a lavorare .E meriterebbero attenzioni e rispetto sempre, non una volta ogni quattro anni.