Sanremo, che noia! Con tanta nostalgia del passato

Finalmente si sta per avviare alla conclusione un polpettone nazional popolare che ha tenuto banco da novembre scorso nel nostro paese e che ci tormenta, nel suo clou, per 4 (quattro) serate consecutive: il Festival di Sanremo.
Una competizione musicale ormai storica e allo stesso tempo datata che accompagna gli inverni italiani da 74 anni, con fasi di alterni successi e di stanca.
Ora siamo arrivati nella fase esclusivamente consumistica ma qualitativamente deprimente, a dispetto dei famosi dati Auditel forniti dalla Rai e che alimenta un carrozzone da decine di milioni di euro stimato, secondo calcoli AGI tra i 75 e gli 85 milioni di euro tra alberghi, ristorazione, casinò, turismo e naturalmente quelle case discografiche che alimentano mercato e introiti pubblicitari.
A prescindere dai dati di ascolto forniti, reali o meno, sicuramente un fenomeno di costume alimentato dall’ente di stato, con l’appoggio più o meno incondizionato delle reti commerciali concorrenti che, nei lunghissimi giorni della kermesse, non solo offrono alla Rai una tregua nel palinsesti ma la spalleggiano con servizi nei Tg e nei programmi di intrattenimento.
Uno spettacolo noioso, stucchevole, con una generazione di “artisti” che, con grande spirito avventuroso, salgono sul palco ad esibirsi. Tra mise improbabili come gli orsacchiotti di Dargen D’Amico, che pretende assieme a Ghali di darci lezioni di vita e pacifismo (beata gioventù), cantanti dal glorioso passato come Loredana Bertè e Fiorella Mannoia che, con la loro bravura, non avrebbero certo bisogno di cimentarsi in una competizione che li vede in gara con gli improbabili Geolier, Fred De Palma, Gazelle, sconosciuti ai più e bisognosi di affermazione.
Con tutto il rispetto poi per Emma e Diodato, Nek e Renga, Irama e Sangiovanni il nostro è il paese di Lucio Dalla, Francesco De Gregori, Fabrizio De Andrè, Lucio Battisti, Antonello Venditti, Claudio Baglioni…e la lista potrebbe andare avanti ma per pietà di Mahmood e Mister Rain (pure bravino nei testi) la chiudiamo qui.
E almeno nei gruppi presenti i Negramaro emergono ma certo, se si pensa ai Nomadi, alla Premiata Forneria Marconi, alla Schola Cantorum, ci si sente fortunati ad aver vissuto gli anni 70 e 80 dello scorso secolo e aver goduto della miglior musica italiana di sempre.
Come direbbe un altro grande Edoardo Bennato, le attuali “sono solo canzonette”, con dubbi interpreti, e le più brave come Giorgia ed Elisa in questa edizione in panchina.
E per finire Amadeus V…neanche la saga Rocky e Rambo al cinema ha avuto questi sequel…facciamo basta?
Anche perché lo stesso Amadeus, Carlo Conti, l’emergente Cattelan, se paragonati agli eleganti Luttazzi e Corrado, a Mike Bongiorno e Pippo Baudo, non mostri di simpatia, ma certamente giganti del palco, escono impietosamente sconfitti dal confronto.
Nostalgia dei tempi andati, presunzione, snobismo? A chi legge l’ardua sentenza.
Intanto nello show business attuale in mezzo a tanti finti talenti gonfiati ad arte dal sistema affaristico che gli ruota intorno abbiamo solamente un unico grande “one man show” vivente ed è il fantastico Fiorello, capace di essere uno, nessuno e centomila.
Tutto il resto, come cantava il grande Califfo, è noia.